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Moduli
predisposti dall’amministrazione per partecipare ad una gara: è
legittima l’esclusione di un’impresa che non ha sbarrato il
corrispondente quadratino con la prevista X.? Si può comunque invocare il
principio della massima partecipazione possibile? e’ importante la
circostanza che comunque l’impresa sia in possesso del requisito non
dichiarato correttamente?
Tar Friuli Venezia Giulia, Trieste, sentenza
n. 707 dell’ 8 novembre 2007 - L’esclusione va confermata in quanto
non sembra che il formulario predisposto dalla P.A. da completare da parte
dei concorrenti aderendo o meno, mediante apposizione del segno X sulle
caselle poste a conclusione di ciascuna dichiarazione, presenti
particolari difficoltà di comprensione tali da giustificare
l’eventualità di possibili scusabili errori : si deve dunque ritenere
che costituiva onere non insuperabile del dichiarante, a tanto bastando la
normale prudenza e diligenza del buon padre di famiglia, leggere con cura
il formulario al fine di compilarlo in ogni sua parte al fine di evitare
di incorrere nelle conseguenze che si sono viste; considerata quindi
l’ineludibile severità della prescrizione normativa, posta non solo a
garanzia della efficienza, rapidità e snellezza dell’azione
amministrativa, ma anche, a ben vedere, della par condicio tra i
partecipanti, tutti in ugual misura tenuti a presentare le proprie domande
di partecipazione alle gare avendo cura di adempiere agli obblighi ed
oneri connessi, obblighi ed oneri solo apparentemente di ordine formale,
poste le conseguenze, sostanziali, che alle eventuali inadempienze non
possono non essere collegate, non ha pregio invocare il principio di
proporzionalità tra l’omissione rilevata e la traumatica conseguenza
che ne viene tratta, ovvero il principio che impone il maggior numero di
partecipanti alle gare, ovvero ancora contestare la mancata richiesta di
chiarimenti.
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A fronte di
accertati inadempimenti da parte della ditta sorteggiata (ex art. 48 del
D.L.gs. 163/2006 smi) è sempre obbligatoria l’esclusione dell’impresa
dalla procedura? Il termine dei 10 giorni è perentorio? In quali
circostanze si può tralasciare l’escussione della garanzia provvisoria?
Tar Friuli Venezia Giulia, Trieste, sentenza
n. 720 dell’ 8 novembre 2007- La perentorietà di un termine può
derivare o dalla dichiarazione espressamente contenuta nella legge oppure
essere desunta implicitamente dalla "ratio legis" e dalle
specifiche esigenze di rilievo pubblico che lo svolgimento di un
adempimento, in un arco di tempo prefissato, è indirizzato a soddisfare;
quest’ultimo è appunto il caso del termine di 10 giorni fissato
dall’art. 48 d. lgs. 163/06, per le esigenze di immediato esaurimento
del tratto procedimentale: essendo il termine perentorio, è irrilevante
che la ricorrente abbia successivamente comprovato, presentando
tardivamente la relativa documentazione, i requisiti richiesti, va
pertanto conferma l’esclusione dalla procedura ma non anche
l’escussione della garanzia provvisoria emergendo la violazione del
principio di proporzionalità ( che consiste nel rispetto
dell’equilibrio tra gli obiettivi perseguiti ed i mezzi utilizzati, con
il minore sacrificio possibile per gli interessi dei privati confliggenti
con l’interesse pubblico)
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E’ compente il
giudice amministrativo nel caso di un il ricorso miri a ottenere la tutela
del diritto di proprietà, in presenza di un comportamento connesso
all’esercizio della funzione pubblica ? E’ condivisibile la
ricostruzione secondo cui l’Amministrazione diventerebbe proprietaria
per il fatto della avvenuta realizzazione delle opere di interesse
pubblico (sia o meno divenuta inoppugnabile una dichiarazione di pubblica
utilità?e’ corretto affermare che le disposizioni della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo costituiscono primari e fondamentali
canoni di interpretazione per la legge italiana?.
Consiglio di Stato, sentenza
n. 5830 del 16 novembre 2007
- Nel quadro normativo formatosi con l’art. 34 del decreto
legislativo n. 80 del 1998 (come novellato dalla legge n. 205 del 2000) e
con l’art. 53 del testo unico sull’esproprio n. 327 del 2001 (come
incisi dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 e n. 191
del 2006) – sussiste la giurisdizione amministrativa esclusiva quando il
ricorso miri a ottenere la tutela del diritto di proprietà, in presenza
di un comportamento connesso all’esercizio della funzione pubblica, come
avviene quando l’Amministrazione abbia a suo tempo disposto
l’occupazione d’urgenza ed abbia sottratto il possesso di un’area
nel corso di una delle fasi di attuazione del vincolo preordinato
all’esproprio: dalla Convenzione europea e dal diritto comunitario già
emerge il principio che preclude di ravvisare una ‘espropriazione
indiretta’ o ‘sostanziale’, pur in assenza di un idoneo titolo,
previsto dalla legge ed inoltre rileva l’art. 43 del testo unico
approvato col d.P.R. n. 327 del 2001, il quale – ispirato all’art. 42
Cost. - attribuisce all’Amministrazione, qualora si sia verificata una
patologia dell’azione amministrativa, il potere di acquisire la proprietà
dell’area con un atto formale di natura ablatoria e discrezionale (in
sostanziale sanatoria), al termine del procedimento legale nel corso del
quale vanno motivatamente valutati gli interessi in conflitto; l’art. 43
presuppone la perdurante sussistenza del diritto di proprietà e di un
illecito permanente dell’Amministrazione che si è a suo tempo
impossessata del fondo altrui senza concludere tempestivamente il
procedimento di esproprio, anche se è stata realizzata l’opera pubblica
o di interesse pubblico...
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Revisione dei
prezzi contrattuali : esiste una diversa giurisdizione a seconda che la
controversia riguardi il quantum ( e cioè la determinazione
dell'esatto importo revisionale ) e non l'an (e cioè la spettanza o meno
della revisione)?
Consiglio di Stato, sentenza
n. 5831 del 16 novembre
2007 - La possibilità di fruire della revisione prezzi, in base alle norme
vigenti all’atto dell’instaurarsi del rapporto tra Amministrazione (
per tale dovendosi intendere anche il concessionario, pubblico o privato
che sia, la cui attività sia qualificabile come pubblica ) e Società
appaltatrice, è subordinata ad una valutazione discrezionale
dell'Amministrazione committente ed è quindi oggetto di un interesse
legittimo, tutelabile davanti al Giudice amministrativo, fino a quando
detta Amministrazione non abbia riconosciuto, sia pure implicitamente, la
spettanza del compenso revisionale; La posizione dell’appaltatore di
opere pubbliche assume invece natura di diritto soggettivo, tutelabile
davanti al Giudice ordinario, quando il committente abbia positivamente
esercitato il potere di accordare la revisione e, dunque, abbia
riconosciuto che all’appaltatore spetti la revisione dei prezzi
contrattuali e, perciò, un compenso ulteriore rispetto a quello convenuto
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Quando si può
affermare che un bene possa ritenersi appartenente al patrimonio
indisponibile in quanto “destinato a un pubblico servizio ? quali
caratteristiche deve avere un’attività per < identificarsi con lo
svolgimento di un pubblico servizio>? come si configura il contratto di
<concessione in uso> di un ‘immobile comunale ad un’Associazione
benefica?
Tar Lombardia, Milano, sentenza
n. 6203 del 22 novembre 2007 - Perchè un bene possa
ritenersi appartenente al patrimonio indisponibile in quanto “destinato
a un pubblico servizio” ai sensi dell’art. 826, comma 3, cod. civ.
occorre un doppio requisito: la manifestazione di volontà dell’Ente
titolare del diritto reale pubblico (e perciò un atto amministrativo da
cui ri-sulti la specifica volontà dell’Ente di destinare quel
determinato bene a un pubblico servizio) e l’effettiva e attuale
destinazione del bene al pubblico servizio: nonostante l’utilità
sociale dello scopo, l’attività associativa non può identi-ficarsi con
lo svolgimento di un pubblico servizio, tale essendo soltanto un'attività
economica assunta, per legge o in base ad essa, da un ente pubblico
(segnatamente un ente locale) oppure attribuita (con atto concessorio)
anche ad altri soggetti, che la esercitano in forme imprenditoriali sotto
il controllo dell'amministrazione e con un determinato regime
amministrativo
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E’
consentita la partecipazione congiunta a gara sia del consorzio stabile
che delle relative consorziate? il divieto di partecipazione congiunta
varrebbe soltanto per le imprese consorziate chiamate all’esecuzione dei
lavori?
Tar Lazio, Roma, sentenza
n. 11444 del 19 novembre 2007 - L’art. 12 comma 5 e l’art. 13 comma 4 della
legge n. 109/94, ripresi rispettivamente dagli artt. 36 comma 5 e 37 comma
7 del Codice degli appalti del 2006, stabiliscono il divieto assoluto di
partecipazione di un’impresa consorziata ad una gara nella quale
concorra anche il consorzio stabile del quale fa parte, sia in forma
singola che in forma associata: il legislatore, sulla scia dei divieti di
partecipazione congiunta ad una medesima gara di imprese tra loro
collegate, ha infatti inteso evitare, con la richiamata normativa, la
partecipazione di imprese collegate o, come è il caso dei consorzi
stabili, addirittura unite tra loro al punto da dar vita ad un’unica
struttura imprenditoriale; diversamente argomentando resterebbe in primo
luogo, sul piano delle finalità sostanziali perseguite dalla norma,
frustrata l’esigenza di salvaguardia della libertà degli incanti,
ugualmente configurabile nel caso di partecipazione congiunta del
consorzio e delle imprese consorziate, a prescindere dalla circostanza che
le imprese consorziate siano o meno chiamate all’esecuzione dei lavori.
Giurisprudenza segnalata:
Consiglio di Stato, sentenza
n. 1529 del 24 marzo 2006
- Un’impresa consorziata non può mai partecipare ad una gara nella
quale concorra anche il consorzio stabile del quale fa parte né in forma
singola né in forma associata: il divieto vale anche per le
imprese diverse da quelle indicate come esecutrici dei lavori.
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