135/2004A
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA CENTRALE DI APPELLO
composta dai seguenti
magistrati:
Tullio SIMONETTI Presidente
Francesco PEZZELLA Consigliere
Nicola MASTROPASQUA Consigliere
Rocco DI PASSIO Consigliere
Piera MAGGI NARDONE Consigliere
ha pronunciato la
seguente:
sugli appelli in
materia di responsabilità proposti da
D’ETTORE Domenico e ROSINA Antonio FLORIANO avverso la sentenza della
Sezione Giurisdizionale per la Regione LOMBARDIA n. 1218/02 del 5 giugno 2002 ;
Visti gli atti di
appello iscritti, rispettivamente, ai nn. 16507 e 16694 del registro di segreteria;
Visti gli altri atti
e documenti di causa;
Uditi alla pubblica
udienza del giorno 10 febbraio 2004, il relatore cons. Francesco PEZZELLA ,
l’avv. Giovanni de RISO per l’appellante D’ETTORE e l’avv. Nadia RESTIVO per
l’appellante ROSINA, nonché il pubblico
ministero nella persona del vice procuratore generale Alfredo LENER.
Con la sentenza
impugnata, la Sezione territoriale ha condannato D’ETTORE Domenico, DE
CRISTOFARO Francesco, ROSINA Antonio Floriano e CESARIO Giuseppe, tutti
dipendenti dell’amministrazione finanziaria,
a rifondere all’erario rispettivamente le somme di €. 59.092,48, di €.
625,95, di €. 35.929, 39 e di €. 1.245, 69, oltre le spese di giudizio.
Secondo la
ricostruzione operata nell’atto di citazione ed accolta dal giudice di prime
cure, il D’ETTORE, il DE CRISTOFARO, il ROSINA
e il CESARIO, nei casi per
ognuno di essi specificato, avrebbero consentito ad alcuni contribuenti ,
mediante la produzione di false attestazioni , di presentare ricorsi avverso
accertamenti tributari ormai divenuti definitivi od appelli avverse sentenze
ormai passate in giudicato, così ottenendo, del tutto illegittimamente, di
poter usufruire del condono previsto dalla legge n. 413/1991.
Il D’ETTORE, poi, avrebbe, anche ricevuto, in varie
occasioni, somme di danaro in cambio della promessa di accertamenti meno
onerosi per i contribuenti.
Per gli stessi fatti
di cui al processo contabile, il D’ETTORE, il DE CRISTOFARO, il ROSINA e il
CESARIO erano stati sottoposti a
processo penale e condannati, per corruzione, con sentenze emesse ex art. 444
c.p.p. : il D’ETTORE con sentenza del Gip presso il Tribunale di Milano n.
874/96 , il DE CRISTOFARO e il ROSINA
con sentenza del Gip presso il Tribunale di Milano n. 1971/95 e il CESARIO con sentenza del Tribunale di Milano –seconda sezione
penale- n. 1180 /1997
Tutte le anzidette
sentenze penali sono state emesse sulla base di dichiarazioni confessorie degli
imputati, i quali, anche in funzione del patteggiamento avevano provveduto a
rifondere all’’erario, le seguenti somme: il D’ETTORE £. 46.000.000, il DE CRISTOFARO £. 1.200.000
e il ROSINA £. 2.200.000. Nessuna
somma restituiva il CESARIO.
I singoli episodi,
così come definiti e ricostruiti dal magistrato penale, sono stati riversati
dal Procuratore regionale presso la Sezione territoriale in altrettanti ed
autonomi capi di domanda., così riepilogati nella sentenza impugnata:
1. Capo
d'imputazione n°. 1 richiesta rinvio a giudizio 1562/'93 (vedi relazione
76/ris/96 dei 24.4.1997) falsa attestazione di appello proposto da MAGGI Carlo
Annibale, avverso la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria di primo
grado di Milano Sez II il 23.10.1989 notificata il 27.02.1.990. L'attività
penalmente rilevante messa in atto dal D'Ettore, in concorso con altri
funzionari, ha consentito al Sig. MAGGI Carlo Annibale, di poter propone
appello avverso la decisione della Commissione Tributaria di Il Grado di
Milano, che altrimenti sarebbe divenuta definitiva, e quindi beneficiare del
condono ex legge 413/91. In seguito ad accertamenti svolti presso il 1 Ufficio
I1.DD. di Milano, il danno erariale veniva quantificato in £. 9.649.000;
2. Capo
d'imputazione n.° 3 richiesta rinvio a giudizio 1562/93 (vedi relazione
76/ris/96 del 24.4.1997): falsa attestazione dì presentazione di ricorso
proposto da Grande Francesco avverso l’avviso di accertamento scad. 360136 del
1 Ufficio .Atti Privati di 'vólano, notificato ai Grande il
26.08.1988.L'attività penalmente rilevante del Sig. D'Ettore, in concorso con
altri funzionari, ha consentito al contribuente Grande di poter beneficiare del
condono avendo fatto risultare che lo stesso aveva presentato tempestivo
ricorso avverso il predetto avviso di accertamento che, invece, era divenuto definitivo. Il relativo danno erariale
veniva quantificato in £.63.593.000; (si vedano i prospetti predisposti
dall'Ufficio del registro in questione);
3. Capo
d'imputazione n.° 5 richiesta rinvio a giudizio 1562/93 (vedi relazione
76/ns/96 del 4.10.1996): falsa attestazione di presentazione del ricorso
proposto da Cormio Saverio avverso l'avviso di accertamento n.° 322/88
dell'Ufficio Distrettuale II.DD, di Milano notificato al Cormio il 22.4.88.
L'accertamento fiscale si era reso definitivo il 21.6.1988 per mancata
impugnazione, senonché, a seguìto della falsa attestazione del ricorso proposto
dal Cormio alla Com. Trib. di i° grado di Lodi in data 8.6.88 (tale ricorso
venne discusso dalla predetta C.T. di Lodi nella seduta del 17.6.1992 con la
presa d'atto della propria incompetenza territoriale e successiva trasmissione
degli atti alla C.T. di Milano e, in pendenza di giudizio, il contribuente ha
potuto beneficiare del condono di cui alla legge 413/91. Il danno erariale
derivante dall'attività penalmente rilevante del Sig. D'Ettore in concorso con
altri funzionari. ammonta a £. 34.516.905, pari all'importo della cartella
esattoriale n.' 46600870 del 10.8.93 emessa dall'Ufficio IVA di Milano per le
imposte. interessi e pene pecuniarie (la cartella, infatt, venne impugnata dal Cormio avanti alla C.T.
di 1° grado di Milano sul presupposto della non debenza del predetto importo,
avendo il ricorrente beneficiato del condono ex legge 413/91. La C.T. accolse
il ricorso con decisione n. 4 del 10/ 1/ 1995 - Sez. 28 ).
4. Capo
d'imputazione n. 7 richiesta rinvio a giudizio 1562/93 (vedi relazione
76/ris/96 del 4.10.1996): il D'Ettore quale segretario di Sezione della 1° C.T.
di Milano riceveva da Lauri Silvia, Funzionario Tributario, la somma di denaro
di £. 500.000 per compiere atti contrari ai doveri di ufficio, in particolare,
perché, con atti falsi fosse ricevuto l'appello proposto nell'interesse
dell'ufficio distrettuale avverso la sentenza emessa l'1.10.1990 della 43°
sezione della 1° Commissione Tributaria di Milano, notificata all'ufficio il
22.5.1991;
5. Capo
dimputazione n. 11 richiesta rinvio a giudizio 1562/93 (vedi relazione
267/pp/2000 del 22.12.2000) : il sig. Di Paola consegnava £. 20.000.000 al
D'Ettore per far si che un funzionario del I° Ufficio II.DD. di Milano, che
stava esaminando la sua posizione fiscale e che non è mai stato identificato,
emettesse un avviso di accecamento meno gravoso per l'anno d'imposta 1985 e che
non desse corso ad accertamenti per gli amni successivi.Esaminata la
documentazione reperita presso il 1° Ufficio II. DD. di Milano è emerso che
l'Ufficio, con questionario mod. 55 n.47t 1990 notificato il 31 maggio 1990,
aveva richiesto informazioni e documentazione relativamente alte annualità 1985
e 1986.Per l'anno 1985 l'Ufficio rettificava il reddito d'impresa da £.
7.145.000 a £. 21.635.000 a seguito di maggiorazione dei ricavi per lire
14.490.000 in applicazione del D.L. 19.12.1984 n. 853; l'accertamento, che ha
comportato maggiori imposte per £. 5.250.000 oltre ad interessi e pene pecuniarie,
risulta conforme ai criteri in uso all'epoca.Per l'anno 1996 non è stato
possibile determinare alcun danno erariale, non avendo l'Ufficio dato seguito
all'attività accertarice non essendo stata reperita né la dichiarazione dei
redditi né alcun altro tipo dì documentazione relativamente all'annualità in
questione.Il danno erariale prodotto, si assume, petranto, essere pari
all’importo della dazione di £. 20.000.000, da addebitare totalmente al
D’Ettore quale unico responsabile identificato.
6. Capo
d'imputazione n. 1 richiesta rinvio a giudizio 2268/95 (vedi relazione
76i/ris/96 del 24.4.1997):falsa attestazione di presentazione di ricorso
proposto da DETTORI Giorgio avverso t'avviso di accertamento scad. 4471002829
dell' Ufficio Distrettuale II.DD. di Como, notificato al Dettori il 28.09.1991.
L’attività penalmente rilevante del D'ETTORE, in concorso con gli altri
invitati, ha consentito al contribuente Dettori Giorgio di poter beneficiare
del condono ex lege 413/91 avendo fatto risultare che il medesimo aveva
presentato tempestivo ricorso avverso il predetto avviso di accertamento che,
invece, era divenuto definitivo. Come risulta dalla nota 13.3.1997, prot.
97001967 dell'Ufficio Distrettuale Imposte Dirette di Como il danno erariale
ammonta a complessive L 40.607.000.
7. Capo
d'imputazione n. 3 richiesta rinvio a giudizio 2268/95 (vedi relazione
267/pp/2000 del 22.12.2000): il D'ETTORE, percepiva un compenso di £.
35.000.000 per ottenere dal sig. Monti Sergio, funzionario in servizio presso
il I' Ufficio II.DD. di Milano, poco onerosi nei confronti dell'impressa
familiare “I Valdo” per gli anni 1979,
1980 e 1981.Dadi accertamenti svolti non è stato possibile accertare un
effettivo risparmio di imposte da parte dell'impresa familiare citata, non
essendo stata reperita alcun tipo di documentazione relativamente alle
annualità in questione.Il danno erariale prodotto, si assume, pertanto, essere pari all'importo della
dazione di £. 35.000.000, da addebitare totalmente al D Ettore quale unico
responsabile identificato.
8. Capo
d'imputazione n.° 4 richiesta rinvio a giudizio 2268/95 (vedi relazione
267/pp/2000 del 22.12.2000): il D'Ettore percepiva £. 18.000.000, per ottenere
da un funzionario non identificato del
I° Ufficio delle Imposte Dirette di Milano accertamenti meno onerosi nei
confronti dell'impresa di Mancino Rosario.Dagli accertamenti svolti non è stato
possibile rinvenire ulteriori elementi che potesse giustificare la
determinazione di un maggior reddito, non essendo stata reperito alcun tipo di
documentazione relativamente alle annualità oggetto di accertamento.Il danno
erariale prodotto, si assume pertanto, essere pari all'importo della dazione di
£. 18.000.000, da addebitare totalmente al D’ETTORE quale unico responsabile
identificato.
9. Capo
d imputazione n.° 5 richiesta rinvio a giudizio 2268/95 (vedi relazione
267/pp/2000 del 22.122000): il D'Ettore percepiva £. 11.000.000 per accelerare
il rimborso IVA di Grandi Giovanni e per ottenere un accertamento meno oneroso
nei confronti di Fiandanese I-manuele.Dagli accertamenti svolti è risultato che
il rimborso IVA a favore di Grandi risultava comunque dovuto, e che nei
confronti di Fiandanese Emanuele il 1° Ufficio II.DD. di Milano notficava
regolarmente due avvisi di accertamenti per gli anni 1983 e 1984, emessi sulla
base delle risultanze di un verbale della Guardia dì Finanza.Il danno erariale
prodotto si assume pertanto, essere pari all'importo della dazione di £.
11.000.000, da addebitare totalmente ai D'Ettore quale unico responsabile
identificato.
Ritenuti i fatti così
come delineati negli atti dei giudizi penali allegati dal Procuratore regionale
a sostegno della propria domanda e respinta l’eccezione di prescrizione
sollevata dai convenuti costituitisi, il giudice di prime cure ha, poi, sulla
base degli elementi contenuti nella
relazione Ispettive Prot. nn. 76/Ris/96/S.I. del 4/10/1996 integrate dalla
relazione di pari protocollo del 24/4/1997 dell'Ispettore MASI e da quella
prot. 2 67/PP/2000 dell'ispettore PROCACCI, nonché nel prospetto protocollo
134/Ris/2000 inviato dalla Direzione Generale delle Entrate, ha poi
quantificato il danno per cui ha
pronunciato condanna:
§ in
alcuni casi (capi di domanda 1, 2, 3 e
6) qualificandolo come danno patrimoniale in senso stretto e commisurandolo al
risparmio di imposte conseguito dai contribuenti;
§ in altri
casi (capi di domanda 4, 5, 7, 8 e 9 qualificandolo come danno
all’immagine e commisurandolo alle
tangenti versate al D’ETTORE.
Contro la sentenza
della Sezione territoriale si sono gravati
solamente il D'ETTORE e il ROSINA, notificando, peraltro, i rispettivi ricorsi a tutti i
controinteressati.
Il D'ETTORE
eccepisce:
§ l'intervenuta prescrizione dell'azione di risarcimento, perché esercitata oltre il termine quinquennale,
con atto di citazione notificato il 9/7/200 rispetto a fatti risalenti agli anni `90/'91;
§ l’assenza
di attività istruttoria, per cui i fatti dannosi contestati non risultano
documentalmente provati;
§ le
sentenze di patteggiamento di per sé non hanno efficacia vincolante circa
l'accertamento dei fatti posti a fondamento dell'azione amministrativa di
responsabilità:
§ l’inesistenza
di un danno erariale, avendolo egli
ripianato in via transattiva:
In subordine, il
D’ETTORE chiede la riduzione dell'addebito nella misura dell'effettivo danno
accertabile.
L'appellante ROSINA
contesta:
§ la
regolare instaurazione del contraddittorio nei suoi confronti, poiché l'atto di
citazione non gli è mai stato notificato né presso il proprio domicilio, né
presso il domiciliatario designato nella fase preprocessuale dell'invito a
dedurre; il che comporta la declaratoria di nullità della stessa sentenza;
§ il
difetto assoluto di motivazione della condanna, inflitta sic et simpliciter in carenza di
istruttoria e in violazione del diritto alla difesa e al principio del
contraddittorio;
§ l'inefficacia
della sentenza di patteggiamento ai fini del giudizio contabile;
§ la
sproporzione e l'irragionevolezza con le quali è stato definito il risarcimento
del danno posto a suo carico, il cui ammontare non dovrebbe superare il 5%
rispetto alla quota di danno diretto attribuitagli dal giudice a quo;
Il ROSINA insiste infine nel
richiedere l'acquisizione istruttoria di tutti gli atti richiamati nelle relazioni
depositate in atti dall'Amministrazione finanziaria.
Si è costituito il
Procuratore Generale, depositando memoria, nella quale chiede la riforma della
sentenza gravata.
All’udienza pubblica
sia i difensori degli appellanti che il pubblico ministero hanno ripreso e
sviluppato i temi e gli argomenti di
cui ai rispettivi atti scritti, insistendo sulle richieste ivi formulate.
1. I due appelli
vanno riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto sono stati prodotti
avverso la medesima sentenza.
2. Il primo dei nove
capi di domanda (e, quindi, di sentenza)
riassunti in narrativa, concerne, oltre gli appellanti D’ETTORE Domenico
e ROSINA Antonio FLORIANO, anche i sig.ri DE CRISTOFARO Francesco e CESARIO Giuseppe, pur essi condannati in primo grado per lo
stesso capo di domanda.
Orbene, negli appelli
D’ETTORRE e ROSINA, formulano doglianze in via generale (e, quindi, anche per
il capo di domanda in questione), in ordine alla esistenza, alla
quantificazione e alla ripartizione del danno.
Si rendono, quindi,
applicabili, in fattispecie, i principi enunciati nella sentenza delle Sezioni
Riunite n. 18-QM/2203, secondo cui “nell’ipotesi
di una pluralità di soggetti corresponsabili di un medesimo evento di danno, in
ordine al quale sono stati condannati a risarcire quote di danno, ricorre in
appello un caso di litisconsorzio processuale necessario ai sensi dell’art. 331
c.p.c., quando nell’appello principale od in uno degli appelli incidentali
(tempestivo) venga dedotta l’inesistenza del danno o una diversa ripartizione
del danno stesso tra i vari corresponsabili ovvero ancora venga evocato in
giudizio a fini di affermazione di corresponsabilità e di ripartizione del
danno il soggetto assolto in primo grado”.
Di conseguenza, il
Collegio rimette, a separata ordinanza, l’ordine di integrazione del
contraddittorio, ex art. 331 c.p.c. , nei confronti di DE CRISTOFARO Francesco
e CESARIO Giuseppe, i quali –vale la pena di precisarlo non possono ritenersi
in giudizio per la notifica dell’appello che gli appellanti hanno effettuato
nei loro confronti, in quanto tale notifica, non comportando una esplicita
vocatio in ius, si presta ad essere interpretata, piuttosto, quale mera
denuntiatio litis agli effetti di cui al successivo art. 332 c.p.c. ( Cass. civ.
n. 7045/88).
3. Il secondo, il
terzo e il sesto capo di domanda, tutti
concernenti, come il primo, ipotesi di danno patrimoniale in senso stretto,
anche se formalmente autonomi rispetto
al capo di domanda riguardante il
DE CRISTOFARO e il CESARIO, involgono
questioni e problematiche a questo comuni, che meglio possono essere definite, quindi, in un contesto che continui a restare unitario.
4. Si prestano,
invece, ad una immediata decisione, in quanto privi di un sia pur minimo
collegamento con il capo di domanda interessato dall’ordine di integrazione del
contraddittorio, il quarto, il quinto,
il settimo, l’ottavo e il nono capo di
domanda, tutti riguardanti il danno all’immagine e tutti formulati a carico del
solo D’ETTORE
Premette, al
riguardo, il Collegio che le Sezioni Riunite, nella sentenza n. 10/2003/QM del
23 aprile 2003, si sono espresse nel senso che
Il danno all’immagine di una pubblica amministrazione non rientra
nell’ambito di applicabilità dell’art. 2059 del codice civile ma è una delle
fattispecie del danno esistenziale, per cui va collocato nell’ambito dei danni
non patrimoniali come danno-evento, la cui esistenza, a differenza di ciò che accade nel caso del
danno-conseguenza, è in re ipsa e non
va, quindi, provata.
Così statuendo, le
Sezioni Riunite si sono ricondotte al filone interpretativo che ha portato
all’individuazione della nuova categoria del danno esistenziale (cfr. Cass.
civ. n. 9009/2001) e, quanto, al concetto di danno-evento, introdotto dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 184 del 1986 con riferimento al danno
biologico (e ritenuto riferibile anche al danno esistenziale, nel quale il
danno biologico ha finito col confluire), hanno puntualizzato che, anche se la
successiva pronuncia della stessa Corte Costituzionale n. 372 del 1994 in parte
attenua, sotto il piano probatorio, le conclusioni della precedente, rimane il fatto, che altro è la prova
dell’esistenza del danno, la quale, nel
caso di danno-evento, si conferma essere in re ipsa, altro è quella
della sua entità, che va provata.
In verità, la
giurisprudenza della Corte di Cassazione (v. anche Cass. civ. n.
8828/2003, successiva alla pronuncia delle Sezioni Riunite) ha ritenuto che la
distinzione tra danno-evento e danno-conseguenza, introdotta da Corte costituzionale
184/86, che ha collocato nella prima figura il danno biologico, è stata non
attenuata ma abbandonata dalla
successiva Corte costituzionale 372/94.
Ed, infatti, vi sono
non poche decisioni del giudice della
legittimità (Cass. 7905/1998, per l'ipotesi del pregiudizio professionale
derivante da "dequalificazione"; Cass. 143/2000, con riguardo a
molestie sessuali sul luogo di lavoro; Cass. 1307/2000, con riguardo alla
lesione all'integrità fisio-psichica derivante dalla mancata fruizione di ferie,
Cass. 2004/1996 e 90009/2001, in tema di
usura psico-fisica da lavoro prestato nel settimo giorno senza riposo
compensativo)i che richiedono tutte, in applicazione dell'art. 2697 c.c., che il cosiddetto danno biologico (o
comunque la lesione di altro diritto fondamentale della persona) venga provato
nella sua esistenza e nel nesso di causalità con il fatto illecito.
Del resto, in epoca
immediatamente successiva alla pronuncia delle Sezioni Riunite di questa Corte,
la giurisprudenza della Corte di Cassazione si è ulteriormente evoluta,
spostando l’ambito di riferimento del danno esistenziale dall’art. 2043
all’art. 2059 c.c. e configurando espressamente il danno esistenziale medesimo
come danno-conseguenza (Cass. 8828/2003, già citata, e 8827/2003).
Di tale ultima
evoluzione ha preso atto anche la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 233 dell’11 luglio 2003
Tutto ciò richiamato, il Collegio osserva che, nel
caso di specie, comunque, non solo non vi è prova dell’an, non solo non vi è prova del quantum, né sono
indicati adeguati criteri per una sua valutazione equitativa, ma nemmeno vi è
prova della menomazione dell’integrità dell’immagine che è necessaria premessa
del danno all’immagine, così come la menomazione dell’ integrità
fisico-psichica è la necessaria premessa del danno biologico.
L’atto di
citazione del Procuratore regionale, a
dir poco è perplesso, come si accenna, del resto, nella stessa sentenza
gravata, in quanto colloca le sue richieste in un contesto di assurda
alternativa tra danno patrimoniale e danno all’immagine, azionandosi per il
danno all’immagine soltanto nei casi di mancato accertamento del danno
patrimoniale.
Vi è comunque,
nell’atto di citazione, una mera affermazione di un danno all’immagine
parametrato alle somme illecitamente erogate ai funzionari.
E, a sua volta, la
Sezione territoriale si limita a recepire il meccanismo quantificatorio
proposto dal Procuratore regionale, aggiungendovi, un vago accenno, privo di
adeguato supporto probatorio, alla negativa risonanza che i comportamenti per cui è causa avrebbero assunto.
Conclusivamente,
quindi, l’appello del D’ETTORE va accolto quanto ai capi di domanda relativi al
danno all’immagine, dovendosi ritenere assorbita (limitatamente ai predetti
capi e con esclusione, quindi, dei capi per i quali è stata disposta
l’integrazione del contraddittorio) la questione di prescrizione, questione che
non sempre ha carattere preliminare (Sezione Prima Centrale – sentenza
ordinanza n. 05/2003)
Spese alla sentenza
definitiva.
La Corte dei Conti -
Sezione Prima Giurisdizionale Centrale, non definitivamente pronunciando, accoglie, relativamente ai capi di domanda
di cui ai nn. 4, 5, 7, 8 e 9 indicati in narrativa, l’appello proposto da
D’ETTORE Domenico avverso la sentenza della Sezione Giurisdizionale per la
Regione LOMBARDIA n. 1218/02 del 5 giugno 2002 e, per l’effetto, in riforma
della sentenza impugnata, assolve D’ETTORE Domenico medesimo dai capi di
domanda relativi al danno all’immagine.
Spese alla sentenza
definitiva.
Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio del 10 febbraio 2004
L'Estensore
Il Presidente
f.to
Francesco Pezzella
f.to
Tullio Simonetti
Depositata in cancelleria il 08/04/2004
Il Dirigente
f.to
Maria Fioramonti