REPUBBLICA ITALIANA sent.
488/2004
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
TERZA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE
composta dai seguenti
magistrati:
Dr. Gaetano PELLEGRINO Presidente
Dr. Silvio AULISI Consigliere relatore
Dr. Enzo ROTOLO Consigliere
Dr. Amedeo ROZERA Consigliere
Dr. Salvatore NICOLELLA Consigliere
ha pronunciato la seguente
sul ricorso in revocazione iscritto
al n. 18756 del registro di Segreteria proposto dal Prof. D'ANCONA
Antonio rappresentato e difeso dagli Avvocati Giorgio Orsoni e Giulio Correale;
l'Istituto Nazionale di
Previdenza per i Dipendenti dell'Amministrazione Pubblica (I.N.P.D.A.P.);
la sentenza n. 377/03 di
questa Terza Sezione Giurisdizionale Centrale depositata in data 10.09.2003.
VISTA la sentenza appellata resa
tra le parti del presente giudizio;
VISTO il ricorso in revocazione
notificato il 16.10.2003 e depositato il 28.10.2003;
VISTI gli altri atti e documenti
di causa;
UDITI alla pubblica udienza del
14.07.2004, con l'assistenza del Segretario Signora Bianco Lucia, il
consigliere relatore Silvio Aulisi, l'Avvocato Giorgio Orsoni per parte appellante,
la dottoressa Maria Maddalena Morino per il Comune di Venezia e la dottoressa
M. Carmela Viola per l'I.N.P.D.A.P.
Ritenuto in
Con sentenza n. 802/02,
depositata il 07.08.2002, la Sezione Giurisdizionale per la Regione Veneto
respingeva il ricorso proposto dal Prof. D'Ancona Antonio avverso la Nota
dell'11.10.2000 con la quale l'I.N.P.D.A.P., sede di Venezia, aveva
rappresentato allo stesso l'impossibilità di disporre la di lui continuazione
dell'iscrizione all'I.N.P.D.A.P. non potendo applicarsi nei suoi confronti
quanto disposto dall'articolo 5 della legge n. 274 del 1991.
Risulta agli atti che il
prof. D'Ancona - Segretario Generale del Comune di Venezia e come tale iscritto
all'I.N.P.D.A.P. - cessava da tale incarico in data 31.12.1995,
(in pensione per limiti di età secondo la Nota dell'11.10.200
dell'I.N.P.D.A.P.; per dimissioni volontarie secondo parte appellante) per
assumere dal 01.01.1996 (dal 22.12.1995 secondo parte appellante) la carica di
amministratore delegato e direttore generale della S.p.A. “Casinò di Venezia”,
già gestito in economia dal Comune di Venezia e poi trasformato, ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 142
del 08.06.1990, in S.P.A. dal 01.01.1996 (delibera n. 22 del 06/07.02.1995).
Il rigetto del ricorso conseguiva
all'aver ritenuto l'adito Giudice territoriale che quanto disposto dalla
lettera “B” dell'articolo 5 della legge n. 724 del 1991 (disciplinante
l'iscrizione previdenziale dei dipendenti di enti pubblici transitati in
società private per effetto di legge, regolamento o convenzione) non poteva
applicarsi al prof. D'Ancona in quanto “il precedente rapporto di lavoro era
di dipendenza a tempo indeterminato dalla pubblica amministrazione” mentre “il nuovo rapporto era stato
stipulato con una s.p.a. sia pure partecipata al 95% dal Comune, ma a struttura
privatistica”; in quanto “le funzioni di Segretario generale del Comune (già
svolte dal D'Ancona) e quelle di direttore della s.p.a. (poi assunte
dallo stesso D'Ancona) non erano affatto assimilabile” e in quanto, in
conclusione, veniva a trattarsi di “nuovo rapporto di lavoro e non di
continuazione del precedente, per di più con funzioni parzialmente diverse da
quelle precedentemente svolte”.
Avverso la sentenza di
primo grado proponeva appello il D'Ancona i cui difensori - ricordato che
questi con nota del 21.03.1996 aveva rappresentato all'I.N.P.D.A.P. di voler
optare per il mantenimento dell'iscrizione alla cassa pensione degli istituti
di previdenza data la “continuità funzionale e temporale intercorrente fra
le mansioni di segretario generale del Comune e quelle di direttore generale
del casinò municipale” e che, di contro, l'I.N.P.D.A.P. si era espresso per
la legittimità dell'iscrizione all'I.N.P.D.A.I. in quanto il D'Ancona risultava
assunto dal “Casinò di Venezia quando questo aveva perso la natura di ente
pubblico” - ne censuravano l'erroneità osservando: a) in ordine
all'interpretazione dell'articolo 5, lettera B, della legge n. 274 del 1991,
che i principi giurisprudenziali in materia (Cassazione, Sez. lavoro, n. 1744 del 2000) e la stessa ratio della
norma rendevano la stessa applicabile alla fattispecie; b) in ordine alla
continuità degli incarichi e alla assimilabilità delle funzioni, che la
documentazione esistente certificava la mancanza di qualsiasi interruzione tra
i due servizi (addirittura accavallatesi); c) in ordine alla natura della
Società Casinò Municipale di Venezia S.p.A., che questa non rilevava ai fini
della fondatezza dell'opzione esercitata.
Conclusivamente veniva
chiesto che, in riforma dell'appellata sentenza, volesse riconoscere il diritto
del D'Ancona al mantenimento dell'iscrizione all'I.N.P.D.A.P. e, quindi, la
rideterminazione del trattamento di riposo a far data dal 01.01.1999 con
ricongiunzione dei periodi di contribuzione.
Con successiva memoria
depositata il 18.02.2003 i difensori di parte appellante - dopo aver nuovamente
ed ampiamente ripercorso le tappe della vicenda - ribadivano le argomentazioni
a sostegno di una interpretazione della norma in questione in senso favorevole
alla domanda del D'Ancona sottolineando, in particolare, l'incongruenza che
sarebbe derivata dall'aver ritenuto la norma applicabile ai “croupiers” nei
riguardi dei quali erano presenti gli stessi presupposti (precedente
rapporto con una pubblica amministrazione; fine del rapporto di lavoro con una
pubblica amministrazione; inizio nuovo rapporto con la società privata) e
non anche nei confronti del D'Ancona pur in presenza degli stessi presupposti.
Nel giudizio di appello
l'I.N.P.D.A.P. osservava, di contro, che la norma in discussione poteva trovare
applicazione solo nei confronti di chi “assunto presso un ente pubblico per
svolgere determinate funzioni, si trovi in guisa quasi automatica, e senza la
necessità di manifestare la propria volontà, a svolgere le medesime funzioni
presso una società privata alla quale norme di legge o regolamento o
convenzioni abbiano attribuito le funzioni e le competenze prima esercitate
dall'ente pubblico stesso”. Contestate, quindi, tutte le argomentazioni
svolte nell'atto di appello, l'I.N.P.D.A.P.
chiedeva il rigetto del gravame.
In sede di discussione
orale il difensore di parte appellante, premessa la lettura della lettera “B”
dell'articolo 5 della legge n. 274 del 1991 alla luce dei relativi atti
parlamentari, ribadiva: - che “l'identità di funzioni” (cui viene fatto
riferimento nella norma) attiene solo all'Ente e alla successiva società di
diritto privato; - che il “titolo” del trasferimento poteva rapportarsi anche ad
un atto amministrativo; - che nessuna interruzione (ed anzi un accavallamento)
vi era stato tra la funzione (l'incarico) di Segretario generale del Comune
prima e di Direttore generale della S.p.A. dopo; - che non rilevava la
circostanza che la nomina a Direttore generale della S.p.A. conseguiva ad un
deliberato del C.d.A. della società stessa.
Da parte sua il
rappresentante di parte appellata - dopo aver ribadito che nella specie
trattasi di due enti distinti - affermava non potersi parlare di transito e che,
comunque, la norma in discussione poteva applicarsi solo al personale già in
servizio presso il “Casinò” (quale prima gestito in economia dal Comune)
transitato nell'organico della nuova società.
Con la sentenza ora gravata
in revocazione questa Terza Sezione Giurisdizionale Centrale -
dopo aver precisato che la questione riguardava l'applicabilità o meno
del disposto di cui alla lettera “B” dell'articolo 5 della legge n. 274 del
1991 nei riguardi di un soggetto che fino al 31.12.1995 rivestiva la carica di
Segretario generale del Comune di Venezia (che, come è noto, fino a quel
momento gestiva in economia il “Casinò municipale”) e che dal 01.01.1996 era
venuto a rivestire la carica di Direttore generale della S.p.A. “Casinò di
Venezia” nata dalla “trasformazione” (ai sensi della legge n. 142 del 1990)
della precedente gestione in economia - motivava il rigetto dell'atto di
appello nei seguenti termini:
“ritiene il Collegio che
per risolvere la detta questione sia di fondamentale importanza, per la successiva
corretta applicazione della lettera “B” dell'articolo 5 in questione, ricordare
che - una volta previsto dalla legge n. 241 del 1990, al fine evidente di
evitare qualsiasi commistione, il trasferimento di attività di carattere
imprenditoriale gestite in economia da Amministrazioni pubbliche in società di diritto privato, anche se a
capitale pubblico - il legislatore
(successivo) non poteva non
disciplinare, sotto il profilo previdenziale, la “sorte” del personale che per effetto di
tale “separazione” si trovava a perdere il “titolo” di pubblico dipendente per
inserirsi nell'organico della nuova società di diritto privato. E ciò ha fatto
dando al detto personale la facoltà di chiedere il mantenimento del precedente
regime previdenziale (quello gestito dalla CPDEL poi confluita
nell'I.N.P.D.A.P.).
Partendo da questa premessa
di “fondo” - sulla quale anche le parti in causa implicitamente concordano
- la successiva “indagine” non può che
essere quella di individuare in modo tassativo quali sono (erano) i soggetti
che di tale “facoltà” possono (potevano) beneficiare.
E ad avviso del Collegio
questi soggetti vanno individuati unicamente in quei dipendenti (dell'ente
territoriale Comune di Venezia) che, per essere inseriti nell'organigramma
della preesistente gestione, non potevano non transitare nel nuovo ente
societario pena la perdita del posto di lavoro in quella specifica “struttura”
gestionale.
Sicché, di sicuro, questi
soggetti non possono essere individuati in quei dipendenti comunali che, fuori
dell'organigramma, potevano ben avere a che fare con la precedente gestione del
casinò municipale, in quanto deputati a meri compiti (ma pur sempre a rilevanza
pubblicistica) di “controllo” o di “indirizzo” sull'attività
gestionale ad altri affidata.
Questi soggetti non
potevano ovviamente essere interessati all'operazione di trasformazione della
gestione in economia in una società a carattere privato nella quale non erano,
ovviamente, costretti ad “emigrare” e, quindi, a maggior ragione, non potevano essere
destinatari della facoltà di opzione di cui si discute.
E fra questi soggetti non
può non comprendersi lo stesso Prof. D'Ancona in quanto anch'esso - seppur
deputato, quale massimo esponente della struttura amministrativa del Comune, a
svolgere la funzione di alta vigilanza sulla (precedente) gestione in economia
del casinò - di tale gestione non
faceva parte. E per non aver fatto parte dell'organico di detta gestione lo
stesso non si è trovato tra il personale “automaticamente” inserito nella nuova
struttura societaria privata nella quale è transitato unicamente per effetto di
una sua scelta personale.
Alla luce delle
considerazioni che precedono le espressioni letterali contenute nella norma di
cui si discute non possono giammai essere interpretate nel senso di far
ritenere che “qualsiasi” trasferimento (e quindi anche quello “non
necessitato”) tra Ente locale e nuova società sia tale da consentire il
perdurare dell'iscrizione nella (attuale) gestione previdenziale
dell'I.N.P.D.A.P.
Dando applicazione dei
suddetti principi
è di tutta evidenza che, in disparte qualsiasi considerazione in ordine
alla natura dei due Enti (nella specie un Comune ed una Società per azione
anche se a partecipazione pubblica), la pretesa del Prof. D'Ancona non possa
essere accolta”.
La sentenza n. 377/03 di
questa Sezione Giurisdizionale è stata, ora, gravata in revocazione dal Prof.
D'Ancona (del ricorso sono stati “notiziati” anche il Comune di Venezia ed il
Casinò municipale di Venezia S.p.A.) i difensori del quale, dopo aver precisato
che l'omessa valutazione della documentazione processuale integra quella falsa
percezione della realtà che ai sensi dell'articolo 395, n. 4, del c.p.c. legittima la proposizione del ricorso
in revocazione, addossano alla sentenza
svariati profili di erroneità e in particolare: - l'omessa lettura degli atti
parlamentari che hanno accompagnato la formulazione dell'articolo 5 della legge
n. 274 del 1999; - l'omessa valutazione della circostanza che il transito del
prof. D'Ancona alla direzione del Casinò non conseguiva ad una scelta personale
dell'interessato ma ad una scelta imposta dal Sindaco e dalla Giunta di
Venezia; - l'inesistenza negli atti di causa di documenti in ordine ad un
asserito organigramma o organico cui aveva fatto riferimento la sentenza di
appello; - l'essere stato supportato da affermazioni false dell'INPDAP il
ragionamento fatto dal Giudice per negare il diritto di opzione.
Con successiva memoria
depositata il i difensori del Prof. D'Ancona hanno ulteriormente illustrato gli
“errori” di fatto nel quale sarebbe incorso questo Giudice di appello.
Con memoria depositata il
18.06.2004 si è costituito in giudizio l'I.N.P.D.A.P. che ribadendo l'assunto
che il disposto normativo in questione poteva trovare applicazione solo nei
confronti del dipendenti comunali obbligatoriamente transitati nella nuova
S.P.A., ha chiesto in via principale che il ricorso venga dichiarato
inammissibile e, in subordine, che lo stesso venga respinto.
Con memoria depositata il
22.06.2003 si è costituito in giudizio il Comune di Venezia chiedendo, di
contro, l'accoglimento del ricorso nell'esenziale considerazione che il
transito del Prof. D'Ancona era stato voluto dall'Amministrazione comunale nel
senso che il predetto D'Ancona non poteva che “ubbidire” e transitare nella
nuova Società.
All'odierna pubblica
udienza il difensore di parte ricorrente ed i rappresentanti del Comune di
Venezia e dell'I.N.P.D.A.P. hanno così concluso.
L'Avvocato Orsoni ha
ribadito che il prof. D'Ancona doveva ritenersi già inquadrato nella gestione
del Casinò del quale curava la gestione, non quale Segretario generale del
Comune, ma con distinto rapporto di lavoro come, del resto, dimostravano le
indennità da lui percepite per tale diverso aggiuntivo “lavoro”; e che,
comunque, il passaggio nella neocostituita
S.P.A. era avvenuto, non per libera scelta, ma per effetto di disposizione del Sindaco e della Giunta
Comunale come ben poteva evincersi dalla “lettera” del 13.12.1995 inviata dal
Sindaco al prof. D'Ancona, documento da ritenersi risolutivo, ma che questo
Giudice di appello avrebbe omesso di prendere in considerazione. La dottoressa Morino ha svolto anch'essa
analoghe considerazioni aggiungendo: che per assolvere alle funzioni
dirigenziali si era fatto ricorso a dirigenti del Comune; che gli ispettori
comunali con contratto pubblicistico erano rimasti dipendenti comunali; che per
chi aveva un contratto privatistico il passaggio era stato automatico. La dottoressa
Viola ha confermato le conclusioni svolte nella memoria scritta confermando le
conclusioni di inammissibilità del ricorso ivi rassegnate.
Considerato in
DIRITTO
Il ricorso in revocazione
deve essere dichiarato inammissibile.
E deve essere dichiarato
inammissibile in quanto, pur potendosi convenire con il principio affermato dai
difensori di parte ricorrente in ordine alla sussunzione come errore di fatto
dell'omessa valutazione, ove effettivamente avvenuta, della documentazione
processuale, è di tutta evidenza, come del resto è ampiamente emerso in sede di
discussione orale, che il “motivo” di fondo per il quale è stata richiesta la
revocazione della sentenza non viene individuato tanto dall'omessa presa in
considerazione in se e per se della
“lettera” del Sindaco di Venezia al prof. D'Ancona, quanto dall'errore in
merito al “valore” da dare a tale “lettera”.
Ma se in ciò consiste il
principale motivo di revocazione (in ordine agli altri si rinvia al proseguo) è
facile replicare all'assunto della difesa del ricorrente che il contenuto
“legale” di tale “lettera” si risolve in un mero “invito” al prof. D'Ancona ad
assumere la direzione della neosorta S.P.A.
E che il contenuto di tale
“lettera” non poteva che essere quello appena indicato è di tutta evidenza ove
solo ponga attenzione al fatto che un segretario comunale (nella specie un
segretario generale data la classe del Comune in questione) non poteva essere
“privato” del suo ufficio, non competendo tale potere né al Sindaco, né alla
stessa Giunta comunale, data la dipendenza organica e gerarchica dei segretari
comunali dal solo Ministero dell'Interno (con il Comune il Segretario comunale
assume, infatti, una sola dipendenza funzionale).
Come, del resto, ben
conosciuto dal Sindaco di Venezia che, non a caso, aveva avuto cura di
“barrare” il simbolo del Comune dalla “lettera” e di concludere la stessa con
un mero (anche se pressante) “invito” e non altro.
Gli altri motivi di
revocazione devono considerarsi ancor meno condivisibili in quanto gli atti
parlamentari (di cui si lamenta l'omessa presa in considerazione) che avevano
accompagnato la formulazione del disposto cui viene fatto riferimento, non sono stati ritenuti a suo tempo (e per
quanto possa ora valere non vengono ritenuti neanche ora) tali da attribuire
alla norma di cui è stata fatta applicazione un significato diverso da quello
attribuito da questo Giudice di appello nella sentenza di cui è stata chiesta
la revocazione e in quanto il riferimento al termine “organigramma” usato nella
stessa sentenza non aveva altro significato che quello di ulteriormente
ribadire il concetto che solo determinati dipendenti si erano trovati soggetti
a transitare nella nuova struttura societaria.
Si deve confermare,
pertanto, l'inammissibilità del ricorso.
Le spese del presente
giudizio possono essere compensate.
la Corte dei conti, Terza
Sezione Giurisdizionale Centrale, definitivamente pronunciando, dichiara
inammissibile il ricorso in revocazione proposto dal prof. D'Ancona Antonio
avverso la sentenza in epigrafe.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 luglio 2004.
L'ESTENSORE IL
PRESIDENTE
f.to Silvio Aulisi f.to Gaetano Pellegrino
Depositata in Segreteria il giorno 15 settembre 2004
IL DIRETTORE DI CANCELLERIA
f.to Sandro Italia