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REPUBBLICA ITALIANA N. 3187/02 REG.DEC. IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 9038 REG.RIC. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2001 ha
pronunciato la seguente decisione sul
ricorso in appello n. 9038 del 2001 proposto da Luigi TESSARIN,
rappresentato e difeso dall’avv. prof. Giuseppe Minieri ed elettivamente
domiciliato in Roma, presso la Segreteria del Consiglio di Stato, contro Comune
di Melegnano,
in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Marco Locati ed elettivamente domiciliato in Roma, Segreteria
Sezionale Consiglio di Stato, e nei confronti di
Piero Zuccotti, non costituito
in giudizio, per l'annullamento della
sentenza n. 5329 in data 31 luglio 2001 pronunciata tra le parti dal
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano,
Sezione II; Visto
il ricorso con i relativi allegati; Visto
l’atto di costituzione in giudizio del Comune appellato; Visti
gli atti tutti della causa; Relatore
il cons. Corrado Allegretta; Uditi
alla pubblica udienza del 14 dicembre 2001 l’avv. Minieri e l’avv.
Giglio per delega dell’avv. Locati; Ritenuto
e considerato in fatto e in diritto quanto segue. FATTO Il
ricorrente, nominato presidente del Consiglio Comunale di Melegnano, è
stato revocato dalla propria carica con deliberazione consiliare n. 54 del
28 aprile 2000, che egli ha impugnato innanzi al Tribunale Amministrativo
Regionale per la Lombardia deducendo: violazione e falsa applicazione di
legge (art. 31, comma 3 bis, della legge n. 142 del 1990; art. 26, commi
1, 4, 5 e 6, art. 27, commi 1 e 2, e art. 28, comma 4, dello Statuto
Comunale; artt. 1 e 2 del Regolamento del Consiglio Comunale); difetto di
motivazione; eccesso di potere per sviamento, irrazionalità e ingiustizia
manifeste; perplessità procedimentale; falsa rappresentazione dei
presupposti di fatto e di diritto. Il
ricorrente, premesso che la rimozione del presidente del Consiglio
Comunale può conseguire solo alla violazione degli obblighi statutari
inerenti alla carica, ha dedotto che le motivazioni sulle quali si fonda
il provvedimento impugnato e gli episodi in esso addotti ai fini della
revoca non dimostrano tale violazione. Con
motivi aggiunti egli ha impugnato anche la successiva deliberazione di
nomina del nuovo presidente del Consiglio Comunale, rilevandone
l'illegittimità derivata dai vizi inficianti la presupposta deliberazione
di revoca n. 54/2001, nonché il vizio di eccesso di potere per sviamento. Il
Tribunale ha respinto il ricorso con sentenza n. 5329 del 31 luglio 2001,
contro la quale l’interessato ha proposto l’appello in esame,
chiedendone l’annullamento alla stregua delle censure di primo grado e
sostanzialmente riprodotte. Si
è costituito in giudizio il Comune di Melegnano, il quale ha rinnovato
l’eccezione di inammissibilità dell’originario ricorso, ha
controdedotto all’appello e ne ha chiesto il rigetto in quanto
infondato; con vittoria di spese e competenze del doppio grado di
giudizio. Respinta
la domanda di sospensione della
sentenza appellata con ordinanza n. del, la causa è stata trattata
all’udienza pubblica del 14 dicembre 2001, nella quale, sentiti i
difensori presenti, il Collegio si è riservata la decisione. DIRITTO L’appello
è manifestamente infondato e, pertanto, può prescindersi dall’esame
dei profili d’inammissibilità sollevati dalla difesa
dell’Amministrazione resistente. Si
controverte della legittimità della deliberazione con la quale il
Consiglio comunale di Melegnano ha revocato l’incarico di suo presidente
a suo tempo conferito al ricorrente. In
tema di revoca del presidente del Consiglio comunale, questa Sezione ha
avuto occasione di pronunciarsi, recentemente, con decisione 25 novembre
1999 n. 1983. Si
è rilevato che, a differenza della Giunta municipale, il Consiglio
comunale è l'organo rappresentativo del Comune nel quale sono presenti
maggioranza e minoranza e nel cui seno si deve equilibrare l'esercizio di
due distinti diritti, quello della maggioranza, all'attuazione
dell'indirizzo politico sancito dal corpo elettorale, e quello della
minoranza, a rappresentare e svolgere la propria opposizione. Questo
equilibrio, posto a garanzia della corretta dialettica tra le parti,
richiede un sistema di regole volto a consentire l’attività del
Consiglio nella sua unitaria funzione istituzionale, indipendentemente
dalle decisioni ch’esso in concreto esprima. Regole, quindi, a carattere
neutrale e dal contenuto essenzialmente procedurale quali sono,
tipicamente, quelle sull'organizzazione dei lavori e lo svolgimento della
discussione e delle votazioni, e la cui applicazione è coerente con la
funzione di garanzia che per esse si concreta soltanto se svolta supra
partes e da un soggetto a ciò istituzionalmente preposto. Questi non
può che essere, anzitutto, il presidente dell'assemblea, in quanto
presidente di tutto il collegio, nella sua unità istituzionale, e suo
rappresentante. La
funzione del presidente del Consiglio comunale, pertanto, non è
strumentale all'attuazione di un determinato indirizzo politico, bensì al
corretto funzionamento dell'istituzione in quanto tale; essa è, quindi,
neutrale. Né il contenuto della funzione muta per il fatto che il
presidente sia eletto dall'assemblea, dovendo egli sempre operare
in un ambito estraneo alla politica di parte. Di
qui il corollario, dal quale non si ha motivo di dissentire, che la revoca
del presidente del Consiglio comunale non può essere causata che dal
cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità,
e dev’essere motivata perciò con esclusivo riferimento a tale parametro
e non ad un rapporto di fiduciarietà politica. Nel
caso in esame, la materia trova la sua disciplina nell’art. 26, quinto
comma, dello statuto comunale, secondo il quale “Il Consiglio Comunale
su richiesta motivata di un terzo dei Consiglieri assegnati può revocare,
con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri membri,
l'incarico al Presidente e/o Vice Presidente eleggendo nella prima seduta
valida successiva il relativo sostituto”. La
norma, peraltro, non può essere intesa nel senso che a sorreggere il
provvedimento di revoca sia sufficiente una qualsiasi motivazione e,
dunque, anche una di natura meramente politica. Alla luce dei principi
sopra enunciati, occorre, in ogni caso, che le ragioni della revoca
attengano all’esercizio della funzione propria dell’Ufficio e siano
atte a giustificarne l’adozione. Nessun’altra
prescrizione essendo dettata in proposito dalla norma statutaria, inoltre,
il giudizio in ordine alla opportunità o necessità di provvedere non può
che essere rimesso alla valutazione ampiamente discrezionale della
maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio comunale, peraltro, non
necessariamente coincidente con la maggioranza politica. Non
è condivisibile, pertanto, l’assunto dell’appellante, il quale, pur
ammettendo la rimozione del presidente al fine di garantire l'interesse
pubblico sotteso al regolare funzionamento del Consiglio Comunale,
sostiene che può farsi luogo alla revoca unicamente laddove la
violazione, da parte dell'interessato, dei propri obblighi istituzionali
risulti grave e reiterata. Del
pari infondata è l’opinione che l'atto di rimozione impugnato sia
assolutamente inidoneo a dimostrare il venir meno del rapporto fiduciario
con il Consiglio Comunale che lo ha eletto, in quanto assunto con la
maggioranza di un solo voto, per di più espresso dal Sindaco. Ribadita
l’estraneità della qualificazione fiduciaria dal rapporto intercorrente
tra l’organo collegiale ed il suo presidente, infatti, il numero dei
voti favorevoli alla revoca perde rilevanza in presenza, come nella
fattispecie, della maggioranza prescritta dalla norma. Il
provvedimento, inoltre, ad avviso dell’appellante, non sarebbe sorretto
da congrua motivazione, atta a manifestare la sussistenza di un interesse
generale alla sua adozione, bensì da una motivazione politica, solo
pretestuosamente riferita ad una serie di fatti ed episodi assolutamente
inidonei a dimostrare che il ruolo di garante e tutore del buon andamento
dei lavori del Consiglio Comunale non sarebbe stato svolto dal ricorrente
in conformità a legge e regolamento. Tali fatti e gli argomenti sulla
base di essi addotti dai proponenti la revoca sarebbero stati assunti in
modo assolutamente acritico dal Consiglio Comunale, il quale si sarebbe
limitato ad un mero recepimento dei contenuti della proposta. Anche
queste censure risultano destituite di fondamento. La motivazione che
sorregge la contestata revoca, infatti, è nel giudizio che il Consiglio
comunale ha dato del comportamento fino allora tenuto dall’appellante
proprio nell’esercizio della sua funzione. La maggioranza consiliare,
legittimamente facendo proprie le ragioni addotte dai proponenti, ha
ritenuto che il presidente del Consiglio comunale non è rimasto neutrale,
ma “si è avvalso e si avvale della carica per assecondare e comunque
condividere un ruolo di opposizione da cui dovrebbe astenersi”; si è
dimostrato, “incapace di garantire un sereno e proficuo svolgimento dei
lavori” ed ha, invece, alimentato “la conflittualità, la sterile
polemica, e in definitiva il mal funzionamento del principale organo
collegiale del Comune”. Atteso
il carattere latamente discrezionale di questo giudizio e, quindi, di
quello presupposto relativo all’idoneità a giustificarlo dei fatti
addotti nella proposta di revoca, il sindacato di legittimità non può
spingersi, tuttavia, oltre la manifesta illogicità ed ingiustizia e
l’evidente travisamento del fatto, che, nel caso di specie, non appaiono
sussistere. Per
le considerazioni tutte che precedono, l’appello va, in conclusione,
respinto. Sussistono
giusti motivi per compensare tra le parti in causa spese e competenze del
secondo grado di giudizio. P.Q.M. Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge
l’appello in epigrafe. Compensa
tra le parti spese e competenze del secondo grado di giudizio. Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così
deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione
Quinta, nella camera di consiglio del 14 dicembre 2001 con l'intervento
dei Signori: Alfonso Quaranta
Presidente Corrado Allegretta
Consigliere rel. est. Paolo Buonvino
Consigliere Goffredo Zaccardi
Consigliere Filoreto D’Agostino
Consigliere L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE f.to Corrado Allegretta
f.to Alfonso Quaranta IL SEGRETARIO f.to Francesco Cutrupi DEPOSITATA
IN SEGRETERIA il........................
06/06/2002......................... (Art.
55, L. 27/4/1982, n. 186) IL DIRIGENTE f.to
Pier Maria Costarelli
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