REPUBBLICA
ITALIANA N. 879/04
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL VENETO
composta dai seguenti magistrati:
visti l'atto di citazione della Procura, le memorie
difensive dei convenuti e tutti gli atti ed i documenti del giudizio;
uditi nella
pubblica udienza del giorno 24 marzo 2004 il relatore, dott.ssa Rosalba Di
Giulio, il rappresentante del Pubblico Ministero nella persona del Vice Proc.
Gen. dott. Giancarlo Di Maio, l'Avv. Prof. Mario Bertolissi in difesa del
convenuto Lessio Ugo e l'Avv. Prof.ssa Carola Pagliarin per gli altri due
convenuti, ha emanato la seguente:
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 22618
del registro di Segreteria, promosso ad istanza del Procuratore regionale
della Corte dei conti per il Veneto nei confronti di:
1) Lessio Ugo,
residente in Padova, in via Delfinato n.10 ed elettivamente domiciliato in
Venezia, S. Marco 3829, presso lo studio dell'Avv. G. Chemello che lo
rappresenta e difende anche disgiuntamente con l'Avv. Prof. M. Bertolissi del
foro di Padova, giusta procura a margine della comparsa di costituzione
depositata il 3 marzo 2004;
2) Bernardini Ruggero, residente a Padova in via Sonnino n.13 rappresentato
e difeso, anche in via disgiunta, come da mandato a margine della memoria di
costituzione, dagli Avv.ti Prof. C. Pagliarin di Padova e G. Chemello di
Venezia, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultima in Venezia San
Marco, 3829;
3) Caobianco Luciano, residente in Padova, in via Natisone n.27,
rappresentato e difeso, anche in via disgiunta, come da mandato a margine della
memoria di costituzione, dagli Avv.ti Prof. C. Pagliarin di Padova e G.
Chemello di Venezia, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultima in
Venezia San Marco, 3829.
Svolgimento del processo
Con atto
di citazione del 24 novembre 2003, depositato nella Segreteria della Sezione in
data 26 novembre 2003 e ritualmente notificato tra il 17 ed il 19 dicembre
2003, venivano convenuti, dinanzi a questa Sezione della Corte dei conti i
Signori Lessio Ugo, nella veste di Direttore amministrativo-Segretario generale
dell'"Istituto di Riposo per Anziani" di Padova (I.R.A.), Bernardini
Ruggero, in qualità di Presidente del medesimo istituto e Caobianco Luciano,
quale Consigliere membro del consiglio di amministrazione delegato ad attività
di vigilanza sul patrimonio della menzionata IPAB, per avere gli stessi -
secondo la prospettazione effettuata dall'organo requirente - cagionato, con
condotte gravemente colpose, poste in essere in violazione di obblighi di
servizio e di prescrizioni di legge, un ingiusto danno patrimoniale alle
finanze del predetto ente, pari alla somma complessiva di euro 163.884,2
corrispondente a £. 317.324.122, in seguito ad un illegittimo investimento di
capitali. La Procura li citava per ivi sentirli condannare, previa comparizione
alla pubblica udienza, al pagamento, in favore delle finanze dell'IPAB di
Padova danneggiata, della suddetta somma, con imputazione pro parte, in
ragione del diverso apporto causale nella determinazione del danno, in misura
del 50% a Lessio Ugo per euro 81.942,1, in misura del 30% a Bernardini Ruggero
per euro 49.165,2 ed in misura del 20% a Caobianco Luciano per euro 32.776,8 o
comunque al pagamento di quelle somme maggiori o minori che sarebbero risultate
dovute a parere del Collegio, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici
ISTAT, interessi legali e spese di giudizio. A sostegno della pretesa
risarcitoria erariale, l'or-gano requirente esponeva che:
- con
delibera n. 52 del 6 giugno 2000, il Consiglio di Amministrazione della IPAB di
Padova denominata “I.R.A.”, vista la liquidità di cassa dell'Istituto, aveva
incaricato il Direttore Amministrativo - Segretario Generale, Rag. Lessio Ugo,
di investire il denaro tenendo conto della complessiva convenienza economica
dell'operazione e purché quest'ulti-ma avesse una durata limitata nel tempo, in
modo da evitare ogni rischio patrimoniale per l'ente;
- il
convenuto Lessio Ugo, nella sua veste di Direttore Amministrativo aveva
eseguito l'incarico, autorizzando con determinazione n.165 del 12 luglio 2000,
l'investimento dell'importo di £. 5.000.000.000 nel fondo "Gestione
Patrimoniale in fondi F3", attraverso società della S. Paolo IMI spa ed
aveva persistito nella determinazione adottata, ritardando lo smobilizzo del
danaro (da lui richiesto all'IMI soltanto con nota in data 22.3.2001)
nonostante che il Collegio dei revisori, rilevata la natura rischiosa
dell'investimento, in quanto non effettuato in titoli di Stato o garantiti
dallo Stato ai sensi dell'art. 28 L. 17.7.1890 n. 6972, lo avesse invitato a
procedere al disinvestimento del capitale, prima nell'atto del 4 ottobre 2000 e
poi nel verbale della riunione dell'8 novembre 2000;
-ciò aveva
in definitiva comportato non soltanto una perdita secca del capitale investito
(che era dapprima sceso a £. 4.945.388.249 già alla data del 31.1.2001, secondo
i dati riferiti dalla S. Paolo IMI nella nota del 7.2.2001 e poi in definitiva,
all'esito della vendita dei titoli nell'aprile 2001, a £. 4.787.734.606), ma
anche la necessità per la IPAB di richiedere alla Tesoreria un'anticipazione di
cassa pari a £. 3.000.000.000 onde poter fronteggiare le spese correnti, come
da ordinanza n. 3 del 19.1.2001 a firma del
Presidente dell'I.R.A. di Padova, Bernardini Ruggero.
La Procura
regionale della Corte dei conti presso questa Sezione, ritenendo che, in
relazione ai fatti esposti, fosse configurabile un'ipotesi di danno erariale
alle finanze della IPAB “I.R.A.”, invitava in data 14 luglio 2003 gli odierni
convenuti, ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19, a
fornire le proprie controdeduzioni ed even-tuali documenti in ordine ai fatti
contestati, avvertendoli altresì della facoltà di essere sentiti personalmente
e contestava, in particolare:
- al
Direttore Amministrativo- Segretario Lessio Ugo di aver operato, nel disporre
l'investimento, violando le prescrizioni dettate dall'art. 28 della L. 6972 del
17.7.1890 ed i criteri fissati dal Consiglio d'Amministrazione con la delibera
n.52/2000;
-al
Presidente Bernardini di aver concorso a cagionare il danno, in quanto avrebbe
potuto e dovuto, in base ai poteri conferitigli dall'art.14 dello Statuto
dell'ente e dall'art.5 del Regolamento n.258 del 22.12.98, intervenire
impartendo direttive al Segretario finalizzate al pronto smobilizzo dell'investimento,
ovvero convocare il Consiglio di Amministrazione per adottare le iniziative del
caso;
-al Consigliere Caobianco, di aver omesso di vigilare
sull'operazione finanziaria posta in essere dal Segretario e di pretendere il
rispetto delle prescrizioni dettate dalla legge e dall'istituto, come avrebbe
potuto e dovuto in ragione della delega conferitagli dal Presidente il 29
giugno 1996 avente ad oggetto, fra l'altro, il servizio Ragioneria, nonché la
gestione economico-finanziaria ed i rapporti con i Revisori.
Per l'aspetto attinente all'elemento soggettivo,
l'organo requirente evidenziava che la sussistenza della colpa grave doveva
ritenersi insita nel carattere evidente della violazione di legge posta in
essere dai convenuti con la loro condotta, rispettivamente attiva per il Lessio
ed omissiva per gli altri due, in quanto l'investimento era stato operato non
in titoli di stato o equipollenti, come prescritto dal citato art.28 della L.
n.6972 del 1890, ma nel fondo “Profilo F3”, che era per sua stessa natura
caratterizzato da una “propensione al rischio elevata” -anche considerato che
era sorto nel 2000 e che non si potevano perciò valutare i pregressi andamenti
di gestione- e da una lunga durata (considerato che nella scheda illustrativa
l'orizzonte temporale indicato come minimo significativo per iniziare ad avere
un rendimento era quello di 3-5 anni), in palese frustrazione anche delle
impellenti esigenze di cassa correlate al fabbisogno corrente dell'ente che
sarebbero venute a sorgere, com'era facilmente prevedibile, nel breve periodo
successivo all'autorizzato investimento della liquidità momentaneamente in
eccesso.
Il convenuto Lessio Ugo si costituiva in giudizio con
l'assistenza e il patrocinio dell'Avv. Bertolissi del foro di Padova e l'Avv.
G. Chemello del foro di Venezia i quali, in data 3 marzo 2004, depositavano in
atti una comparsa di costituzione recante mandato a margine, nella quale, dopo
aver respinto tutti gli addebiti di responsabilità mossi dalla Procura attrice
nei confronti del loro assistito, evidenziavano come l'investimento operato
avrebbe dovuto dare, verosimilmente, un rendimento pari all'8,33% e dunque
superiore al 3,65 dei pronti contro termine e proprio in ragione di ciò avrebbe
potuto consentire l'acquisto di un pulmino per disabili onde chiedevano in
conclusione, in via principale, il rigetto della domanda della Procura attrice
e, in via subordinata, una riduzione della somma richiesta a titolo di addebito
in applicazione del potere di riduzione spettante al giudice contabile.
I
convenuti Berardini Ruggero e Caobianco Luciano si costituivano in giudizio con
l'assistenza ed il patrocinio degli Avv.ti Prof.sse C. Pagliarin del foro di
Padova e G. Chemello del foro di Venezia, le quali, in data 3 marzo 2004,
depositavano per ciascuno un atto di costituzione, recante mandato a margine,
in cui, nel respingere ogni addebito di responsabilità mosso dalla Procura
attrice nei confronti dei propri assistiti in ordine ai fatti contestati,
evidenziavano come, almeno in un primo momento, ai consiglieri ed al Presidente
non fosse stato riferito nulla in merito all'inve-stimento operato, nella
convinzione che si trattasse di attività gestionale propria del Segretario in
applicazione dell'incarico ricevuto, e che del resto quest'ultimo aveva espressamente
rivendicato la propria autonomia al riguardo nella riunione del Consiglio di
Amministrazione dell'8.3.01.
Concludevano
chiedendo in via principale, il rigetto della domanda attrice e, in estremo
gradato subordine, che la Corte adita facesse uso del potere di riduzione
dell'addebito nella misura massima consentita.
All'udienza pubblica odierna, il rappresentante del
pubblico ministero, nel corso della requisitoria orale, ha diffusamente
illustrato i presupposti fattuali e giuridici posti a fondamento della pretesa
risarcitoria.
In difesa del convenuto Lessio Ugo è intervenuto il
Prof. Avv. Bertolissi, il quale, nel richiamarsi agli atti di costituzione e
alle memorie difensive già versati in atti, ha illustrato le argomentazioni
difensive sia in punto di fatto che in punto di diritto già in essi
prospettate, ribadendo le conclusioni già formulate per iscritto. In
particolare, il predetto difensore, dopo aver evidenziato la carenza, in capo
al suo assistito, del necessario requisito della colpa grave, da ritenersi
comunque elisa dalla meritevolezza dei fini perseguiti dal Lessio, che si era
prefisso di acquistare un pulmino per disabili con i rendimenti
dell'investimento, ha concluso insistendo, in via principale, per il rigetto
della domanda attrice, e, in estremo gradato subordine, per la riduzione
dell'addebito nella misura massima consentita.
Nella medesima sede, l'Avv. Prof.ssa Pagliarin,
intervenuta in difesa degli altri due convenuti Bernardini e Caobianco, nel
richiamarsi agli atti di costituzione ed alle memorie difensive versati in
atti, ha illustrato le argomentazioni difensive in punto sia di fatto sia di
diritto in essi rappresentate, ribadendo le conclusioni già formulate per
iscritto.
Il
pubblico ministero contabile è quindi intervenuto nuo-vamente per controdedurre
alle argomentazioni prospettate dai difensori dei convenuti, ed ha concluso
chiedendone la reiezione ed insistendo per l'accoglimento della domanda.
Al termine
degli interventi delle parti e delle loro repliche, la causa è stata trattenuta
in decisione.
Motivi della decisione
La Sezione, nel merito, è chiamata a pronunciarsi in
ordine ad una fattispecie di responsabilità amministrativa che la Procura
regionale della Corte dei conti per il Veneto ha ipotizzato come sussistente nei
confronti dei Signori Lessio Ugo, Bernardini Ruggero e Caobianco Luciano, come
in epigrafe generalizzati, nella loro qualità, rispettivamente, di Direttore
amministrativo-Segretario generale, di Presidente e di Consigliere delegato ad
attività di vigilanza sul patrimonio della IPAB denominata "Istituto di
Riposo per Anziani" di Padova (I.R.A.), per avere gli stessi cagionato un
ingiusto danno patrimoniale alle finanze dell'ente di appartenenza, di importo
ammontante a complessivi euro 163.884,2 pari a £. 317.324.122, a causa delle
illegittimità commesse nell'ef-fettuare un investimento di danaro pubblico in
titoli ed obbli-gazioni azionarie anziché in titoli di stato o comunque in
altre equipollenti forme prive di apprezzabile rischio economico e di comprovata
maggiore utilità.
Sulla base di tale ipotesi di responsabilità, il
Procuratore regionale della Corte dei conti per il Veneto li ha convenuti
innanzi a questa Sezione per sentirli condannare al pagamento, in favore delle
finanze della IPAB I.R.A. di Padova della suddetta somma complessiva con
imputazione ripartita, in ragione del diverso apporto causale nella
determinazione del danno, nei seguenti importi: euro 81.942,1 a carico di
Lessio Ugo, euro 49.165,2 a carico di Bernardini Ruggero ed euro 32.776,8, a
carico di Caobianco Luciano, oltre, per tutti, alla rivalutazione monetaria,
agli interessi legali e alle spese del giudizio.
Così
definiti i termini della domanda del Pubblico Ministero ed i confini del
thema decidendum e richiamati brevemente i fatti di causa posti alla base
della pretesa risarcitoria avanzata dalla Procura, prima di scendere alla
concreta verifica della sussistenza, nel caso di specie, degli elementi
integranti la responsabilità amministrativa dei convenuti, giova ricordare che,
in punto di diritto, secondo il T.U. n.1214 del 1934, la L. n.2440 del 1923 ed
il T.U. n.3 del 1957, affinché possa configurarsi responsabilità
amministrativa, è necessario che ricorrano determinati elementi tipici.
Anzitutto un
danno patrimoniale, economicamente valutabile, attuale e concreto, erariale in
quanto patito da un'amministrazione pubblica, poi un nesso di causalità inteso
quanto meno quale occasionalità necessaria, fra l'evento dannoso e la condotta
del convenuto, quindi l'addebitabilità del comportamento omissivo o commissivo,
imputabile all'a-gente, a titolo di dolo o quanto meno di colpa grave ed
ovviamente la presenza di un rapporto di impiego o di servizio, almeno di
fatto, tra il convenuto e l'ente pubblico dan-neggiato, quand'anche
quest'ultimo non sia direttamente l'ente di appartenenza dell'incolpato (per
l'insorgenza di un rapporto di servizio persino in seguito alla stipula di una
convenzione di carattere privatistico, che consenta comunque un'ingerenza “in
modo continuativo nella conservazione e gestione di risorse pubbliche” da parte
del soggetto: Cass. S.U. sent. n.400/00 ed ancora, per la sufficienza, tra il
soggetto incolpato e l'ente, di una stabile “relazione funzionale
caratterizzata dall'inserimento del soggetto nell'iter procedimentale o
nell'apparato organico dell'ente, tale da rendere il primo compartecipe
dell'attività amministrativa del secondo”: Cass. S.U. sent. n.9693/02).
Nel solco
del delineato orientamento di legittimità si sono anche poste le Sezioni
Riunite della Corte dei conti che, con
sentenza n.284/2003 del 14.11.03, hanno ribadito la sufficienza, in capo al
soggetto agente, di “una relazione funzionale caratterizzata dal suo
inserimento nell'iter procedimentale di atti di competenza dell'amministrazione
pubblica a lui formalmente estranea”.
D'altro
canto, in prospettiva più generale, appare invero oramai superabile
l'orientamento giurisprudenziale secondo cui la responsabilità amministrativa
avrebbe natura contrattuale, essendo fondata sul mancato adempimento di uno
specifico obbligo derivante dal rapporto giuridico intercor-rente tra
l'impiegato e l'Amministrazione (così, in passato: C. conti, Sez. I, sentenze
17.4.1989, n.148; 1°.2.1989, n. 34; 13.5.1987, n. 77; 14.2.1986, n. 98; 26.5.1982,
n. 67), per cui l'obbligazione pecuniaria da essa sorgente in caso di condanna
si connoterebbe in chiave risarcitoria e non sanzionatoria (C. conti, Sez.I,
23.2.1989, n.76;9.2.1989 n. 60).
Recenti pronunzie della Corte Costituzionale risalenti
al 1998, hanno infatti propeso, anche sulla scia delle riforme legislative
operate nel 1994 e nel 1996, per la natura sanzionatoria, e non più meramente
risarcitoria, della responsabilità amministrativa. In particolare,
l'innovazione legislativa attuata con la L. 14 gennaio 1994 n. 20 ha ampliato
gli spazi e le caratteristiche dell'azione di responsabilità amministrativa,
connotandola in chiave di stretta personalità ed estendendola anche alle
fattispecie concernenti danni arrecati ad altra amministrazione, in modo da
introdurre un principio di extra-contrattualità (nel senso che si tratti di una
responsabilità patrimoniale da atto illecito anche Cass. S.U. n.123 del 2001,
che la ritiene peraltro connotata da elementi ibridi tali da renderla
sostanzialmente un tertium genus).
Quanto al requisito soggettivo richiesto dall'art. 1, com-ma 1, della legge 14
gennaio 1994, n. 20, come modificato dall'art. 3, comma 1, della legge 20
dicembre 1996, n. 639, perché sia configurabile responsabilità amministrativa
del soggetto danneggiante, occorre che la violazione dei doveri di ufficio sia
stata perpetrata quanto meno con colpa grave, la cui valutazione va operata ex
ante ed in concreto (cfr. Corte dei conti, Sez. III giurisdizionale
centrale d'appello, n.442/03 del 28.10.03).
Deve
anche precisarsi che, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza
della Corte dei Conti, il concetto di colpa grave va inteso non già come
inosservanza della normale diligenza che può pretendersi dal “bonus pater
familias”, ossia dall'uomo medio, bensì di quella particolare diligenza e
di quel particolare grado di perizia occorrente riguardo alla natura ed alle
caratteristiche di una specifica attività esercitata, secondo i paramentri
delineati, con riferimento alla nozione di colpa professionale, dall'art. 1176,
2° co., c.c.. La colpa, che può consistere
anche in una generica negligenza, imprudenza, imperizia e violazione delle
comuni norme di diligenza e prudenza, si connota in termini di gra-vità ove la
condotta trasgressiva risulti collegata all'evento lesivo in modo tale che la
realizzazione di quest'ultimo si presenti come una conseguenza altamente
prevedibile della stessa. Ai fini della quantificazione del risarcimento da
porre a carico di ciascun responsabile, nelle ipotesi in cui il danno sia stato
cagionato da più persone, il principio fondamentale è quello della
parametrazione della responsabilità in proporzione al rispettivo apporto ed al
grado della colpa, anche in applicazione del potere riduttivo, quale consacrato
nell'art. 52 del t.u. delle leggi sulla Corte dei conti e dall'art. 83 della
legge di contabilità generale dello Stato, secondo cui la “Corte dei conti,
valutate le singole responsabilità, può porre a carico dei responsabili tutto o
parte del danno accertato o del valore perduto”.
La prova delle due voci di danno così individuate
emerge con evidenza dalle risultanze documentali (cfr. in particolare il
rendiconto presentato dal Ragioniere Capo al Presidente n. prot.755/S.E.F. del
23 aprile 2001) attestanti, da un canto, l'oggettivo saldo negativo tra il
capitale inizialmente investito dalla IPAB (£.5.000.000.000) e quello minore
recuperato al termine dell'investimento (£.4.787.734.606) e, dall'altro,
l'entità degli interessi passivi pagati dall'I.R.A. di Padova per il
necessitato ricorso effettuato alle anticipazioni di tesoreria proprio nel
periodo (gennaio- 5 aprile 2001) in cui vi era carenza di liquidità dovuta al
mancato disinvestimento delle somme in questione (£.1.417.676).
Acclarato, quindi, che nel caso di specie le uniche
poste di danno di cui sono stati forniti sufficienti elementi probatori -atteso
che le relative circostanze risultano inconfutabilmente, come si è detto, per
tabulas- possono essere individuate nelle voci di cui alle precedenti
lettere a) e b), la Sezione opina che, ai fini della esatta
determinazione del quantum in sede di condanna, non sia da considerare
tutta la somma imputata a titolo di danno ai convenuti dalla Procura attrice,
ma soltanto il minor importo totale di euro 110.358,1, arrotondabile per
difetto ad euro 110.358,00.
Alla
luce delle evidenziate considerazioni, il Collegio ritiene, quindi, che il
danno subito dalla IPAB I.R.A. di Padova per effetto dell'illegittimo
investimento, quantificabile in euro 110.358,00, costituisca sicuramente danno
patrimoniale per le finanze dell'ente, che si connota in termini di ingiustizia
in quanto cagionato in diretta violazione del disposto dell'art. 28 della L.
n.6972 del 1890, secondo il quale: “Le somme da investirsi debbono essere
impiegate in titoli del debito pubblico dello Stato, o in altri titoli emessi o
garantiti dallo Stato. Ove i titoli non siano nominativi debbono essere
depositati, se e come verrà determinato caso per caso dalla Giunta provinciale
amministrativa. Le somme suddette possono tuttavia, con l'autorizzazione della
Giunta provinciale amministrativa, essere impiegate nel miglioramento del
patrimonio esistente, nei casi nei quali sia evidente la maggiore utilità di
tale impiego”.
Vero
è che la disciplina relativa alle IPAB prevista dalla citata legge non è più
allo stato vigente, in quanto secondo l'art. 30 della L. 8 novembre 2000, n.
328, “alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui
all'articolo 10 è abrogata la disciplina relativa alle IPAB prevista dalla legge
17 luglio 1890, n. 6972”. Detta abrogazione è stata peraltro ribadita dall'art.
21 del D.Lgs. 4 maggio 2001, n. 207, emanato proprio in attuazione della delega
conferita dall'art.10 della L. 328/00, secondo cui “Il Governo è delegato ad
emanare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, un decreto legislativo recante una nuova disciplina delle
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) di cui alla legge 17
luglio 1890, n. 6972 e successive modificazioni, sulla base dei seguenti
princìpi e cri-teri direttivi…”.
Il
citato decreto veniva pubblicato il 1° giugno 2001 nella G. U. n. 126 e da tale
data iniziava a decorrere la vacatio legis richiesta ai fini della
relativa entrata in vigore, che è dunque sicuramente successiva alla
commissione dei fatti di causa, avvenuti nel periodo tra la fine del 2000 e
l'aprile 2001, ossia sotto la perdurante vigenza della vecchia disciplina, la
cui violazione comunque rileva in questa sede, non potendo nel campo della responsabilità
amministrativa operare un principio similare a quello penalistico della
retroattività dell'abolitio criminis.
È
in conclusione ingiusto, ossia arrecato non iure, il danno che oltre ad
essere prodotto con palese violazione dei doveri inerenti all'ufficio, sia
addirittura, come nella specie, generato attraverso la violazione di una
disciplina legale, quale l'art. 28 della L. n.6972 del 1890, vigente al momento
dei fatti e ciò vale senz'altro ad integrare, sotto il profilo dell'elemento
oggettivo, il perfezionamento della fattispecie di responsabilità
amministrativa.
E la suddetta violazione, nella sua dimensione più
piena, è indubbiamente riscontrabile nel caso di specie, poiché la natura
palesemente rischiosa dell'investimento operato con il danaro della IPAB I.R.A
di Padova, quale risultante dal foglio illustrativo predisposto dall'Istituto
Bancario S. Paolo IMI, nonché dall'Allegato A costituente parte integrante del
contratto (il fondo era composto da una quota azionaria del 30% ed obbligazionaria
del 70% e connotato da una “propensione al rischio elevata”), non può certo
essere bilanciata e neutralizzata dalla maggiore redditività presunta del fondo
rispetto ai titoli di stato, richiedendo la norma violata - e prima ancora i
doveri di prudenza connaturati all'esercizio dell'ufficio- prodotti finanziari
di sicuro affidamento.
Deve
indi procedersi alla verifica del nesso di causalità tra danno e
condotta dei convenuti, da intendersi nella duplice accezione di comportamento
attivo od omissivo imputabile al soggetto agente.
A tale riguardo, sulla base di quanto emerge con
chiarezza dagli atti, la Sezione ritiene che il danno sia stato causato
anzitutto dalla condotta commissiva posta in essere dal Rag. Lessio Ugo nella
sua qualità di Direttore amministrativo - Segretario Generale dell'ente
danneggiato e nell'esercizio delle correlate funzioni di responsabile della
gestione finanziaria ed amministrativa dell'ente.
È al menzionato convenuto che risultano, infatti, direttamente
riconducibili sia la disposizione dell'investimento in questione (con
determinazione n.165 del 12 luglio 2000 versata in copia in atti) sia il suo
mantenimento oltre i limiti di tempo originariamente previsti, nonostante gli
altri organi dell'ente lo avessero in diverse e successive occasioni richiamato
al rispetto delle prescrizioni di legge e di istituto.
Risultano agli atti, infatti i verbali del Collegio
dei revisori del 4 ottobre 2000 e dell'8 novembre 2000, in cui si pone ben in
luce la rischiosità dell'investimento operato e si sollecita lo smobilizzo del
fondo, nonché la nota del 7 novembre 2000 con cui il Lessio, ribadita la
correttezza e la proficuità delle scelte operate si impegnava a disinvestire
entro la fine del 2000, impegno poi disatteso e seguito dalla nota del 19
febbraio 2001 in cui il medesimo, visto l'anda-mento negativo della gestione
patrimoniale, riteneva opportuno mantenere ancora fermo l'investimento per
attendere l'eventuale ed auspicata ripresa della quotazione del fondo.
Quanto, in particolare, al danno concretatosi negli
interessi passivi pagati per il necessitato ricorso alle anticipazioni di
tesoreria, emerge evidente, dalla stessa memoria di costituzione del convenuto
Lessio, che l'investimento operato era ad “un orizzonte temporale lungo”,
ovvero tale da non consentire un rapido recupero delle somme onde impiegarle
per l'effettuazione delle spese correnti dell'ente (cfr pag.7 e 10 della
memoria).
Già con lettera n.921 del 5.3.01 della Dr.ssa Sandra
Nicoletto, Ragioniere Capo, indirizzata tra gli altri, a tutti e tre i
convenuti, era stato comunicato che in data 19.1.01 si era dovuta richiedere,
per fronteggiare le ordinarie necessità dell'istituto, un'anticipazione di
£.3.000.000.000, per cui si sollecitava il rientro delle somme investite, onde
evitare il pagamento di gravosi interessi passivi di tesoreria.
Il Lessio, chiamato dal Consiglio di amministrazione a
rendere chiarimenti, nella nota in allegato al verbale della seduta consiliare
dell'8.3.01 e poi nella lettera del 15.3.01 indirizzata al Presidente Berardini
ed al Presidente del Collegio dei Revisori, aveva ribadito la propria autonomia
gestionale, preoccupandosi più di lamentare un'indebita ingerenza della Dr.ssa
Nicoletto ai danni della sua sfera di competenza che di giustificare la
correttezza del suo operato in merito all'investimento effettuato.
Né di certo può giovare, in questa sede, al convenuto
Lessio invocare la meritevolezza degli interessi perseguiti (acquisto del
pulmino per disabili), che sarebbe stata a suo dire tale da far apparire
l'investimento operato come esecutivo del terzo comma dell'art.28 della L.6972
del 1890.
Appare invero facile osservare che il menzionato
com-ma, nella parte in cui dispone che: “Le somme suddette pos-sono tuttavia,
con l'autorizzazione della Giunta provinciale amministrativa, essere impiegate
nel miglioramento del patrimonio esistente, nei casi nei quali sia evidente la
maggiore utilità di tale impiego”, si riferisce ai casi in cui il danaro in
eccesso, invece di essere investito all'esterno dell'ente, viene impiegato
direttamente all'interno di esso per potenziarne il patrimonio, cosa che
sarebbe certo avvenuta soltanto se il Lessio, invece di investire la somma in
titoli, avesse acquistato subito, con
una parte di essa, il pulmino.
Il nesso di causalità sussiste anche tra le due voci
di danno ed il comportamento omissivo tenuto dal convenuto Bernardini,
considerato che l'art.14 dello Statuto, come modificato con deliberazione del
Consiglio di Amministrazione n.90 del 21 maggio 1998, pone a carico del
Presidente il compito di sovrintendere al buon andamento dell'istituto.
L'art. 5 del regolamento approvato con deliberazione
del Consiglio di amministrazione del 22 dicembre 1998 n.235, stabilisce inoltre
che il Presidente, quale organo di governo, è “responsabile della
amministrazione dell'ente” e titolare del potere di “impartire direttive al
segretario generale..” nonché di “verificare lo stato di attuazione.. dei piani
e programmi approvati dal Consiglio”.
L'art. 8 del medesimo regolamento, conferma che al
Segretario Generale “spettano tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e
dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dagli organi di
governo, secondo le direttive impartite dal Presidente”.
Gli evidenziati danni appaiono parimenti imputabili
pure alla condotta omissiva del Consigliere Caobianco Luciano, il quale avrebbe
potuto e dovuto impedire il verificarsi del danno, essendo titolare, rispetto
al servizio di ragioneria ed alla gestione economico-finanziaria, di specifici
poteri di vigilanza in virtù della delega conferitagli con deliberazione del
Consiglio di Amministrazione n.278 del 1996 in applicazione dell'art.20, 2°
comma, dello Statuto.
Lo stesso Consiglio di Amministrazione di cui il Caobianco
era componente si era invece limitato, nell'allegato al verbale della seduta
dell'8 marzo 2001, a prendere atto, riservandosi di “adottare eventuali
provvedimenti”, della nota della Dr.ssa Nicoletto del 5.3.01, pur riconoscendo
che ad esso spettava “la verifica dell'osservanza delle disposizioni sopradette
da parte del Dirigente Segretario Generale”, che era stato semplicemente
invitato a fornire delucidazioni sull'andamento dell'investimento, nonostante a
quella data il danno fosse già conclamato.
Quanto all'elemento soggettivo richiesto
dall'art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato
dall'art. 3, comma 1, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, nella specie la
sussistenza della colpa grave in capo a Lessio Ugo può ritenersi insita nella
stessa natura incauta dell'investimento, che è tale da sfiorare i limiti
dell'avventa-tezza, prima ancora che nella palese violazione dei parametri
legali delineati con estrema chiarezza dal citato art. 28.
In relazione agli altri due convenuti, appare altresì
evidente la sussistenza di una loro inerzia, del pari gravemente colposa
dinanzi all'operato, contrario ai principi di buona amministrazione e buon
andamento, imputabile al Lessio, laddove avrebbero invece potuto e dovuto
intervenire più efficacemente e tempestivamente per arginare i danni
dell'o-perazione finanziaria in questione.
Il comportamento del Beradini, in particolare, non
appare nel complesso contrassegnato da quel livello minimo di diligenza che la
delicatezza del suo ruolo di Presidente avrebbe richiesto, come poi fatto dal
nuovo Presidente dell'Istituto che si attivava, immediatamente dopo essere
stato nominato, per dar corso allo smobilizzo delle somme illegittimamente
investite.
Né possono
considerarsi convincenti in senso contrario i rilievi sollevati dal Presidente
Bernardini a sua discolpa nella memoria di costituzione, laddove rappresenta
che: “i verbali del Collegio dei Revisori non venivano trasmessi al
Presidente”, né gli era giunta la corrispondenza tra l'I.R.A. e la S. Paolo IMI
concernente l'investimento.
Egli era
infatti ben a conoscenza della reale situazione finanziaria dell'ente, tant'è
vero che risulta agli atti l'ordi-nanza da lui stesso firmata, in data 19
gennaio 2001, per richiedere alla Tesoreria un'anticipazione di cassa da
utilizzare per sopperire alle temporanee deficienze di liquidità e del resto
anche il Lessio gli aveva direttamente comunicato l'an-damento negativo
dell'investimento, con nota del 19 febbraio 2001.
Il
Bernardini, tuttavia, invece di sollecitare in modo efficace, all'interno della
struttura dell'ente, il recupero delle somme investite prima che le perdite
raggiungessero un livello elevato, si era limitato, il 20 febbraio 2001, a
scrivere al Direttore dell'Agenzia S. Paolo una generica lettera “come obbligo
d'ufficio, con invito a fornire quella ulteriore assistenza per il sicuro
positivo esito dell'investimento” e, nel verbale della successiva seduta del
Collegio dei Revisori del 28 febbraio 2001, aveva invitato ancora una volta il medesimo
Direttore presente “ad attivarsi presso il suo Istituto Bancario per provvedere
ad ottenere idonea garanzia al fine di evitare il danno de quo”.
È lo
stesso convenuto Bernardini, infine, ad ammettere, di essersi attivato troppo
tardi per impedire che si producesse un danno a scapito del patrimonio
dell'ente laddove, a pag.13 della memoria di costituzione, si legge
testualmente che “Quando il Presidente dell'I.R.A. ha cercato, sempre in
collaborazione col Collegio dei revisori, di acquisire informazioni
sull'operato del Segretario-direttore amministrativo la situazione era ormai
pregiudicata”.
Quanto al
convenuto Caobianco non giova a quest'ul-timo rilevare, per esimersi da
responsabilità per colpa grave, come, almeno in un primo momento, ai consiglieri
non fosse stato riferito nulla in merito all'investimento operato, nella
convinzione che si trattasse di attività gestionale propria del
Segretario-Direttore amministrativo in applicazione dell'incarico ricevuto e
che quest'ultimo avesse espressamente rivendicato la propria autonomia al
riguardo nella riunione del Consiglio di Amministrazione dell'8.3.01, o ancora
che “Della decisione di investire nei fondi e dei rischi per il patrimonio
dell'ente il consigliere Caobianco ha avuto informazione solo quando ormai la
situazione era pregiudicata, attraverso il fax del 17 novembre 2000 inviato
dalla ragioniera capo su suo sollecito. Egli non aveva avuto comunicazione
alcuna dei verbali dei revisori dei conti ed era perciò all'oscuro di tutto …e
non è stato coinvolto nemmeno in nessuna delle riunioni successive in
considerazione del mancato disinvestimento a cui hanno partecipato revisori dei
conti e Presidente dell'Istituto, unitamente al Segretario e, a volte, al
consulente dell'Imi”. È agevole infatti osservare che proprio dal quel
Consiglio di Amministrazione di cui era componente il Caobianco, ed oltretutto
su sua stessa proposta, il Lessio era stato investito dell'incarico in
questione e che il menzionato convenuto fu tempestivamente informato dei rischi
rilevati dal Collegio dei Revisori, nei verbali del 4.10.00 e dell'8.11.00, in
merito all'investimento effettuato dal Segretario Generale (come risulta dal
fax inviatogli già in data 17 novembre 2000 dal Ragioniere Capo dell'istituto),
ma omise di adottare tutte le possibili cautele per evitare che l'operazione
posta in essere dal Segretario si rivelasse lesiva.
Così accertata la sussistenza di tutti gli elementi
necessari ad affermare la responsabilità amministrativa dei convenuti, la
Sezione ritiene che, per parametrare la misura della responsabilità al diverso
apporto causale fornito da ciascuno dei condannati nella dinamica del fatto, in
cui è palese il ruolo di primaria importanza svolto dal Lessio, e
conseguentemente per operare una esatta suddivisione della misura del
risarcimento tra gli stessi, la complessiva somma di euro 110.358,00,
debba essere ripartita a loro carico nelle seguenti percentuali: 70% per Lessio
Ugo (corrispondente ad euro 77.250,6), 15% ciascuno per Caobianco e Bernardini
(corrispondente ad euro 16.553,7).
In merito alla domanda spiegata in via subordinata da
tutti e tre i convenuti, si osserva che
il livello di colpa rilevato in capo ad essi è tale da non consentire, ad
avviso del Collegio, il richiesto esercizio del potere riduttivo di cui
all'art. 52, 2° co., t. u. n. 1214 del 1934 ed all'art.83, 1° co., R.D. 1923
n.2440.
Sugli importi predetti sono dovuti la rivalutazione
monetaria, da calcolarsi secondo l'andamento dell'indice ISTAT, dal momento
della causazione del danno (ossia dal 13 aprile 2001, data in cui il
pregiudizio si è concretizzato in seguito all'integrale e definitivo smobilizzo
dell'investimento) alla data di deposito della presente sentenza, ed interessi
legali sulle somme così rivalutate, da computarsi dalla data di pubblicazione
della pronuncia giudiziale a quella dell'effettivo pagamento. Quanto alle
modalità di riscossione, le somme così determinate verranno recuperate
dall'Ente creditore ai sensi e con le modalità di cui al DPR 24 giugno 1998, n.
260, recante il Regolamento per la semplificazione dei procedimenti di
esecuzione delle decisioni di condanna e risarcimento di danno erariale
(pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 180 del 4 agosto 1998).
I convenuti sono anche condannati, in proporzione alla
rispettiva percentuale di responsabilità, al pagamento delle spese giudiziali,
come per ciascuno quantificate in dispositivo, secondo il generale principio
processuale della soccombenza consacrato dall'art. 91 c.p.c. ed operante anche
nel processo contabile in virtù del rinvio operato in chiave dinamica dall'art.
26 del R.D. n.1038/33 .
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL VENETO,
definitivamente pronunciando nel giudizio di
responsabilità iscritto al n.22618 del registro di Segreteria, respinta
ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, accoglie parzialmente la
domanda attrice, e per l'effetto:
a) condanna Lessio
Ugo, come in epigrafe generalizzato, al pagamento in favore delle finanze
della IPAB I.R.A. di Padova della somma di euro 77.250,6, da rivalutarsi come
in parte motiva ed alla corresponsione degli interessi legali sulla somma così
determinata, dalla data di deposito della sentenza fino all'effettivo saldo,
nonché al pagamento del 70% delle spese processuali;
b) condanna
Berardini Ruggero, come in epigrafe generalizzato, al pagamento in favore
delle finanze della IPAB I.R.A. di Padova, della somma di euro 16.553,7, da
rivalutarsi come in parte motiva ed alla corresponsione degli interessi legali
sulla somma così determinata, dalla data di deposito della sentenza fino
all'effettivo saldo, nonché al pagamento del 15% delle spese processuali;
c) condanna
Caobianco Luciano, come in epigrafe generalizzato, al pagamento in favore
delle finanze della IPAB I.R.A. di Padova, della somma di euro 16.553,7, da
rivalutarsi come in parte motiva ed alla corresponsione degli interessi legali
sulla somma così determinata, dalla data di deposito della sentenza fino
all'effettivo saldo, nonché al pagamento del 15% delle spese processuali;
d) liquida
le spese di giustizia in Euro 338,87
(euro trecentotrentotto/87 centesimi).
Manda alla Segreteria per gli ulteriori adempimenti.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del
24.3.04.
(F.to Rosalba Di Giulio) (F.to Sergio Zambardi)
F.to Guarino