REPUBBLICA ITALIANA    N.6565/04REG.DEC.

         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO    N. 3388 REG.RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,  Sezione Quinta          ANNO  2003

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul ricorso n. 3388/03 R.G. proposto da “La Selva di A. Muzi & C. s.a.s.”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Arturo Cancrini e Pierluigi Piselli, ed elettivamente domiciliata nel loro studio, in Roma, Via Giuseppe Mercalli n. 13;

CONTRO

- Regione Umbria, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Fulco Ruffo, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Goffredo Gobbi, in Roma, Via Maria Cristina n. 8;

PER L'ANNULLAMENTO

Della sentenza resa dal T.A.R. per l’Umbria, Perugia, n. 94/2003, pubblicata in data 18.2.2003.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Umbria;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie conclusioni;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il Consigliere Michele Corradino;

Uditi alla pubblica udienza del 27.1.2004 i difensori delle parti come da relativo verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

Con sentenza n. 94 del 18.2.2003 il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, Perugia, rigettava il ricorso con cui “La Selva di A. Muzi & C. s.a.s.” chiedeva l’annullamento della determinazione del 12 agosto 2002, prot. 17763/IA, del Direttore Regionale alle Politiche Territoriali Ambiente e Infrastrutture della Regione Umbria, delle note dell’Amministrazione Regionale dell’Umbria, a firma del Dirigente del Servizio Programmi per l’assetto del Territorio, dell’11 settembre 2002, prot. N. 13596/U, e dell’11 ottobre 2002, prot. N. 15390/IV, nonché della nota della stessa Regione sottoscritta dall’ing. Luciano Tortoioli, con cui si comunica che il Responsabile del procedimento è l’Arch. Nicola Beranzoli.

Avverso la predetta decisione proponeva rituale appello “La Selva di A. Muzi & C. s.a.s.”, deducendo, nel merito, l’erroneità della sentenza.

Si è costituita la Regione Umbria per resistere all’appello.

Con memorie depositate in vista dell'udienza le parti hanno insistito nelle proprie conclusioni.

Alla pubblica udienza del 27.1.2004 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.

D I R I T T O

1. L’appello è infondato.

Il Collegio può prescindere dalla disamina della questione riguardante l’interesse all’appello da parte della “La Selva di A. Muzi & C. s.a.s.” in quanto il ricorso è comunque infondato nel merito e pertanto non può essere favorevolmente definito.

Con il primo motivo l’appellante sostiene l’erroneità della sentenza di primo grado non avendo questa rilevato la violazione, da parte dei provvedimenti della Regione impugnati, dell’art. 6 della legge regionale umbra n. 11/98, della deliberazione della Giunta Regionale umbra 8 aprile 1998 n. 1758 di attuazione della medesima legge, e dell’art. 4, comma 1, della legge 241/90. In particolare, la società ricorrente afferma che nessuno dei due provvedimenti di rigetto dell’istanza da questa presentata sia stato emanato dal responsabile del procedimento.

La censura è infondata.

Al di là della considerazione che il Direttore Regionale alle Politiche Ambientali e Infrastrutture ed il Dirigente del Servizio Programmi per l’Assetto del Territorio, soggetti firmatari dei provvedimenti in questione, appartengono allo stesso ramo dell’Amministrazione, vale notare come il secondo, anche se formalmente indicato come responsabile del procedimento solo in data successiva alla pronuncia, si è comunque espresso sull’istanza, come correttamente argomentato dal T.A.R., per cui venendo in rilievo, eventualmente, solo irregolarità formali, esse non inficiano il diniego opposto all’odierna appellante. In ogni caso, infatti, non viene evidenziata alcuna violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento, al cui rispetto l’individuazione del responsabile è preordinata.

Con la seconda censura l’appellante sostiene la mancata rilevazione, da parte del T.A.R., della violazione, ad opera dei dinieghi impugnati, degli artt. 5 e 6 della legge regionale umbra n. 11/98 e della deliberazione n. 1758/98 della G.R., nonchè di diversi profili di eccesso di potere, sostenendo che il controllo della documentazione effettuato dal responsabile del procedimento non si sarebbe limitato all’esame della completezza formale, risolvendosi invece in un’attività istruttoria di carattere sostanziale che la legge rimette, in uno stadio successivo, ad una apposita conferenza di servizi.

La doglianza è infondata.

Non può che rilevarsi come la ragione che ha dato luogo all’emanazione dei provvedimenti impugnati in primo grado risiede nell’avvenuto riscontro dell’incompletezza documentale dell’istanza, carente della dichiarazione del sindaco sulla compatibilità urbanistica dell’opera. E’ chiaro che il controllo formale di una documentazione debba riguardare anche l’effettiva rispondenza degli atti presentati con quelli espressamente richiesti. Né, d’altra parte, gli ulteriori rilievi compiuti dal T.A.R. in ordine al contenuto intrinseco della nota del Comune di Guardea presentata dalla ricorrente si manifestano, come invece sostenuto da quest’ultima, in contraddizione con la rilevata legittimità della verifica formale operata dagli organi regionali.

Con la terza doglianza la società appellante lamenta l’erroneità della decisione del T.A.R. perché non ha ritenuto che il documento dalla stessa prodotto e rilasciato dal Comune di Guardea fosse corrispondente a quanto richiesto dalla previsione normativa dell’art. 5, comma 2, lett. e) della legge regionale umbra n. 11/98, dovendosi considerare come dichiarazione sulla compatibilità urbanistica dell’opera.

Il motivo non merita accoglimento.

Come correttamente argomentato dal giudice di primo grado, la nota prot. 3291/10 del 27 luglio 2002 del Comune di Guardea, presentata dalla ricorrente, indica solamente la destinazione urbanistica dell’area, raccordandola con le previsioni del piano regionale di settore, ma non si pronuncia in alcun modo in ordine alla compatibilità urbanistica dell’opera. Tale ultima valutazione, con particolare riferimento alla localizzazione di una discarica di 2^ categoria, tipo B, implicando un raccordo tra le previsioni urbanistiche e quelle del piano regionale di settore, individua la necessità di verificare l’idoneità del sito con una specifica valutazione delle previsioni urbanistiche esistenti per una determinata zona. La circostanza che i terreni indicati per la realizzazione della discarica risultino ricadere in zona agricola tipo A 10.3, ritenuta astrattamente idonea dal piano regionale, nell’ambito delle griglie di valutazione predisposte, determina semplicemente una situazione in grado di consentire un esame della localizzazione, ma non implica automaticamente un giudizio di idoneità, che necessita, appunto, per concretarsi della dichiarazione di compatibilità urbanistica, che nella specie non si ravvisa.

Con il quarto motivo di gravame l’appellante sostiene, contrariamente a quanto deciso dal T.A.R., che l’Amministrazione regionale, in presenza di una documentazione incompleta, avrebbe dovuto richiedere all’istante chiarimenti o integrazioni, sulla base di quanto previsto dalle normative in materia di appalti e dall’art. 6, primo comma, lett. b), della l. 241/90.

Tale censura è parimenti infondata.

Da un lato, infatti, si ritiene che dalla disciplina sugli appalti, caratterizzata dalla particolare considerazione delle esigenze superiori di tutela della concorsualità e della par condicio, non può desumersi l’esistenza di un principio generale dell’ordinamento in ordine ad un obbligo dell’Amministrazione di consentire l’integrazione di una documentazione carente; per altro verso, quanto previsto dall’art. 6, comma 1, lett. b), della l. 241/90 va interpretato nel senso di una mera facoltà dei pubblici poteri in proposito, e non certo di un dovere da parte dell’Amministrazione.

Anche l’ultimo motivo di ricorso non merita accoglimento. La società appellante sostiene che erroneamente il T.A.R. non ha rilevato la violazione, da parte dei provvedimenti di diniego impugnati, dell’art. 3, commi 1 e 4 della l. 241/90, in quanto gli stessi sarebbero carenti di motivazione e non indicherebbero il termine e l’autorità presso cui ricorrere.

In realtà, occorre notare come per gli atti negativi di una istanza come quello in esame, caratterizzato da bassi profili di discrezionalità, è sufficiente l’indicazione della circostanza, di fatto o giuridica, ostante alla favorevole valutazione della richiesta, e infatti l’Amministrazione ha affermato la non rispondenza della nota del Comune di Guardea n. 3291/10 del 27 luglio 2002 alla disposizione di cui all’art. 5, comma 2, lett. e), della legge regionale 11/98. Per altro verso, con riguardo alla mancata specificazione nei provvedimenti in questione del termine e dell’autorità presso cui ricorrere, la giurisprudenza ha già ritenuto che la violazione della prescrizione di cui all’ultimo comma dell’art. 3 della l. 241/90, riguardando un adempimento posteriore ed indipendente rispetto alla formazione della volontà dell’Amministrazione, non comporta l’illegittimità dell’atto finale, ma costituisce solo un fattore valutabile ai fini di un’eventuale rimessione in termini per l’impugnazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 marzo 2001, n. 1231).

2. Alla luce delle suesposte considerazioni, ed assorbito quant’altro, il ricorso in appello va rigettato.

3. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado di giudizio.

  P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) rigetta l’appello in epigrafe.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 27.1.2004, con l'intervento dei sigg.ri

Agostino Elefante,    Presidente,

Rosalia Maria Pietronilla Bellavia Consigliere,

Corrado Allegretta    Consigliere

Goffredo Zaccardi    Consigliere,

Michele Corradino    Consigliere estensore. 

L'ESTENSORE    IL PRESIDENTE

f.to Michele Corradino       f.to Agostino Elefante 

IL SEGRETARIO

f.to Gaetano Navarra 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12 ottobre 2004

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) 

IL  DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

  N°. RIC. 3388/2003

FDG