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Sono
un componente del direttivo dell’Unione dei segretari della Provincia di
Rieti, e vorrei intervenire, se mi concedete un po’ di spazio, sulla
questione sollevata dalla modifica dello Statuto di Castel di Tora.
Sono
uno dei firmatari della diffida al Sindaco Vespasiani, insieme agli altri
membri del direttivo, e pertanto credo di non essere sospettabile di
simpatie per il gesto compiuto dal Consiglio Comunale di Castel di Tora.
Tale
gesto è stato ed è tuttora fortemente offensivo sia nei confronti della
collega che si trova ad operare in quell’Ente, sia nei confronti
dell’intera categoria. Era un preciso dovere sindacale segnalarlo e
combatterlo. Per rimanere al fatto, visto il diretto coinvolgimento della
Provincia di Rieti ed anche per sgombrare il campo da alcune argomentazioni
che si sono lette in questi giorni su Italia Oggi, che molto spazio ha dato
a questa questione, il problema del Comune di Castel di Tora non è il
convenzionamento, poiché tale Ente ha già il servizio di Segreteria
Comunale convenzionato con altri due comuni.
Fatte
le precedenti piccole premesse, è innegabile però che l’eco che la
questione ha avuto va molto al di là del puro aspetto sindacale e di tutela
nei confronti della collega. Il fatto è che vengono investiti una serie di
aspetti, che riguardano il ruolo dell’autonomia normativa degli Enti
locali dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, il ruolo dei piccoli
comuni in questo nuovo “step”, stavolta di rango costituzionale, che ha
avuto il lungo processo di cambiamento dell’ordinamento degli Enti locali
a partire dalla legge 142 del 1990. Nonché, per quello che ci riguarda, il
ruolo ed il disegno della nuova figura del Segretario Comunale in questo
lungo percorso di riforma, che adesso subisce un’accelerazione evidente.
IL
SIGNIFICATO DELL’AUTONOMIA STATUTARIA DOPO LA RIFORMA DEL TITOLO V
Non
per niente su Italia Oggi di venerdì 19 aprile veniva sottolineato con una
certa enfasi il fatto che l’incarico legale affidato dall’Agenzia
Nazionale dei Segretari abbia tra i propri obiettivi quello di chiedere una
pronuncia della Corte Costituzionale, che chiarisca la portata del nuovo
art.114 della Costituzione.
Come
è noto, in tale articolo si enuncia l’autonomia statutaria dei Comuni
“secondo i principi fissati dalla Costituzione”. Bisogna ammettere che
è questa la portata della questione che è stata sollevata dal Comune di
Castel di Tora.
I
“principi fissati dalla Costituzione”: non la legge, statale e regionale
(per quello che ci riguarda gli art.97 e seguenti del Tuel, oppure le norme
delle Regioni a statuto Speciale), non i regolamenti governativi di
delegificazione ( come il Dpr 465 del 1997), o quell’altra strana fonte
normativa che sono nel nostro ordinamento i contratti collettivi nazionali
di comparto (come quello del 16 maggio 2001 per i Segretari Comunali e
Provinciali), secondo il disposto prima del dlgs 29 del 1993 e poi del dlgs
165 del 2001. Allora in questo caso il Comune di Castel di Tora, con questa
delibera ci dice: perché devo rispettare
tutta la pletora di norme che riguardano i Segretari Comunali quando
l’art.114 della Costituzione mi dice che invece sono tenuto al rispetto
solo dei suoi principi ? Ed i principi applicabili in questo caso, tra i
tanti che sono stati il frutto dell’elaborazione della Corte
Costituzionale nella sua ormai più che quarantennale giurisprudenza, quali
sono ?
C’è
da augurarsi, per sdrammatizzare, che venga applicato il principio di
ragionevolezza, però mi sembra evidente che la questione è tutt’altro
che peregrina. In questo senso esprimo la mia “dissenting opinion”
rispetto alla chiusura dell’articolo a firma del direttivo provinciale
dell’UNSCP di Rieti, che per il resto condivido in pieno,
pubblicato sempre su
Italia Oggi di venerdì 19 aprile, che definisce Vespazioni “un novello
Don Chisciotte Costituzionale”.
LA
DIFFICILE AUTONOMIA DEI PICCOLI COMUNI
Un’altra
questione che viene posta, nel caso Castel Di Tora, è la sofferenza dei
piccoli comuni in questo vorticoso processo di cambiamento. Quando si parla
di piccoli comuni, specie se montani, le argomentazioni convergono sempre su
alcuni punti: la carenza di professionalità adeguate, le diseconomie di
scala, la marginalità economica, il progressivo venir meno della fonte
principale di entrate, cioè i trasferimenti dello Stato. Provo a formulare
una questione, del resto piuttosto banale, ma presente e palpabile in queste
realtà: quando si parla di autonomia per i Comuni, e la si sbandiera come
una conquista del mondo degli Enti Locali, è davvero possibile mettere
sullo stesso piano non dico Roma, ma le città medie della Provincia
italiana e comuni come Castel di Tora ?
Se
mi si passa un paragone letterario, torna alla mente il discorso del Grande
Inquisitore nei Fratelli Karamazov di Dostoevskij: che cosa c’è di più
pesante del fardello della libertà (dell’autonomia) per chi non è in
condizione di portarlo? Come fanno i piccoli Comuni come Castel di Tora a
non focalizzare che il Segretario Comunale, per quanto con un ruolo diverso
rispetto a quello ante legge 127 del 1997, è all’interno del personale il
collegamento principale con l’esterno, è una figura ancora estranea alle
beghe locali, è insomma la
possibile “marcia in più” dell’Ente?
Di fronte ad una difficoltà contingente, allora, come quella che
probabilmente ha investito il Comune di Castel di Tora, non si pensa ad una
possibile soluzione in positivo: si elimina il problema, come se bastasse un
gesto come quello fatto da quel Consiglio Comunale a far venir meno la
necessità di una figura professionale che è emersa in centinaia d’anni
di storia, con tutti i cambiamenti del caso. E’ evidente una
constatazione: la segretaria amministrativa (alla quale chiarisco, se avesse
la ventura di leggere queste righe: nulla di personale), tanto elogiata dal
Sindaco Vespaziani, in contrapposizione alla vituperata (da Vespaziani,
ovviamente), collega, non dovrebbe fare le stesse cose che fa un Segretario
Comunale e magari anche un po’ meno, visto quello che ci tocca fare tutti
i giorni nei Comuni piccoli ?. Sembrerebbe una conferma implicita della
difficoltà di cancellare questa figura.
La
strada che si sta finalmente aprendo, anche nel reatino, è quella del
convenzionamento, per superare le storiche difficoltà di disponibilità
finanziaria. Sono diverse le Unioni di comuni che stanno nascendo, e nel
caso di Castel di Tora, la Comunità Montana di appartenenza sta avviando un
convenzionamento dei servizi. Però anche in questo pesano le difficoltà
sopra dette, nonchè una certa confusione: un’altra iniziativa poco
commendevole che si sta prendendo nella zona, nei Comuni vicini a Castel di
Tora è una convenzione per il servizio di segreteria di sei Comuni (sì
avete letto bene, sei comuni). Non siamo all’abrogazione di Castel di Tora,
ma poco ci manca.
QUALE
SEGRETARIO COMUNALE DOPO LA RIFORMA DEL TITOLO V
E
qui vengo infine alla questione centrale sollevata dal Comune di Castel di
Tora: c’è ancora bisogno della figura del Segretario Comunale ? ed in
caso di risposta positiva, quali caratteristiche deve avere ? La riforma
della categoria che è stata impostata qualche anno fa è in grado di
formare un ceto professionale adeguato ai cambiamenti che stanno investendo
il mondo delle autonomie locali?
Su
questi problemi interveniamo un po’ tutti, negli ambiti che ci competono,
e forse ci interroghiamo quotidianamente, in maniera più o meno esplicita.
Il grande cambiamento che ha investito la categoria negli ultimi anni non è
stato indolore, la riconversione professionale che è stata chiesta
soprattutto a chi aveva alle spalle una più o meno lunga carriera è stata
drastica. Per quello che mi riguarda, ho avuto la ventura di entrare in
carriera il 30 dicembre 1996, con la legge 127 del 1997 che ormai si
profilava all’orizzonte. Non sono in condizione di fare paragoni.
Quello
che vedo, però è una forte esigenza negli enti di una professionalità
come quella che può offrire un Segretario Comunale. E’ inutile ripetere
qui i discorsi che sentiamo in ogni seduta di aggiornamento: però credo che
l’unica strada sia quella di coniugare la competenza giuridico-formale con
quella “manageriale”, insistendo sulla formazione e l’aggiornamento.
Non è un ritornello noioso, e non è una strada semplice, ma non ne vedo
altre. Tutta la pubblica amministrazione è sottoposta ad un processo di “precarizzazione”:
basta guardare alla riforma delle dirigenza, che in questi giorni si sta
approvando definitivamente in Parlamento. E’ uno strano modello, quello
che si sta affermando, simile per molti versi al modello americano: e quindi
grandi opportunità, ma anche grandi rischi.
Per
quello che riguarda i piccoli comuni, mi sembra evidente che la tendenza è
quella all’associazionismo, dopo un decennio di tentativi falliti: allora
bisogna “contrattualizzare” questa tendenza. Il sindacato ha un grande
ruolo nella definizione della nuova figura professionale,che gli viene dalla
partecipazione attiva alla contrattazione collettiva nazionale (se essa
resisterà alla riforma del Titolo V). La parte normativa del contratto
imprime un forte connotato alla nostra figura. Occorre cominciare ad
adattarla al nuovo vestito che ci viene offerto nei piccoli comuni, cioè
all’associazionismo: non più soltanto convenzioni di segreteria, ma
Unioni di Comuni, con le loro peculiarità che emergeranno pian piano. Anche
questa è una riconversione di tante professionalità, che richiederà
sforzi individuali, formazione, aggiornamento.
Chiudo
con una dichiarazione di cauto ottimismo sul futuro della categoria, ed un
invito, a me stesso prima di tutto, a non vagheggiare impossibili ritorni
all’indietro. La riforma della costituzione sta lì, come una specie di
enorme iceberg che si scioglierà pian piano, provocando una modifica
dell’ordinamento di cui adesso non percepiamo neanche la portata. In
questa settimana, il Governo ha approvato il disegno di legge per
l’attuazione della riforma del titolo V. Sono disponibili in rete le
proposte di “devolution”, il cd DDL Bossi, che non intaccheranno se non
in minima parte le disposizioni della legge costituzionale 3/2001. Placato
il furore polemico tra le forze politiche legato all’approvazione con una
stretta maggioranza e poi al successivo referendum di ottobre, la bonaccia
attuale dimostra che c’è una sostanziale convergenza di vedute sul
cambiamento della Forma di Stato per come è stata disegnata dalla legge
cost.3/2001.
In
questo mare dobbiamo navigare, e lo statuto del Comune di Castel di Tora non
è che un piccolo sparo di un bombardino montato su una scialuppa, rispetto
alle bordate delle cannoniere che possono affondare la categoria, se non
affrontiamo il problema principale: è davvero adeguata la nostra
professionalità rispetto a quello
che ci viene chiesto ?
Ivano
Moreschini Segretario Comunale Scandriglia e Orvinio (RI)
(dal
sito UNSCP)
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Sono
rimasto colpito, credo come tanti altri segretari comunali, dal titolo, che
non esiterei a definire violento, dedicato alla modifica dello statuto del
comune di Castel di Tora ( 320 anime in provincia di Rieti).
"Cancellato
il segretario comunale" recitava la prima pagina dell’inserto
"Enti Locali" del quotidiano Italia Oggi di venerdì 22-03-02.
Nell’occhiello,
poi, si insinuava che il comune di Castel di Tora applicava per primo la
riforma costituzionale recentemente intervenuta, lasciando intendere che di
lì a poco altri comuni avrebbero seguito l’esempio di questo piccolo
comune che, se non altro per le sue piccolissime dimensioni, non potrebbe
avere la pretesa di guidare gli altri comuni in questa sorta di assalto
finale e decisivo alla figura del segretario comunale.
Qualche
giorno prima lo stesso quotidiano aveva dedicato un altro titolo ad effetto
ai problemi di 55 segretari disponibili in scadenza. "Segretari
comunali in fibrillazione" aveva titolato Italia Oggi di venerdì
8-3-02.
Credo
che un autorevole quotidiano economico, giuridico e politico, come si
definisce Italia Oggi, abbia il dovere di seguire il dibattito sulla figura
del segretario comunale con attenzione e pacatezza, stimolando un dibattito
sereno e costruttivo senza mai cadere ( o scadere) in titoli sensazionali
per attirare maggiormente l’attenzione dei lettori.
E’
fuor di dubbio che il segretario comunale stia vivendo una fase delicata
della sua storia, vittima delle contraddizioni che stanno lacerando il Paese
ancora impantanato in una fase di transizione che dura da troppo tempo per
non arrecare danni gravi a quel tessuto istituzionale del quale i segretari
comunali, nel loro piccolo,
rappresentano
un nervo scoperto.
E’
ovvio, infatti, che una categoria strutturalmente debole, se non altro per
la sua poca consistenza numerica, come quella dei segretari subisca i
maggiori contraccolpi di una situazione tanto incerta e delicata. In questi
giorni si fa un gran dibattere della riforma dell’articolo 18 dello
statuto dei lavoratori: vorrei ricordare che per i segretari già nel 97 è
stata introdotta la possibilità di licenziarli non solo senza una giusta
causa, ma persino in assenza di alcuna causa: è sufficiente la non conferma
del sindaco e la nomina di un altro segretario al suo posto perché rimanga
senza sede e venga collocato in disponibilità come i 55 malcapitati ai
quali si faceva riferimento prima.
Questa
novità introdotta dalla c.d. riforma Bassanini ( fu vera riforma?) passò
inosservata e nell’indifferenza di tutti, sindacati confederali compresi.
Eppure i diritti, per essere veramente tali, dovrebbero essere uguali per
tutti ed i segretari comunali non dovrebbero essere figli di un dio minore.
Oggi
in Italia le regole ed il rispetto delle regole sembrano caduti in un oblio
profondo ed i segretari, che sono stati spesso identificati come i garanti
del rispetto delle regole all’interno dei comuni, pagano la colpa della
memoria del rispetto delle regole, il loro non sapere o volere dimenticare
il significato di parole come trasparenza, correttezza, legalità e
legittimità.
Ma
la stagione dell’oblio sarà di breve durata e già ora, dopo i casi delle
Molinette di Torino e del comune di Acqui, ci si comincia ad interrogare
sulle doti taumaturgiche di manager e direttori. E quando sarà di nuovo
tempo della stagione dei diritti e dei doveri, delle regole e del loro
rispetto, ci si accorgerà che c’è ancora bisogno di questo funzionario
che ha avuto una storia ed avrà un futuro se solo avrà la pazienza di
attendere la fine del rampantismo senza scrupoli che oggi sembra imperante.
Perché
ciò avvenga occorre che venga completata e migliorata la riforma avviata
nel 97 provvedendo ad affidare il potere di nomina e revoca dei segretari
comunali
all’Agenzia
Autonoma dei segretari in modo che anche i segretari ( vero Cofferati?)
possano essere licenziati solo per "giusta causa". Sarà
necessario, inoltre, ridurre ad unità la figura del segretario comunale e
quella del direttore attribuendo a questa nuova figura la direzione ed il
coordinamento della struttura burocratica del Comune e collocando questo
dirigente, che potrebbe chiamarsi "direttore comunale", al vertice
della piramide burocratica dell’ente locale.
Credo
che, al di là delle questioni nominalistiche, ci sarà sempre bisogno in un
comune democratico e moderno di un dirigente che, sovrintendendo alla
struttura burocratica come una sorta di dirigente dei dirigenti, sia capace
di svolgere il delicato ruolo di cerniera tra la suddetta struttura e la
rappresentanza politica, sindaco ed assessori in particolare.
Se
il dibattito sul futuro dei segretari saprà essere costruttivo e
ragionevole, anche i quotidiani specializzati come Italia Oggi potranno dare
il loro contributo senza dover ricorrere a titoli sensazionali e violenti.
Ed
i tentativi come quelli del comune di Castel di Tora di forzare il dettato
costituzionale, che sono pericolosi non solo per la sorte dei segretari
comunali ma soprattutto per quella dell’unità dello Stato repubblicano,
resteranno quello che oggettivamente sono: inutili e folcloristiche
provocazioni che non avranno, non potranno avere seguito in nessun altro
comune italiano.
Vi
ringrazio per l’ospitalità che vorrete dare a questo mio scritto e vi
saluto cordialmente.
La
Rocca Michelangelo - Segretario della Convenzione Borgofranco d’Ivrea-Settimo
V. (Torino)
(dal
sito UNSCP)
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La
modifica statutaria del piccolissimo comune di Castel di Tora, che ha
abrogato in maniera evidentemente illegittima ed anticostituzionale la
figura del segretario comunale, è una dimostrazione ulteriore del marasma
giuridico contro cui la riforma della P.A. di tipo autonomistico si sta
imbattendo.
A
qualcuno sta evidentemente sfuggendo il particolare, tutt’altro che
trascurabile, che non vi può essere vera autonomia se non accompagnata dal
rispetto delle regole (semplificate o di largo respiro che si voglia).
La
recente riforma del titolo V della Costituzione e la conseguente abrogazione
dei controlli preventivi di legittimità non devono essere lette nel senso
di un ampliamento indiscriminato e senza frontiere della capacità
decisionale della P.A., ma, al contrario, deve far sviluppare in tutti i
soggetti e gli operatori coinvolti, la maturità e la coscienza di darsi
delle regole a garanzia proprio del rinnovato ruolo dell’ente locale.
L’introduzione
di nuovi parametri di legittimità dell’azione amministrativa (ovvero:
efficacia, efficienza, razionalità e verifica risultati) impongono la
necessità che all’interno della P.A. siano innovati e rafforzati i
controlli interni che, evidentemente, non possono essere affidati a soggetti
che assumano la duplice veste di controllori e controllati.
Di
qui la necessità di una rivalutazione della figura del segretario comunale,
che lungi dall’essere ripristinante di un ruolo non più adeguato
all’evoluzione del sistema, funga da garante del rispetto delle regole
interne, in ossequio ai nuovi concetti di legittimità sostanziale
dell’azione amministrativa.
Appare,
pertanto, assolutamente indispensabile che in sede di attuazione della nuova
riforma costituzionale si tenga conto delle suesposte e peculiari necessità
auspicando, anche e soprattutto sotto la spinta delle parti sociali, che il
ruolo del segretario comunale sia:
-
sganciato dalle logiche politiche o partitiche, affidando all’Agenzia (e
non al Sindaco) il potere di nomina (e di revoca);
-
rivalutato nell’esercizio di funzioni che non possono essere solo quelle
di consulente e di primo collaboratore del Sindaco, ma anche e soprattutto
-
di interprete ed attuatore degli obiettivi programmatici, assumendo la
supervisione e il controllo interno dell’attività degli uffici a garanzia
della rinnovata legalità dell’azione amministrativa;
-
non disgiunto dalle funzioni di direttore generale che, nel contesto
suesposto, non possono che essere affidate automaticamente al segretario
stesso, a dispetto di una valutazione discrezionale e di opportunità da
parte del Capo dell’amministrazione, che fino adesso ha dato risultati
assolutamente negativi. (Vi sono dei bravissimi colleghi che pur svolgendo,
di fatto, le funzioni gestionali tipiche del direttore generale, non
riescono ad ottenere tale riconoscimento).
In
conclusione, ritengo che la riforma della P.A. non potrà mai dare i
risultati attesi se si prescinda dalla necessità che l’autonomia
dell’ente locale sia sorretta da regole precise a garanzia dei principi
costituzionali di trasparenza ed imparzialità e dei nuovi parametri di
legalità, e che, per il rispetto di dette regole, sia rinnovata ed adeguata
l’organizzazione interna restituendo al segretario comunale il prestigio e
la dignità professionale che merita.
29/04/02
Borrelli Vittoriano Segretario
comunale di Moltrasio e Brienno (CO)
(dal
sito UNSCP)
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