REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai seguenti magistrati:
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
-sull'appello
principale proposto dal Procuratore Generale nei confronti della dott.ssa
Daniela CARRERA, elettivamente domiciliata in Roma, piazzale Clodio n. 12
presso l'avv. Ludovico VILLANI, che con l'avv. prof. Andrea COMBA del Foro di
Torino, la rappresenta e difende;
-sull'appello
incidentale proposto dalla predetta Carrera
avverso la sentenza della Sezione
giurisdizionale di questa Corte dei Conti per il Piemonte n. 1343/01 emessa il
14 novembre 2001 e depositata il 9 dicembre 2001
Visti gli
appelli nonché tutti gli atti e documenti del giudizio, iscritto al n. 15675
del registro di segreteria
Uditi
nella pubblica udienza del 27 aprile 2004 il relatore Cons. Gabriele De
Sanctis, l'avv. Villani ed il rappresentante del P.M. in persona del VPG Cons.
Roberto BENEDETTI
Ritenuto
in
Con
delibera n. 29 del 2 aprile 1999, la Giunta comunale di Germagnano deliberava
"di approvare... la bozza di atto di transazione della controversia civile
Perri/Longo..., riconoscendo al sig. Fulvio Longo, Istruttore del Corpo di
Polizia rurale del Comune di Germagnano, la somma di £. 4.000.000 per la
transazione e la somma di £. 3.000.000 quale partecipazione alle spese
legali".
Dalle premesse
della delibera, risulta che il sig. Longo Fulvio era stato citato in giudizio
avanti al Giudice di Pace di Lanzo Torinese per aver causato, mentre prestava
servizio, un sinistro al sig. Marco Ferri, il quale aveva avanzato una
richiesta di risarcimento per £. 6.625.000, per il danno biologico, morale e
patrimoniale.
Il Comune
di Germagnano non era stato convenuto in giudizio, nè vi era intervenuto e ciò
nonostante dichiarava di considerarsi "parte interessata, poiché il Longo,
al momento dei fatti, era in servizio per conto del Comune, e pertanto esso è
obbligato a tenerlo indenne da spese".
In
relazione a quanto sopra il Procuratore Regionale della Corte dei Conti,
ravvisata l'esistenza di profili di responsabilità nei confronti della dott.ssa
Daniela Carrera - per avere questa quale Segretario comunale, redatto la
deliberazione di cui sopra ed espresso
sulla stessa parere favorevole in termini di regolarità tecnico-amministrativa
e contabile - ha convenuto in giudizio la medesima, ritenuta essere
“nell'apparato burocratico dell'ente, il soggetto istituzionalmente deputato a
formulare valutazioni in diritto in merito agli aspetti giuridici sopra
accennati".
Celebratosi
il giudizio di primo grado, la Sezione giurisdizionale piemontese, premessa
l'individuazione dei momenti qualificanti del procedimento formativo delle
deliberazioni (tra i quali rientra la fase consultiva richiesta dalla legge),
ha puntualizzato che nell'ambito di tale procedimento, l'acquisizione dei
pareri costituisce "atto endoprocedimentale" rientrante nella fase
preparatoria del procedimento stesso.
L'espressione
del parere da parte del Segretario comunale non è quindi idonea ex se a
produrre effetti giuridici per il Comune e quindi, nella fattispecie; essendo
intervenuta l'espressione di volontà dell'organo collegiale, è venuta a
mancare, tra danno e comportamento del Segretario comunale, quel necessario e
diretto nesso di causalità che, insieme alla sussistenza di tutti gli altri
elementi, dà vita all'ipotesi di responsabilità.
Anche in
ordine all'elemento psicologico non è apparso al giudice di primo grado che
possa configurarsi, escluso il dolo, un'ipotesi di colpa grave a carico del
Segretario, tenuto conto delle seguenti
circostanze:
1) la
controversia civile Perri/Longo, pendente presso il Giudice di Pace di Lanzo
Torinese, vedeva il Longo convenuto in giudizio quale dipendente del Comune di
Germagnano e mentre era in servizio;
2) la
transazione proposta poneva fine ad una controversia che nel suo sviluppo, ove
non transatta, avrebbe potuto interessare
anche l'Amministrazione comunale con una sicura lievitazione di costi
per spese di giustizia e per onorari.
L'iniziativa
del competente Assessorato di predisporre una proposta di deliberazione di
assunzione delle spese della transazione scaturiva, pertanto, dalla valutazione
delle surriferite circostanze e comportava, di conseguenza, l'esercizio, da
parte della Giunta Municipale, del potere discrezionale di assumere o meno
l'onere del costo della transazione.
Conclusivamente
il giudice torinese, esclusa la sussistenza sia dell'elemento psicologico
(colpa grave) sia del nesso di
causalità, non ha ritenuto sussistente la responsabilità della dott.ssa
Daniela Carrera e l'ha perciò mandata assolta da ogni addebito.
Nell'appello,
il Procuratore Generale deduce quanto segue:
1)
Travisamento del fatto e violazione di legge in ordine alla sussistenza del
danno erariale. Erronea applicazione di norme di legge e di principi giuridici
in tema di scelte discrezionali dei pubblici amministratori.
Il Longo -
avente le funzioni di “agente ausiliario di polizia rurale”, peraltro come
volontario, e quindi quale agente di polizia giudiziaria ed in genere di
pubblico ufficiale - non era un dipendente del Comune di Germagnano, al quale
egli non era legato né da un rapporto di impiego né di lavoro ed al quale
perciò non erano applicabili né le disposizioni normative in tema di rimborso
degli oneri di difesa legale (art. 18 D.L. n. 67 del 1997 convertito in L. n.
135 del 1997), né i benefici di tutela assicurativa e legale, benefici aventi
un chiaro carattere restrittivo e recentemente (in sede di contrattazione
collettiva successiva alle riforme della P.A. a partire dal D.L.vo n. 29 del
1993, ora D.L.vo n. 165 del 2001) previsti solo per i soggetti legati da un
rapporto di dipendenza .
Inoltre,
il comportamento dell'Amministrazione comunale è stato palesemente in contrasto
con la disciplina normativa, poiché ha inammissibilmente assunto essa stessa il
ruolo di compagnia assicuratrice, avendo provveduto non solo a coprire il 50%
delle spese legali, ma anche a sostenere il costo della transazione intervenuta
fra il Longo ed il Perri e quindi assumendo un ruolo, sotto quest'ultimo
profilo, del tutto estraneo alla disciplina dei rapporti tra ente e propri dipendenti,
così da operare una sostanziale elargizione priva di ogni giustificazione.
Ed ancora,
il giudizio instauratosi fra il Perri ed il Longo riguardava un sinistro
stradale per cui il Longo, che era alla guida della sua autovettura, avrebbe
dovuto far valere il suo contratto assicurativo, mentre, d'altro canto, la
fondatezza della pretesa azionata dal Perri era fortemente opinabile, per cui
una minima difesa avrebbe agevolmente consentito di resistere alla ingiusta e
verosimilmente temeraria pretesa del Perri.
La
censurata delibera (n. 29 del 2 aprile 1999), poi, ha integrato non certo un
legittimo esercizio di potere discrezionale, ma piuttosto un uso arbitrario ed
irrazionale delle pubbliche risorse e quindi il carattere palesemente
arbitrario delle condotte tenute determina l'esorbitanza dall'ambito
discrezionale, per qualificarle come illecite e pertanto pienamente conoscibili
da parte del giudice contabile.
2)
Violazione di legge in ordine alla valutazione del contributo causale della
convenuta nella produzione della fattispecie dannosa.
Ai fini
della ricostruzione del processo causale che ha determinato il danno, devono
essere considerati tutti i comportamenti che hanno inciso in detto processo, a
prescindere dalla qualificazione giuridica di detti comportamenti ed
indipendentemente dal fatto che essi possano assumere o meno valenza di atto
amministrativo o negoziale o costituiscano un fatto materiale, e se l'atto
abbia carattere endoprocedimentale o definitorio del procedimento.
3) -
Violazione di legge in ordine alla ritenuta insussistenza dell'elemento
psicologico.
Sussiste
la colpa grave della Carrera, atteso che l'affermazione contenuta nella
deliberazione, secondo la quale l'ente doveva tenere indenne il Longo, era
palesemente contraria alle disposizioni normative e pertanto il Segretario è
venuto meno al suo essenziale ruolo di garanzia di legalità nell'adozione degli
atti decisionali da parte dell'organo di governo comunale.
4) -
Eventuale rideterminazione della quota di danno da imputarsi alla convenuta.
Poiché il
P.G ritiene che nella fattispecie abbiano concorso alla produzione del danno i
componenti della Giunta comunale, i quali approvarono all'unanimità la delibera
29/1999 per effetto del loro arbitrario comportamento (essendo essi ben consapevoli
che il Longo non era dipendente del Comune e che questo non doveva “tenere
indenne” il suddetto e, infine, che non venivano nella specie osservati gli
ordinari moduli procedimentali e operativi in tema di transazione) e i quali
quindi non possono dirsi versare in uno stato di “buona fede” - del
comportamento dei suddetti può tenersi conto, ad avviso dello stesso P.G.,
nella valutazione della posizione della dott.ssa Carrera, valutazione che il
Requirente rimette al giudice ai fini dell'eventuale rideterminazione della
quota di danno imputabile alla medesima Carrera.
Conclusivamente
il P.G. chiede che, in riforma della sentenza impugnata, la Carrera venga
condannata al pagamento della somma di euro 3.516 o di diversa somma ritenuta
di giustizia, con l'aggravio di interessi, rivalutazione e spese di giudizio.
Con atti
depositati il 17 maggio 2002 ed il 6 aprile 2004, la dott.ssa Carrera si è
riportata ai motivi dedotti nella sentenza di primo grado, sottolineando che il
Comune, ove non fosse addivenuto alla transazione, avrebbe potuto essere
coinvolto in una causa per fatti commessi dal Sig Longo, agente ausiliario di
polizia rurale, legato all'ente da rapporto di servizio.
Ha quindi
chiesto, in via principale, la reiezione dell'appello con conseguente conferma
della sentenza impugnata. In via subordinata, la Carrera ha proposto appello
incidentale (appunto condizionato all'eventuale accoglimento dell'appello di
controparte) fondato sull'eccezione di nullità delle notificazioni degli atti
introduttivi di primo grado, posto che sia l'invito a dedurre che la successiva
citazione in giudizio (oltrechè lo stesso atto di appello, solo casualmente
conosciuto dalla stessa Carrera) furono notificati non all'indirizzo di
residenza - in Volpiano, via Trento n. 20 - bensì all'indirizzo errato di
Volpiano, via Trento n. 22, ove invece abitava la madre - non convivente -
dell'interessata.
Pertanto
quest'ultima, pur non soccombente in primo grado, non ha potuto avvalersi delle
garanzie del doppio grado di giudizio, essendo la fase dell'appello l'unica del
procedimento cui ella è stata messa in grado di partecipare.
Conseguentemente,
essendo palese la nullità della notifica e non sanabile in quanto l'intimata
non si è costituita in primo grado, la Carrera precisa che un eventuale
accoglimento dell'appello non potrebbe che determinare il riconoscimento della
nullità dell'intero procedimento ed il rinvio delle parti innanzi al primo
giudice.
All'odierna
udienza, sia il P.G. che l'avv. Villani hanno brevemente reiterato le
rispettive considerazioni e conclusioni scritte.
Considerato
in
L'appello
principale del P.G., siccome giuridicamente fondato, va accolto.
1. - Il
giudice di primo grado ha riconosciuto che “non v'è nel nostro ordinamento un generale
obbligo di tenere indenne il personale dipendente dalle spese sostenute per il
risarcimento dei danni provocati a terzi”, ma subito dopo ha considerato
l'opportunità che il Comune subentrasse direttamente “nella controversia civile
tra il Sig. Perri ed il Sig. Longo, tenuto conto che quest'ultimo era stato
convenuto in giudizio come dipendente del Comune stesso e mentre era in
servizio” e tenuto conto, altresì, che “la controversia, ove non fosse
intervenuta la transazione, avrebbe potuto interessare l'Amministrazione
comunale con una sicura lievitazione di costi per spese di giustizia ed
onorari”.
Al
riguardo il Collegio, dalla documentazione agli atti, rileva che il Longo non
era un dipendente comunale, bensì un agente del Corpo di polizia rurale, legato
da un rapporto di servizio col Comune (il quale lo aveva appositamente nominato
con delibera consiliare n. 51 del 1994) come volontario e quindi senza
la costituzione di un rapporto di lavoro organico. La stessa citata delibera
prevedeva la stipula di un'assicurazione contro i rischi derivanti
dall'incarico affidato.
Da quanto
sopra consegue, anzitutto, che al Longo non era applicabile la normativa che
autorizza l'Amministrazione pubblica ad assumersi determinati oneri (in
particolare, copertura delle spese legali di difesa), atteso che siffatte
disposizioni attribuiscono al dipendente una situazione soggettiva che
trova il proprio essenziale presupposto nel rapporto di impiego con
l'Amministrazione medesima ed in considerazione, quindi, della natura
eccezionale e derogatoria del diritto comune di siffatte disposizioni (come
tali non estensibili a categorie o figure soggettive non espressamente
previste).
2. - Ma,
anche prescindendo dalle argomentazioni sopra riportate, non sussistevano, ad
avviso del Collegio, i presupposti e le condizioni che - pur tenuto conto della
valutazione della vicenda che doveva essere fatta ex ante e cioè sulla
base dei dati ed elementi disponibili al momento della scelta - suggerissero
l'intervento del Comune in una vicenda che interessava direttamente i due
soggetti privati (Perri e Longo) e ciò tenuto conto che:
- era
prevista, come detto, la stipula di un'assicurazione contro i rischi derivanti
dall'incarico affidato al Longo, polizza che, se perfezionata, doveva essere operativa;
qualora, invece, la copertura non fosse stata predisposta, l'Amministrazione
non poteva, essa direttamente, svolgere il ruolo di compagnia assicuratrice;
-
trattandosi di sinistro automobilistico provocato anche dall'autovettura
privata del Longo, andava attivata la polizza assicurativa stipulata per tale
autovettura;
- il Longo
ben era nella situazione di contrastare, con una certa fondatezza, le pretese
giudiziali del Perri, tenuto conto delle varie inadempienze di quest'ultimo
(oltraggio a pubblico ufficiale e violazione delle norme sulla circolazione
stradale, per non essersi fermato all'intimazione rivoltagli da un agente in
servizio di polizia stradale ecc.)
- in
siffatte circostanze era quanto meno prematuro l'intervento spontaneo e diretto
del Comune, non chiamato in causa, nella vicenda riguardante terzi;
- la
delibera G.M. n. 29 del 1999, infatti, non si limitava a rimborsare le spese
sostenute dal Longo, ma assumeva quale atto proprio del Comune un transazione
intervenuta tra soggetti terzi ed adottata in contrasto con moduli
procedimentali ed operativi ordinariamente utilizzati, appunto, in tema di
transazione;
- in ogni
caso, nulla autorizzava la civica Amministrazione a sostenere l'esborso di £.
4.000.000 quale costo della transazione, in aggiunta a quello di £. 3.000.000
quale partecipazione alle spese legali.
Dunque il
giudizio dato ex ante dal Comune e fondato su un sicura o quanto meno
assai probabile posizione di debolezza che lo stesso avrebbe avuto nella
vicenda e quindi sulla sua soccombenza nella controversia, era palesemente
affrettato e comunque non rispettoso delle chiare risultanze, di fatto e di
diritto, e delle relative conseguenze, di segno contrario, che ne scaturivano.
3. - Il
giudice di primo grado, ha altresì affermato che la delibera di Giunta in
questione “non è censurabile per violazione di legge, ma può soltanto essere
sottoposta a sindacato di legittimità, sotto il profilo dell'eccesso di
potere”. Di contro, rilevano questi giudici
che il detto atto collegiale deve essere qui esaminato non già sotto il
profilo della legittimità, attenendo tale profilo alla competenza del giudice
amministrativo, bensì sotto l'aspetto della sua liceità, in quanto diretto o
meno a determinare un danno erariale.
Ancora, la
Sezione piemontese ha affermato che la Giunta municipale, nella scelta tra
l'assumere o meno l'onere del costo della transazione, ha esercitato nella
fattispecie il potere discrezionale di assumere a suo carico la spesa.
Rammenta
il Collegio, che il potere discrezionale della Pubblica amministrazione
consente ad essa un margine di autonomia decisionale della scelta della
soluzione migliore, considerato il caso concreto. Ma siffatto potere trova pur
sempre fondamento nella legge e quindi, lungi dal contrastare col principio di
legalità, lo presuppone, con la conseguenza che la discrezionalità consiste
appunto nella facoltà di scelta tra più comportamenti legittimi per il
soddisfacimento dell'interesse pubblico primario, dopo la comparazione con
quest'ultimo di più interessi secondari (che possono essere pubblici, privati,
collettivi ecc.). Nella fattispecie, invece, l'Amministrazione, trascurando del
tutto di considerare gli elementi sopra ricordati al punto 2, ha operato una
scelta palesemente non conforme ai principi di logicità, imparzialità e
ragionevolezza, (che debbono sempre reggere l'attività amministrativa) ed è, in
definitiva sconfinata in una scelta dettata dall'arbitrio.
4. - Il
giudice di primo grado, ancora, ha sostenuto (argomentazione questa che, al
pari di quelle riportate nei punti precedenti, è stata oggetto di apposito
motivo di appello da parte del Procuratore Generale) che nella fattispecie il
parere reso dal Segretario comunale costituisce un mero “atto
endoprocedimentale” rientrante solo nella fase preparatoria del procedimento
amministrativo, con la conseguenza che, essendo intervenuta dopo l'emissione
del detto parere la delibera dell'organo collegiale, a quest'ultima sarebbe
ormai unicamente riferibile il danno, il quale invece non sarebbe in un necessario
e diretto nesso di causalità col comportamento del Segretario comunale.
4.a -
Rileva al riguardo il Collegio, che, anzitutto, anche l'atto
endoprocedimentale può avere una sua autonoma rilevanza giuridica. Infatti,
esso, senza che si attenda l'atto conclusivo del procedimento, è autonomamente
impugnabile ove risulti immediatamente lesivo dell'interesse pretensivo del
soggetto.
Inoltre,
per quel che concerne propriamente il giudizio di responsabilità
amministrativa, ai fini della ricostruzione del processo causale che ha
determinato il danno, come esattamente affermato dal P.G. appellante, debbono
essere considerati tutti i comportamenti che hanno inciso in detto processo, a
prescindere dalla qualificazione giuridica di detti comportamenti ed indipendentemente
dalla natura di atto endoprocedimentale o definitorio del procedimento.
L'art. 1
comma 1 ter L. 14 gennaio 1994 n. 20 (come modificata dal D.L. n. 543 del 1996
convertito in L. n. 639 del 1996), nel limitare, da un lato, la responsabilità
ai componenti degli organi collegiali che votarono favorevolmente la
deliberazione dannosa e nel prevedere, dall'altro, la non estensibilità ai
titolari degli organi politici della responsabilità per gli atti che rientrano
nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi, evidentemente
presuppone che in capo a quest'ultimi uffici la responsabilità possa essere
ipotizzata.
4. b - Per
quel che concerne, in particolare, il Segretario comunale, rilevasi che
nella specie la dott.ssa Carrera è stata chiamata in giudizio per aver
espresso, “ai sensi dell'art. 53 L. n. 142 del 1990 così come modificato
dall'art. 17 comma 85 della L. n. 127 del 1997, il parere sotto il profilo
della regolarità tecnico-amministrativa e contabile” sulla deliberazione G.M.
n. 29 del 2 aprile 1999.
Dunque, al
momento dell'espressione del parere, vigeva la L. 15 maggio 1997 n. 127, la cui
portata innovativa, per quanto concerne il punto in esame, è che l'art. 17
commi 85 e 86 ha abolito, in capo al Segretario, sia l'obbligatorietà del
parere sulle deliberazioni degli Organi comunali, sia la sua responsabilità per
l'attività attuativa delle deliberazioni stesse, Ciò non toglie, comunque e
come la Sezione ha già avuto modo di precisare in altra occasione (cfr. sentenza n. 88 del 17 marzo 2004) -
che permanessero in capo al Segretario comunale tutta una serie di compiti ed
adempimenti che, lungi dal determinare un'area di deresponsabilizzazione del
Segretario, lo impegnavano, invece, ad un corretto svolgimento degli stessi,
pena la sua soggezione in ragione del rapporto di servizio instaurato con
l'ente locale, all'azione di responsabilità amministrativa, ove di questa
ricorressero gli specifici presupposti. Ed è conseguente che, pur dopo la
modifica legislativa che ha escluso l'obbligatorietà del parere, la
responsabilità del Segretario ben poteva sussistere nell'ipotesi (ricorrente
nella fattispecie) che il parere stesso gli fosse stato richiesto ed esso fosse
stato formalmente espresso, affermazione, questa, che costituisce l'espressione
di un principio generale, operante a prescindere dalla natura obbligatoria o
facoltativa del parere dato.
Nella
specie, il parere ha avuto una precisa
ed autonoma valenza procedimentale ed un effettivo ruolo causale rispetto al
contenuto della delibera, che quel parere ha espressamente richiamato e sul
quale si è basata, ritenendo sussistenti i necessari e relativi presupposti
giuridico-amministrativi.
Siffatto
giudizio - formulato su modalità fortemente anomale di composizione della
vicenda ed espresso in evidente contrasto col dettato normativo e con principi
di carattere generale, nonché in assenza, nella fattispecie, di concreti ed
effettivi motivi di necessità che invece suggerissero il ricorso alla
transazione - non può non determinare un comportamento improntato ad
inescusabile negligenza, imputabile alla dott.ssa Carrera, tenuta, in ragione
della sua funzione, ad informare correttamente l'organo deliberante sul
provvedimento da adottare.
5. - Di
seguito alle considerazioni di cui sopra, che conducono all'accoglimento dei
motivi dell'appello principale, il Collegio procede all'esame dell'appello
incidentale “condizionato” della dott.ssa Carrera e lo respinge.
Quest'ultima
ha eccepito la nullità delle notificazioni degli atti introduttivi di primo
grado (invito a dedurre e successiva citazione in giudizio), oltrechè dello
stesso atto di appello, perché effettuate non all'indirizzo di residenza - in
Volpiano, via Trento n. 20 - bensì all'indirizzo errato di Volpiano, via Trento
n. 22, ove invece abitava la madre - non convivente - dell'interessata.
In proposito, il Collegio - reiterando una precedente
posizione della Sezione sull'argomento, cfr. sentenza n. 29 del 2 febbraio 2004
- ritiene condivisibile l'orientamento della Corte di Cassazione (vedansi da
ultimo Sez. III, 11 gennaio 2000 n. 187; Sez. II, 28 giugno 2000 n. 8799 e Sez.
I 20 dicembre 2002 n. 18141), secondo il quale fra le persone di famiglia del
destinatario dell'atto da notificare che, a termini dell'art. 139 comma 2
c.p.c., sono abilitate a riceverlo, devono comprendersi non soltanto i
componenti del nucleo familiare in
senso stretto, ma anche gli altri parenti o affini, non legati da un rapporto
di stabile convivenza, trattandosi comunque di persone la cui posizione può
giustificare la presunzione, in caso di accettazione dell'atto senza
esternazione di alcuna riserva, di sollecita consegna dell'atto medesimo al
destinatario; a tal fine la consegna alle suddette persone può avvenire non
solo se rinvenute nella casa di abitazione del destinatario dell'atto, bensì
anche ove siano ritrovate nell'ufficio di questo, senza che per esse sia
richiesta la condizione di essere addette alla casa o all'ufficio, come per le
persone estranee alla famiglia. Infatti, sempre secondo la Cassazione, ove la
consegna dell'atto sia avvenuta a mezzo di persona qualificatasi come familiare
del destinatario dell'atto stesso e che abbia sottoscritto la relazione di
notifica in cui è qualificato come tale, la presunzione di conoscenza dell'atto
da parte del destinatario non può ritenersi superata dalla certificazione
anagrafica che non includa il consegnatario nell'elenco delle persone
componenti il nucleo familiare del destinatario stesso, atteso che anche
sulla convivenza di fatto si fonda la presunzione di consegna
dell'atto notificato.
6. -
Affermata, per quanto sin qui detto, la responsabilità della dott.ssa Carrera,
il Collegio conviene con l'affermazione del P.G. appellante, secondo cui nella
fattispecie, alla produzione del danno abbiano concorso, oltre alla predetta, i
componenti della Giunta comunale che approvarono, all'unanimità la
deliberazione n. 29 del 1999, avente, come detto, un carattere marcatamente
anomalo e con l'assunzione di determinazione che esulava dal potere
discrezionale dei medesimi.
Il
comportamento del detto Organo collegiale viene da questo giudice - cui è
demandato, nel caso di fatto dannoso causato da più persone, il compito di
precisare le “singole responsabilità” (art. 1 comma 1 quater L. 20 del 1994) -
tenuto presente ai fini della valutazione della posizione della dott.ssa
Carrera e quindi dell'individuazione della sua personale responsabilità, con
conseguente determinazione del quantum di danno alla stessa
addebitabile. Quantum che il Collegio, in sede di valutazione in via
equitativa, determina in euro 1.000 (mille), comprensiva di rivalutazione
monetaria e da maggiorarsi con gli interessi legali, dalla data di
pubblicazione della presente sentenza sino al soddisfo.
Restano a
carico della Carrera anche le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
la Corte
dei Conti, Sezione Seconda giurisdizionale centrale, definitivamente
pronunciando e disattesa ogni altra domanda, deduzione od eccezione
1) ACCOGLIE l'appello
proposto dal Procuratore Generale nei confronti della dott.ssa Daniela CARRERA,
2) RESPINGE l'appello incidentale di
quest'ultima
avverso la
sentenza della Sezione giurisdizionale di questa Corte dei conti per il
Piemonte n. 1343/01 emessa il 14 novembre 2001 e depositata il 9 dicembre 2001,
e, per l'effetto, CONDANNA la medesima Carrera al pagamento in favore del
Comune di Germagnano della somma di euro 1.000 (mille/00) comprensivi di
rivalutazione monetaria e da maggiorarsi con gli interessi, come precisato in
parte motiva.
CONDANNA
altresì la Carrera al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio; che, per
quanto sin qui maturate, si liquidano in euro
407,41------------------------------------------------
(quattrocentosette/41).
Così
deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 27 aprile 2004.
L'
Estensore Il Presidente
F.to Gabriele De Sanctis F.to
Tommaso de Pascalis
Depositata
in Segreteria il 23 GIU. 2004
Il
Direttore della Segreteria
F.to Mario
Francioni