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E’ legittima
l’esclusione di un’impresa per aver partecipato con una polizza
provvisoria risultata falsa e per la quale il titolare dell’agenzia
d’assicurazioni, ha disconosciuto la sua firma, ed ha prodotto copia
della denunzia sporta alla polizia giudiziaria
Tar Campania, Napoli, sentenza n. 6418 del 2
luglio - Una cauzione provvisoria, costituita con polizza
assicurativa la cui firma è stata disconosciuta dall’apparente
firmatario, va considerata, ai fini della partecipazione alla gara e della
dimostrazione della regolare prestazione della medesima, inesistente (tamquam
non esset): ne consegue, sotto il profilo formale, che non è stato
prodotto un documento, previsto a pena d’esclusione, mentre sotto il
profilo sostanziale non è stata affatto prestata, dalla ricorrente, la
necessaria cauzione provvisoria: a fronte di tale situazione, l’adozione
del provvedimento di esclusione dalla gara e di decadenza
dall’aggiudicazione provvisoria, da parte della stazione appaltante, era
senz’altro doverosa.
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Facendo
riferimento al settore della mobilità collettiva, non si può ritenere
conforme ad un criterio di ragionevolezza e ai principi di concorrenza e
massima partecipazione, l’introduzione nel bando di gara di requisiti di
partecipazione che impediscano l’accesso alla gara di coloro che non
abbiano una specifica esperienza nel settore del trasporto pubblico
urbano.
Tar Lombardia, Milano, sentenza n. 5269 del 18
giugno 2007 - In Lombardia, poiché il d.lgs. n° 163
del 12-4-2007 all’art 23 esclude la propria applicazione agli appalti
relativi alla prestazione di un servizio al pubblico di autotrasporto
mediante autobus; è la legge regionale (n° 22 del 29-10-1998) a
prevedere l’applicazione delle norme nazionali e comunitarie sugli
appalti pubblici di servizi: la legge regionale, infatti, può
disciplinare la materia, trattandosi di materia di potestà legislativa
concorrente, ai sensi dell’art 3 del codice dei contratti pubblici e che
non opera alcuna distinzione tra trasporto pubblico urbano ed extraurbano,
facendo sempre riferimento solo al settore della mobilità collettiva.
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Risulta radicata
la giurisdizione del giudice amministrativo qualora la risoluzione di un
rapporto concessorio si basi sull’ inosservanza di atti o provvedimenti
dei quali si contesta la legittimità.
Consiglio di Stato, sentenza n. 3820 del 5
luglio 2007 - La risoluzione del rapporto fra il comune e la
società ricorrente, pur riguardando prestazioni contrattualmente assunte,
si radica in provvedimenti emanati dal comune per disciplinare la gestione
del ciclo integrato dei rifiuti nell’ambito del proprio territorio nei
cui ambito assumono rilievo fondamentale le delibere n. 17 e 18, del
16.4.2003, di approvazione del P.O.S. gestione tariffe per l'anno 2003 ed
relativo piano finanziario inerente, fra l’altro, la riscossio-ne della
Tariffa a partire dall'anno 2002 : è perciò da disattendere che alla
controversia di che trattasi possa applicarsi il limite delineato dalla
sentenza della Corte costituziona-le n. 204 del 6/7/2004 di parziale
illegittimità dell’art. 33, D.Lgs. n. 80/1998, nel testo modificato
dalla l. 205/2000, ove estende alla cognizione esclusiva del G.A. le
controversie in materia di pubblici servizi involgenti posizioni di
diritto soggettivo.
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Esiste la
giurisdizione del giudice amministrativo in materia di riconoscimento del
diritto alla revisione del prezzo in un appalto di servizi indetto da un
cd “organismo di diritto pubblico” in forza dell'art. 244 del
d.lgs 163/2006, che non limita più l'applicabilità della norma alle sole
amministrazioni pubbliche di cui all'art.1, comma 2, del d.lgs 29/1993
Tar Sicilia, Catania, sentenza n. 1092 del 22
giugno 2007 - Va distinto l'appalto di servizi dalla
concessione di servizio pubblico sulla base dei seguenti criteri:- la
natura unilaterale del titolo concessorio di affidamento del servizio
pubblico, contrapposta al carattere negoziale dell'appalto; l'effetto
accrescitivo della concessione, che attribuisce al privato concessionario
una capacità estranea alla sua originaria sfera giuridica; il
trasferimento di potestà pubbliche (autoritative o certificative) in capo
al concessionario che opererebbe quale organo indiretto
dell'amministrazione, mentre l'appaltatore eserciterebbe solo prerogative
proprie di qualsiasi soggetto economico.
Giurisprudenza richiamata:
Consiglio di Stato, sentenza n. 4640 del 25 luglio 2006 - Riconoscimento del
diritto alla revisione del prezzo in un appalto di servizi: la
giurisdizione del giudice amministrativo è pacificamente riconosciuta
dalla giurisprudenza ed è stata confermata, di recente, dal D. Lgs. 12
aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e
2004/18/CE), che anzi ha esteso tale giurisdizione anche alla revisione
prezzi dei contratti di lavori pubblici (art. 244, comma 3, del citato D.
Lgs. n. 163/2006).
Consiglio di Stato, sentenza n. 6368 del 15
novembre 2005 - Si parla di concessione di servizi qualora i rischi della
gestione del servizio ricadono sull’aggiudicatario il quale se ne assume
tutte le responsabilità e il cui compenso deriva da quanto l’utente
paga per il servizio reso a differenza dell’appalto di servizi nel quale
è l’amministrazione che paga l’aggiudicatario.
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Sulle somme
riconosciute a titolo di risarcimento del danno per mancata
aggiudicazione, si devono riconoscere sia la rivalutazione
monetaria, sia gli interessi nella misura legale secondo il tasso vigente
all'epoca della stipulazione del contratto, da computarsi dalla data della
stipula del contratto da parte dell'impresa (illegittimamente
aggiudicataria) e fino alla data di deposito della decisione.
Consiglio di Stato, sentenza n. 3819 del 5
luglio 2007 - Illegittima aggiudicazione dei lavori, alla
ricorrente vanno riconosciuti: il mancato utile va liquidato nella
misura del 5% dell’offerta indicata (in applicazione del criterio
corrente in giurisprudenza che applica in via analogica l'art. 345 della
legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, sulle opere pubbliche,
sostanzialmente riprodotto dall'art. 122 del regolamento emanato con
D.P.R. n. 554/99, circa la quantificazione del danno risarcibile a favore
dell'appaltatore in caso di recesso della P.A) ; il danno emergente può
essere liquidato in via equitativa nella misura del 2% del prezzo offerto
( la voce comprende (a) le spese o costi sostenuti per la preparazione
dell'offerta e per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione
(b) il pregiudizio per la perdita di chance legata all'impossibilità di
far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico legato
all'esecuzione dei lavori.).
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Per ottenere il
risarcimento del danno è comunque necessaria l’illegittimità del
provvedimento
Tar Veneto, Venezia, sentenza n. 2277 del 5
luglio 2007 - Deve dirsi che, ordinariamente, in tanto possa
parlarsi di obbligo di risarcimento, in quanto possa predicarsi
l’illegittimità del provvedimento impugnato: laddove, invece, non sia
stata accertata alcuna illegittimità al riguardo, il ricorrente non può
invocare il diritto al risarcimento del danno, nemmeno per equivalente.
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L’impugnazione
non deve avvenire avverso i verbali di gara ma nei confronti dei
successivi provvedimenti amministrativi
Tar Lombardia, Milano, sentenza n.
5008 del 13 giugno 2007 - La eventuale lesione della posizione soggettiva del privato
concorrente non deriva direttamente dai verbali di gara, ma dai
provvedimenti con i quali l'amministrazione committente assume e fa
proprie le determinazioni contenute nei verbali medesimi, i quali,
pertanto, non sono impugnabili autonomamente, configurandosi dunque come
meri atti endoprocedimentali: anche la presenza di un rappresentante
dell'impresa ricorrente alle operazioni di gara non è determinante ai
fini del decorso del termine di impugnazione , in attesa dell'approvazione
amministrativa dei verbali di gara.
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Verifica delle
offerte anomale: non è corretto che l’aggiudicataria, al fine di
recuperare in punto di costo del lavoro e per aumentarne l’incidenza sul
prezzo offerto, rimoduli le componenti della sua offerta, riducendo molto
significativamente l’utile
Tar Veneto, Venezia, sentenza n. 2274 del 5
luglio 2007 - Non sembra potersi considerare seria
un’offerta di un impresa che pretenda di effettuare un servizio di
ristorazione con un utile tanto risicato da indurre a pensare che
l’aggiudicataria sia disposta ad effettuare l’appalto anche in
perdita, e da togliere credibilità alla sua offerta.
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Lo svolgimento
della procedura di scelta del contraente non comporta l’obbligo di
concludere in ogni caso il contratto se questo non è più considerato
rispondente all’interesse pubblico
Tar Veneto, Venezia, sentenza n. 2278 del 5
luglio 2007 - Poiché in materia di gare d’appalto la
partecipazione dei soggetti interessati al relativo procedimento è
garantita con la pubblicazione dell'avviso di gara, con il quale - tra
l’altro - viene delineato lo svolgimento dell’iter procedimentale che
si conclude con la stipula del contratto e comprende l’eventuale fase di
diniego di aggiudicazione definitiva, nel caso – per l’appunto - di
diniego di aggiudicazione non occorre l’inoltro all’aggiudicatario
provvisorio (e, dunque, a fortiori, a chi neppure è aggiudicatario
provvisorio) di una specifica comunicazione di avvio di un - insussistente
- procedimento di revoca dell’aggiudicazione stessa.
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Un’amministrazione
non deve rivisitare il proprio diniego (legittimo) ad un rinnovo di un
contratto di appalto per il solo fatto che l’impresa, soccombente,
abbia ricorso alla Corte di Cassazione avverso la decisione del Consiglio
di Stato
Tar Lazio, Roma, sentenza n. 5994 del 4 luglio
2007 - L’aver posto ricorso alla Corte di Cassazione
avverso una sentenza del Consiglio di Stato non ne sospeso la
esecutività: un’amministrazione pertanto non ha alcun obbligo di
rivedere le proprie posizioni (negazione di un rinnovo di un contratto di
appalto), considerate peraltro legittime dal Supremo Giudice
Amministrativo né il Tar adito può pronunciarsi su tale comportamento.
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Danno erariale da temporanea sottrazione (con
distrazione a proprio vantaggio) del valore d'uso del bene pubblico: un
medico ruba un televisore da una sala di aspetto di un ospedale
Corte dei Conti , sezione giurisprudenziale di
Bolzano, sentenza n. 27 dell’ 1
giugno 2007
- La condotta di un medico ospedaliero che,
nottetempo ed approfittando del rapporto di fiducia che lo lega
all'azienda da cui dipende, si impossessi, al fine di trarne personale
profitto, di un televisore a cristalli liquidi posto nella sala di aspetto
del proprio reparto, integra una condotta che può essere intesa dalla
collettività quale forma di «indifferenza e disprezzo, non solo verso la
[propria] A.S.L. e verso la Sanità pubblica in generale, ma anche verso i
cittadini ed i malati: essendo stati gravemente compromessi i valori di
onestà, correttezza, trasparenza e legalità, che devono permeare nel suo
insieme l'immagine della pubblica struttura (a maggior ragione ove venga
in rilievo un diritto costituzionalmente tutelato) all’imputato viene
riconosciuta la responsabilità da danno all’immagine, quantificata in
euro 5.000, e la responsabilità da danno da disservizio,
quantificata in euro 2.500.
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In tema di
legittimità del cd condono erariale e sulla nozione di colpa davanti alla
Corte dei Conti
Corte Costituzionale, sentenza n. 183 del 12
giugno 2007 - Le norme di cui all’art. 1, commi 231,
232 e 233, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2006), non producono alcun ingiustificato ed automatico
effetto premiale, essendo dirette a determinare, con un rito abbreviato,
quanto dovuto dai responsabili in base alle norme proprie del sistema
della responsabilità amministrativa, ed hanno una finalità di
accelerazione dei giudizi e di garanzia dell’incameramento certo ed
immediato della relativa somma.
Leonardo
Venturini, magistrato della Corte dei
conti, La
Consulta pone luce sui fini ed i limiti costituzionali dei giudizi di
responsabilità amministrativa a carico di dipendenti ed amministratori
pubblici e ne individua la funzione di garanzia per la collettività
[cfr notiziario del 2 luglio]: mentre il giudice
civile dovrà svolgere due operazioni, dovrà, cioè, separatamente
giudicare sull’elemento della colpevolezza, per affermare la sua
sussistenza o insussistenza, e sull’elemento del danno risarcibile, per
determinarne l’ammontarne sulla base di un principio di causalità
materiale, il giudice della responsabilità amministrativa dovrà
effettuare invece una sola operazione: dovrà determinare quanta parte del
danno economico prodotto dovrà ritenersi risarcibile in relazione
all’intensità della colpa del responsabile, intensità della colpa, che
dovrà essere individuata in riferimento a tutte le circostanze di fatto
in cui si svolse l’azione produttiva del danno.
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