REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Tommaso de PASCALIS Presidente
Dott. Camillo LONGONI Consigliere
Dott. Giovanni PISCITELLI Consigliere
Dott. Angelo A. PARENTE Consigliere
ha pronunciato la seguente
1) sull'appello, oggetto del giudizio iscritto al n.
15045/R del registro di segreteria e proposto dal dott. Guido RIZZO,
rappresentato e difeso, giusta procura in margine all'atto, dagli avv.ti Marco
MANNESCHI e Paolo Emilio PAOLINI del foro di Arezzo e Maurizio BRIZZOLARI del
foro di Roma, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in
Roma, via della Conciliazione n. 44;
2) sull'appello, oggetto del giudizio iscritto al n.
15047/R del registro di segreteria e proposto dal dott. Mario LORENZETTI,
rappresentato, difeso e domiciliato, giusta procura in margine all'atto, come
sopra, avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Toscana, n.
1179/2001 del 6 dicembre 2000 - 21 marzo 2001, depositata in data 8 ottobre
2001;
Visti gli atti di appello e tutti gli atti ed i
documenti dei giudizi; Uditi nella pubblica udienza del 12 febbraio 2004, il
relatore Cons. Gabriele De Sanctis, l'avv. Manneschi nonchè il rappresentante
del P.M. nella persona del V.P.G. dott. Francesco D'AMARO.
Ritenuto in
Con
atto di citazione del 31 luglio 2000, il Procuratore regionale presso la
Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, ha convenuto in giudizio 24
persone, tra sindaci, assessori, membri del collegio dei revisori dei conti e
segretari del Comune di Arezzo, per chiederne la condanna al pagamento, in
favore dell'erario, della somma di L. 64.468.349, oltre a rivalutazione
monetaria, interessi legali e spese di
giudizio.
Ha osservato il P.R. che, con delibera della Giunta
comunale di Arezzo n. 926 del 1988, la dipendente Gabriella Belloni, istruttore
direttivo amministrativo di 7° qualifica funzionale, venne trasferita
all'Ufficio servizi demografici con funzioni sostitutive del funzionario
responsabile dell'Ufficio e con compiti di organizzazione del lavoro e dei
servizi in collaborazione con i singoli responsabili, fermo restando il
trattamento giuridico-economico di 7° q.f.. Le funzioni, sempre indicate come
temporanee, vennero protratte sino al 19 settembre 1991, quando, con delibera
di Giunta n. 4333 di pari data, venne prevista una "integrazione dello stipendio
pari alla differenza tra lo stipendio iniziale della 7° q.f. e dell'8°
q.f." in attesa della "soluzione definitiva da perseguire tramite la
previsione di un posto in pianta organica di funzionario amministrativo 8 q.f.
e conseguente procedura concorsuale".
Una serie di delibere di
identico contenuto, ripetutesi con cadenza regolare, hanno perpetuato nel tempo
tale situazione (salvo una interruzione (dal 30 giugno al 17 dicembre 1998),
senza che fossero apportate le previste variazioni alla pianta organica.
Solo con la delibera di Giunta n. 2053 del 2 ottobre
1997, è stato istituito il posto di funzionario amm.vo (8° q.f.) per l'Ufficio
servizi demografici, messo a concorso
(unitamente ad altri) con delibera n. 2437 del 16 dicembre 1997.
Senonchè, il posto è stato poi indicato come
disponibile (insieme ad un posto di funzionario presso i servizi sociali) per la mobilità dei segretari
comunali, ai sensi dell'art. 17, comma 62, della legge n. 127/1997 e perciò
stralciato dalla procedura concorsuale, in quanto al momento non coperto da
contratti a termine o da procedure di mobilità ordinaria. Quindi, l'incarico di
direzione è stato nuovamente attribuito alla sig.ra Belloni fino al 30 giugno
1999 con delibera n. 1703 del 17 dicembre 1998.
Ha
sostenuto, altresì, il P.R. che il Comune di Arezzo ha subìto un danno,
derivante dalla indebita corresponsione alla Belloni delle differenze
retributive corrisposte nel periodo dal 19 settembre 1991 al 1° ottobre 1997,
quantificato dallo stesso Comune in lire 45.255.547, non esistendo in organico
- fino a quella data - il posto di 8° q.f. per l'Ufficio servizi
demografici e considerato che al
funzionario di 7 q.f. spettano anche funzioni di coordinamento. Alla somma
suddetta si sarebbe dovuto aggiungere il danno maturatosi successivamente alla
delibera istitutiva del posto di funzionario amministrativo, pari a Lire
21.212.802, in quanto a detta posizione la Belloni non poteva essere preposta
perché priva del titolo di studio necessario per partecipare al concorso.
Ha ritenuto, quindi, il P.R. che di tale danno
dovessero rispondere i sindaci, gli assessori, i revisori dei conti ed i
segretari comunali che, in quel periodo, avevano adottato o non avevano
impedito che fossero adottati gli atti di attribuzione dell'incarico di
direzione alla sig.ra Belloni con conseguente maggiorazione retributiva e
contributiva.
I primi giudici, con la sentenza appellata, rigettate
talune eccezioni preliminari ed accolta parzialmente quella sulla prescrizione
- anche su conforme richiesta del P.M. d'udienza - hanno ritenuto, per quel che concerne il periodo successivo
all'istituzione del posto in pianta organica, che il mutamento della situazione
di fatto e di diritto determinato da detta istituzione “faccia venir meno la
fondatezza dell'imputazione di responsabilità, non potendo ravvisarsi nei
soggetti che hanno operato in quel periodo un comportamento che sia improntato
a grave negligenza”. I primi giudici, invece, hanno stimato illecito e perciò
produttivo di danno erariale la condotta tenuta nel periodo dal 19 settembre
1991 al 1 ottobre 1997,allorché vennero conferite alla Belloni le funzioni
superiori, in carenza del posto in organico e vennero liquidate alla medesima
le differenze stipendiali.
Peraltro la Sezione di prime cure ha condannato
soltanto i due segretari comunali, ora appellanti, per i pareri favorevoli da
loro espressi sulle delibere successive
a quella n. 4333 del 1991, con le quali
è stata reiteratamente confermata l'attribuzione delle funzioni
superiori e delle maggiorazioni stipendiali, senza che la revisione
dell'organico fosse stata portata a compimento.
La condanna è stata comminata al pagamento di £.
1.500.000 (il Lorenzetti) e di £. 7.500.000 (il Rizzo), oltre agli interessi
legali e spese di giudizio.
Avverso detta sentenza sono stati proposti gli appelli
in epigrafe, per i seguenti motivi, identici per entrambi i
ricorrenti.
1) “Legittimità degli atti;
insussistenza del danno; assenza di colpa grave", assumendosi la
necessarietà dell'operato svolto, a fronte dei reiterati blocchi normativi
delle assunzioni di nuovo personale e della imprescindibile esigenza di
garantire la regolarità di un servizio pubblico essenziale (quale quello dei
servizi demografici), conseguendone la insussistenza del danno e della colpa
grave, anche in relazione a quanto disposto con l'art. 25 del D. L. vo 80/1998,
che, per la prima volta, si afferma, ha vietato la corresponsione di differenze
stipendiali fra mansioni superiori e mansioni proprie della qualifica di
appartenenza, tanto che il Comune subito dopo, a partire dal 1 luglio 1998,
revocò alla Belloni l'incarico relativo allo svolgimento delle mansioni
superiori.
2)"Non imputabilità ai
segretari, dopo la novella del 1997, della responsabilità amministrativa in
relazione al nuovo ruolo svolto nell'ordinamento degli enti locali", nel
senso che la legge n. 127/1997, all'art. 17, commi 85 e 86, "sottrae il
segretario comunale dall'azione di responsabilità in ordine alla espressione
del parere ed alla partecipazione ed esecuzione delle determinazioni delle
giunte comunali".
3) "Sussistenza della
prescrizione", il cui dies a quo coinciderebbe con l'adozione della
prima delibera (n. 4333/1991) in quanto “le successive non hanno effettiva
autonomia rispetto alla prima,
rappresentandone una mera conferma”.
Con atto del 10 maggio 2002, il Procuratore Generale,
chiesta preliminarmente la riunione dei ricorsi in parola ai sensi e per gli
effetti dell'art. 335 c.p.c., ha rassegnato le seguenti conclusioni.
A) Le
considerazioni di cui al primo motivo di appello sono state esattamente
confutate dai primi giudici (conferibilità di mansioni superiori a quelle della
qualifica di appartenenza solo in presenza del relativo posto in organico;
legittimità dell'operato del Comune nei periodi dal 1988 al 1991 e dall'ottobre 1997 al giugno 1999 ed
illegittimità della corresponsione delle maggiori somme quali differenze
stipendiali, illegittimità comportanti la responsabilità dei due segretari
comunali, in ragione della loro professionalità). Non potrebbe sostenersi
l'insussistenza del danno, atteso che il conferimento delle funzioni superiori
a quelle della 7 q.f. nulla ha aggiunto ai compiti che la dipendente già
svolgeva in virtù delle precedenti delibere, compiti che includevano anche la
sostituzione del responsabile dell'ufficio. Ed, ancora, erronea si
manifesterebbe la ricostruzione normativa della materia, con riferimento, da
ultimo, all'art. 25 del D.L.vo n. 80 del 1998; ed infatti, il definitivo
assetto si sarebbe avuto con l'emanazione del D. L.vo n. 387 del 1998, rispetto al quale il Consiglio
di Stato ha affermato che soltanto
dall'entrata in vigore di detta legge va riconosciuto, sulla base degli
accertati presupposti, il diritto al trattamento economico della qualifica
immediatamente superiore per funzioni dalla stessa svolte.
B) Per quanto riguarda il secondo motivo d'appello, va
precisato che la L. 127 del 1997 (introduttiva della deresponsabilizzazione dei
segretari comunali per i pareri resi nell'espletamento della loro funzione) è
entrata in vigore soltanto qualche mese prima del termine entro il quale
(settembre 1997) si è ravvisata la responsabilità degli appellanti e comunque i pareri in questione - oggi non
obbligatori - allora erano stati espressi, con piena assunzione della relativa
responsabilità.
C) In ordine, infine, all'ultimo motivo di
appello (prescrizione), viene condiviso quanto già esplicitato nella sentenza
appellata, con la precisazione comunque, che l'isolata giurisprudenza citata
dagli appellanti medesimi a conforto della loro tesi (per la quale il dies a
quo per il computo relativo deve farsi decorrere dalla data della prima
delibera) attiene a fattispecie del tutto particolare, riguardando un provvedimento
dotato di immediata esecutività, con espressa autorizzazione al Presidente del
C.d.a. “all'emissione e al pagamento delle spettanze conseguenti"
(all'inquadramento definitivo di
taluni dipendenti), laddove, nel caso in esame, periodicamente venivano
adottate singole e autonome delibere.
Conseguentemente, il P.G. chiede il rigetto degli
appelli, con conseguente conferma della sentenza appellata.
Con memorie depositate il 23 gennaio 2004, gli
appellanti Rizzo e Lorenzetti hanno fornito controdeduzioni rispetto ai motivi
sviluppati nell'atto conclusionale del P.G..
All'odierna udienza, sia l'avv. Manneschi che il P.M.
hanno brevemente reiterato le rispettive argomentazioni e conclusioni scritte.
Considerato in
Preliminarmente, gli appelli
vanno riuniti ai sensi dell'art. 335
c.p.c..
1. - Per quel che concerne il primo motivo di appello
relativo alla prescrizione dell'azione, gli appellanti invocano
l'applicazione della recente sentenza delle Sezioni riunite di questa Corte n.
3/2003 che si è pronunciata in tema di danni permanenti conseguiti ad
inquadramenti illegittimi: in tali casi, le Sezioni hanno individuato la
decorrenza della prescrizione dall'adozione del primo atto anzichè da ogni
singola erogazione.
Il Collegio respinge tale motivo, nel rilievo che le
SS.RR., nell'adottare la riferita soluzione hanno considerato il caso di
assunzione di un provvedimento, modificativo della realtà giuridica, col quale
sia stato disposto un illegittimo inquadramento di personale o sia stato attribuito
illegittimamente un migliore trattamento economico e (caso) in cui il danno
determinato dal detto provvedimento si sia protratto nel tempo sempre per
l'applicazione (illegittima) di quello stesso provvedimento.
Ne consegue che, secondo quelle SS.RR., dovendosi dare
rilievo al puntuale momento del tempo in cui è stato adottato il provvedimento,
ciò che rileva ai fini della prescrizione è la data del primo pagamento di
maggiori emolumenti, mentre i pagamenti successivi intervengono automaticamente
a ciascuna scadenza.
Diverso, però, è il caso in esame, ove a fronte della
prima delibera giuntale (n. 4333 del 19
settembre 1991) attributiva dell'integrazione stipendiale alla rag.ra Gabriella
Belloni, istruttore direttivo amministrativo di 7 qualifica funzionale, si sono
susseguite varie delibere reiterate nel tempo, con le quali il conferimento
delle funzioni superiori è stato di volta in volta prorogato.
Sono, cioè, intervenuti singoli ed autonomi provvedimenti
amministrativi, che di volta in volta hanno inciso sullo stato giuridico ed
economico dell'interessata in scansioni temporali precisamente determinate,
sicché gli autori di tali delibere erano ben in grado, come hanno detto i primi
giudici, "di verifìcare la sussistenza delle condizioni di legge per
l'attribuzione delle funzioni superiori e soprattutto per il conferimento della
maggiorazione retributiva liquidata”.
Pertanto il primo motivo afferente l'eccezione di
prescrizione va respinto.
2. - Gli appellanti affermano che la "chiave di
volta dell'intera vicenda sta nelle motivazioni che hanno indotto il Comune a
procedere alla sospensione della differenza retributiva". Infatti, secondo
i medesimi appellanti, l'art. 25 D.L.vo 31 marzo 1998 n. 80, che ha
sostituito l'art. 56 D.L. 3 febbraio 1993 n. 29 in tema di disciplina delle
mansioni superiori, aveva vietato per la prima volta, la corresponsione di
differenze stipendiali tra mansioni superiori e mansioni proprie della
qualifica di appartenenza, tanto che il Comune subito dopo, a partire dal 1
luglio 1998, revocò alla Belloni l'incarico relativo all'esercizio delle
mansioni superiori.
3. - Sennonché, rileva il Collegio che la portata
espressamente impeditiva del comma 6 del menzionato art. 56 (divieto di
differenze retributive) non significa inesistenza nel periodo
precedente (a detto art. 56) di
siffatto divieto.
Infatti, in primo luogo, devesi richiamare il
principio secondo cui nel settore del
diritto pubblico (contrariamente a quanto avviene nel campo civilistico, ove il
privato esercita - in virtù dell'”autonomia” riconosciutogli dall'ordinamento
sia pure entro i limiti rivolti alla tutela degli interessi generali e degli
interessi dei terzi - il potere di modificare situazioni preesistenti,
esercitando così una funzione costitutivo-dispositiva) la P.A. deve muoversi ed
operare solamente adeguandosi alle prescrizioni di legge - specie in materia di
trattamento economico dei dipendenti e quindi nell'ambito e nei limiti fissati
dalla legge, stessa dato che la funzione amministrativa cura la realizzazione
dei fini pubblici individuati dal potere politico e precettivamente assegnati
alla P.A. stessa appunto dal potere legislativo.
Inoltre e in secondo luogo, si aggiunge che nel
periodo suddetto, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, la
valutazione delle singole fattispecie di svolgimento delle mansioni superiori
da parte di pubblici dipendenti doveva essere effettuata dall'Amministrazione
sulla base dei seguenti principi:
a) verifica della sussistenza nella pianta organica
del posto che si andava a coprire;
b) caratterizzazione, quale violazione di interessi
pubblici essenziali, della copertura, praticamente stabilizzata negli anni, di
posti apicali o comunque di livello superiore a quello del soggetto prescelto,
attraverso l'impiego di personale non adeguatamente selezionato mediante
concorso;
c) inderogabilità del trattamento economico dei
dipendenti, che spetta solo nei modi e con l'entità previsti dalla legge;
d) contrarietà, dell'attribuzione di mansioni eccedenti
quelle proprie della qualifica di appartenenza, al principio della parità
nell'accesso agli uffici pubblici ai sensi dell'art 51 Cost.;
e) non invocabilità dell'art. 36 Cost., con la
conseguenza che la violazione di durata pluriennale ed in alcun modo giustificata
dei criteri fissati dalla legge per la copertura dei posti vacanti, implica
violazione di norme imperative, ai sensi e per gli effetti del combinato
disposto degli artt. 2126 comma 1 e 1343 c.c. (in tal senso Cons. Stato, II
Sez., 3 maggio 2000 n. 3591).
Infatti, la regola generale, sempre ribadita dalla
giurisprudenza amministrativa era che per effetto dell'indisponibilità degli
interessi pubblici inerenti alla scelta del tipo di attività lavorativa che i
dipendenti debbono svolgere e dell'esigenza che la selezione del personale
avvenga sulla base del concorso erano irrilevanti le mansioni superiori prestate
dai pubblici dipendenti ai fini del loro trattamento sia giuridico che
economico, salvo i casi in cui una norma di legge intendesse derogare a
tale principio e nei soli limiti da essa sanciti, nè tale principio era
superato dall'art. 57 D.L.vo n. 29 del 1993 (cfr. per la giurisprudenza
dell'epoca: Cons. Stato, V Sez., 18 gennaio 1995 n. 89; 9 marzo 1995 n. 307; 7
dicembre 1995 n. 1674 e 20 dicembre 1996 n. 1568).
4. - Successivamente è intervenuto l'art. 15 D.L.vo
29 ottobre 1998 n. 387 che ha eliminato il differimento dell'operatività
dell'art. 56 D.L.vo n. 29/1993 (nel testo sostituito dall'art. 25 D.L.vo n.
80/1998) al dipendente che svolgesse mansioni superiori a quelle proprie della
qualifica rivestita (cfr. Cons. Stato, I Sez., 9 maggio 2000 n. 457), con la
conseguenza che è stata sancita la spettanza al dipendente del corrispondente
trattamento economico.
Ma siffatta innovazione introdotta col citato art. 15
non può esplicare alcuna efficacia su questioni non rientranti nell'ambito
temporale di applicabilità della norma. Ne consegue che nel regime anteriore,
in linea generale, era la qualifica e non le mansioni il parametro al quale la
retribuzione doveva essere inderogabilmente riferita e l'Amministrazione, come
già detto, era tenuta ad erogare la retribuzione corrispondente alle mansioni
superiori solo quando una norma speciale consentiva sia tale assegnazione che la maggiorazione retributiva (cfr. Cons.
Stato. VI Sez., 16 ottobre 2002 n. 5620).
5. - Gli appellanti hanno invocato l'art. 72 D.P.R.
13 maggio 1987 n. 268, quale norma
che consentiva l'affidamento di funzioni di qualifica immediatamente superiore
con correlativo trattamento economico per un periodo non inferiore a tre mesi e
non superiore a un anno.
Constata il Collegio che il citato art. 72 (nel testo
introdotto dall'art. 39 D.P.R. 17 settembre 1987 n. 494 e poi confermato
dall'art. 50 D.P.R. 3 agosto 1990 n. 333) effettivamente autorizza, nel caso in
cui l'incarico sia stato formalmente conferito e sia stato di durata superiore
a trenta giorni, la corresponsione al dipendente incaricato, di “un compenso
computato sulla differenza tra i trattamenti economici iniziali delle due
qualifiche”.
Sennonchè è da dire (ed in tal senso si è espressa la
giurisprudenza amministrativa: cfr. tra le altre: Cons. Stato, Adun. Plen., 23
febbraio 2000 n. 11 e V Sez., 14 giugno 2000 n. 3314; T.A.R. Basilicata 8
novembre 1999 n. 600; T.A.R. Pescara, 31 ottobre 2000 n. 648; T.A.R. Catanzaro
2 maggio 2001 n. 673 e T.A.R. Emilia Romagna, II Sez., 1 luglio 2002 n. 895)
che la menzionata disposizione normativa non ha portata generale, bensì ha
carattere eccezionale (valendo solo “per la vacanza di posto di
responsabile delle massime strutture organizzative dell'Ente” e quindi per lo
più per gli incarichi di livello dirigenziale) e provvisorio (e cioè
nelle more dell'avvio delle procedure per la relativa copertura del posto e
fino all'espletamento delle stesse e comunque, appunto come sopra riferito, per
un periodo non inferiore a tre mesi e non superiore a un anno) e (la citata
disposizione) opera nell'evidente presupposto che il posto da coprire sia
effettivamente sussistente nella pianta organica, mentre, come si è
detto, nel caso di specie si verte in caso di mancanza di posto in organico.
6. - In ordine ad altra affermazione degli appellanti,
rammentasi che tutte le disposizioni dei Regolamenti organici degli Enti
locali che, ai sensi dell'art. 220 T.U. 3 marzo 1934 n. 383, attribuivano
rilevanza allo svolgimento di mansioni superiori, sono state abrogate per
incompatibilità dall'art. 6 D.L. 29 dicembre 1977 n. 946, come convertito dalla
L. 27 febbraio 1978 n. 43, con il quale è stato vietato agli Enti predetti di
erogare ogni trattamento economico previsto dagli accordi nazionali (in tal
senso cfr. T.A.R. Abruzzo, 26 novembre 2002 n. 704).
7. - Le altre osservazioni fatte dagli appellanti
relativamente alle svariate circostanze in cui gli stessi hanno operato,
possono essere superate ove si consideri che il giudice di primo grado ha
già abbattuto consistentemente la somma a carico dei suddetti (da £.
28.654.437 a £. 9.000.000) tenuto conto dell'"incidenza causale della
condotta colposa degli amministratori e soprattutto del quantum addebitabile
ai titolari dell'Ufficio del personale (non chiamati in giudizio)".
8. - Quale ulteriore motivo di appello, il Rizzo ed il
Lorenzetti prospettano la non imputabilità del Segretario comunale con
riferimento alla previsione dell'art. 17 commi 85 e 86 L. 15 maggio 1997 n.
127, la quale sottrarrebbe il detto Organo all'azione di responsabilità in
relazione all'espressione del parere (non più richiesto salvo il caso di
assenza del responsabile) ed alla partecipazione ed esecuzione delle
determinazioni delle Giunte comunali.
La norma su citata, sostengono gli appellanti, non si
è limitata a rimuovere l'obbligo del parere di legittimità del Segretario, ma
ha abrogato l'intero quarto comma, riferito a tutta l'attività del Segretario,
il quale dunque a far data dal 15 maggio 1997 non potrebbe più essere
sottoposto a giudizio di responsabilità.
9. - Osserva il Collegio, relativamente ai compiti ed
alle responsabilità del Segretario comunale, che nella normativa precedente
alla L. 142/1990, le funzioni di detto Organo erano sì determinate, ma in
modo piuttosto vago e frammentario, con l'indicazione di compiti di
organizzazione e direzione degli uffici, di pubblico accertamento, di natura
esecutiva e conservativa degli atti ed anche di assistenza alle sedute del
Consiglio e della Giunta. In quest'ultima sede, peraltro, il menzionato
funzionario aveva un generico "voto consultivo circa la legalità di ogni
proposta o deliberazione" senza però che tale attività fosse scandita e
definita, come poi avvenuto, quale puntuale obbligo di servizio diretto ad un
necessitato controllo di legalità delle iniziative degli organi politici.
Il Segretario comunale era un soggetto chiamato non a
decidere in luogo della Giunta municipale o insieme ad essa, bensì a
partecipare quale tecnico (e cioè soggetto fornito di cognizioni
tecnico-giuridiche che non necessariamente i componenti della Giunta erano
tenuti a conoscere) e quindi semplicemente a consigliare l'organo con un
parere, che non era nè obbligatorio nè vincolante.
Con la conseguenza che l'assunzione delle
deliberazioni comunali e delle determinazioni ivi contenute costituivano
prerogativa esclusiva degli amministratori, ai quali doveva essere imputata la
relativa responsabilità, salvi i casi espressamente previsti dalla legge di
corresponsabilità del Segretario comunale ( ad es. art. 253 T.U.L.C.P. 3 marzo
1934 n. 383).
10. - Con l'entrata in vigore della legge n. 142
del 1990 sono stati determinati con precisione i compiti e le funzioni del
Segretario comunale (cfr. artt. 51 e 52). L'art. 53 ha, poi in particolare,
previsto che su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta ed al
Consiglio doveva essere richiesto il
parere, perciò obbligatorio, (successivamente inserito nella deliberazione),
sotto il profilo di legittimità, del Segretario comunale il quale, quindi,
rispondeva in via amministrativa e contabile del parere espresso.
Siffatta previsione discende dalla filosofìa che
informa la legge sulle autonomie locali rivolta essenzialmente a stabilire una
linea di demarcazione fra attività di direzione politica, affidata ad organi
rappresentativi della collettività locale e competenze tecnico-amministrative e
contabili riservate ad organi geneticamente e funzionalmente differenziati e quindi
autonomi rispetto ai primi.
11. - In seguito alla riforma introdotta con l'art.
17 commi 67 e seguenti L. 15 maggio 1997 n. 127 (richiamata dagli
appellanti e poi confermata col D.L.vo n. 267 del 2000, di cui al successivo
punto 12) il Segretario comunale non è più un funzionario o dirigente dello
Stato, posto al vertice dell'apparato burocratico dell'Ente locale, essendo
diventato il più stretto collaboratore e consulente del Sindaco, con la
conseguenza che a quest'ultimo è attribuita una facoltà di scelta (del
Segretario) libera, fiduciaria e discrezionale e perciò non necessitante di
motivazione (in tal senso cfr. Cons. Stato, I Sez., 10 marzo 1999 nn. 326 e 327
e I Sez., parere 6 dicembre 2000 n.
1029).
12. - Gli artt. da 67 a 80 e da 84 a 86 dell'art. 17
della L. 127 del 1997 sono stati successivamente abrogati dall'art. 274
comma 1 lett. kk del D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267 (T.U. delle leggi
sull'ordinamento degli Enti locali) che ha assegnato al Segretario comunale, in
linea generale, oltre agli altri compiti indicati nell'art. 97 del menzionato
T.U., funzioni di collaborazione e di
assistenza giuridico - amministrativa nei confronti degli Organi dell'Ente in
ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed
ai regolamenti.
13. - Dalla riferita successione cronologica
legislativa, il Collegio trae motivi, anzitutto, per confutare l'affermazione
degli appellanti secondo cui “ a far data dal 15 maggio 1997 (rectius dal
18 maggio1997, giorno di entrata in vigore della L. 127 del 1997) il Segretario
comunale non potrebbe essere sottoposto a giudizio di responsabilità, dato che
l'art. 17 commi 85 e 86 avrebbe recato un limite normativo a tale azione.
Infatti, al di la
dell'emissione obbligatoria del parere sulle proposte di
deliberazioni della Giunta e del Consiglio ed al di la della responsabilità
per gli atti e le procedure attuative di quelle deliberazioni - ambedue
non più previste per effetto dei ricordati commi 85 e 86 - è indubitabile che
permangono in capo al Segretario comunale tutta una serie di compiti e di
adempimenti (vedi sopra al punto 12) che, lungi dal determinare un'area di
deresponsabilizzazione del Segretario, lo impegnano invece ad un corretto
svolgimento degli stessi, pena la sua soggezione in ragione del rapporto di
servizio instaurato con l'ente locale, all'azione di responsabilità
amministrativa, ove di questa ricorrano gli specifici presupposti.
14. - Esaminando, infine, la fattispecie in esame alla
luce della portata innovativa della L. 127 del 1997 (che come detto ha abolito
in capo al Segretario sia l'obbligatorietà del parere sulle deliberazioni degli
Organi comunali sia la sua responsabilità per l'attività attuativa delle
deliberazioni stesse), il Collegio rammenta, intanto, il principio generale
secondo il quale i fatti restano disciplinati dalla normativa vigente all'epoca
in cui essi sono intervenuti, con la conseguenza che la detta legge, entrata in
vigore il 18 maggio 1997, non può operare con riferimento ai pareri resi dal Segretario
comunale nel tempo precedente.
La legge sarebbe invece operativa nel periodo che va
dalla citata data del 18 maggio 1997 sino al 30 settembre 1997 (data precedente
all'istituzione del posto in pianta organica).
Sennonché anche in quest'ultimo periodo, in cui
risulta essere intervenuta una sola delibera di Giunta (la n. 1317 del 12
giugno 1997 alla quale aveva partecipato il dott. Guido Rizzo), quest'ultimo ha
pur sempre effettivamente reso il parere, sicchè egli non può che restare
vincolato dagli effetti, riscontrati quali concorrenti alla produzione del
danno, derivanti del parere stesso.
Conclusivamente, la sentenza impugnata va
integralmente confermata.
Inoltre, gli appellanti Lorenzetti e Rizzo vengono
condannati al pagamento delle spese del presente giudizio, secondo le quote già
stabilite in prime cure.
P.Q.M.
la Corte dei Conti, Sezione Seconda giurisdizionale
centrale, definitivamente pronunciando e disattesa ogni altra domanda,
deduzione od eccezione, previa riunione in rito degli appelli interposti avverso la sentenza della Sezione
giurisdizionale per la Toscana, n. 1179/2001 del 6 dicembre 2000 - 21 marzo
2001, depositata in data 8 ottobre 2001:
1) RESPINGE gli appelli proposti dai dott. Mario
LORENZETTI e Guido RIZZO e, per l'effetto conferma la impugnata sentenza;
3) CONDANNA i suddetti
Mario LORENZETTI e Guido RIZZO a pagare, secondo le quote già stabilite in
prime cure, le spese anche del presente giudizio, che, per quanto sin qui
maturate, si liquidano in euro 203,02 -------------------------------------------------
(duecentotre/02).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 12
febbraio 2004.
L'Estensore Il
Presidente
F.to Gabriele De Sanctis F.to Tommaso de
Pascalis
Depositata in Segreteria il 17 MAR. 2004
Il Direttore della Segreteria
F.to Mario Francioni