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RIFLESSIONI SULLA POSSIBILE RIVALUTAZIONE DEL RUOLO DEL SEGRETARIO COMUNALE DOPO LA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE. Dopo la riforma del titolo V della Costituzione, sono state formulate diverse proposte intese a qualificare l’attività del Segretario Comunale affinché gli sia restituito quel ruolo di centralità all’interno dell’apparato comunale. Mi
riferisco, in particolare, alle varie ipotesi di rielaborazione del Testo
unico degli Enti locali per adeguarlo ai nuovi principi costituzionali. Si
tratta di contributi sicuramente apprezzabili e meritevoli di tutta
l’attenzione possibile, anche se il momento in cui la categoria sta
vivendo non è dei più felici e tutto fa presagire un futuro arduo e poco
rassicurante. Ho
letto con attenzione la proposta di riforma del ruolo del Segretario
Comunale (e provinciale), elaborata alla fine del 2002 dall’Unione
regionale della Lombardia. In
sintesi, viene proposto di tramutare il titolo professionale di
“segretario” in quello di “direttore degli enti locali” e di
specificare ulteriormente il ruolo e le funzioni di questa figura con
l’aggiunta dell’organizzazione, nei modi indicati dallo statuto, della
funzione di direzione generale e l’espressa responsabilità nelle
procedure del controllo interno. Altre specificazioni, quali la presidenza
nelle commissioni concorso, la partecipazione a componente nelle delegazioni
trattanti, la nomina eventuale di responsabile di servizio (nei comuni fino
a tremila abitanti), i pareri per gli incarichi dirigenziali e
l’assistenza non solo agli organi politici ma anche a quelli gestionali,
rappresentano per lo più una conferma “codificata” di quanto già,
nella maggioranza dei casi, viene attualmente garantito dal segretario. E’
sicuramente un tentativo lodevole di dare corpo e sostanza alle attività di
questo funzionario, ma mi chiedo se ciò basti per renderlo “visibile”
agli occhi dell’amministrazione comunale. Le
mie perplessità nascono dal fatto che, a partire dalla riforma Bassanini,
si sta sempre più diffondendo una cultura machiavellica del risultato, per
cui qualunque mezzo è lecito se idoneo a realizzare il programma politico
che il sindaco eletto ha sottoscritto con i suoi elettori. Così, la
macchina comunale, che fino al settennio successivo alla legge 142/90 vedeva
nel segretario comunale il protagonista indiscusso (tutto passava da e
attraverso questa figura), si è avviata verso un decentramento delle
funzioni: separazione (il più delle volte fittizia) del potere politico da
quello gestionale e, all’interno di quest’ultimo, massima
responsabilizzazione del personale incaricato a prescindere da
un’approfondita valutazione della sua idoneità professionale. In tutto
questo percorso, il ruolo del segretario è stato inevitabilmente confinato
ai margini dell’organizzazione comunale, e né la funzione di
sovrintendenza ai dirigenti e né quella (eventuale) di direttore generale
hanno saputo conferire forza e spessore al suo ruolo di vertice
dell’apparato comunale. Proprio
per la dirompente e accresciuta cultura del “risultato”,
all’amministratore interessa assai poco della correttezza degli atti
attraverso i quali questo risultato viene conseguito. Faccio un esempio che
può valere per tutti: nel settore dei lavori pubblici, ciò che conta per
il politico è che siano realizzate quanto più in fretta possibile le opere
programmate, indipendentemente dal fatto che siano state osservate
pienamente le regole procedurali richieste. Anzi, il richiamo a certi
percorsi di legge viene visto come “ostacolo burocratico” al
raggiungimento degli obiettivi attesi. E’ vero che la legge stessa prevede
ora regole più snelle ma la misura di questa “semplificazione” è
direttamente proporzionale al grado di tolleranza che l’amministratore è
disposto a concedere. In altri termini, quel sentimento di legalità inteso
come rispetto delle regole di trasparenza, correttezza e imparzialità
dell’azione amministrativa a tutela della comunità amministrata, tanto
proclamato sulla carta, non è poi così forte e rischia di essere
seriamente compromesso con il passaggio dalla forma alla sostanza delle cose
che richiama il binomio machiavellico del “fine giustifica i mezzi”. Se
lo scenario delineato (o che si sta delineando) è questo, mi chiedo allora
fino a che punto la funzione di direzione generale del segretario possa
essere “visibile” all’amministratore al punto da renderla
indispensabile. Ancora, mi chiedo: all’amministratore interessa davvero
che si faccia il controllo interno di gestione o che il segretario faccia
parte della delegazione trattante per discutere della politica del
personale, quando poi si cerca di far prevalere certi indirizzi di parte? Mentre
nel precedente sistema l’amministratore doveva per forza di cose sentire
il segretario per qualsiasi aspetto organizzativo e gestionale, adesso
questo stesso amministratore si rivolge direttamente al dirigente o
responsabile del servizio il quale, soprattutto nei piccoli (e numerosi)
comuni non ha spesso quella cultura, esperienza e capacità professionale
per intessere un confronto basato sul rispetto delle regole. In
senso metaforico (ma non troppo), la porta dell’ufficio del segretario
viene bussata sempre meno e l’amministratore preferisce passare per altri
uffici per ottenere quel consenso all’esecuzione di determinati atti che
l’interlocutore di turno, vuoi per forma
mentis, vuoi per la limitata preparazione professionale, è più
disposto a concedere. La
rappresentazione di questo stato di cose non vuole, però, fomentare
l’auspicio ad un ritorno alla legittimità formale che, come sappiamo, è
divenuta anacronistica e non più idonea a garantire il rispetto dell’art.
97 della nostra Costituzione. Quello che occorre è, da un lato, il recupero
del sentimento di condivisione e accettazione delle regole di imparzialità
e di trasparenza della Pubblica Amministrazione, affinché quella
“conformità dell’azione amministrativa alle leggi, regolamenti e
statuti” sia operativamente affidata al segretario comunale come percorso
obbligato che l’amministratore deve osservare. Dall’altro lato, per
dare peso e visibilità all’attività del segretario, è necessario che
questi venga coinvolto direttamente nell’adozione di atti gestionali strategici
affinché lo stesso amministratore sia consapevole della sua indispensabilità.
Se
queste premesse possono essere condivise o condivisibili, allora la funzione
di direzione generale del segretario comunale (o ‘direttore dell’ente
locale’ che si voglia) dovrebbe essere ulteriormente sviluppata e
specificata presupponendo: ·
L’individuazione,
per statuto o regolamento, di quegli atti gestionali fondamentali nei
quali effettuare il riscontro della correttezza dell’azione amministrativa
in ordine ai cennati parametri costituzionali. ·
Il
diretto coinvolgimento del segretario in fasi istruttorie fondamentali e
strategiche, quali la presidenza nelle conferenze di servizio in materia
edilizia, urbanistica e lavori pubblici (ipotizzerei persino una presidenza
nelle commissioni edilizie). ·
La
partecipazione e sottoscrizione congiunta con il capo dell’amministrazione
agli accordi di programma che, come sappiamo, non hanno solamente contenuto
politico ma sono altresì incidenti sulle modalità di organizzazione dei
servizi. ·
La
rappresentanza dell’ente nelle trattative per la definizione degli accordi
decentrati in materia di personale (e quindi non semplicemente componente
nelle delegazioni trattanti), sulla base di specifico provvedimento della
Giunta che fissi gli indirizzi. ·
La
decisione sull’eventuale promozione o resistenza in giudizio nelle
controversie di cui è parte l’ente, sulla base di proposta motivata del
responsabile o dirigente del servizio interessato. ·
L’assunzione
(nei comuni fino a 15.000 abitanti) dei provvedimenti in materia elettorale
o l’apposizione del visto di regolarità tecnica qualora tali funzioni
sono svolte direttamente dal Sindaco quale ufficiale di governo. Si
dirà che nell’attuale sistema, alcune delle cennate funzioni possono già
essere conferite dal Sindaco al segretario dell’ente: ma il problema di
fondo sta proprio in quel verbo “possono”, che lascia ampia
discrezionalità all’amministrazione.
Quello che si vuole evitare è che il segretario sia come una molla
da allargare o restringere a seconda della propria convenienza. Ricevendo
direttamente dalla legge l’investitura all’esercizio di funzioni
strategiche e di garanzia, tutta l’attività e il ruolo del segretario
recupererebbero quell’importanza e “visibilità” di cui si è fin qui
discorso. Si provi ad immaginare se la “macchina comunale” possa andare
avanti ugualmente senza lo svolgimento delle funzioni sopraelencate e senza
accorgersi della indispensabilità della presenza del segretario
dell’ente. Mi
rendo conto che una siffatta ipotesi di rivalutazione della figura del
segretario comunale deve fare i conti con quanto la componente politica è
disposta a concedere e ad accettare. Credo anche che tutto dipenda dalla
volontà o meno di avere un interlocutore di alto profilo professionale, che
sia davvero il punto di riferimento centrale dell’amministrazione politica
e tecnica e che sappia interpretare il ruolo di garante delle regole
dell’autonomia e, nello stesso tempo, di propulsore dell’attività
strategica e gestionale in simbiosi con tutti i principali attori
dell’ente locale. 20 giu.
03 Vittoriano Borrelli(Segretario
comunale di Moltrasio e Brienno)
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