REPubbLica Italiana

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte dei Conti

sezione giurisdizionale per la puglia

composta dai seguenti magistrati:

SANTORO dott. Pelino                                             Presidente

ROMANELLI dott. Francesco Paolo                       Consigliere - relatore

FRANCIOSO dott. Annunziata                                  Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 023082 del Registro di Segreteria, promosso dal Procuratore Regionale nei confronti di STAMA Giuseppe, rappresentato e difeso dall'Avv. Saverio Profeta, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Bari, alla Via Cognetti, n. 15, LONGANO Francesco e ESPOSITO Pietro, rappresentati e difesi dall'Avv. Marco NAVACH, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati, in Monopoli, alla via Vasco, n. 21, e LAMANNA Domenico, rappresentato e difeso dall'Avv. Sante Nardelli, con il quale è elettivamente domiciliato, in Bari, alla Via De Rossi, n. 16, presso lo studio dell'Avv. Gennaro Notarnicola.  

Visto l'atto di citazione in data 17 settembre 2003, iscritto al  n. G 2003/062 del registro della Procura Regionale;

Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;

Uditi, nella pubblica udienza del 18 febbraio 2004, il relatore, consigliere dott. Francesco Paolo Romanelli, gli Avv. Marco Navach, per i convenuti Longano e Esposito, Saverio Profeta per il convenuto Stama, e Sante Nardelli, per il convenuto Lamanna, nonché il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Antonio D'Amato;

Ritenuto in

FATTO

Con atto di citazione in data 17 settembre 2003,  ritualmente notificato, il Procuratore Regionale ha convenuto innanzi a questa Sezione Giurisdizionale i signori Stama Giuseppe, Lamanna Domenico, Esposito Pietro e Longano Francesco per sentirsi condannare al pagamento, in favore Comune di Polignano a Mare, delle somme di € 48.845 (nella misura di € 13.845, il primo, di € 13.000, il secondo e di € 11.000 ciascuno, gli ultimi due) ed € 40.274 il primo soltanto, oltre, per tutti, interessi legali e spese di giudizio.

Le somme suddette corrispondono a due distinte partite di danno che, secondo il Procuratore Regionale, sono state sopportate dal Comune di Polignano a Mare in dipendenza di comportamenti gravemente colposi posti in essere dai predetti convenuti nel corso del procedimento per l'esecuzione dei lavori di costruzione di un mercato ortofrutticolo sulla strada provinciale Polignano a  Mare-Conversano, nella rispettiva qualità di Direttore dell'Ufficio Tecnico Comunale (lo Stama) e di progettisti dell'opera e direttori dei lavori (il Lamanna, l'Esposito ed il Longano).

Nel dettaglio, la prima partita di danno (€ 48.845) è pari alla somma complessivamente pagata all'impresa “Salvatore Matarrese S.p.a.”, appaltatrice dei lavori, in accoglimento della riserva n. 3 sollevata dalla predetta ditta per sospensione dei lavori dal 15.7.1993 al 16.10.1995, mentre la seconda (€ 40.270), è pari alla somma versata alla medesima impresa  a titolo di interessi legali e moratori, per effetto del ritardato pagamento dei diversi stati di avanzamento lavori, nonché della revisione prezzi e della rata di saldo.

Con riguardo alla prima partita di danno, espone parte attrice che con delibera consiliare n. 88 del 17/4/85, fu affidato ad una equipe di liberi professionisti, composta dai tre architetti Domenico Lamanna, Francesco Longano e Pietro Esposito, l'incarico di progettazione dell'opera in questione, congiuntamente a quello di direzione dei lavori, e che la relativa convenzione fu sottoscritta in data 23/1/86.

Con successiva delibera consiliare n. 190 del 27/11/85, fu approvato il progetto esecutivo redatto dai suddetti professionisti, con una previsione complessiva di spesa pari a £. 2.500.000.000, di cui £. 2.070.676.066, per lavori a base d'asta, e £. 429.323.934, per somme a disposizione dell'Amministrazione committente (£. 200.000.000, per spese generali, £. 77.423.521, per IVA, e £. 151.910.413, per imprevisti e revisione prezzi), la cui copertura finanziaria sarebbe stata assicurata dalla contrazione di un mutuo di pari ammontare, poi concesso dalla Cassa Depositi e Prestiti, giusta provvedimento n. 404319200 del 29/7/86.

A seguito dello svolgimento, in data 12/1/89, di gara per licitazione privata, l'appalto risultò provvisoriamente aggiudicato, con il ribasso del 16,5% e per il minor importo di £. 1.729.013.681, in favore dell'impresa suddetta, con la quale il relativo contratto fu stipulato in data 28/10/1989 (rep. n. 1103).

Sennonché, per giungere alla relativa esecuzione che, secondo le previsioni originarie, doveva essere compiuta in venti mesi, ne furono impiegati, nel complesso, più di sessantasei circa, ossia dall'aprile '90 al novembre '95, con un ritardo, causato da due sospensioni, di oltre quarantasei mesi.

Ed infatti - prosegue il Requirente - alla consegna dei lavori da parte dei suddetti professionisti si provvide soltanto in data 20/4/90 - e, dunque, in ritardo rispetto al termine stabilito dall'art. 10 del DPR. n. 1063/62 - a causa dell'indisponibilità del suolo che, pur essendo di proprietà comunale, era tuttavia occupato da conduttori affittuari, sicché la data di ultimazione dei lavori veniva fissata al 20/12/91 (donde la prima riserva in tal senso avanzata dall'appaltatrice ed iscritta nel relativo verbale).

Sta di fatto che, in data 16/11/90, appena cioè sette mesi dopo la consegna dei lavori, essendosi presentata la necessità di redigere una perizia di variante e suppletiva, onde adeguare le realizzande opere alla normativa sopravvenuta alla pubblicazione del bando di gara, fu disposta una prima sospensione, che durò sino al  25/11/91, con conseguente slittamento del termine di ultimazione dei lavori al 17/7/93 (in relazione a tale sospensione, l'impresa ritenne di iscrivere una seconda riserva, sia sul verbale di sospensione che su quello di ripresa dei lavori).

In data 23/11/92, tuttavia, l'impresa appaltatrice segnalava (con una prima lettera) al Commissario Prefettizio del Comune di Polignano a Mare, al fine di rendere agibile in tempi brevi un primo stralcio funzionale del costruendo manufatto, la necessità (ribadita poi con la successiva nota di sollecito del 13/1/93) di intervenire presso l'Amministrazione Provinciale di Bari a la USL BA/16, onde ottenere il rilascio, in via definitiva, delle autorizzazioni necessarie, rispettivamente, alla sistemazione dell'ingresso di quel compendio, in quanto allocato sulla strada provinciale Polignano-Conversano (quella provvisoria era stata accordata in precedenza dal medesimo Ente alla ditta appaltatrice) ed allo scarico nel sottosuolo di acque meteoriche e nere depurate, nonché presso l'Enel e l'Eaap, per richiedere l'allacciamento alle rete elettrica e dell'acquedotto.

A seguito di tale richiesta, il Commissario straordinario, con nota n. 1144 del 2/2/93, richiese ai suddetti direttori dei lavori di redigere un'apposita “…relazione dettagliata…” sull'andamento dei lavori “…sino a tutto il 2° s.a.l….”, nonché una “…relazione specifica sul 1° lotto del mercato ortofrutticolo…”.

A tanto i suddetti professionisti provvidero in data 5/2/93, ma con riferimento al 3° s.a.l., allegando anche il grafico delle strutture ancora da realizzare per l'uso della fogna bianca e nera ed aggiungendovi la descrizione dell'impianto all'uopo approntato dalla DEPURECO S.p.A.

Ciò nonostante, il 15/7/93, ossia due giorni prima della suddetta data del 17/7/93, entro cui i lavori sarebbero dovuti essere completati, ancora una volta, per i su esposti motivi, se ne dispose, sempre da parte dei direttori dei lavori, la sospensione, che durò sino al 16/10/95 (ossia per ben 823 giorni) allorquando furono ripresi  per essere ultimati appena un mese dopo (17/11/95).

In relazione a tal'ultima sospensione, fu iscritta da parte dell'impresa appaltatrice la riserva n. 3, riconosciuta fondata (diversamente dalle prime due) con relazione dei collaudatori in data 6/11/1996, con conseguente quantificazione del danno subito dalla medesima impresa (che l'accettò) in £. 94.577.514 (pari a € 48.845), oltre IVA.

Ad avviso del Procuratore regionale, non è revocabile in dubbio che tale prolungata sospensione - come, peraltro, rilevato dalla Commissione di collaudo nella sopra citata relazione del 6/11/96 - sia da considerare del tutto illegittima, non essendo la rispettiva causa annoverabile tra quelle tipizzate nell'art. 30 del D.P.R. n. 1063/62, ed imputabile ai tre progettisti e direttori dei lavori, nonché al Dirigente pro-tempore dell'Ufficio Tecnico Comunale, per la rivestita posizione di Ingegnere Capo di quegli stessi lavori.

Infatti, come si evince dal verbale di sospensione del 15/7/93,   quest'ultima risulta essere stata disposta, essenzialmente, per la mancata risoluzione, a quella data, da parte del Comune di Polignano a Mare, delle questioni tecniche ripetutamente prospettate dall'impresa appaltatrice, concernenti “…la installazione delle apparecchiature di trasformazione e misura nella cabina elettrica per la energizzazione dell'intero complesso, la realizzazione di foro trivellato per lo scarico delle acque meteoriche e foro trivellato per lo scarico delle acque depurate, propedeutiche alla costruzione dell'impianto di depurazione a servizio del mercato, l'allacciamento della rete interna di acqua potabile a quella cittadina, la realizzazione degli accessi all'interno del complesso ortofrutticolo dalla strada provinciale Polignano-Conversano…”.

Sennonché, ritiene il Requirente che - se si esclude il parere tecnico dell'Ufficiale Sanitario sul realizzando impianto di depurazione delle acque reflue, da scaricare poi nel sottosuolo, reso, peraltro, favorevolmente già in data 7/5/93, benché con qualche riserva ( ma da osservare solo al momento della sua attivazione) - tutte le altre suddette questioni tecniche non costituivano di per sé, stando almeno alle asserzioni del Sindaco di Polignano a Mare, nella propria lettera n. 12250 del 25/10/94 (indirizzata ai tre direttori dei lavori ed all'appaltatrice appaltatrice), condizioni idonee a giustificare tale sospensione, oltretutto protratta per più di due anni.

E' d'altro canto incontrovertibile - ad avviso di parte attrice - che la realizzabilità dell'intero complesso, nei suoi diversi stadi, articolazioni e pertinenze - ivi compresi l'energizzazione della cabina ENEL, da realizzare però nell'esclusivo interesse del Comune di Polignano, come precisato dal Sindaco, oppure l'approvvigionamento idrico del compendio, da eseguire, dato l'elevato costo di allacciamento al collettore principale della rete EAAP, con soluzione alternativa suggerita dalla stessa direzione lavori, ovvero la sistemazione definitiva del varco di accesso al mercato, insistente sulla strada provinciale Conversano-Polignano, intimata pervero già nell'ottobre '90, allorquando la ditta Matarrese aveva presentato il connesso progetto, allegato alla propria istanza di concessione provvisoria (come precisato dall'Ufficio Tecnico della Provincia di Bari, nella nota n. 8093 del 6/10/93) - avrebbe dovuto essere già acclarata nella fase di relativa progettazione, eseguita dai tre medesimi architetti, incaricati contemporaneamente anche della direzione lavori.

A costoro, infatti  - come, peraltro, puntualizzato dal Capo dell'U.T.C., nella propria relazione del 30/5/95, prot. n. 7011 (ad essi, tra gli altri, indirizzata) - incombevano, per quest'ultima precipua posizione ulteriori obblighi, espressamente sanciti dalla normativa all'epoca vigente, e, nello specifico, dagli artt. 3, 5 e 11 del Regolamento dei lavori pubblici, approvato con R.D. 25/5/1895 n. 350.

Secondo l'art 3 sopra citato, infatti, “…il direttore dei lavori ha la speciale responsabilità dell'accettazione dei materiali, della buona e puntuale esecuzione dei lavori in conformità ai patti contrattuali ed agli ordini dell'ingegnere capo…”, mentre, per l'art. 5, “…l'ingegnere capo....dispone che, a cura dell'ufficiale che dovrà poi assumere la direzione dei lavori si faccia una verificazione del progetto, in relazione al terreno, .....e a quant'altro occorre per l'esecuzione dell'opera, affinché sia accertato che, all'atto della consegna, non si riscontreranno variazioni nelle condizioni di fatto sulle quali il progetto è basato, o, riscontrandosene alcuna, si abbia tempo a prevenire l'apertura delle aste pubbliche o delle licitazioni, ovvero, quando trattasi di trattativa privata, la stipulazione del contratto, in base a progetto inesatto o non più esatto…” e, a norma dell'art. 11, “…il direttore prenderà la iniziativa di ogni disposizione necessaria, acciocché i lavori, a cui è preposto, siano eseguiti a perfetta regola d'arte, ed in conformità dei relativi progetti e contratti, proponendo all'ingegnere capo, di cui dovrà eseguirne gli ordini, l'adozione di quei provvedimenti non di sua specifica competenza…”.

Dal che s'inferisce - secondo il Requirente - che i tre direttori dei lavori, avrebbero dovuto verificare innanzitutto da subito - quanto meno prima della consegna degli stessi alla ditta appaltatrice, se non addirittura prima di bandire la connessa gara per licitazione privata - l'esattezza di tutti gli elaborati progettuali da essi stessi predisposti, nonché individuare tutti gli accorgimenti, di natura tecnica e di carattere amministrativo, occorrenti all'esecuzione completa dell'edificanda opera pubblica, avendo semmai cura di sollecitarne gli opportuni adempimenti, ove necessario, presso il competente ufficio della stazione appaltante; senza attendere, in altre parole, che fosse quest'ultimo, nella persona dell'Ingegnere Capo dell'U.T.C., ad intraprendere, oltretutto in ritardo, le corrispondenti iniziative o che addirittura si giungesse alla quasi ultimazione del compendio, da loro certificata in data 17/11/95, appena cioè un mese dopo la ripresa dei lavori, disposta il 16/10/95.

D'altra parte - secondo il Procuratore regionale - neppure il dirigente di detto U.T.C., nella persona dell'ing. Stama, può sottrarsi a siffatte censure di nimia negligentia, seppur a titolo alquanto differente, ove si consideri che, come testè osservato, competeva proprio a lui, ratione officii, sia di provvedere alla subitanea introduzione, per conto del Comune di Polignano, dei su elencati procedimenti tendenti ad ottenere quegli allacciamenti ed autorizzazioni, più volte segnalati e sollecitati dalla società appaltatrice, e sia di sovrintendere diuturnamente, ai sensi dell'art.1 del Regolamento n. 350/1895, sull'operato dei direttori dei lavori, non solo esigendone la puntuale e totale osservanza degli obblighi scaturenti dalla convenzione da essi sottoscritta e dei rispettivi doveri di servizio, come sopra normativamente prescritti, quanto contestando loro, ma con più tempestività, ogni inadempienza, specie allorquando egli ebbe a ricevere il surriferito verbale di sospensione dei lavori del 15/7/93, contenente in calce la predetta riserva n. 3 eccepita dall'impresa appaltatrice, soprattutto alla luce delle motivazioni che erano state addotte, dal sapore non proprio ortodosso, anche perché il progetto, allora in corso di esecuzione, era stato da loro redatto.

Inoltre, allo stesso ing. Stama, il Procuratore regionale contesta di aver in prosieguo tollerato l'inopinato trascorrere di quel lungo periodo di sospensione dei lavori, protrattosi per oltre due anni, prima di decidersi, ma solo alla fine di maggio '95, a muovere alla direzione lavori qualche timido addebito, neppure con formali appositi ordini di servizio, secondo quanto previsto dal 3° comma dell'art. 7 del R.D. n. 350/1895, bensì con una lettera di riscontro (prot. n. 7011), oltretutto sollecitata dal Sindaco (con nota del 12/5/95 prot. N. 7016), alle lamentele ancora una volta avanzate dall'appaltatrice; onde pervenire, dopo qualche mese, alla ripresa dei lavori, ma solo per effetto di siffatto intervento risolutivo spiegato dagli Amministratori municipali dell'epoca.

Con riguardo alla seconda partita di danno (interessi moratori corrisposti all'impresa appaltatrice per il ritardo nella liquidazione dell'anticipo del 10% e dei vari certificati afferenti ai quattro stati di avanzamento lavori, nonché della revisione prezzi e della rata a saldo),  espone parte attrice che i certificati di pagamento,  pur emanati in apparenza con tempestività, ed in qualche occasione pure simultaneamente ai vari s.a.l., da entrambi i Capi dell'U.T.C. - ossia prima dall'ing. Aldo Sportelli, in servizio fino al 31/12/92, e successivamente dall'ing. Stama, in servizio dal 1/1/93 in poi - in realtà venivano liquidati con notevole ritardo, anche perché la connessa procedura, comportando, peraltro, l'emissione di un'apposita delibera giuntale o commissariale, nonché le contemporanee, se non proprio contestuali, richieste man mano rivolte alla Cassa Depositi e Prestiti dal Sindaco o dal Commissario Prefettizio per ottenere i fondi occorrenti alla liquidazione dei crediti via via vantati dall'impresa appaltatrice, ne postulava comunque il previo accredito.

 Sicché, per quanto siffatte erogazioni venissero poi disposte dall'Ente finanziatore abbastanza rapidamente, nondimeno siffatta lentezza, riconducibile preminentemente al nuovo capo dell'U.T.C., ing. Stama, ha fatto travalicare livelli considerevoli, essenzialmente a partire dal terzo certificato, attinente al 2° s.a.l.

Si sono, infatti, raggiunti, stando almeno al calcolo effettuato dalla ditta creditrice ed accettato dalla stazione appaltante, livelli più contenuti per il 4°, 3° e 2° s.a.l., rispettivamente di 124, 136 e 154 giorni., ma anche molto più lunghi, persino di 382 e 511 giorni, rispettivamente per i certificati 5° e 4° bis, concernenti il compenso revisionale, oltre i suddetti primi 30 giorni di franchigia, ma comprensivi dei 60 giorni successivi, per il riconoscimento dei soli interessi legali.

Ad aggravare tale situazione - prosegue il Procuratore regionale - ha poi concorso una contesa nel frattempo insorta, nel periodo gennaio-settembre/novembre 1994, tra l'Amministrazione comunale e la direzione dei lavori, intorno all'aliquota IVA da applicare a tali categorie di opere, risoltasi alfine soltanto in virtù del riscontro fornito dalla locale Direzione Regionale delle Entrate ad un apposito quesito formulato da uno di essi.

Ad avviso di parte attrice, invece, anche siffatto problema, in quanto attinente a questioni di carattere eminentemente tributario concernente la precipua materia dei lavori pubblici, avrebbe dovuto essere affrontato e risolto già a monte, presso l'U.T.C. del Comune (e dunque dall'ing. Stama), senza che, da parte di costui, si pretendesse di demandarne la risoluzione ai direttori dei lavori, in quanto soggetti in ogni modo estranei all'Amministrazione, ancorché con essa in occasionale rapporto di servizio, ai quali incombeva soltanto l'onere, peraltro non di esclusiva loro competenza, di rideterminare il quadro economico dell'opera.

Sicché l'ing. Stama giammai avrebbe potuto sorvolare su quel dilemma rimanendo in passiva attesa che fossero altri a dipanarlo.

Che tale omissione abbia pure contribuito a determinare il danno che ne occupa è, d'altra parte, comprovato - secondo il Requirente - dal fatto che, in concomitanza con la suddetta disputa, si è perfino arrivati - come in precedenza riferito - a 511 e a 382 giorni di ritardo (sempre oltre la franchigia dei primi 30 giorni.), allorquando si è cioè provveduto a saldare rispettivamente i certificati 4° e 5° bis riguardanti l'acconto ed il saldo della ridetta revisione prezzi, ove si consideri oltretutto che, a fronte della rispettiva redazione in date 2/2 e 30/7/93, i corrispondenti mandati di pagamento di £. 193.499.950 e £. 34.147.050 sono stati emessi il 19/7/94 ed il 25/9/94, per essere infine quietanzati dall'impresa Matarrese il 28/7 e 19/10/94 successivi, nonostante il Sindaco del tempo, sin dal 23/5/94, avesse emanato la propria ordinanza.

Rappresenta, infine, il Procuratore regionale che ai convenuti (nonché al dott. Nicola Palladino, Direttore della Ripartizione Ragioneria, in quella sede associato all'ing. Stama con riguardo alla seconda partita di danno) sono stati notificati i prescritti inviti a dedurre, di cui all'art. 5 della legge 14/1/94 n. 19, come modificato dall'art. 1 della legge 20/12/96 n. 639.

Mentre le deduzioni rassegnate del dott. Palladino  sono state ritenute idonee a superare i profili di responsabilità contestati, avendo costui comprovato documentalmente la tempestività della Ripartizione Ragioneria nell'emettere tutti i mandati di pagamento inerenti ai certificati dei vari stati di avanzamento lavori e della revisione prezzi e di non essere mai stato interessato alla disputa insorta intorno all'aliquota IVA da applicare ai lavori,  non altrettanto è avvenuto per quelle rassegnate dagli architetti Lamanna, Esposito e Longano (alcuna deduzione é stata, invece, presentata dall'ing. Stama).

Costoro, infatti, nel cercare di scaricare ogni responsabilità sull'U.T.C. di Polignano a Mare, ed essenzialmente sull'ing. Stama per l'inerzia da lui serbata in questa vicenda, hanno concordemente sostenuto che a quegli adempimenti relativi allo scarico delle acque reflue, agli allacciamenti ENEL ed EAAP e, soprattutto, ai varchi di accesso sulla strada provinciale Polignano-Conversano, avrebbero dovuto provvedere i funzionari del Comune ivi preposti, cui competeva esclusivamente di “…trovare i fondi ed istruire i procedimenti amministrativi strumentali all'ottenimento di quegli allacci e di quelle autorizzazioni indispensabili a rendere il manufatto funzionale…”.

In proposito - osserva il Procuratore regionale - che, al di là dell'indubbia incidenza causale maggiore, seppur di poco, dell'ing. Stama nel determinare il danno in questione,  al reperimento di dette risorse e/o alla richiesta di tali autorizzazioni, intanto avrebbe potuto provvedere l'Amministrazione committente se negli elaborati progettuali da essi redatti (quadro economico dell'intera opera ed annesso computo metrico estimativo) fossero stati però conteggiati tutti i rispettivi costi e fosse stata altresì prevista la relativa spesa complessivamente richiesta, ovvero se nelle stesse previsioni di progetto fosse stata pure inclusa la costruzione - su una strada molto trafficata, com'era all'epoca e com'è tuttora, la Polignano-Conversano - dello svincolo attrezzato, imposto in via definitiva dall'Amministrazione Provinciale di Bari, con la conseguente realizzazione delle connesse corsie, ovviamente non richiesto nel 1990, allorquando fu rilasciata alla ditta appaltatrice la mera autorizzazione provvisoria.

D'altronde - prosegue parte attrice - è lo stesso arch. Lamanna, indicato dagli altri due direttori dei lavori come quello da loro designato a mantenere i rapporti tra la stazione appaltante e l'impresa appaltatrice, a riconoscere che solo dopo aver “…redatto la progettazione dello svincolo e trasmesso gli atti tecnici al Comune in data 30/6/95…”, egli poté stabilire dei contatti con i tecnici della Provincia di Bari “…volti definire le condizioni tecnico-amministrative necessarie all'ottenimento dell'autorizzazione all'apertura dell'accesso al mercato ortofrutticolo…” in argomento e, quindi, a sbloccare tutta la situazione e indi procedere alla ripresa dei lavori nell'ottobre successivo.

Si sono costituiti tutti i convenuti con il patrocinio degli avvocati indicati in epigrafe, contestando la fondatezza della pretesa attrice.

In particolare, i convenuti, Lamanna, Esposito e Longano hanno pregiudizialmente eccepito il difetto di giurisdizione della Corte dei conti nella fattispecie dedotta in giudizio, sulla base della prevalente giurisprudenza della Corte di cassazione e della Corte dei conti essendo stati essi, in tutta evidenza, chiamati a rispondere del danno loro imputato nella qualità di progettisti dell'opera pubblica in questione, piuttosto che nell'altra di direttori dei lavori.

In subordine, hanno, in sintesi, rappresentato come l'incarico di progettazione non comprendesse affatto - diversamente da quanto opinato dal Procuratore regionale - l'onere di indicare (nel quadro economico e nel computo estimativo) i costi per gli allacci elettrici ed alla rete idrica, ovvero di progettare quelle altre opere complementari  necessarie ad ottenere le autorizzazioni pubbliche (da parte della U.S.L. e della Provincia, rispettivamente, per lo scarico delle acque meteoriche e depurate nel sottosuolo e per gli svincoli di accesso dalla strada provinciale) indispensabili a rendere il manufatto funzionale, rientrando tali oneri esclusivamente nella competenza dell'Amministrazione appaltante.

Hanno, in ogni caso, eccepito, con riguardo anche all'ulteriore funzione svolta di direttore dei lavori, l'insussistenza nel loro comportamento di qualsivoglia connotazione di colpa grave e, men che mai, di dolo, nonché, comunque, l'assenza di nesso di causalità tra tale comportamento ed il danno.

Il convenuto Stama, dopo aver rappresentato di essersi insediato nella funzione di Direttore dell'Ufficio Tecnico Comunale (e, dunque, di ingegnere Capo dei lavori di costruzione del mercato ortofrutticolo) soltanto in data 1°.1.1993, ha eccepito, con riguardo ad entrambe le partite di danno imputategli, l'assenza del benché minino grado di colpa essendosi, con riguardo alla prima, adoperato con il massimo grado di diligenza per risolvere i problemi tecnici che avevano determinato la sospensione dei lavori e, con riguardo alla seconda, avendo egli adempiuto con la massima celerità possibile all'unico adempimento che gli era demandato nel procedimento di erogazione delle somme dovute all'appaltatore, vale a dire alla firma dei certificati di pagamento degli stati di avanzamento lavori, che, infatti, sono stati tutti emessi nella stessa data di emissione di quest'ultimi.

All'odierna udienza, i difensori dei convenuti hanno ulteriormente ribadito ed illustrato le suddette deduzioni difensive, concludendo in conformità agli atti scritti, per l'assoluzione dei loro assistiti e, in subordine, per un ampio esercizio del potere riduttivo.

Il Pubblico Ministero, per parte sua, dopo aver contrastato le stesse deduzioni difensive, ha concluso per la condanna di tutti i convenuti, in conformità all'atto di citazione.

In tale stato la causa è stata, quindi, trattenuta in decisione.

Considerato in

Diritto

1.- Osserva, preliminarmente, il Collegio che la vicenda dedotta in giudizio concerne due distinte partite di danno che, sebbene tra loro in qualche modo collegate, sia oggettivamente, in quanto relative allo stesso procedimento amministrativo (l'appalto per la realizzazione del mercato ortofrutticolo del Comune di Polignano a Mare), sia soggettivamente, in quanto un convenuto (l'ing. Stama) è chiamato a rispondere di entrambe, tuttavia si presentano autonome e differenziate dal punto di vista processuale, stante la diversità di causa petendi e di petitum nelle domande risarcitorie avanzate da parte attrice con l'atto di citazione, onde appare opportuno esaminarle partitamente.

2.- La prima partita concerne il danno derivato al suddetto Comune per effetto della corresponsione all'impresa appaltatrice, in accoglimento di apposita riserva da questa sollevata, di un somma, transattivamente concordata in € 48.845,  a titolo di risarcimento dei danni subiti per la ingiustificata sospensione dei lavori dal 15.7.1993 al 15.10.1995.

Il danno viene imputato ai tre progettisti e direttori dei lavori (nella misura di € 13.000 all'architetto Lamanna e di € 11.000 ciascuno agli architetti Longano ed Esposito), nonché al Direttore dell'Ufficio Tecnico Comunale, nonché Ingegnere Capo, ing. Stama, per la parte differenziale (€ 13.845).

3.- Al riguardo, va, pregiudizialmente, esaminata l'eccezione di difetto di giurisdizione, formulata da tutti e tre i progettisti-direttori dei lavori, sul rilievo che, in effetti, essi sono stati chiamati a rispondere dal Procuratore regionale per pretese gravi negligenze commesse nell'espletamento dell'incarico di progettazione dell'opera e non già  nell'altro di direzione dei relativi lavori.

L'eccezione è infondata.

In primo luogo, ritiene il Collegio che non sia esatto il postulato da cui l'eccezione muove.

In realtà, come emerge in tutta evidenza dall'atto di citazione, il Procuratore regionale contesta a questi tre convenuti inadempienze riconducibili ad entrambe le funzioni svolte, riassumibili nelle seguenti:

- il non aver tenuto conto, in sede di progettazione, delle opere accessorie necessarie al completamento funzionale dell'opera, e, cioè, essenzialmente, l'energizzazione della cabina ENEL, l'allaccio alla rete idrica, la sistemazione definitiva dell'accesso al manufatto dalla strada provinciale Polignano a Mare-Conversano (cfr. pagg. 7/8 e 15 dell'atto di citazione);

- il non aver adempiuto agli obblighi loro imposti dagli artt. 3, 5 e 11 del R.D. n. 350/1895 e il non aver sollecitato l'U.T.C., nella persona dell'Ingegnere Capo,  a porre in essere gli adempimenti necessari per la realizzazione delle opere accessorie di cui sopra (cfr. pagg. 8 e 9 dell'atto di citazione);

- l'aver sospeso i lavori benché non ne sussistessero le condizioni (cfr. pagg. 6 e 7 dell'atto di citazione).

Come si vede, dunque, mentre la prima delle suddette inadempienze è chiaramente riferibile alla funzione di progettisti dell'opera, le ultime due, sono, invece, indiscutibilmente relative all'altra di direttori dei lavori, sicché non appare revocabile in dubbio che i convenuti di che trattasi siano stati chiamati in giudizio in tale duplice veste.

Ciò posto, osserva il Collegio che in simili casi, ossia di cumulo della posizione di progettista e direttore dei lavori, la giurisprudenza prevalente, da cui non si ha motivo per discostarsi (cfr. Sez. II centr. n. 116/2001, Sez. Umbria n. 498/2002), è nel senso di ritenere sussistente la cognizione della Corte dei conti sulle pretese risarcitorie che siano connesse alla complessiva attività di progettazione-direzione dei lavori.

In effetti, in tale ipotesi, i doveri di verifica del progetto propri del direttore dei lavori, ai sensi dell'art. 5 del R.D. n. 350/1895, vengono ad attualizzarsi già nella fase della progettazione, sicché questa continua ad avere una sua autonomia solo ideale ed astratta dalla direzione dei lavori, mentre quest'ultimo ufficio (ed i doveri che ad esso si correlano) assorbe quello di progettista.

In altre parole, la figura del progettista sfuma in quella di direttore dei lavori, che è da sempre ritenuta soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti anche quando sia affidata a soggetti estranei all'apparato burocratico.

D'altra parte, la sostanziale unificazione, a fini di giurisdizione, della fase della progettazione con quella della direzione dei lavori, in ipotesi di cumulo nel medesimo soggetto dei compiti di progettista e di direttore dei lavori, non esclude che, a fini diversi, si possa avere interesse (com'è certamente nel caso di specie, stante l'impostazione attorea) a stabilire un peso causale e di concreta responsabilità che si lega alle due fasi, idealmente ed astrattamente pur sempre distinguibili.

Per le suesposte ragioni va, conclusivamente, affermata la giurisdizione di questa Corte sulla domanda risarcitoria che ne occupa e, quindi, anche sulla parte di essa che attiene alla progettazione dell'opera.

4.- Passando al merito, reputa, tuttavia, il Collegio che in alcuna delle due suddette funzioni siano riscontrabili profili di grave colpevolezza nel comportamento dei convenuti Lamanna, Longano ed Esposito.

Con riguardo all'ufficio di progettisti dell'opera, il Procuratore regionale contesta, in buona sostanza, ai convenuti - come si è testè ricordato - di non aver “…acclarato…” “…la realizzabilità dell'intero complesso, nei suoi diversi stadi, articolazioni e pertinenze - ivi compresi l'energizzazione della cabina ENEL…, oppure l'approvvigionamento idrico del compendio…, ovvero la sistemazione definitiva del varco di accesso al mercato, insistente sulla strada provinciale Conversano-Polignano...” (pagg. 7/8 dell'atto di citazione), nella considerazione che l'Amministrazione appaltante, intanto avrebbe potuto provvedere ad istruire i procedimenti amministrativi strumentali all'ottenimento dei suddetti allacci alla rete elettrica ed idrica o delle necessarie autorizzazioni per lo scarico nel sottosuolo delle acque reflue e per l'apertura degli svincoli d'accesso sulla strada provinciale (ed a reperire i relativi fondi), in quanto “…negli elaborati progettuali da essi redatti (…quadro economico dell'intera opera ed annesso computo metrico estimativo) fossero stati però conteggiati tutti i rispettivi costi e fosse stata altresì prevista la relativa spesa complessivamente richiesta…”, oltre alla “…costruzione…dello svincolo attrezzato…” per l'accesso dalla provinciale Polignano a Mare-Conversano (cfr. pag. 16).

Invero, quanto alla questione degli allacci alle varie reti di utenza (acqua, fogna, energia elettrica, gas), è notorio che tali adempimenti non richiedono alcuna previa attività progettuale da parte del soggetto incaricato della progettazione dell'opera pubblica, trattandosi di mere e piane attività di carattere tecnico, peraltro svolte dagli Enti proprietari delle reti stesse, consistenti, per l'appunto, nel collegamento di ciascuna di esse ai rispettivi terminali opportunamente predisposti presso il manufatto (cabina e/o impianto elettrica/o, tubazioni interne per la fogna, l'acqua, il gas, etc.).

Né, quanto ai costi, si rende necessaria una precisa stima,  riducendosi questi, normalmente, al pagamento di un predeterminato contributo c.d. di allaccio, ovvero, in caso di particolari lavori (da effettuarsi, comunque, a cura dell'Ente proprietario) nel pagamento degli stessi previo preventivo formulato dallo stesso Ente (come è, in effetti, avvenuto, nel caso di specie, per l'allaccio alle rete idrica, a causa del mancato passaggio nel suolo dove insisteva il manufatto di una rete idrica portante). 

D'altra parte, è pure noto (ma su ciò - come si riferito in punto di fatto - conviene lo stesso Procuratore regionale) che tali adempimenti, sono del tutto estranei all'appalto e vengono curati direttamente dalla stazione appaltante.

Deve pertanto escludersi - come opina il Requirente - che tali modesti interventi (di carattere essenzialmente tecnico-amministrativo), dovessero essere previsti in progetto.

Analogo discorso deve farsi per le autorizzazioni sanitaria ed amministrativa allo scarico nel sottosuolo delle acque pluviali e depurate.

In questo caso, addirittura, si tratta di un vero e proprio adempimento amministrativo, in nulla involgente le competenze dei progettisti, i quali avevano, a suo tempo (in sede di perizia di variante), progettato (e a ciò dovevano in effetti limitarsi), sia l'impianto di fogna bianca e nera (tav. 18) sia l'impianto di depurazione (tav. 19), acquisendo, altresì, in data 25.1.1991, la descrizione dettagliata dello stesso impianto da realizzarsi a cura della DEPURECO (cfr. doc. n. 4U della produzione di parte attrice - allegati).

Oltretutto, tale autorizzazione - come viene riferito dalla stesso Procuratore regionale - risulta essere intervenuta prima della sospensione dei lavori che ha determinato il danno azionato, sicché, qualsivoglia ipotizzabile omissione dei progettisti in ordine a tale specifico aspetto, non sarebbe, comunque, in alcuna relazione causale con il danno medesimo.

In effetti, a ben vedere, il protrarsi per così lungo tempo della sospensione dei lavori disposta in data 17.7.1993, sembra piuttosto  imputabile alla mancata autorizzazione da parte dell'Amministrazione Provinciale di Bari in ordine all'apertura dei varchi d'accesso al manufatto dalla strada Polignano a Mare-Conversano.

Ma anche rispetto a tale motivo di sospensione, non ritiene il Collegio che sia ravvisabile alcun profilo di colpevolezza in capo ai progettisti.

Ed invero, l'oggetto dell'incarico professionale a questi conferito - come giustamente obbiettato da tutti i convenuti - concerneva esclusivamente la progettazione (e la direzione lavori) “…di un mercato ortofrutticolo…”, su un suolo di proprietà comunale ben individuato, (cfr. deliberazione consiliare di conferimento n. 88/1985 e convenzione in data 23.1.1986), sicché esso non può ritenersi esteso, in difetto di specifica previsione, ad opere da questa diverse, quali devono indubitabilmente considerarsi quelle da effettuarsi sulla viabilità esterna al manufatto (peraltro, di proprietà di altro soggetto pubblico), quantunque necessarie al fine di consentire l'accesso al manufatto medesimo.

D'altra parte, va considerato che al momento in cui il progetto fu redatto l'adempimento in questione (apertura di due varchi d'accesso al mercato ortofrutticolo dalla strada provinciale Polignano a Mare-Conversano alla quale esso era prospiciente) si atteggiava - non diversamente dagli altri di cui si è detto sopra - come mero adempimento di carattere tecnico-amministrativo, non richiedente particolari problemi progettuali, da svolgersi a cura della stazione appaltante (per l'appunto, l'inoltro della richiesta di autorizzazione all'apertura definitiva di tali due varchi all'Amministrazione Provinciale di Bari), come, peraltro, è dimostrato dal fatto che alcun particolare problema fu sollevato in sede del rilascio dell'autorizzazione (rectius: concessione) provvisoria all'impresa appaltatrice in data 9.10.1992.

In effetti, la necessità della realizzazione di uno svincolo attrezzato a cura e spese (e su progetto) del Comune di Polignano a Mare fu rappresentata dall'Amministrazione Provinciale di Bari soltanto in data 6.10.1993 (in sede di esame della istanza di autorizzazione all'apertura definitiva dei varchi d'accesso formulata da quest'ultimo in data 7.9.1993) per effetto delle disposizioni del nuovo Codice della Strada  (art. 22, commi 2 e 9 del D. L.vo n. 285/1992, come successivamente modificati ed integrati dal D. L.vo n. 360/1993), medio tempore entrato in vigore (cfr. nota dell'Amministrazione Provinciale di Bari n. 8093 del 6.10.1993 e successiva nota n. 1460 in data 28.4.1995) e non già, come ritenuto dal Procuratore regionale (cfr. pg. 17 dell'atto di citazione), per il fatto che tali stesse prescrizioni non potevano essere imposte in occasione dell'autorizzazione precedentemente rilasciata all'impresa appaltatrice, stante la natura provvisoria di quest'ultima.

Né la circostanza che i convenuti abbiano, successivamente, nel giugno del 1995, redatto uno specifico e aggiuntivo progetto di massima per risolvere il problema sollevato dall'Amministrazione Provinciale di Bari può essere assunta quale prova dell'obbligo dei suddetti di provvedervi già in sede di progettazione originaria, come sembra ritenere parte attrice (cfr. pg. 17 cit.).

Ed invero, in disparte il rilievo che in tal'ultima occasione vi è stato uno distinto, ancorché informale, incarico da parte del Comune (cfr. nota dei progettisti-direttori lavori in data 19.6.1995 - doc. 32 della produzione Esposito) - emerge con tutta evidenza come a tanto costoro si siano determinati a mero titolo collaborativo (non risulta, infatti, che abbiano ricevuto alcun compenso), all'esclusivo scopo di risolvere l'impasse determinatasi in dipendenza delle nuove condizioni imposte dall'Ente proprietario della strada ai fini della concessione della richiesta autorizzazione (cfr. la stessa nota sopra citata e quella successiva degli stessi progettisti in data 30.6.1995).

5.- Ritiene, d'altra parte, il Collegio  - come si è già anticipato al numero che precede - che alcun rimprovero di macroscopica ed inescusabile negligenza possa essere mosso a questi convenuti nemmeno nella contestuale funzione di direttori dei lavori, non potendosi, invero, condividere nessuna delle due censure rivolte da parte attrice con riguardo a tale distinto ruolo.

Quanto alle contestate violazioni degli artt. 3, 5 e 11 del R.D. n. 350/1895, è sufficiente, infatti, osservare che non si rinviene nella fattispecie - giusta quanto si è avuto modo di rilevare al numero che precede - alcuna carenza progettuale in ordine alle questioni di ordine tecnico-amministrativo che hanno poi determinato l'incriminata sospensione dei lavori (allacci alle reti ENEL e EAAP, scarico nel sottosuolo delle acque meteoriche e depurate e sistemazione della viabilità esterna d'accesso al manufatto), sicché l'obbligo di verifica dell'esattezza degli elaborati progettuali deve ritenersi correttamente adempiuto.

Non può, in ogni caso, non rilevarsi che tali questioni, in disparte il rilievo della loro non attualità al momento della consegna dei lavori,  non possono, comunque, ritenersi idonee ad integrare quelle “…variazioni delle condizioni di fatto sulle quali il progetto è basato…”, al cui eventuale riscontro l'art. 5 del R.D. n. 1350/1935 finalizza l'obbligo di verifica del progetto da parte del direttore dei lavori.

Osserva, inoltre, il Collegio, che ai tre direttori dei lavori non incombeva nemmeno alcun obbligo di “…sollecitare…”, successivamente, l'Ufficio Tecnico Comunale, nella persona dell'Ingegnere Capo (cfr. pg. 9 dell'atto di citazione), a porre in essere gli adempimenti, di sua esclusiva competenza, per la soluzione di tali stesse questioni.

D'altra parte, il fatto stesso che parte attrice imputa ai convenuti la mancata “…sollecitazione…” di adempimenti propri della stazione appaltante, esclude  di per sé - laddove pure voglia convenirsi con tale assunto - qualsivoglia connotazione di grave colpevolezza nel loro comportamento, risolvendosi tale pretesa omissione non già nella violazione di un preciso dovere imposto da una specifica norma di legge o di regolamento (che, in effetti, non si rinviene nell'ordinamento all'epoca vigente, non essendo conferente, per quanto sopra detto, il richiamo agli artt. 3, 5 e 11 del R.D. n. 1350/1895), bensì, semmai, nel mancato esercizio di una iniziativa soltanto auspicabile (esclusivamente in chiave collaborativa) e, dunque, assolutamente spontanea.

Va detto, peraltro, che non risulta che i convenuti siano stati completamente inerti sul punto, avendo rappresentato al Comune di Polignano a Mare, ancorché successivamente all'impresa appaltatrice (ma ciò, per quanto appena detto, non assume alcun rilievo ai fini della configurabilità in capo ai predetti di una colpa, men che mai grave) la necessità di adempiere al più presto ai surriferiti adempimenti, essendo ad essi condizionata la ultimazione dei lavori e la funzionalità del manufatto (cfr. note del 5.2.1993, del 18.5.1993 e del 31.5.1993, tutte precedenti alla sospensione dei lavori).

Con riferimento, poi, all'altra contestazione di aver sospeso i lavori benché non ne ricorressero le condizioni, giusta quanto disposto dall'art. 30 del D.P.R. n. 1063/1962, ritiene il Collegio di dover operare qualche preliminare precisazione.

E' noto che tale articolo, dopo aver previsto, al comma 1°, la sospensione determinata da “…cause di forza maggiore, condizioni climatologiche ed altre consimili circostanze…”, consente, al comma successivo, a particolari condizioni di durata, una sospensione “…per ragioni di pubblico interesse o necessità…”.

Quanto, in particolare, alla sospensione per “…ragioni di…necessità…”, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che deve trattarsi di necessità di ordine tecnico che impediscano la prosecuzione dei lavori progettati a regola d'arte, a condizione, tuttavia, che non siano determinate da negligenze della stessa stazione appaltante (carenze progettuali, indisponibilità di aree, carenza di indagini geologiche, etc.).

In tal'ultimo caso (così come negli altri in cui difettino i presupposti indicati al 1° comma della norma de qua), la sospensione deve ritenersi come illegittimamente disposta, con conseguente diritto dell'appaltatore ad ottenere un risarcimento per danno emergente e lucro cessante.

Ciò posto, osserva il Collegio che, nel caso di specie, si verte proprio in quest'ultima ipotesi, e, cioè, di sospensione disposta per necessità di carattere tecnico che impedivano la prosecuzione (o, meglio, l'ultimazione) dei lavori progettati, ma chiaramente determinate da un fatto proprio della stazione appaltante ed imputabile alla sua esclusiva negligenza, vale a dire la mancata tempestiva definizione dei procedimenti tecnico-amministrativi per l'allaccio alle reti elettrica ed idrica, per l'ottenimento dell'autorizzazione sanitaria allo sversamento nel sottosuolo delle acque pluviali e depurate e per quella amministrativa da parte della Provincia di Bari, in ordine all'apertura di varchi di accesso dalla strada provinciale Polignano a Mare-Conversano prospiciente al manufatto.

È, tuttavia, del tutto evidente che la normativa sopra richiamata concerne esclusivamente i rapporti tra l'appaltatore e la stazione appaltante al fine della discriminazione tra sospensioni consentite (c.d. legittime e che non danno diritto ad alcun compenso o indennizzo per l'appaltatore) e sospensioni non consentite (c.d. illegittime e che fanno sorgere in capo all'appaltatore il diritto al risarcimento del danno), ma non involge punto il diverso problema della necessità della sospensione sotto il profilo tecnico, per l'impossibilità di proseguirli o condurli a termine in osservanza delle prescrizioni progettuali.

In altre parole, non ogni sospensione illegittima ai sensi del 2° comma dell'art. 30 del D.P.R. n. 1063/1962, si configura, per ciò stesso, come illegittima (non necessaria) sotto il profilo squisitamente tecnico (si pensi al caso classico della sospensione per la redazione di una perizia di variante indispensabile al fine di consentire la prosecuzione dei lavori, ma chiaramente imputabile ad un errore progettuale).

Che i due profili di cui si è testè detto siano concettualmente distinti è indirettamente dimostrato, d'altra parte, dalla disposizione dell'art. 133, 1° comma del D.P.R. n. 554/1999 (che, com'è noto, ha disciplinato ex novo la soggetta materia) che fa esplicitamente obbligo al direttore dei lavori di indicare nell'ordine di sospensione “…l'imputabilità…” delle circostanze speciali che impediscono che i lavori siano utilmente proseguiti a regola d'arte, con ciò, dunque, distinguendo il problema della sospensione per ragioni di ordine tecnico, da quello delle sue eventuali conseguenze di carattere risarcitorio in favore dell'appaltatore, in caso di sospensioni illegittime.

In definitiva, il soggetto che dispone una sospensione dei lavori dichiarata illegittima ai sensi dell'art. 30, 2° comma del R.D. n. 1063/1962, può essere chiamato a rispondere in via amministrativo-contabile del pregiudizio economico sopportato dall'amministrazione appaltante in dipendenza del risarcimento erogato all'appaltatore, soltanto ove risulti che la sospensione, oltre che imputabile a fatto proprio o a negligenza della stazione appaltante, non fosse, altresì,  necessaria sotto il profilo tecnico, in quanto non condizionante la prosecuzione e/o l'ultimazione a regola d'arte dei lavori in conformità alle previsioni progettuali.

Ora, con riguardo alla fattispecie in esame, non vi è dubbio alcuno - ad avviso del Collegio  - che gli adempimenti di cui si è più volte detto condizionavano, da un punto di vista tecnico, la prosecuzione e l'ultimazione dei lavori a regola d'arte, onde alcun rimprovero di nimia negligentia si può muovere ai tre direttori dei lavori per averne disposto la sospensione.

Ciò emerge chiaramente, oltreché  dalle note degli stessi direttori dei lavori sopra citate, anche da quelle dell'impresa appaltatrice in data 24.5.1993 e 8.7.1993 (dirette ai direttori dei lavori ed all'amministrazione comunale) e dell'8.6.1995 (diretta soltanto a quest'ultima), laddove si rappresenta:

che la mancata definizione delle modalità di energizzazione della cabina ENEL (se con apparecchiature di proprietà di quest'ultima, previa cessione del manufatto allo stesso ENEL,  ovvero  a cura e spese della stazione appaltante) impediva, comunque,  l'ultimazione dei lavori di finitura interna ed esterna della stessa cabina;

che la mancata autorizzazione sanitaria allo scarico delle acque depurate e pluviali nel sottosuolo era ostativa alla realizzazione dei relativi pozzi trivellati, dei quali, quello per lo scarico delle acque reflue era, a sua volta, propedeutico alla realizzazione dell'impianto di depurazione;

che la mancata definizione delle modalità di collegamento alla rete idrica condizionava la realizzazione dell'impianto di sollevamento a servizio dell'impianto antincendio;

- che, infine, la mancata autorizzazione definitiva  all'apertura dei varchi d'accesso dalla strada provinciale Polignano a Mare-Conversano (e, dunque, il problema della loro esatta ubicazione e dimensionamento) impediva il completamento delle sistemazioni esterne al manufatto.

In conclusione, i convenuti Lamanna, Esposito e Longano vanno assolti dalla domanda attrice per insussistenza dell'elemento psicologico della colpa grave relativamente a tutte le contestazioni mosse nei loro confronti.

7.- Da quanto si è andato si qui esponendo, emerge chiaramente che la responsabilità del danno patito dal Comune di Polignano a Mare in conseguenza del pagamento all'impresa Matarrese della somma di £. 94.577.514 + I.V.A. a titolo di risarcimento del danno per l'illegittima sospensione dei lavori dal 17.7.1993 al 16.10.1995, è esclusivamente imputabile al ritardo con cui l'Amministrazione Comunale pose in essere le iniziative, di sua esclusiva competenza, necessarie per l'allaccio alle reti elettrica ed idrica del manufatto e per ottenere le autorizzazioni per lo scarico nel sottosuolo delle acque meteoriche e depurate e per l'apertura dei passi carrai sulla strada provinciale sulla quale lo stesso manufatto affacciava.

Ciò consente di passare all'esame della posizione dell'altro convenuto (il Dirigente dell'U.T.C. e Ingegnere Capo dei lavori, Stama) al quale parte attrice ascrive inoltre, in concorso con gli altri convenuti di cui sopra ed in misura maggiore, la responsabilità nella causazione della prima partita di danno che ne occupa.

All'ing. Stama viene, infatti, imputato, nello specifico e in sintesi, (cfr. pagg. 10 e 11 dell'atto di citazione), di non aver tempestivamente posto in essere le suddette iniziative, nonché di non aver contestato ai direttori dei lavori l'illegittimità della disposta sospensione e di aver, in prosieguo, tollerato il prolungarsi della stessa, senza muovere, se non tardivamente e “…timidamente…”, ai predetti alcun addebito o sollecitazione perché i lavori fossero tempestivamente ripresi.

Ritiene, tuttavia, il Collegio, anche in questo caso, di non poter convenire con l'impostazione accusatoria.

Al riguardo, va, preliminarmente, posto in evidenza che l'ing. Stama assunse servizio quale capo dell'Ufficio Tecnico Comunale (come eccepito dall'interessato e come, peraltro, riconosciuto dallo stesso Requirente - cfr. pg. 12 dell'atto di citazione) soltanto in data 1°.1.1993, e, cioè, successivamente all'invio da parte dell'impresa appaltatrice della nota con cui, per la prima volta, si rappresentava la necessità, approssimandosi l'ultimazione dei lavori, che fossero definite le questioni degli allacci e delle autorizzazioni (23.11.1992) e qualche giorno prima che tali stessi  adempimenti fossero nuovamente sollecitati (13.1.1993).

Ad avviso del Collegio, invero,  tale circostanza si rivela dirimente ai fini della esclusione di qualsivoglia connotazione di grave colpevolezza nel comportamento del convenuto, ove si consideri che costui, per contro (ove si tenga conto nel tempo minimo necessario per prendere possesso dell'Ufficio e di prendere conoscenza di tutte le pratiche giacenti), risulta essersi attivato fattivamente e prontamente per la soluzione delle questioni prospettate dall'appaltatore (sino ad allora rimaste evidentemente quiescenti in qualche cassetto dell'U.T.C.), avendo richiesto, con note a firma del Commissario Straordinario o del Sindaco, ma predisposte dal suo Ufficio:

-ai progettisti, in data 2.2.1993, una relazione sull'andamento dei lavori, nonché gli elaborati progettuali relativi all'impianto di depurazione e della apertura dei varchi di accesso al manufatto, ai fini della richiesta delle relative autorizzazioni;

- all'ENEL e all'EAAP, in data 13.4.1993, l'allaccio alle rispettive reti;

- all'Amministrazione Provinciale di Bari, in data 7.9.1993, l'autorizzazione definitiva per l'apertura dei due varchi d'accesso al manufatto.

Risulta, inoltre, che il predetto si attivò (evidentemente in via breve, mancando la relativa richiesta in atti) anche per ottenere l'autorizzazione allo scarico delle acque depurate nel sottosuolo, essendo stata rilasciato il relativo parere favorevole da parte della U.S.L. BA/16, in data 7.5.1993.

Nemmeno risulta, d'altra parte, che, successivamente all'inoltro delle suddette richieste, l'ing. Stama sia rimasto inerte dinanzi ai problemi tecnici sorti per l'allaccio alla rete idrica e per l'apertura dei varchi d'accesso (cfr. supra n. 4) risultando per contro un suo continuo interessamento sia presso l'EAAP (cfr. nota n. 8097 del 21.7.1993) sia presso l'Amministrazione Provinciale di Bari (cfr. nota n. 358 del 10.1.1995).

Con riguardo a quest'ultima questione, che è poi quella (stando alle risultanze degli atti ) alla quale sembra doversi attribuire, piuttosto che alle altre (cfr. supra n. 4), il lungo tempo di sospensione, l'ing. Stama - come pure si è avuto modo di accennare più su (ibidem) - fece quanto era nelle sue possibilità per giungere ad una soluzione del problema, giungendo persino - con l'evidente consenso degli amministratori - a richiedere informalmente ai tre progettisti, benché questi non vi fossero tenuti, di redigere un progetto apposito per soddisfare le prescrizioni imposte dall'Amministrazione Provinciale in ossequio alle disposizioni del nuovo Codice della Strada.

Né a costui può essere imputato il mancato completamento, per tempo, di tutti gli adempimenti tecnico-amministrativi di che trattasi, essendo questo dovuto, in parte, al ritardo con cui furono attivati i relativi procedimenti rispetto all'inizio dei lavori (la quale negligenza è evidentemente imputabile al suo predecessore) e, in parte (per ciò che concerne la questione dei varchi di accesso dalla strada provinciale Polignano a Mare-Conversano), alle sopravvenute e innovative norme del Codice della Strada, che avevano prescritto la necessità di un innesto attrezzato con corsie di decelerazione e canalizzazioni e conseguente allargamento della strada (cfr. le già citate note dell'Amministrazione Provinciale di Bari n. 8093 del 6.10.1993 e n. 1460 del 28.4.1995).

Con riferimento, poi, alle altre censure mosse, basterà qui richiamare quanto osservato al punto che precede, in ordine all'indispensabilità, nel caso di specie, della sospensione dei lavori sotto il profilo tecnico, sicché, così come alcuna responsabilità può essere ascritta ai direttori dei lavori per averla disposta, parimenti deve escludersi la responsabilità dell'Ingegnere Capo per averla consentita e/o per non aver, successivamente, ordinato che fosse posto termine alla stessa.

Anche questo convenuto va, pertanto, assolto da ogni responsabilità relativamente alla partita di danno de qua.

8.- Resta, a questo punto, da esaminare la seconda partita di danno (la corresponsione di interessi legali e moratori all'impresa Matarrese per effetto del ritardato pagamento, rispetto ai termini prescritti dagli artt. 34 e 35 del D.P.R. n. 1063/1962, dall'art. 4 della legge n. 741/1981 e dall'art. 77 del Capitolato Speciale d'Appalto, dell'anticipazione del 10%, dei certificati d'acconto per gli stati di avanzamento dei lavori e per revisione prezzi, nonché delle rispettive rate a saldo).

Essa viene ascritta al solo ing. Stama, avendo parte attrice escluso, in sede pregiudiziale, qualsiasi responsabilità in proposito del Direttore della Ripartizione Ragioneria, dott. Nicola Paladino.

Per vero, il Procuratore regionale, dopo aver dato atto che il convenuto aveva firmato tempestivamente  i certificati di pagamento relativi a tutti gli stati di avanzamento lavori ed alla revisione prezzi (addirittura nella stessa  data di emissione dei S.A.L. e degli elaborati revisionali) imputa, nondimeno, alla sua esclusiva responsabilità “…la lentezza…” con cui, successivamente a tale adempimento, risulta essere stato completato il procedimento di liquidazione sino all'effettivo incasso delle relative somme da parte dell'impresa appaltatrice e che si articolava - secondo quanto riferito dallo stesso Requirente - nei seguenti ulteriori adempimenti: approvazione, mediante apposito atto formale, del certificato di pagamento da parte dell'organo amministrativo compente, inoltro della richiesta di somministrazione delle somme relative all'Ente finanziatore (Cassa Depositi e Prestiti), accredito delle somme stesse da parte di quest'ultimo ed, infine, emissione del mandato di pagamento.

Sennonché, parte attrice si limita a tale asserzione, senza spiegare il motivo per cui l'ing. Stama debba essere ritenuto responsabile per la ritardata esecuzione di tali ulteriori adempimenti che sfuggivano certamente alla sua competenza, appartenendosi a quella di soggetti ed organi diversi (com'è noto,  nel procedimento di liquidazione delle somme spettanti agli appaltatori di opere pubbliche, all'Ingegnere Capo è richiesto esclusivamente di firmare i certificati di pagamento delle somme spettanti per lavori e revisione prezzi).

A fronte di siffatta assoluta carenza di argomentazioni, non può non pervenirsi ad una pronuncia di assoluzione piena del convenuto, anche in ordine a tale richiesta risarcitoria, risultando dagli atti (ed essendo, peraltro, riconosciuto dallo stesso Procuratore regionale) che il ritardo nel pagamento delle somme spettanti all'impresa appaltatrice non è stato affatto determinato, neppure parzialmente, dal tempo impiegato da costui per adempiere all'unico incombente demandatogli dalla normativa in materia (per l'appunto, l'emissione del certificato di pagamento), che risulta, per contro, posto in essere con assoluta tempestività rispetto ai tempi prescritti.

Né, d'altra parte, possono valere a fondare la responsabilità del convenuto in ordine a tale partita di danno le censure che parte attrice gli muove, in questo stesso contesto, relativamente alla questione dell'esatta individuazione dell'aliquota I.V.A. da applicare sugli importi dei lavori da corrispondere all'impresa appaltatrice, poiché non risulta in alcun modo dagli atti di causa che sia stata tale “…contesa…” a causare i ritardi registrati nel pagamento delle somme spettanti a quest'ultima (e che hanno determinato il danno di che trattasi), avendo avuto detta questione rilievo soltanto nella rideterminazione del quadro economico dell'appalto, ai fini della soluzione dei problemi tecnici insorti che avevano determinato la sospensione dei lavori, da cui è derivata la prima partita di danno azionata con l'atto all'esame, esaminata in precedenza.

Invero, come il convenuto ha dimostrato con la documentazione allegata al suo atto di costituzione, i maggiori ritardi che hanno occasionato il danno di che trattasi sono dipesi esclusivamente (oltrechè dai tempi tecnici necessari per l'accreditamento delle somme da parte della Cassa Depositi e Prestiti e per l'emissione dei mandati di pagamento da parte della Ripartizione Ragioneria) dalla mancata tempestiva approvazione da parte del Commissario Straordinario (prima e soprattutto) e del Sindaco e della Giunta Municipale (successivamente ed in minor parte) dei certificati di pagamento da costui emessi durante il periodo (successivamente al 1°.1.1993) in cui svolse le funzioni di Ingegnere Capo.

Anzi, con riguardo al pagamento del primo acconto della revisione prezzi (certificato n. 4 bis) sul quale si appuntano, in particolare, tra gli altri, le censure del Procuratore regionale, l'ing. Stama ha pure dimostrato (cfr. il doc. 41 della relativa produzione) la sussistenza di una specifica responsabilità del Commissario Straordinario, non avendo costui esplicitamente, quanto immotivatamente, inteso provvedervi, nonostante anche tale certificato di pagamento fosse stato da lui inserito, addirittura unitamente ad un altro per relativi interessi (certificato n. 4 ter), nella bozza della deliberazione approvativa del certificato n. 4, relativo al 3° S.A.L., poi adottata (ma soltanto per quest'ultimo) in data 20.4.1993.

9.- Conclusivamente, la domanda, si rivela infondata con riguardo ad entrambe le partite di danno e con riferimento a tutti i convenuti e, pertanto, non può essere accolta.

PER QUESTI MOTIVI

la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Puglia, definitivamente pronunciando, assolve i signori STAMA Giuseppe, LAMANNA Domenico, ESPOSITO Pietro e LONGANO Francesco da ogni responsabilità in ordine alle avanzate pretese risarcitorie.

Manda alla Segreteria per le notifiche di rito.

Così deciso, in Bari, nella Camera di Consiglio del 18 febbraio 2004.

L'ESTENSORE                                                IL PRESIDENTE

F.sco Paolo Romanelli                                                  Pelino Santoro

 

Depositata in Segreteria il 04/08/04

X IL DIRIGENTE

Sabato Dr. Salvatore