REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE

Composta dai seguenti Magistrati:

dr.Gabriele De Sanctis             Presidente   

dr.Mario Casaccia          Consigliere

dr.Camillo Longoni                  Consigliere Relatore

dr.Giovanni Piscitelli                Consigliere

dr.Stefano Imperiali                  Consigliere

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nei giudizi di responsabilità amministrativa iscritti ai nn. 15306 e 15309 del Registro di Segreteria, e promossi, con distinti atti d'appello depositati il 26.02.2002 dai sigg. DIMA Lucio e POTI' Damiano, entrambi rappresentati e difesi dall'avv. Ida Maria Dentamaro, avverso la sentenza n. 1135/EL/01 del 17.10/4.12.2001 della Sezione Giurisdizionale per la Regione Puglia;

         Visti i predetti atti d'appello;

         Vista la sentenza impugnata;

         Viste le conclusioni della Procura Generale;

         Visti gli altri atti e documenti di causa;

Uditi, all'udienza pubblica del 10 giugno 2004, il relatore consigliere Camillo Longoni l'avv. Ida Maria Dentamaro e il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale Cinthia Pinotti;

         Ritenuto in

F A T T O

Con sentenza n. 1135/EL/01 del 17.10/4.12.2001 la Sezione giurisdizionale per la Puglia condannava i sigg. Potì Damiano Cosimo e Dima Lucio al pagamento, in favore del Comune di  Melendugno, della somma di £.70.000.000 ciascuno, oltre interessi legali e spese processuali, per avere gli stessi (nella qualità rispettivamente di sindaco e assessore al bilancio di quel Comune) causato danno erariale costituito dagli interessi moratori conseguenti a debiti pregressi di cui a fatture emesse dall'ENEL per la fornitura di energia elettrica non pagate dall'Ente locale per gli anni 1986, 1987 e 1988. In particolare la responsabilità del danno è stata ad essi addossata perché gli stessi non si sarebbero preoccupati di assicurare il rispetto del principio di pareggio del bilancio.

         Avverso la menzionata sentenza entrambi i soccombenti rappresentati e difesi dall'avv. Ida Dentamaro, hanno proposto appello con distinti atti depositati il 26.3.2002.

         Il Dima prospetta le seguenti censure:

         a - inammissibilità della domanda introduttiva del giudizio nella considerazione che essa è stata emessa a seguito di autorizzazione alla proroga delle indagini ex art. 5 della legge n. 19 del 1994; proroga concessa in violazione del principio del contraddittorio e, quindi, del diritto di difesa costituzionalmente garantito. L'appellante propone al riguardo questione pregiudiziale di costituzionalità di tale norma, come sostituita dalla legge n. 639 del 1996, per violazione degli artt.24 e 111 della Costituzione;

         b - prescrizione dell'azione risarcitoria. L'appellante  ripropone la questione già eccepita in primo grado. Secondo l'appellante il termine iniziale della prescrizione andrebbe individuato nella data del 3 luglio 1989, allorché il Comune con la deliberazione consiliare n. 116 operò il riconoscimento dei propri debiti nei confronti dell'ENEL; il che determinerebbe la tardività della costituzione in mora (notificata nell'aprile 1995) dei convenuti e, quindi, dell'atto di citazione.

         c - inesistenza del nesso di causalità e dell'elemento psicologico. Sostiene l'appellante di non aver mai ricoperto la carica di assessore al bilancio, ma di aver solo curato - aderendo all'invito verbale del sindaco - la relazione programmatica relativa al bilancio 1989. Peraltro, la situazione debitoria nei confronti dell'ENEL trova la sua origine già nel 1984 e cioè ancor prima che si fosse insediata la Giunta Comunale di cui egli faceva parte. Infine, non può essere imputato al Dima alcun comportamento gravemente colposo nel mancato reperimento delle risorse necessarie al finanziamento dei debiti in parola, attesa la riconosciuta presenza delle difficoltà finanziarie del Comune nel periodo 1984-1990.

         d - omessa considerazione dei vantaggi conseguiti dall'Amministrazione dal pagamento delle fatture insolute pregresse a quelle relative al periodo in contestazione 1986-88. Si sarebbe, in buona sostanza, evitato l'ulteriore esponenziale aumento degli oneri a titolo di interessi moratori, che avrebbe sicuramente determinato il dissesto dell'ente locale.

         Il Potì ripropone le stesse censure prospettate dal Dima. Egli avanza, inoltre la richiesta di un più ampio esercizio del potere riduttivo del danno.

         Con atto depositato l'8.7.2002 il Procuratore Generale ha rassegnato le sue controdeduzioni, chiedendo la reiezione degli appelli, previa loro riunione, e la conferma della sentenza impugnata.

         Osserva il Requirente:

         Sub a - Quanto all'eccezione relativa al mancato interpello del convenuto sulla proroga delle indagini, essa sarebbe inammissibile ai sensi dell'art. 345 c.p.c. essendo stata proposta per la prima volta in appello. Il Requirente richiama, peraltro, l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo cui le garanzie del contraddittorio, riguardando esse gli atti processuali, non trovano ingresso nella fase preprocessuale, ossia nella fase, antecedente l'emissione dell'atto di citazione; sicché nessuna censura merita il fatto che il Procuratore Generale non abbia previamente notificato la richiesta di autorizzazione di proroga delle indagini.

         Per le stesse ragioni è manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità proposta, sul punto, dagli appellanti.

         sub b - In ordine alla eccepita prescrizione, il Requirente pone in rilievo, che, pur essendo il debito nei confronti dell'ENEL divenuto certo, liquido ed esigibile nel luglio 1989, con la successiva deliberazione consiliare n. 82 del 1991 è intervenuto un nuovo riconoscimento del debito in parola con conseguente interruzione della prescrizione.

         sub c - Risulta dagli atti processuali che il Dima ha svolto in occasione del riconoscimento dei debiti verso l'ENEL le funzioni proprie della carica di assessore al bilancio. E' proprio siffatta diretta partecipazione al lavoro ricognitivo dei debiti esistenti e delle misure idonee alla loro estinzione che qualifica la condotta del Dima come gravemente colposa. Nessuna giustificazione di tale riprovevole comportamento - prosegue il Requirente - può ravvisarsi nelle addotte difficoltà finanziarie in cui si dibatteva il Comune nel periodo 1985-1990; difficoltà che, peraltro, sono state tenute presenti dal primo giudice in sede di riduzione del danno posto a carico dei soccombenti.

         sub c -Quanto ai pretesi vantaggi conseguiti nella vicenda dall'Amministrazione comunale, la censura appare generica. Tuttavia, nella fattispecie non è dato ravvisare un vero e proprio arricchimento dell'Amministrazione.

         Circa, poi, la invocata riduzione dell'addebito la relativa richiesta non tiene conto del fatto che il primo giudice ha già congruamente attenuato la responsabilità dell'appellante in relazione alle valutate difficoltà finanziarie in cui il Comune versava nel periodo in contestazione.

         Entrambi gli appellanti hanno depositato memorie aggiuntive in data 19.5.2004.

         In particolare, si ribadisce che il Dima all'epoca dei fatti (1986-88) non ricopriva l'incarico di Assessore al Bilancio. E' solo la stesura della Relazione al bilancio 1989 l'unica attività svolta dal Dima in materia di Bilancio; il Dima, peraltro, a motivo di una lunga convalescenza, negli anni 1987-1988 è risultato pre-ssoché assente dall'attività pubblica.

         Devesi, pertanto, escludere per il Dima ogni responsabilità per difetto di nesso causale.

         Entrambi gli appellanti pongono in evidenza l'impossibilità oggettiva per gli amministratori in carica negli anni 1985-1990 di ripianare il debito pregresso nei confronti dell'ENEL e, contestualmente, di saldare le fatture relative al consumo ordinario alle dovute scadenze. Sicché si era ritenuto opportuno ed economicamente più vantaggioso sanare la situazione debitoria pregressa.

         Il periodo di difficoltà finanziaria è stato superato solo nel 1993 a seguito dell'introduzione dell'ICI.

         La posizione degli attuali appellanti era del tutto identico a quella dei componenti della Giunta Municipale insediatasi nel luglio 1990 per i quali la sentenza impugnata non ha ravvisato alcun profilo di responsabilità.

         La difesa conclude insistendo sulle richieste di cui agli atti d'appello e cioè: declaratoria di nullità della sentenza impugnata; declaratoria di intervenuta prescrizione; assoluzione per inesistenza del nesso causale e della colpa grave; esercizio più ampio del potere riduttivo, tenendo conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione e della Comunità amministrata.

All'udienza dibattimentale hanno preso parte l'avv. Dentamaro e il Pubblico Ministero, i quali hanno ribadito le rispettive argomentazioni e conclusioni.

Considerato in

   D I R I T T O

         Gli appelli, essendo entrambi proposti avverso la medesima sentenza, vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c. per essere decisi in uno stesso giudizio.

         Deve essere, in primis, esaminata la questione preliminare di inammissibilità della domanda introduttiva della lite.

         La relativa eccezione è legata alla circostanza che l'istanza di proroga delle indagini ex art. 5 della legge n. 19 del 1994 non era stata notificata alle parti, poi convenute; sicché ne sarebbe rimasto violato il principio costituzionale del contraddittorio, ossia in particolare del diritto di difesa garantito dagli artt. 24 e 111 della Costituzione.

         In disparte la considerazione che l'eccezione in parola, non essendo stata proposta in primo grado, incontrerebbe la preclusione di cui all'art.  345 c.p.c., il Collegio osserva che  le invocate garanzie del contraddittorio attengono al rapporto processuale strictu iure che ha inizio con l'emissione dell'atto di citazione. Conseguentemente, le garanzie del contraddittorio non trovano applicazione nella fase preprocessuale, in cui ricade la valutazione dell'opportunità di prolungamento delle indagini:. In tal senso si è espressa la prevalente giurisprudenza di questa Corte ( cfr. SS.RR. n. 27/Q01 del 7.12.1999; Sez. II Centrale n. 243/A del 10.7.2001 e Sez. III centrale n. 133 del 10.4.2000). Pertanto, in conformità all'avviso della Procura Generale resistente, l'eccezione in parola devesi ritenere infondata.

         Inoltre, per le medesime considerazioni sopra svolte, l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 5 della legge n. 19 del 1994 - sollevata dalla difesa degli appellanti per il caso si ritenesse non necessaria la notifica alla controparte della richiesta  di proroga delle indagini - appare manifestamente infondata.

         Passando all'esame del merito, devesi preliminarmente affrontare l'eccezione di prescrizione dell'azione, già prospettata in primo grado e reiterata in questa sede.

         Secondo gli appellanti, l'excursus prescrittivo decorrerebbe dal 3 luglio 1989, epoca in cui il Comune con la deliberazione del Consiglio n. 116 ebbe a riconoscere i propri debiti nei confronti dell'ENEL. Ne conseguirebbe la tardività sia della costituzione in mora dei convenuti, ora appellanti, operata dal Comune nell'aprile 1995 sia dell'atto introduttivo del giudizio.

Anche la predetta eccezione è palesemente infondata. Infatti, come osserva correttamente il Requirente, se è vero che il danno a carico del Comune per interessi moratori determinati da debiti pregressi nei confronti dell'ENEL è divenuto certo, liquido ed esigibile nel luglio 1989, è pur vero che con la successiva deliberazione consiliare n. 82 del 9 luglio 1991 si è verificato un riconoscimento dei predetti debiti da parte dello stesso Comune a favore dell'ENEL. Tale riconoscimento costituisce, ai sensi dell'art. 2944 c.c., una valida causa interruttiva della prescrizione della presente azione risarcitoria, conferendo piena efficacia operativa all'atto di costituzione in mora promosso dal Comune nell'aprile 1995.

         Ne consegue che l'atto introduttivo del giudizio deve considerarsi valido e tempestivo.

         Accertata la tempestività della domanda attrice, il problema centrale della vicenda è dato dalla ravvisabilità o meno nel comportamento degli appellanti della causa determinante del danno erariale, che, costituito dagli interessi moratori per debiti pregressi nei confronti dell'ENEL, è fuori discussione nella sua entità ontologica.

         Al riguardo, il Collegio ritiene che non possa, anzitutto, prescindersi ai fini del decidere, dalle seguenti circostanze, evidenziate, peraltro, dalla stessa sentenza impugnata.

         1 - il Comune di Melendugno tra il 1985 e 1990 attraversò un periodo di “difficoltà finanziaria, caratterizzato dalla ristrettezza dei mezzi finanziari a disposizione, con i quali far fronte alle spese correnti, tra le quali le spese relative alla fornitura di energia elettrica”;

2 - lo stesso Comune “ con deliberazione di G.M. n. 392 del 13.10.1986 riconosceva debiti fuori bilancio per l'ammontare di £ 1.338.835.762, tra i quali, al primo punto, era indicata una debitoria pregressa nei confronti dell'ENEL per l'importo di £ 891.055.958”.

3 - gli accertamenti istruttori disposti dal giudice di prime cure “ hanno consentito di escludere che gli amministratori abbiano operato in attuazione di un preciso disegno volto a privilegiare altre spese”.

         E' convincimento del Collegio che tali circostanze danno immediata contezza dell'impossibilità oggettiva per gli amministratori in carica negli anni 1985/1990 di ripianare il debito pregresso nei confronti dell'ENEL e, contestualmente, di saldare allo stesso ente le fatture relative al consumo ordinario alle debite scadenze.

         Peraltro, va evidenziato che la situazione debitoria nei confronti della Società erogatrice dell'energia trova la sua origine già nel 1984, cioè anteriormente all'insediamento della Giunta Potì, la quale si è trovata, quindi, ad operare a fronte di una pesante situazione finanziaria ereditata dalle precedenti amministrazioni.

         Risulta, inoltre, che gli attuali appellanti si sono adoperati concretamente per fronteggiare la situazione sudescritta posto che le somme recuperate apparivano chiaramente insufficienti a coprire i debiti pregressi ed a saldare le fatture più recenti. Infatti, sono state avanzate richieste di finanziamenti statali; si è proceduto alla rateizzazione del debito nei confronti dell'ENEL, alla alienazione di beni immobili comunali nonché ad economie di spesa; si è dato avvio ad un capillare recupero di tasse e imposte comunali e alla gestione diretta degli impianti “ a contatore”.

         Al cospetto del quadro di riferimento sudelineato, non è agevole sostenere che il mancato conseguimento del pareggio di bilancio addebitato agli appellanti sia diretta conseguenza di un comportamento inerte o negligente degli stessi. Questi si sono, invero, trovati ad operare - è bene ribadirlo- in una situazione finanziaria del Comune oggettivamente difficile, ereditata da precedenti amministratori e, ciononostante, essi non hanno mancato di attivarsi concretamente per farvi fronte. Inoltre, per quanto riguarda il Dima, non può non rilevarsi che egli non è stato mai Assessore al Bilancio. Egli fu incaricato in via eccezionale di redigere la relazione programmatica di bilancio nella seduta consiliare del 3.7.1989; ma da tale circostanza non possono trarsi elementi di grave colpevolezza a suo carico in ordine alla mancata adozione di provvedimenti idonei ad assicurare il rispetto del principio del pareggio di bilancio.

         Infine, devesi convenire che appare ingiustificata la discrasia operata nei confronti dei soggetti originariamente convenuti nel giudizio de quo: condanna solo per il sindaco e l'assessore al Bilancio e assoluzione per gli altri componenti la Giunta, incombendo anche su costoro il dovere di assicurare il rispetto del principio del pareggio del bilancio.

         Nella logica delle riflessioni sudelineate il Collegio ritiene di non ravvisare nel comportamento degli appellanti, Potì e Dima quella disinvolta obliterazione dei doveri del “buon amministratore”, nel che consiste la gravità della colpa”. Essi, pertanto, in riforma della sentenza impugnata, devono essere prosciolti dalla domanda attrice per difetto di colpa grave.

         Sussistono validi motivi per compensare tra le parti le spese di questo e del primo grado del giudizio.

P. Q. M.

         La Corte dei Conti, Sezione II giurisdizionale centrale, ogni contraria istanza eccezione e difesa reietta, previa loro riunione accoglie gli appelli proposti dai sigg. Potì Damiano Cosimo e Dima Lucio avverso la sentenza, n. 1135/EL/01 del 17.10/4.12.2001 della Sezione giurisdizionale per la Puglia e, per l'effetto, annulla la predetta sentenza e proscioglie per difetto di colpa grave i summenzionati sigg. Potì e Dima dalla domanda attrice.

         Compensa tra le parti le spese del 1°e 2° grado del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 10 giugno 2004.

         L'Estensore                    Il Presidente

F.to Camillo Longoni               F.to Gabriele De Sanctis

Depositato nella Segreteria il 18 OTT. 2004

Il Direttore della Segreteria

F.to Mario Francioni