..
Spett.le Unitel,
questa organizzazione sindacale ha constatato, con
grande stupore, che sul sito web gestito dall’associazione nazionale dei
tecnici degli enti locali è apparso, qualche giorno fa, uno stuzzicante
dibattito concernente la nota decisione, adottata dal vivace sindaco di
Castel di Tora che ha proposto di mandare a casa il sottoscritto e tutta la
categoria.
Posto l’insopprimibile diritto di esprimere
liberamente le proprie opinioni, sfugge, alla scrivente organizzazione,
quale utilità abbia per i tecnici comunali discutere, sul futuro di
un’altra categoria professionale su un sito che riguarda la loro categoria
professionale e che la riguarda, a quanto pare di capire, nei suoi aspetti
più tecnici e tecnicistici (come è giusto che sia per uno spazio gestito
da una associazione professionale). Sovvengono inevitabilmente domande
spontanee: come mai Codesta associazione non ha mai aperto un dibattito sul
fatto che la categoria dei segretari abbia lavorato senza CCNL per quasi 4
anni? Come mai Codesta associazione non ha ritenuto di aprire un forum
quando esponenti politici nordisti divulgavano l’idea di rendere la nostra
figura non obbligatoria nei comuni con più di 15.000 ab.? Come mai Codesta
associazione non ha ritenuto di aprire un confronto quando 5 consigli
regionali hanno proposto l’abrogazione mediante referendum di questa
figura?
Ed ancora: ritenete che qualche appartenente alla
organizzazione sindacale U.N.S.C.P. abbia mai ritenuto di avviare una
discussione sulle posizioni organizzative, sulle progressioni orizzontali e
verticali e sulle altre indennità che riguardano la Vostra figura
professionale e quella degli altri dipendenti degli enti locali? Ignorate
forse che chi opera in questo sindacato ha, senza clamori di piazza,
dialogato in sede di delegazione sindacale per far valere i diritti delle
professionalità e le legittime aspettative di tutte le lavoratrici ed i
lavoratori degli enti locali?
Sarebbe stato comprensibile che lo stesso forum
fosse stato avviato dall’ANCI o dall’UPI: di fronte alla decisione di un
loro associato, quella che è tecnicamente definibile come la controparte
della nostra categoria, aveva tutto il diritto di porsi delle domande e noi
tutto il diritto di replicare.
Se poi Spett.le Unitel, avete una idea già
preconfezionata sulla nostra categoria, nel senso che la riteniate inutile e
comunque da eliminare al più presto poiché pesa sui bilanci comunali (e su
questo permettete che si avanzino dei sospetti dal momento che si tratta di
una chiara presa di posizione da parte di un noto componente del Vostro
Comitato esecutivo nazionale), ditelo chiaramente senza schermirvi dietro la
strategia dei sondaggi. Noi, le cose le diciamo con chiarezza, senza
ipocrisie: riteniamo che i tecnici comunali, i ragionieri e tutte le altre
figure di dipendenti degli enti locali siano fondamentali perché stanno
riuscendo a tirare avanti delle baracche nonostante la diminuzione delle
risorse, la riduzione del personale e l’aumento dei carichi di lavoro. E
riteniamo che, accanto a loro, ci siano anche i segretari comunali, se
Codesta Associazione professionale lo permette.
Aspettiamo una Vostra posizione, che sia espressa
però con chiarezza e che non si riduca ad essere il giochetto sondaggistico
e populistico del forum da giornaletto estivo.
Cordiali saluti e buon lavoro a tutti Voi
Il SEGRETARIO REGIONALE U.N.S.C.P.- Lombardia
(Salvatore Maurizio Moscara)
(dal
sito UNSCP)
|
..
I comuni possono sopravvivere senza i
segretari? Sembra di sì, se é vero che ci sono comuni dove i segretari
comunali si recano una volta la settimana a scavalco.
Si possono eliminare, giuridicamente,
i segretari? Certo che sì, se si approvasse una riforma più incisiva, e
definitiva, della categoria, o se si interpretassero le norme esistenti come
ha fatto quel consiglio comunale di Castel di Tora.
In effetti, la modifica del titolo V
della Costituzione ha cambiato le carte in tavola; con esso dobbiamo fare i
conti per assicurarci un avvenire, piuttosto che con quel consiglio comunale
che ne ha dato una possibile interpretazione. Non c'é nessun principio
nella modificata Costituzione, che rende obbligatoria la figura del
segretario comunale nei comuni. mentre c'é l'articolo 114 che definisce i
comuni "enti autonomi con propri statuti, poteri, funzioni secondo i
principi fissati nella Costituzione". C'é poi la lettera p dell'art.
117 che riserva alla legislazione dello stato la materia degli organi di
governo e le funzioni fondamentali dei comuni. Posto che noi segretari non
siamo evidentemente organi di governo, la sopravvivenza della nostra figura
é lasciata al potere statutario e regolamentare degli enti. Ci potrebbe
essere un comune che ci preveda nel suo statuto, ed un comune che non lo
faccia.
In questo caos prossimo venturo, é
già diventato incostituzionale l'art. 92 del testo unico degli enti locali,
laddove é detto che ogni comune ha un segretario. Il parlamento nazionale
poteva dirlo quando l'ha detto, nel 2000; non può più dirlo ora che é
stato modificato il titolo V della Costituzione.
Posto che le cose stanno così, non
restano che due vie da seguire per difenderci. La prima é quella di
contrastare, con ricorsi ed avvocati, le ipotesi e le azioni ( come quella
di Castel di Tora) che tendono a sopprimere tout court la
figura del segretario comunale. Ma difficilmente, per questa via, si potrà
salvare il posto, perché essa contrasta con l'evoluzione sociale e
giuridica del nostro Paese in materia di enti locali. L'autonomia di questi
ultimi, organizzativa, funzionale, finanziaria, é sempre più aumentata di
decennio in decennio. Diventa sempre più anacronistico il fatto di un
funzionario, il segretario comunale, che viene scelto in un concorso non
gestito dal comune, per essere infine assegnato al comune.
L'altra via da seguire da parte dei
segretari, per la difesa del loro futuro, é quella di tendere ad essere
inquadrati stabilmente nell'organizzazione del proprio comune. In tal modo,
tutti noi in servizio possiamo restare, se lo vogliamo, fino alla pensione.
Col sistema della mobilità fra enti, vigente per tutti i pubblici
dipendenti, potremo anche spostarci in altre sedi. Per chi non volesse più
fare il segretario , si dovrà incrementare la mobilità verso altre
carriere equiparate.
Da tutto questo discende che
scompariranno l'Agenzia e la Scuola. Chi se ne infischia? Resteremo noi a
fare i segretari. I giovani che in futuro vorranno farlo, parteciperano ai
concorsi che a tal fine saranno banditi dai singolo comune, quando il posto
sarà vacante.
Leonardo Agate
(da
www.tiscali.it/ilbollettino)
|
Con
una modifica dello statuto comunale, il Consiglio del Comune di Castel di
Tora ha giuridicamente “ghigliottinato” il segretario comunale, e lo ha
sostituito con una «segreteria amministrativa, alle dipendenze del sindaco,
diretta da un dipendente comunale». La delibera di modifica dello statuto
contiene nel preambolo alcune pesanti affermazioni contro i segretari
comunali, che sarebbero figure obsolete e costose che «non leggono
costantemente le Gazzette Ufficiali», «non sono innamorati del loro
mestiere», e quindi «i Comuni potrebbero benissimo farne a meno». A parte
queste amorevoli motivazioni, ci si deve domandare: questa delibera è
legittima? E quali sono i limiti del contenuto dello statuto di un Comune (e
di una Provincia)? Ad esempio, lo statuto di un Comune potrebbe cancellare
la figura del sindaco, sostituendolo con un triumvirato di saggi, o con un
altro organo?
Da un punto di vista giuridico, la risposta si basa sul più ampio quesito
se le nuove disposizioni costituzionali abbiano automaticamente abrogato il
Testo unico degli Enti locali e quindi se gli statuti dei Comuni (e delle
Province) possano prevedere tutte le regole organizzatorie e di
amministrazione che si ritengono più opportune. Nel preambolo della
delibera del Comune di Castel di Tora la risposta positiva è data per
scontata; si afferma infatti che tutte le norme relative ai segretari
comunali previste nel Testo unico devono ritenersi «caducate» e «abrogate».
Ma la risposta che deve essere data è invece negativa, per le seguenti
ragioni.
1) I criteri dell'abrogazione delle leggi, stabiliti nell'articolo 15 delle
Disposizioni sulla legge in generale, prevedono l'abrogazione per
disposizione espressa o per incompatibilità. Peraltro l'abrogazione per
incompatibilità opera tra norme dello stesso livello o grado gerarchico
(quindi, ad esempio, tra leggi ordinarie statali, o tra regolamenti
governativi ecc.). Non è perciò previsto, in via generale, che norme di
grado superiore abroghino automaticamente norme di grado inferiore. Tali
ipotesi sono eccezionali, sono stabilite tassativamente dalle leggi e non è
prevista alcuna ipotesi di abrogazione di norme di un Testo unico a opera di
una norma costituzionale. In conseguenza, anche se le nuove norme
costituzionali del titolo V prevedono nuovi rapporti tra enti autonomi e
Stato, ciò non significa che le precedenti norme relative agli enti
autonomi siano ora abrogate. Sorgerebbe poi un altro problema: quali norme
sarebbero state abrogate, tutte le norme del Testo unico o solo alcune? Ogni
Consiglio comunale potrebbe stabilire, a suo arbitrio, quali norme sono
abrogate e quali no? Le regole sulla successione delle norme nel tempo
cercano di realizzare la certezza dei rapporti giuridici, e non danno alcuno
spazio alle fantasie “caducatorie” di politici o di amministratori. Il
Testo unico sugli Enti locali quindi non è stato affatto abrogato, e sino a
quando non sarà esplicitamente abrogato o modificato, esso è vigente ed
efficace.
2) Il Testo unico, che rappresenta il quadro giuridico degli Enti locali,
stabilisce l'autonomia statutaria e prevede il contenuto obbligatorio e
facoltativo dello statuto, anche nella previsione degli organi, collegiali e
monocratici, nonché delle loro competenze e responsabilità. Lo statuto
dell'Ente locale è vincolato ai principi fissati dal Testo unico, cioè a
quelle disposizioni di legge che costituiscono i punti essenziali di una
determinata disciplina, e che sono l'inizio (il principio, appunto) il
nucleo, di altre disposizioni normative, collegate e dipendenti dal
principio stesso. Tra questi principi stabiliti, “fissati”, (si potrebbe
dire “inchiodati”) dalla legge, vi sono quelli che prevedono gli organi
dell'Ente locale, sia quelli di governo, sia quelli (come il segretario) che
svolgono compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico
amministrativa. Ciò è confermato anche dal nuovo articolo 117 della
Costituzione, che attribuisce alla legislazione “esclusiva” dello Stato
la materia degli «organi di governo» e delle «funzioni fondamentali» dei
Comuni, Province e Città metropolitane. Lo statuto dell'Ente locale,
quindi, non può stabilire tutto quello che la maggioranza dei 2/3 di un
Consiglio comunale desidera; non è una legge, ma una norma statutaria,
vincolata, limitata dai principi fissati dalla legge statale, e tali
principi deve rispettare.
3) In contrario a quanto esposto si potrebbe obiettare che con questi limiti
lo statuto dell'Ente locale viene svuotato di significato, e si riduce a
essere una ripetizione decorativa di ciò che è stabilito dalle leggi dello
Stato. Ma l'obiezione non sarebbe persuasiva. Infatti, lo statuto può
prevedere regole proprie, speciali, e quindi diverse, ma solo, come prevede
l'articolo 6, «nell'ambito dei principi fissati dal presente Testo unico».
È quindi la legge statale che stabilisce lo spazio di queste diversità:
quando vi sono dei principi, lo statuto si può muovere soltanto nel loro
ambito. Di fronte a leggi statali che non sono di principio, lo statuto può
prevedere delle regole anche completamente diverse. Lo statuto è la
“piccola Costituzione” dell'Ente locale, ma nel quadro della più
“grande” Costituzione repubblicana e delle norme di legge statale cui le
norme costituzionali rinviano. Esso non può quindi scardinare i pilastri
dell'organizzazione amministrativa, che devono invece restare solidi, e
ancorati ai «principi fissati dalle leggi».
Vittorio Italia (da
Guida agli Enti Locali Il Sole 24 Ore del 25 maggio)
|
IL
FATTO
Con deliberazione n.15
del 9 marzo 2002, il Consiglio comunale di Castel di Tora (Rieti), con
l’assistenza del vicesegretario, nel modificare gli artt.68,69 e 70 dello
Statuto comunale, ha soppresso la previsione nella struttura organizzativa
comunale della figura del Segretario comunale, adducendo come motivazione
del provvedimento la circostanza che “con
la legge costituzionale di modifica del titolo V della Costituzione, ……
lo Stato non ha più alcun potere legislativo di imporre, in modo indistinto
e generalizzato, la figura del Segretario comunale, dipendente dello Stato
ed ora dell’Agenzia per i Segretari comunali, calandolo d’imperio
dell’ambito della struttura amministrativa dei comuni, a prescindere dalla
necessità di un tale funzionario, di cui i comuni possono benissimo fare a
meno……. Deve ritenersi pertanto che, con l’entrata in vigore della
legge costituzionale che ha modificato in senso federalista il Titolo V
della Costituzione, siano rimaste caducate
tutte le norme relative ai Segretari comunali, previste dal capo II del
D.Lgs.08/08/2000 n.267… in particolare, devono intendersi abrogati
ipso iure gli artt.97, 99 e 100 del predetto T.U. n.267/00, sia per quanto
concerne l’obbligo per i comuni di avere un Segretario comunale, la loro
nomina e la loro revoca, sia per quanto riguarda le loro funzioni, i
rapporti con il Direttore generale dell’Ente: in quest’ultimo caso
trattasi di evidenti doppioni, con funzioni promiscue e concorrenti, che
ingenerano scarsa governabilità dell’Ente”.
Nella relazione di accompagnamento della proposta
di deliberazione, formulata dal Sindaco si legge inoltre che “… la
figura del segretario comunale può dirsi ormai obsoleta, perché istituita
in un periodo in cui i piccoli comuni erano retti da persone semianalfabete,
perché bastava che gli amministratori sapessero solo leggere e scrivere, ed
avevano dipendenti scarsamente istruiti e preparati… ma un tale obbligo
non è ora più sostenibile e accettabile in base all’evoluzione dello
Stato italiano, alla scolarizzazione generalizzata, alla diffusione
esponenziale dei titoli di studio e delle varie professioni, alla
divulgazione della cultura nell’ultimo cinquantennio presso tutti gli
strati sociali….Attualmente i comuni sono dotati di personale
professionalizzato, con livelli e qualifiche che richiedono elevati titolo
di studio, di scuola media superiore e perfino di laurea…… Ai
nostri giorni, dopo l’anno 2000 e all’inizio del XXI secoli, non è più
concepibile il soffocante autoritarismo dello Stato nei confronti dei
Comuni, per cui le violazioni dell’autonomia dei Comuni imposte dal T.U.
n.267/2000 sono anacronistiche e non più accettabili, per cui tali
disposizioni vanno reinterpretate, integrate e disapplicate
tutte le volte che sono in contrasto con il titolo V della Costituzione
attualmente vigente”.
Infine, la previsione
della figura del Segretario comunale è stata sostituita dall’istituzione
di una segreteria amministrativa, diretta da un dipendente comunale o da un
professionista esterno e posta alle dirette dipendenze del Sindaco.
Avverso la deliberazione
consiliare è stato proposto ricorso sia dall’Agenzia nazionale sia
dall’UNSCP.
LE
MOTIVAZIONI
La modifica statutaria,
deliberata dal Consiglio comunale di Castel di Tora, trae origine dalla
revisione del Titolo V della Costituzione avvenuta con la legge
costituzionale n.3/2001, a seguito della quale risulta riservata, tra le
altre, alla legislazione statale la competenza esclusiva in materia
elettorale, di organi di governo e di funzioni fondamentali di Comuni,
Province e Città Metropolitane (art.117, comma 2, lett.p).
Tale norma va letta in
relazione all’art.114 che, nella nuova formulazione, prevede che “…..
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti
autonomi, con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati
dalla Costituzione …” e all’art.118 che postula che “Le funzioni
amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne
l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane,
Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione
ed adeguatezza”.
Le motivazioni in
diritto, del tutto atecniche, esplicitate nella delibera consiliare in
argomento, sono evidentemente le seguenti: dalla titolarità in capo ai
Comuni di funzioni amministrative di cui all’art.118 Cost. discende
l’autonomia statutaria secondo i principi fissati dalla Costituzione ex
art.114 Cost.
Ebbene, una volta
affermato che i Comuni esercitano i propri poteri e funzioni nel solo
rispetto dei principi costituzionali e che hanno autonomia finanziaria
di entrata e di spesa (art.119 C.) e constatato che l’art.128 Cost.
(secondo cui “Le province e i Comuni sono enti autonomi nell’ambito dei
principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le
funzioni”) è stato abrogato, perché mai non dovrebbero essere liberi di
dare alla struttura organizzativa l’assetto che più gli aggrada o,
rectius, che meglio si adegui alle esigenze “aziendali”?
LE
CRITICHE
Ma è davvero legittimo, con una modifica
statutaria, abrogare la figura del Segretario comunale?
A fine di dare una
risposta all’interrogativo proposto, occorre preliminarmente affrontare la
tematica della collocazione degli statuti nel sistema delle fonti.
Indubbiamente
l’art.114, nel testo risultante dalla modifica, ha costituzionalizzato
l’autonomia statutaria di Comuni e province, ma ciò di certo non
significa che gli statuti abbiano, nella gerarchia delle fonti, una
posizione pari a quella delle leggi, statali e regionali. Difatti,
l’art.117, comma 1, della Costituzione assegna la potestà legislativa
esclusivamente allo Stato e alle regioni. La detta costituzionalizzazione
implica, pertanto, che gli enti locali territoriali godano di
un’autonomia, non più circoscritta dai principi inderogabili fissati dal
legislatore ordinario con una normativa di carattere generale, ma delimitata
dai soli principi fissati dalla Costituzione.
Quanto appena detto induce a concludere che gli
statuti rappresentino una fonte atipica sub-primaria in quanto previsti
direttamente dalla Costituzione, con la conseguenza che il rapporto tra
fonte statutaria e fonte sovraordinata non sarebbe impostato solo in termini
di gerarchia, ma anche e soprattutto in termini di competenza.
Ed è proprio con
riferimento a tale ultimo concetto che viene in rilievo il disposto
dell’art.97 Cost., a mente del quale i
pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge. In altri
termini, la deliberazione consiliare di Castel di Tora, ponendosi in aperto
contrasto con l’articolo appena citato, è viziata da incompetenza ed
eccesso di potere.
Ma vi è di più.
A norma dell’art.117,
comma 2, lett.p), lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di
legislazione elettorale, organi di governo e funzioni
fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.
È il caso allora di
verificare cosa debba intendersi per funzioni fondamentali. Oltre il
disposto dell’art.97 Cost. che, come già detto, contiene una riserva di
legge in materia di organizzazione dei pubblici uffici, funzioni
fondamentali sono quelle attinenti all’impianto organizzativo generale
della struttura comunale, a quel minimo comune denominatore che non può che
caratterizzare ogni ente, in ossequio alla norma ancora vigente dell’art.5
Cost. che attribuisce alla competenza legislativa dello Stato, oggi elemento
costitutivo della Repubblica, una legislazione di principi che tenga conto
delle esigenze dell’autonomia.
All’obiezione secondo
cui le funzioni assolte dal segretario comunale non sono fondamentali
(ovviamente nel significato che a tale aggettivo attribuisce l’art.117),
può agevolmente replicarsi che, per effetto dell’art.97 D.Lgs.267/2000,
l’assistenza del segretario comunale è essenziale per il funzionamento
della Giunta e del Consiglio, del pari a tutte le altre funzioni, previste
dalla legge, tra cui, a titolo esemplificativo, la certificazione dell’ora
e giorno di presentazione di liste elettorali e la conseguente trasmissione
alla Commissione elettorale mandamentale competente per territorio (art32
L.n.570/1960).
Anche sotto tale
aspetto, viene in rilievo l’illegittimità della deliberazione in
argomento per violazione dell’art.117, comma 2, lett.p), sotto il profilo
dell’incompetenza e dell’eccesso di potere.
Se la tesi prospettata
fosse priva di ogni fondamento giuridico, si potrebbe tornare al Sindaco che
rilascia le concessioni edilizie? A ben vedere, anche il principio di
separazione tra politica e gestione e l’attribuzione delle competenze
dirigenziali è contenuta nel T.U.n.267!
Si impone, a questo
punto, un’ulteriore considerazione attinente al metodo.
Si è prima accennato
alle motivazioni del tutto atecniche addotte dal Comune di Castel di Tora
che, di fatti, fa riferimento promiscuamente al concetto di caducazione,
abrogazione e disapplicazione come se fossero sinonimi. Non sarà di certo
sfuggito all’estensore della proposta che il nostro ordinamento non
conosce l’istituto della caducazione che verosimilmente è stato
utilizzato quale sinonimo di abrogazione. Ebbene, a tale proposito, è noto,
a tutti gli operatori del diritto, tra cui i Segretari comunali, che il
nostro ordinamento neppure conosce l’istituto dell’abrogazione implicita
sic et simpliciter di una norma di legge contrastante con i principi
costituzionali perché in tal caso solo il Giudice, innanzi a cui pende la
controversia, può, se ritiene che ne sussistano i presupposti, sollevare in
via incidentale la questione di legittimità costituzionale e rimetterne la
decisione alla Corte costituzionale. La riprova di quanto appena affermato
si trae dall’art.15 delle disposizioni sulla legge in generale che fa
riferimento esclusivamente all’abrogazione espressa e a quella per
incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti e, non già, tra
disposizioni di legge e principi costituzionali.
Inoltre, nella
deliberazione in argomento, si fa riferimento al concetto di disapplicazione
che, come noto, è circoscritto agli atti amministrativi e alle norme di
legge solo laddove queste ultime contrastino con normative comunitarie di
immediata applicazione.
Anche sotto tale
profilo, la delibera è viziata da eccesso di potere.
Ciò premesso, appare
allora evidente che, quantunque, secondo quanto affermato dalla norma
costituzionale, il comune sia tenuto al solo rispetto dei principi
costituzionali, è evidente che le previsioni di cui al D.Lgs.267
relativamente al segretario comunale sono tuttora
vigenti; tuttalpiù occorrerebbe un pronuncia della corte
costituzionale che dichiarasse l’illegittimità delle specifiche
disposizioni contentute nel TUEL o una abrogazione esplicita da parte del
legislatore nazionale.
In prospettiva futura
infine c’è un’ultima considerazione da fare:
a norma dell’art.117,
comma 2, lett.g), Cost. lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di
ordinamento ed organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici nazionali.
Occorre allora valutare
se l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e
provinciali, qualificata dall’art.102 del T.U.E.L. quale ente avente
personalità giuridica di diritto pubblico, rientri o meno tra gli enti
pubblici cui fa riferimento l’art.117.
Avvalendosi dei
tradizionali criteri elaborati dalla dottrina per l’individuazione degli
enti pubblici, pare potersi concludere per la positiva qualificazione
dell’agenzia quale ente pubblico: difatti, la presenza di un sistema di
controllo, sub specie di vigilanza del Ministero dell’Interno e la
partecipazione dello Stato nella nomina del Consiglio di amministrazione
costituiscono dei sicuri indici di riconoscimento. Se tale conclusione è
fondata, ne deriva che la deliberazione consiliare in argomento è affetta
da violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere perché adottata
in violazione, oltre che delle altre norme prima richiamate, anche
dell’art.117, comma 2, lett.g) Cost.
Annalisa
Vessella (dal
sito UNSCP)
|