REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE  SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE

composta dai seguenti magistrati:

Dott.Tommaso de PASCALIS                          Presidente

Dott.Gabriele DE SANCTIS               Consigliere relatore

Dott. Camillo LONGONI                                    Consigliere

Dott. Giovanni PISCITELLI                Consigliere

Dott. Angelo A. PARENTE                               Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

-sull'appello principale proposto dal Procuratore Generale nei confronti della dott.ssa Daniela CARRERA, elettivamente domiciliata in Roma, piazzale Clodio n. 12 presso l'avv. Ludovico VILLANI, che con l'avv. prof. Andrea COMBA del Foro di Torino, la rappresenta e difende;

-sull'appello incidentale proposto dalla predetta Carrera

avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale di questa Corte dei Conti per il Piemonte n. 1343/01 emessa il 14 novembre 2001 e depositata il 9 dicembre 2001

Visti gli appelli nonché tutti gli atti e documenti del giudizio, iscritto al n. 15675 del registro di segreteria

Uditi nella pubblica udienza del 27 aprile 2004 il relatore Cons. Gabriele De Sanctis, l'avv. Villani ed il rappresentante del P.M. in persona del VPG Cons. Roberto BENEDETTI

Ritenuto in

FATTO

Con delibera n. 29 del 2 aprile 1999, la Giunta comunale di Germagnano deliberava "di approvare... la bozza di atto di transazione della controversia civile Perri/Longo..., riconoscendo al sig. Fulvio Longo, Istruttore del Corpo di Polizia rurale del Comune di Germagnano, la somma di £. 4.000.000 per la transazione e la somma di £. 3.000.000 quale partecipazione alle spese legali".

Dalle premesse della delibera, risulta che il sig. Longo Fulvio era stato citato in giudizio avanti al Giudice di Pace di Lanzo Torinese per aver causato, mentre prestava servizio, un sinistro al sig. Marco Ferri, il quale aveva avanzato una richiesta di risarcimento per £. 6.625.000, per il danno biologico, morale e patrimoniale.

Il Comune di Germagnano non era stato convenuto in giudizio, nè vi era intervenuto e ciò nonostante dichiarava di considerarsi "parte interessata, poiché il Longo, al momento dei fatti, era in servizio per conto del Comune, e pertanto esso è obbligato a tenerlo indenne da spese".

In relazione a quanto sopra il Procuratore Regionale della Corte dei Conti, ravvisata l'esistenza di profili di responsabilità nei confronti della dott.ssa Daniela Carrera - per avere questa quale Segretario comunale, redatto la deliberazione di cui sopra ed  espresso sulla stessa parere favorevole in termini di regolarità tecnico-amministrativa e contabile - ha convenuto in giudizio la medesima, ritenuta essere “nell'apparato burocratico dell'ente, il soggetto istituzionalmente deputato a formulare valutazioni in diritto in merito agli aspetti giuridici sopra accennati".

Celebratosi il giudizio di primo grado, la Sezione giurisdizionale piemontese, premessa l'individuazione dei momenti qualificanti del procedimento formativo delle deliberazioni (tra i quali rientra la fase consultiva richiesta dalla legge), ha puntualizzato che nell'ambito di tale procedimento, l'acquisizione dei pareri costituisce "atto endoprocedimentale" rientrante nella fase preparatoria del procedimento stesso.

L'espressione del parere da parte del Segretario comunale non è quindi idonea ex se a produrre effetti giuridici per il Comune e quindi, nella fattispecie; essendo intervenuta l'espressione di volontà dell'organo collegiale, è venuta a mancare, tra danno e comportamento del Segretario comunale, quel necessario e diretto nesso di causalità che, insieme alla sussistenza di tutti gli altri elementi, dà vita all'ipotesi di responsabilità.

Anche in ordine all'elemento psicologico non è apparso al giudice di primo grado che possa configurarsi, escluso il dolo, un'ipotesi di colpa grave a carico del Segretario, tenuto conto delle  seguenti circostanze:

1) la controversia civile Perri/Longo, pendente presso il Giudice di Pace di Lanzo Torinese, vedeva il Longo convenuto in giudizio quale dipendente del Comune di Germagnano e mentre era in servizio;

2) la transazione proposta poneva fine ad una controversia che nel suo sviluppo, ove non transatta, avrebbe potuto interessare  anche l'Amministrazione comunale con una sicura lievitazione di costi per spese di giustizia e per onorari.

L'iniziativa del competente Assessorato di predisporre una proposta di deliberazione di assunzione delle spese della transazione scaturiva, pertanto, dalla valutazione delle surriferite circostanze e comportava, di conseguenza, l'esercizio, da parte della Giunta Municipale, del potere discrezionale di assumere o meno l'onere del costo della transazione.

Conclusivamente il giudice torinese, esclusa la sussistenza sia dell'elemento psicologico (colpa grave) sia del nesso di  causalità, non ha ritenuto sussistente la responsabilità della dott.ssa Daniela Carrera e l'ha perciò mandata assolta da ogni addebito.

Nell'appello, il Procuratore Generale deduce quanto segue:

1) Travisamento del fatto e violazione di legge in ordine alla sussistenza del danno erariale. Erronea applicazione di norme di legge e di principi giuridici in tema di scelte discrezionali dei pubblici amministratori.

Il Longo - avente le funzioni di “agente ausiliario di polizia rurale”, peraltro come volontario, e quindi quale agente di polizia giudiziaria ed in genere di pubblico ufficiale - non era un dipendente del Comune di Germagnano, al quale egli non era legato né da un rapporto di impiego né di lavoro ed al quale perciò non erano applicabili né le disposizioni normative in tema di rimborso degli oneri di difesa legale (art. 18 D.L. n. 67 del 1997 convertito in L. n. 135 del 1997), né i benefici di tutela assicurativa e legale, benefici aventi un chiaro carattere restrittivo e recentemente (in sede di contrattazione collettiva successiva alle riforme della P.A. a partire dal D.L.vo n. 29 del 1993, ora D.L.vo n. 165 del 2001) previsti solo per i soggetti legati da un rapporto di dipendenza .

Inoltre, il comportamento dell'Amministrazione comunale è stato palesemente in contrasto con la disciplina normativa, poiché ha inammissibilmente assunto essa stessa il ruolo di compagnia assicuratrice, avendo provveduto non solo a coprire il 50% delle spese legali, ma anche a sostenere il costo della transazione intervenuta fra il Longo ed il Perri e quindi assumendo un ruolo, sotto quest'ultimo profilo, del tutto estraneo alla disciplina dei rapporti tra ente e propri dipendenti, così da operare una sostanziale elargizione priva di ogni giustificazione.

Ed ancora, il giudizio instauratosi fra il Perri ed il Longo riguardava un sinistro stradale per cui il Longo, che era alla guida della sua autovettura, avrebbe dovuto far valere il suo contratto assicurativo, mentre, d'altro canto, la fondatezza della pretesa azionata dal Perri era fortemente opinabile, per cui una minima difesa avrebbe agevolmente consentito di resistere alla ingiusta e verosimilmente temeraria pretesa del Perri.

La censurata delibera (n. 29 del 2 aprile 1999), poi, ha integrato non certo un legittimo esercizio di potere discrezionale, ma piuttosto un uso arbitrario ed irrazionale delle pubbliche risorse e quindi il carattere palesemente arbitrario delle condotte tenute determina l'esorbitanza dall'ambito discrezionale, per qualificarle come illecite e pertanto pienamente conoscibili da parte del giudice contabile.

2) Violazione di legge in ordine alla valutazione del contributo causale della convenuta nella produzione della fattispecie dannosa.

Ai fini della ricostruzione del processo causale che ha determinato il danno, devono essere considerati tutti i comportamenti che hanno inciso in detto processo, a prescindere dalla qualificazione giuridica di detti comportamenti ed indipendentemente dal fatto che essi possano assumere o meno valenza di atto amministrativo o negoziale o costituiscano un fatto materiale, e se l'atto abbia carattere endoprocedimentale o definitorio del procedimento.

3) - Violazione di legge in ordine alla ritenuta insussistenza dell'elemento psicologico.

Sussiste la colpa grave della Carrera, atteso che l'affermazione contenuta nella deliberazione, secondo la quale l'ente doveva tenere indenne il Longo, era palesemente contraria alle disposizioni normative e pertanto il Segretario è venuto meno al suo essenziale ruolo di garanzia di legalità nell'adozione degli atti decisionali da parte dell'organo di governo comunale.

4) - Eventuale rideterminazione della quota di danno da imputarsi alla convenuta.

Poiché il P.G ritiene che nella fattispecie abbiano concorso alla produzione del danno i componenti della Giunta comunale, i quali approvarono all'unanimità la delibera 29/1999 per effetto del loro arbitrario comportamento (essendo essi ben consapevoli che il Longo non era dipendente del Comune e che questo non doveva “tenere indenne” il suddetto e, infine, che non venivano nella specie osservati gli ordinari moduli procedimentali e operativi in tema di transazione) e i quali quindi non possono dirsi versare in uno stato di “buona fede” - del comportamento dei suddetti può tenersi conto, ad avviso dello stesso P.G., nella valutazione della posizione della dott.ssa Carrera, valutazione che il Requirente rimette al giudice ai fini dell'eventuale rideterminazione della quota di danno imputabile alla medesima Carrera.

Conclusivamente il P.G. chiede che, in riforma della sentenza impugnata, la Carrera venga condannata al pagamento della somma di euro 3.516 o di diversa somma ritenuta di giustizia, con l'aggravio di interessi, rivalutazione e spese di giudizio.

Con atti depositati il 17 maggio 2002 ed il 6 aprile 2004, la dott.ssa Carrera si è riportata ai motivi dedotti nella sentenza di primo grado, sottolineando che il Comune, ove non fosse addivenuto alla transazione, avrebbe potuto essere coinvolto in una causa per fatti commessi dal Sig Longo, agente ausiliario di polizia rurale, legato all'ente da rapporto di servizio.

Ha quindi chiesto, in via principale, la reiezione dell'appello con conseguente conferma della sentenza impugnata. In via subordinata, la Carrera ha proposto appello incidentale (appunto condizionato all'eventuale accoglimento dell'appello di controparte) fondato sull'eccezione di nullità delle notificazioni degli atti introduttivi di primo grado, posto che sia l'invito a dedurre che la successiva citazione in giudizio (oltrechè lo stesso atto di appello, solo casualmente conosciuto dalla stessa Carrera) furono notificati non all'indirizzo di residenza - in Volpiano, via Trento n. 20 - bensì all'indirizzo errato di Volpiano, via Trento n. 22, ove invece abitava la madre - non convivente - dell'interessata.

Pertanto quest'ultima, pur non soccombente in primo grado, non ha potuto avvalersi delle garanzie del doppio grado di giudizio, essendo la fase dell'appello l'unica del procedimento cui ella è stata messa in grado di partecipare.

Conseguentemente, essendo palese la nullità della notifica e non sanabile in quanto l'intimata non si è costituita in primo grado, la Carrera precisa che un eventuale accoglimento dell'appello non potrebbe che determinare il riconoscimento della nullità dell'intero procedimento ed il rinvio delle parti innanzi al primo giudice.

All'odierna udienza, sia il P.G. che l'avv. Villani hanno brevemente reiterato le rispettive considerazioni e conclusioni scritte.

Considerato in

DIRITTO

L'appello principale del P.G., siccome giuridicamente fondato, va accolto.

1. - Il giudice di primo grado ha riconosciuto che “non v'è nel nostro ordinamento un generale obbligo di tenere indenne il personale dipendente dalle spese sostenute per il risarcimento dei danni provocati a terzi”, ma subito dopo ha considerato l'opportunità che il Comune subentrasse direttamente “nella controversia civile tra il Sig. Perri ed il Sig. Longo, tenuto conto che quest'ultimo era stato convenuto in giudizio come dipendente del Comune stesso e mentre era in servizio” e tenuto conto, altresì, che “la controversia, ove non fosse intervenuta la transazione, avrebbe potuto interessare l'Amministrazione comunale con una sicura lievitazione di costi per spese di giustizia ed onorari”.

Al riguardo il Collegio, dalla documentazione agli atti, rileva che il Longo non era un dipendente comunale, bensì un agente del Corpo di polizia rurale, legato da un rapporto di servizio col Comune (il quale lo aveva appositamente nominato con delibera consiliare n. 51 del 1994) come volontario e quindi senza la costituzione di un rapporto di lavoro organico. La stessa citata delibera prevedeva la stipula di un'assicurazione contro i rischi derivanti dall'incarico affidato.

Da quanto sopra consegue, anzitutto, che al Longo non era applicabile la normativa che autorizza l'Amministrazione pubblica ad assumersi determinati oneri (in particolare, copertura delle spese legali di difesa), atteso che siffatte disposizioni attribuiscono al dipendente una situazione soggettiva che trova il proprio essenziale presupposto nel rapporto di impiego con l'Amministrazione medesima ed in considerazione, quindi, della natura eccezionale e derogatoria del diritto comune di siffatte disposizioni (come tali non estensibili a categorie o figure soggettive non espressamente previste).

2. - Ma, anche prescindendo dalle argomentazioni sopra riportate, non sussistevano, ad avviso del Collegio, i presupposti e le condizioni che - pur tenuto conto della valutazione della vicenda che doveva essere fatta ex ante e cioè sulla base dei dati ed elementi disponibili al momento della scelta - suggerissero l'intervento del Comune in una vicenda che interessava direttamente i due soggetti privati (Perri e Longo) e ciò tenuto conto che:

- era prevista, come detto, la stipula di un'assicurazione contro i rischi derivanti dall'incarico affidato al Longo, polizza che, se perfezionata, doveva essere operativa; qualora, invece, la copertura non fosse stata predisposta, l'Amministrazione non poteva, essa direttamente, svolgere il ruolo di compagnia assicuratrice;

- trattandosi di sinistro automobilistico provocato anche dall'autovettura privata del Longo, andava attivata la polizza assicurativa stipulata per tale autovettura;

- il Longo ben era nella situazione di contrastare, con una certa fondatezza, le pretese giudiziali del Perri, tenuto conto delle varie inadempienze di quest'ultimo (oltraggio a pubblico ufficiale e violazione delle norme sulla circolazione stradale, per non essersi fermato all'intimazione rivoltagli da un agente in servizio di polizia stradale ecc.)

- in siffatte circostanze era quanto meno prematuro l'intervento spontaneo e diretto del Comune, non chiamato in causa, nella vicenda riguardante terzi;

- la delibera G.M. n. 29 del 1999, infatti, non si limitava a rimborsare le spese sostenute dal Longo, ma assumeva quale atto proprio del Comune un transazione intervenuta tra soggetti terzi ed adottata in contrasto con moduli procedimentali ed operativi ordinariamente utilizzati, appunto, in tema di transazione;

- in ogni caso, nulla autorizzava la civica Amministrazione a sostenere l'esborso di £. 4.000.000 quale costo della transazione, in aggiunta a quello di £. 3.000.000 quale partecipazione alle spese legali.

Dunque il giudizio dato ex ante dal Comune e fondato su un sicura o quanto meno assai probabile posizione di debolezza che lo stesso avrebbe avuto nella vicenda e quindi sulla sua soccombenza nella controversia, era palesemente affrettato e comunque non rispettoso delle chiare risultanze, di fatto e di diritto, e delle relative conseguenze, di segno contrario, che ne scaturivano.

3. - Il giudice di primo grado, ha altresì affermato che la delibera di Giunta in questione “non è censurabile per violazione di legge, ma può soltanto essere sottoposta a sindacato di legittimità, sotto il profilo dell'eccesso di potere”. Di contro, rilevano questi giudici  che il detto atto collegiale deve essere qui esaminato non già sotto il profilo della legittimità, attenendo tale profilo alla competenza del giudice amministrativo, bensì sotto l'aspetto della sua liceità, in quanto diretto o meno a determinare un danno erariale.

Ancora, la Sezione piemontese ha affermato che la Giunta municipale, nella scelta tra l'assumere o meno l'onere del costo della transazione, ha esercitato nella fattispecie il potere discrezionale di assumere a suo carico la spesa.

Rammenta il Collegio, che il potere discrezionale della Pubblica amministrazione consente ad essa un margine di autonomia decisionale della scelta della soluzione migliore, considerato il caso concreto. Ma siffatto potere trova pur sempre fondamento nella legge e quindi, lungi dal contrastare col principio di legalità, lo presuppone, con la conseguenza che la discrezionalità consiste appunto nella facoltà di scelta tra più comportamenti legittimi per il soddisfacimento dell'interesse pubblico primario, dopo la comparazione con quest'ultimo di più interessi secondari (che possono essere pubblici, privati, collettivi ecc.). Nella fattispecie, invece, l'Amministrazione, trascurando del tutto di considerare gli elementi sopra ricordati al punto 2, ha operato una scelta palesemente non conforme ai principi di logicità, imparzialità e ragionevolezza, (che debbono sempre reggere l'attività amministrativa) ed è, in definitiva sconfinata in una scelta dettata dall'arbitrio.

4. - Il giudice di primo grado, ancora, ha sostenuto (argomentazione questa che, al pari di quelle riportate nei punti precedenti, è stata oggetto di apposito motivo di appello da parte del Procuratore Generale) che nella fattispecie il parere reso dal Segretario comunale costituisce un mero “atto endoprocedimentale” rientrante solo nella fase preparatoria del procedimento amministrativo, con la conseguenza che, essendo intervenuta dopo l'emissione del detto parere la delibera dell'organo collegiale, a quest'ultima sarebbe ormai unicamente riferibile il danno, il quale invece non sarebbe in un necessario e diretto nesso di causalità col comportamento del Segretario comunale.

4.a - Rileva al riguardo il Collegio, che, anzitutto, anche l'atto endoprocedimentale può avere una sua autonoma rilevanza giuridica. Infatti, esso, senza che si attenda l'atto conclusivo del procedimento, è autonomamente impugnabile ove risulti immediatamente lesivo dell'interesse pretensivo del soggetto.

Inoltre, per quel che concerne propriamente il giudizio di responsabilità amministrativa, ai fini della ricostruzione del processo causale che ha determinato il danno, come esattamente affermato dal P.G. appellante, debbono essere considerati tutti i comportamenti che hanno inciso in detto processo, a prescindere dalla qualificazione giuridica di detti comportamenti ed indipendentemente dalla natura di atto endoprocedimentale o definitorio del procedimento.

L'art. 1 comma 1 ter L. 14 gennaio 1994 n. 20 (come modificata dal D.L. n. 543 del 1996 convertito in L. n. 639 del 1996), nel limitare, da un lato, la responsabilità ai componenti degli organi collegiali che votarono favorevolmente la deliberazione dannosa e nel prevedere, dall'altro, la non estensibilità ai titolari degli organi politici della responsabilità per gli atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi, evidentemente presuppone che in capo a quest'ultimi uffici la responsabilità possa essere ipotizzata.

4. b - Per quel che concerne, in particolare, il Segretario comunale, rilevasi che nella specie la dott.ssa Carrera è stata chiamata in giudizio per aver espresso, “ai sensi dell'art. 53 L. n. 142 del 1990 così come modificato dall'art. 17 comma 85 della L. n. 127 del 1997, il parere sotto il profilo della regolarità tecnico-amministrativa e contabile” sulla deliberazione G.M. n. 29 del 2 aprile 1999.

Dunque, al momento dell'espressione del parere, vigeva la L. 15 maggio 1997 n. 127, la cui portata innovativa, per quanto concerne il punto in esame, è che l'art. 17 commi 85 e 86 ha abolito, in capo al Segretario, sia l'obbligatorietà del parere sulle deliberazioni degli Organi comunali, sia la sua responsabilità per l'attività attuativa delle deliberazioni stesse, Ciò non toglie, comunque e come la Sezione ha già avuto modo di precisare in altra occasione  (cfr. sentenza n. 88 del 17 marzo 2004) - che permanessero in capo al Segretario comunale tutta una serie di compiti ed adempimenti che, lungi dal determinare un'area di deresponsabilizzazione del Segretario, lo impegnavano, invece, ad un corretto svolgimento degli stessi, pena la sua soggezione in ragione del rapporto di servizio instaurato con l'ente locale, all'azione di responsabilità amministrativa, ove di questa ricorressero gli specifici presupposti. Ed è conseguente che, pur dopo la modifica legislativa che ha escluso l'obbligatorietà del parere, la responsabilità del Segretario ben poteva sussistere nell'ipotesi (ricorrente nella fattispecie) che il parere stesso gli fosse stato richiesto ed esso fosse stato formalmente espresso, affermazione, questa, che costituisce l'espressione di un principio generale, operante a prescindere dalla natura obbligatoria o facoltativa del parere dato.

Nella specie, il parere ha avuto una  precisa ed autonoma valenza procedimentale ed un effettivo ruolo causale rispetto al contenuto della delibera, che quel parere ha espressamente richiamato e sul quale si è basata, ritenendo sussistenti i necessari e relativi presupposti giuridico-amministrativi.

Siffatto giudizio - formulato su modalità fortemente anomale di composizione della vicenda ed espresso in evidente contrasto col dettato normativo e con principi di carattere generale, nonché in assenza, nella fattispecie, di concreti ed effettivi motivi di necessità che invece suggerissero il ricorso alla transazione - non può non determinare un comportamento improntato ad inescusabile negligenza, imputabile alla dott.ssa Carrera, tenuta, in ragione della sua funzione, ad informare correttamente l'organo deliberante sul provvedimento da adottare.

5. - Di seguito alle considerazioni di cui sopra, che conducono all'accoglimento dei motivi dell'appello principale, il Collegio procede all'esame dell'appello incidentale “condizionato” della dott.ssa Carrera e lo respinge.

Quest'ultima ha eccepito la nullità delle notificazioni degli atti introduttivi di primo grado (invito a dedurre e successiva citazione in giudizio), oltrechè dello stesso atto di appello, perché effettuate non all'indirizzo di residenza - in Volpiano, via Trento n. 20 - bensì all'indirizzo errato di Volpiano, via Trento n. 22, ove invece abitava la madre - non convivente - dell'interessata.

In proposito, il Collegio - reiterando una precedente posizione della Sezione sull'argomento, cfr. sentenza n. 29 del 2 febbraio 2004 - ritiene condivisibile l'orientamento della Corte di Cassazione (vedansi da ultimo Sez. III, 11 gennaio 2000 n. 187; Sez. II, 28 giugno 2000 n. 8799 e Sez. I 20 dicembre 2002 n. 18141), secondo il quale fra le persone di famiglia del destinatario dell'atto da notificare che, a termini dell'art. 139 comma 2 c.p.c., sono abilitate a riceverlo, devono comprendersi non soltanto i componenti del nucleo familiare  in senso stretto, ma anche gli altri parenti o affini, non legati da un rapporto di stabile convivenza, trattandosi comunque di persone la cui posizione può giustificare la presunzione, in caso di accettazione dell'atto senza esternazione di alcuna riserva, di sollecita consegna dell'atto medesimo al destinatario; a tal fine la consegna alle suddette persone può avvenire non solo se rinvenute nella casa di abitazione del destinatario dell'atto, bensì anche ove siano ritrovate nell'ufficio di questo, senza che per esse sia richiesta la condizione di essere addette alla casa o all'ufficio, come per le persone estranee alla famiglia. Infatti, sempre secondo la Cassazione, ove la consegna dell'atto sia avvenuta a mezzo di persona qualificatasi come familiare del destinatario dell'atto stesso e che abbia sottoscritto la relazione di notifica in cui è qualificato come tale, la presunzione di conoscenza dell'atto da parte del destinatario non può ritenersi superata dalla certificazione anagrafica che non includa il consegnatario nell'elenco delle persone componenti il nucleo familiare del destinatario stesso, atteso che anche sulla  convivenza di fatto  si fonda la presunzione di consegna dell'atto notificato.

6. - Affermata, per quanto sin qui detto, la responsabilità della dott.ssa Carrera, il Collegio conviene con l'affermazione del P.G. appellante, secondo cui nella fattispecie, alla produzione del danno abbiano concorso, oltre alla predetta, i componenti della Giunta comunale che approvarono, all'unanimità la deliberazione n. 29 del 1999, avente, come detto, un carattere marcatamente anomalo e con l'assunzione di determinazione che esulava dal potere discrezionale dei medesimi.

Il comportamento del detto Organo collegiale viene da questo giudice - cui è demandato, nel caso di fatto dannoso causato da più persone, il compito di precisare le “singole responsabilità” (art. 1 comma 1 quater L. 20 del 1994) - tenuto presente ai fini della valutazione della posizione della dott.ssa Carrera e quindi dell'individuazione della sua personale responsabilità, con conseguente determinazione del quantum di danno alla stessa addebitabile. Quantum che il Collegio, in sede di valutazione in via equitativa, determina in euro 1.000 (mille), comprensiva di rivalutazione monetaria e da maggiorarsi con gli interessi legali, dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al soddisfo.

Restano a carico della Carrera anche le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

la Corte dei Conti, Sezione Seconda giurisdizionale centrale, definitivamente pronunciando e disattesa ogni altra domanda, deduzione od eccezione

1)          ACCOGLIE l'appello proposto dal Procuratore Generale nei confronti della dott.ssa Daniela CARRERA,

2)          RESPINGE l'appello incidentale di quest'ultima

avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale di questa Corte dei conti per il Piemonte n. 1343/01 emessa il 14 novembre 2001 e depositata il 9 dicembre 2001, e, per l'effetto, CONDANNA la medesima Carrera al pagamento in favore del Comune di Germagnano della somma di euro 1.000 (mille/00) comprensivi di rivalutazione monetaria e da maggiorarsi con gli interessi, come precisato in parte motiva.

CONDANNA altresì la Carrera al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio; che, per quanto sin qui maturate, si liquidano in euro 407,41------------------------------------------------

(quattrocentosette/41).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 27 aprile 2004.

L' Estensore                                                     Il Presidente

F.to Gabriele De Sanctis                F.to Tommaso de Pascalis

Depositata in Segreteria il 23 GIU. 2004

Il Direttore della Segreteria

F.to Mario Francioni