REPUBBLICA ITALIANA N.7488/04REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 816 – ANNO 2000
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione N. 1216 – N. 3936
ha pronunciato la seguente ANNO 2001
DECISIONE N. 10212 - ANNO 2003
sui ricorsi in appello n. 816/2000, n. 1216/2001, n. 3936/2001 e n. 10212/2003, proposti:
I) quanto all’appello n. 816/2000, dal Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Gabriele Scotto e successivamente dagli avv.ti Andrea Manganelli e Angela Raimondo con gli stessi elettivamente domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove 21;
CONTRO
la Società Immobiliare Edilizia Nuova Foligno s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Federico Mannucci, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, via G.D. Romagnosi 20;
E, NEI CONFRONTI
dei Sigg.ri La Cava Lucia e Moschese Alfredo, rappresentati e difesi dagli avv.ti Piero D’Amelio e Patricia Moschese e presso il primo elettivamente domiciliati in Roma, via della Vite 7 – appellanti incidentali;
E
del Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori - CODACONS, del Consorzio Sabina, della Società S. Martino l’Immobiliare s.r.l., dell’Associazione Cortina Verde; di San Martino l’Immobiliare s.r.l. e della Società Le Ginestre s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituitisi in giudizio,
PER L’ANNULLAMENTO
della sentenza (parziale) del TAR del Lazio, Sede di Roma , Sezione II bis, 5 ottobre 1999, n. 1816;
II) quanto all’appello n. 1216/2001, dal Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Gabriele Scotto e successivamente dagli avv.ti Andrea Manganelli e Angela Raimondo con gli stessi elettivamente domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove 21;
CONTRO
la Società Immobiliare Edilizia Nuova Foligno s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Federico Mannucci presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, via G.D. Romagnosi 20;
E NEI CONFRONTI
del CODACONS – Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Rienzi, presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, via Otranto 18;
PER L’ANNULLAMENTO
della sentenza del TAR del Lazio, Sede di Roma , Sezione II bis, 17 luglio 2000, n. 5934/2000, nonché della sentenza parziale 5 ottobre 1999, n. 1816;
III) quanto all’appello n. 3936/2001, dai Sigg.ri La Cava Lucia e Moschese Alfredo, rappresentati e difesi dagli avv.ti Piero D’Amelio e Patricia Moschese e presso il primo elettivamente domiciliati in Roma, via della Vite 7;
CONTRO
il Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Gabriele Scotto e successivamente dagli avv.ti Andrea Manganelli e Angela Raimondo con gli stessi elettivamente domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove 21;
E NEI CONFRONTI
la Società Immobiliare Edilizia Nuova Foligno s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Federico Mannucci presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, via G.D. Romagnosi 20;
E
del Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori - CODACONS, del Consorzio Sabina, della Società S. Martino l’Immobiliare s.r.l. dell’Associazione Cortina Verde, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituitisi in giudizio,
PER L’ANNULLAMENTO
della sentenza del TAR del Lazio, Sede di Roma , Sezione II bis, 17 luglio 2000, n. 5934/2000;
IV) quanto all’appello n. 10212/03, dai Sigg.ri La Cava Lucia e Moschese Alfredo, rappresentati e difesi dagli avv.ti Piero D’Amelio, Patricia Moschese e Francesco Cardarelli e presso il primo elettivamente domiciliati in Roma, via della Vite 7;
CONTRO
il Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Gabriele Scotto e successivamente dagli avv.ti Andrea Manganelli e Angela Raimondo con gli stessi elettivamente domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove 21;
E NEI CONFRONTI
della Società Immobiliare Edilizia Nuova Foligno s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Federico Mannucci presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, via G.D. Romagnosi 20;
E
del Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori – CODACONS e della Società S. Martino L’Immobiliare s.r.l. dell’Associazione Cortina Verde, Consorzio Sabina, Le Ginestre s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituitisi in giudizio,
PER L’ANNULLAMENTO
della sentenza del TAR del Lazio, Sede di Roma , Sezione II bis, 2 agosto 2002, n. 6902/2002;
visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della Società appellata nei quattro appelli, dei Sigg.ri La Cava e Moschese nel primo di essi, del CODACONS nel secondo e del Comune di Roma nel terzo;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
vista l’ordinanza della Sezione 7 marzo 2000, n. 1200;
vista la decisione interlocutoria n. 1493/2002 del 13 marzo 2002;
relatore, alla pubblica udienza del 25 maggio 2004, il Cons. Cesare Lamberti e uditi, gli avv.ti Magnanelli e Raimondo per il Comune di Roma, l’avv. Mannucci per la Società appellata e gli avv.ti D’Amelio, Moschese e Cardarelli per i Sigg.ri La Cava e Moschese.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO
0) La società Immobiliare edilizia “Nuova Foligno” ha ottenuto la concessione edilizia in data 7 luglio 1998, n. 641/c dal comune di Roma per la realizzazione di tre edifici ad uso residenziale in area classificata E - E3 (espansione) già inserita nel piano di zona n. 67 “Acqua Traversa Sud” con destinazione comprensoriale attuativa per servizi annonari e commerciali (M3): destinazione ormai decaduta per decorrenza dei termini e rimasta irrealizzata. Il 28.2.1994 la società aveva presentato al Comune istanza di concessione dei tre villini ad aveva ottenuto dalla regione Lazio, dalla Soprintendenza per i BB.AA.AA. di Roma e dalla soprintendenza archeologica di Roma i nulla osta del progetto alle previsioni del P.T.P. e delle N.T.A. In data 30 luglio 1998 la società comunicava al comune l’inizio dei lavori e l’avvio del cantiere.
I) Con successivi provvedimenti in data 25.10.1998, n. 416 e in data 25.10.1998, n. 46817, il comune ordinava la sospensione dei lavori prima per trenta giorni e poi a tempo indeterminato: a seguito della decadenza del piano particolareggiato, l’area era rimasta priva di destinazione urbanistica e ne era scaturita l’applicazione dell’art. 1 della l.r. Lazio n. 86/90, alle cui prescrizioni la concessione sarebbe stata difforme. Il comune si era pertanto avvalso della procedura di annullamento in autotutela.
I.1) Nei confronti dei predetti provvedimenti, la società ha adito del Tar Lazio con ricorso n. 15258/98, per i seguenti motivi: 1) violazione dell’art. 4, l. n. 10/1977 e dei principi generali in materia di sospensione degli atti amministrativi, essendo stata adottata una misura cautelare atipica; 2) violazione dell’art. 4, l. n. 10/1977, non essendo prevista nell’ordinamento la sospensione dei lavori edilizi regolarmente assentiti; 3) violazione dell’art. 4, comma 3, l. n. 47/1985, essendo la misura adottata un atto a tempo indeterminato con valenza soprassessoria, relativo ad un altro provvedimento oramai scaduto, al fine di congelare la situazione edilizia esistente; 4) violazione dell’art. 4 quinquies l. n. 1140/1942 in relazione all’art. 4, u.c. l. n. 10/1977, avendo il comune inteso modificare la propria precedente prassi di ritenere zona “bianca” quella dove era decaduto il precedente piano attuativo.
I.2) Con determinazione dirigenziale 26.2.1999, n. 301 veniva annullata la concessione edilizia del 7.7.1998, n. 641/c. Avverso tale ultimo provvedimento e avverso gli atti presupposti quali la delibera consiliare n. 92/97 (di adozione della variante al P.R.G. denominata “piano delle certezze”) e la memoria della Giunta municipale 22.1.1999, n. 1256 veniva notificato dalla società Immobiliare Nuova Foligno il ricorso n. 4078/99. Nei confronti della determinazione dirigenziale 26.2.1999, n. 301 sono stati adotti i seguenti motivi: 1) violazione dell’art. 27 dello Statuto del comune di Roma, che limita la competenza dei dirigenti all’adozione degli atti vincolati, fra i quali non rientra il provvedimento di autotutela; 2) violazione dell’art. 4, l. n. 10/1977 e dell’art. 10 l. n. 765/1967, in relazione agli artt. 7 e segg. l. 241/1990, e all’art. 4 l. n. 493/1993, in quanto l’annullamento in via di autotutela di un provvedimento in materia concessoria emanato dopo un periodo di istruttoria di quattro anni è palesemente contrario a ogni criterio di buona amministrazione; 3) violazione dell’art. 4, l. n. 10/1977 e della l.r. Lazio n. 86/1990, essendo stata disattesa la disciplina delle “zone bianche” solo nei confronti dell’attuale ricorrente: era invece applicabile l’art. 41/quinques, l. n. 1150/1942 nel testo introdotto dall’art. 17, comma 6, l. n. 765/1977; 4) violazione dell’art. 4) l. n. 10/1977 e contraddittorietà in quanto il comune denunciava la necessità di provvedere al nuovo piano attuativo per l’assetto delle aree rimaste inedificate nel piano di zona decaduto, mentre era stata già individuata una rigorosa valutazione del nuovo insediamento, progettato in rapporto alla situazione generale del comprensorio, ormai completamente urbanizzato e dotato delle necessarie infrastrutture. Con riferimento alla memoria 22.1.1999, n. 1256 della Giunta comunale, sono stati addotti: 5)- 5/a) violazione degli artt. 32 e 35, l. n. 241/1990, incompetenza; 5/b) violazione dell’art. 4 l. n. 10/1977, della l. r. Lazio n. 87/1990, e dell’art. 10 l. n. 765/1977 in quanto la Giunta comunale, nel dettare agli uffici comunali indirizzi regolamentari di pianificazione, avrebbe esercitato una competenza non sua; 6) violazione degli artt. 7 e 8, l. n. 241/1990 in quanto la comunicazione di avvio del procedimento di autotutela è parziale e incompleta rispetto alle ragioni a base dell’autoannullamento, con particolare riguardo al vincolo monumentale disposto nella cosiddetta “variante delle certezze”. Con riferimento a tale vincolo, vengono addotte le censure di: 7) violazione degli artt. 7 e 10 l. n. 1150/1942 in quanto attualmente l’immobile denominato “Casale Avenali” non esiste e pertanto non è necessaria l’introduzione di una “fascia di rispetto inedificabile della larghezza minima di 50 m.”, nei cui confronti l’intervento avrebbe peraltro agito in misura marginale; 8) violazione dell’art. 4 l. n. 431/1985, dell’art. 21, l. n. 1089/1939 e l. n. 1497/1939, in quanto la variante avrebbe recepito la cosiddetta “Carta dell’Agro Romano”, consistente in uno studio mai aggiornato e basato su elementi storico-cartografici del secolo scorso, senza valutazioni da parte dei competenti organi statali; 9) violazione degli artt. 7 e 10, l. n. 1150/1942, in quanto non poteva essere assunta a presupposto dell’annullamento una variante al piano regolatore generale non ancora definita con la necessaria approvazione regionale. I ricorrenti chiedevano inoltre il risarcimento del danno ai sensi degli artt. 34 e 35 D.Lgs. n. 80/1998 per il comportamento tenuto dal comune di Roma.
I.2.1) Nel giudizio innanzi al Tar si costituiva il comune, che contestava le ragioni addotte nei ricorsi, sottolineando: quanto al ricorso n. 15258/98, il carattere di mera comunicazione del provvedimento impugnato nonché la già avvenuta sospensione dell’atto concessorio in sede di giudizio civile promosso attraverso lo strumento della denuncia di nuova opera e, quanto ricorso n. 4078/99, la legittimità del provvedimento assunto quanto alla censura di incompetenza, da ritenere infondata ai sensi dell’art. 6, l. n. 127/1997: il comune evidenziava altresì l’impossibilità di assentire un indice volumetrico di 3 mc/mq in assenza di pianificazione urbanistica dell’area interessata. Nell’ambito del medesimo giudizio si costituivano quali ricorrenti incidentali la società “Le Ginestre” dei sigg.ri Lucia La Cava e Alfredo Moschese, che impugnavano l’art. 8 delle N.T.A. al P.R.G. di Roma nella parte in cui consente l’applicazione dell’art. 41 quinquies l. n. 1150/1942, in base a cui è stata riconosciuta la concessione edilizia, dopo la decadenza dei piani attuativi.
I.3) Nell’ulteriore ricorso n. 11344/98 proposto dal Coordinamento delle associazioni della difesa dell’ambiente dei diritti dei consumatori (CODACONS) e dalla sig.ra Viviana Moschese, notificato alle varie parti intimate tra il 10 settembre e il 17 ottobre 1998, vengono proposte analoghe censure: si sottolinea l’eccessivo impatto urbanistico dei fabbricati assentiti, con volumetria quadruplicata rispetto alle costruzioni limitrofe in una zona già carente sotto il profilo della viabilità e dei servizi pubblici. Nel ricorso si chiede la verifica della conformità del comportamento del comune alle disposizioni di legge nazionali e regionali e la successiva condanna del comune medesimo risarcimento del danno.
I.4) Con la sentenza 5 ottobre 1999, n. 1816, il TAR del Lazio, Sezione II bis, 5 ottobre 1999, n. 1816, riuniva i ricorsi (n. 15258/98, n. 4078/99 e n. 11344/98) perché parzialmente connessi e nel merito: - rinviava alla successiva trattazione l’esame del ricorso n. 11344/98 proposto dal CODACONS, dato il suo carattere subordinato rispetto al ricorso n. 4078/99; rinviava alla decisione del ricorso n. 4078/99 l’esame del ricorso n. 15248/98, anche con riferimento alla domanda risarcitoria (riguardante la sospensione dei lavori oggetto della concessione edilizia n. 641/c). Il Tar esaminava e decideva relativamente ai seguenti profili di merito il ricorso n. 4078/99, precisamente:
I.4.1) con riferimento alla competenza ad emanare l’annullamento d’ufficio: a) l’art. 27 dello Statuto del comune di Roma attribuisce ai dirigenti la facoltà di adottare atti vincolati ma non provvedimenti aventi contenuto discrezionale; b) l’annullamento in via di autotutela di una concessione edilizia va considerato atto discrezionale, specie nel coacervo delle circostanze in cui è stato pronunciato, c) gli interessi pubblici all’annullamento della concessione edilizia di che trattasi devono essere basati su un quadro di regole di condotta certe e coerenti; d) la complessità di valutazioni poste alla base dell’annullamento d’ufficio delle concessioni edilizie n. 641/c prevale sulla regola secondo cui la competenza ad emettere quello contrario spetta sempre all’autorità che ha emanato l’atto.
I.4.2) Con specifico riferimento alla determinazione dirigenziale 26.21999, n. 301, di annullamento della concessione edilizia n. 641/c del 7.7.1998 e alla memoria della Giunta comunale in data 22. 1.1999: a) l’intervento interessa un’area ricadente in zona classificata come E/3 del P.R.G. (espansione edilizia economico - popolare) ed a suo tempo inserita nel piano di zona 67 -Acqua Traversa Sud- che sul lotto di proprietà della ricorrente prevedeva la destinazione a servizi pubblici annonari e commerciali: destinazione rimasta inattuata alla scadenza del periodo di vigenza del piano stesso; b) la cessazione di efficacia di un piano attuativo in tutto o in parte non eseguito non rende in ogni caso e sempre l’area interessata priva di disciplina urbanistica, alla stregua delle ricordate zone bianche, per le quali risultano le prescrizioni dell’art. 4, l. n. 10/77, non essendo possibile ritenere che l’area rimanga priva di disciplina urbanistica; c) qualora sia venuta meno la sola pianificazione attuativa di dettaglio, la disciplina del territorio è sempre ravvisabile nel piano regolatore generale; d) la decadenza di piani particolareggiati o di strumenti attuativi, in presenza di un piano regolatore, comporta l’onere di valutare di volta in volta la situazione esistente nel comprensorio: se esistano sufficienti parametri per consentire l’utilizzazione edificatoria dell’area con una equilibrata integrazione rispetto solo al contesto interessato; e) gli stessi vincoli possono essere superati dal concreto sviluppo edificatorio dell’area, specie quando la destinazione pubblicistica non fosse più necessaria per l’amministrazione e il mancato utilizzo si fosse prolungato per tempi molto più lunghi di quelli previsti dall’art. 2 l. n. 1187/1960; f) l’utilizzazione edificatoria dell’area dovrebbe essere consentita qualora prevista dal piano regolatore generale, in conformità dei limiti volumetrici prescritti o desumibili dallo strumento urbanistico secondo l’art. 1150/1942; g) la tesi del comune, secondo cui le aree interessate dalla decadenza dei piani attuativi sarebbero senz’altro equiparabili a zone bianche, è pertanto inaccettabile al pari della tesi del ricorrente circa la generale applicabilità degli indici volumetrici previsti dall’art. 41 quinquies l. 1150/1942. Ciò premesso, il Tribunale disponeva in via interlocutoria l’acquisizione dei seguenti documenti: -descrizione delle modalità di definizione dell’assetto del territorio nelle zone E/3; -qualificazioni e limiti degli indici volumetrici territoriali e fondiari con riferimento agli artt. 2 e 8 delle N.T.A. e del Piano di Zona n. 67 “Acqua Traversa Sud”; -rapporto fra la zona E (espansione) e sottozona E/3 (edilizia economica e popolare), in base al piano regolatore generale e alla tipologia delle costruzioni realizzate nel comprensorio; -modalità di determinazione dell’indice volumetrico e cubatura concretamente realizzata nella zona E/3; -stato delle opere di urbanizzazione dei servizi in rapporto al lotto edificato della ricorrente; -ricostruzione storica delle ragioni che hanno indotto al vincolo monumentale sul cosiddetto “Casale Avenali”.
I.5) Avverso la sentenza ha interposto appello principale (n. 816/2000) il comune di Roma per: 1) violazione dell’art. 51, comma 3, lett. f), l. 142/1990, come modificato dalle leggi n. 127/1997 e n. 191/1998: la competenza del dirigente ad adottare atti discrezionali e di secondo grado si evince dal coacervo normativo: è erroneo l’annullamento dei provvedimenti per incompetenza del dirigente ad adottare atti discrezionali; 2) violazione dell’art. 26, l. 1034/1971: l’annullamento per incompetenza di un atto amministrativo preclude l’esame delle ulteriori censure relative al merito della stessa: erroneamente il Tar è entrato nel merito delle censure, dopo aver dichiarato il dirigente incompetente ad adottare l’atto.
I.5.1) Nei confronti della stessa sentenza n. 1816/99, i sigg.ri Lucia La Cava e Alfredo Moschese hanno interposto separato appello incidentale articolato in tre motivi.
I.5.2) Nel medesimo giudizio si è costituita la società Immobiliare Edilizia Nuova Foligno con controricorso e memoria.
II) La concessione edilizia n. 641/c -ottenuta dalla società immobiliare “Nuova Foligno” per la realizzazione di tre edifici ad uso residenziale in aree classificate sotto il profilo urbanistico generale E - E3 (espansione) e già inserita nel Piano di Zona n. 67 “Acqua Traversa Sud” è stata oggetto di separata impugnazione da parte, rispettivamente, dei sigg.ri Lucia La Cava e Alfredo Moschese nonchè della società “Le Ginestre” a r.l..
II.1) Costoro hanno spiegato rispettivamente i ricorsi n. 11140/98 e n. 11141/98, notificati il 3.3.1998 e basati su identici motivi, precisamente: 1) violazione dell’art. 28, l. n. 1159/1942; violazione dell’obbligo di sottoposizione di nuovi interventi edilizi nelle zone di espansione di P.R.G. al piano urbanistico attuativo e violazione delle N.T.A. al P.R.G. relativamente alle zone E, eccesso di potere e incompetenza, essendo previsto per la zona E il piano di zona ad iniziativa pubblica ed imponendo le stesse dimensioni dell’intervento edilizio quanto meno l’adozione di un piano di lottizzazione; 2) violazione dell’art. 41 quinquies l. n. 1150/1942 e dell’art. 4, ultimo comma, l. n. 10/1997, dell’articolo unico della legge regionale Lazio n. 86/1990; violazione dei principi generali sull’edificazione in caso di decadenza dei vincoli in quanto la concessione edilizia avrebbe dovuto essere rilasciata dal Consiglio comunale e non da un dirigente, in considerazione dell’importanza dell’intervento e dell’assenza di ogni disciplina urbanistica dell’area divenuta zona bianca; 3) mancata applicazione del cosiddetto “Piano delle Certezze” di cui alla delibera consiliare n. 92/1997 in quanto l’area risulterebbe destinata ad attrezzature pubbliche di quartiere (M3) attraverso una nuova pianificazione che avrebbe imposto misure di salvaguardia e non la concessione; 4) violazione dell’art. 7, l. n. 1497/1939 e della legge n. 431/1985, in quanto l’area è sottoposta alle prescrizioni del P.T.P. n. 15/7 “Veio Cesano”, adottato con delibera di G.R. 22.11.1988, n. 10018, con conseguente necessità di nullaosta, peraltro rilasciato sulla base di documenti successivi; 5) violazione delle prescrizioni del P.T.P. n. 15/7 “Veio Cesano”, con particolare riguardo all’art. 61, che sottopone l’edificazione alla previa identificazione mediante uno strumento attuativo dei servizi pubblici necessari all’intero comprensorio; 6) eccesso di potere per travisamento ed erronea rappresentazione della realtà, non avendo l’amministrazione sufficientemente valutato il reale stato dei luoghi e, in particolare, l’esatta dimensione del terreno della controinteressata società Nuova Foligno. Con successivi motivi aggiunti notificati fra il 9 e il 12 ottobre 1998, gli anzidetti ricorrenti hanno prospettato una nuova censura di eccesso di potere per errata rappresentazione di presupposti, in quanto il parere dell’Avvocatura comunale sarebbe stato emesso in base a presupposti di fatto successivamente rivelativi non esatti, perché la stessa Avvocatura non conosceva che le aree sarebbero state destinate a servizi pubblici. La società Nuova Foligno si è costituita in giudizio in tutti i ricorsi, contestando le argomentazioni e sottolineando il carattere di lotto intercluso dell’area oggetto dell’intervento edilizio nonché la già avvenuta pianificazione. La società ha sostenuto la legittimità della concessione rilasciata ed ha contestato l’assoggettamento della medesima alle prescrizioni del P.T.P. n. 15/7 “Veio Cesano” in quanto la data di inizio dei lavori precedeva di un solo giorno l’entrata in vigore della legge regionale Lazio n. 24/1998 di approvazione del piano.
II.3) Dopo il deposito della relazione da parte del consulente tecnico designato nella sentenza parziale 5.10.1999, n. 1816 (relativa ai ricorsi riuniti n. 15258/98, n. 4078/99 e n. 11344/98), il Tribunale procedeva alla rifissazione dell’udienza di merito in data 11 maggio 2000 per i ricorsi n. 15258/98, n. 4078/99, n. 11140/98 e n. 11141/98, che decideva con sentenza parziale del 17.7.2000, n. 5934/2000.
II.3.1) In tale sede in particolare: -riuniva i ricorsi (n. 15258/98, n. 4078/99, n. 11140/98 e n. 11141/98) ; -limitava agli effetti della sentenza parziale n. 1816/99 la riunione nella medesima disposta dei due ricorsi (n. 15258/98 e n. 4078/99) con il ricorso n. 11344/98 proposto dal Codacons e dalla sig.ra Moschese, non avendo costoro dato impulso alla trattazione del ricorso dopo l’espletamento dell’istruttoria; -dichiarava inammissibili gli interventi ad opponendum del Consorzio Sabina e dell’associazione Cortina Verde nonché i ricorsi incidentali proposti dalla società Le Ginestre S.r.l. e dai sigg.ri Lucia La Cava ed Alfredo Moschese; -accoglieva i ricorsi n. 15258/98 e n. 4078/99 proposti dall’immobiliare edilizia Nuova Foligno; -annullava per l’effetto i provvedimenti dirigenziali del 25.9.1998, n. 416, del 25.10.1998 n. 46817, del 26.2.1999, n. 301, la delibera consiliare del 29.5. 1997, n. 92 nei limiti di cui motivazione. Disponeva infine accertamenti istruttori (nei termini di cui motivazione) relativamente ricorsi n. 11140/98 e n. 11141/98.
II.4) Queste le statuizioni in esito ai singoli ricorsi:
II.4.1) quanto al ricorso n. 4078/99, il Tribunale:
a) dichiarava inammissibili gli interventi del consorzio Sabina e dell’associazione Cortina Verde, per genericità ed inesistenza degli elementi sulla qualificazione giuridica dell’interesse perseguito e sulle modalità di formazione ed espressione dei loro organi rappresentativi ad intervenire in giudizio; b) dichiarava inammissibili i ricorsi incidentali proposti dalla società Le Ginestre e dai signori Lucia La Cava e Alfredo Moschese avverso l’art. 8 delle N.T.A. al P.R.G. del comune di Roma, nella parte in cui consente, in caso di decadenza dei piani attuativi, l’applicazione dell’art. 41 quinquies, comma 6 della l. n. 1150/42, in considerazione della mancanza della loro qualità di controinteressati in senso giuridico formale all’annullamento in via di autotutela di una concessione edilizia anche quando l’annullamento corrisponda alle aspettative dei soggetti qualificati ad impugnare la concessione poi annullata e già propositori di tale impugnativa: in tale situazione, infatti, il beneficio portato dall’atto di autotutela è indiretto. La lesione giustifica un atto di intervento o un autonomo ricorso avverso la concessione stessa, ma non apre la via per recuperare, attraverso il ricorso incidentale, censure non prospettate tempestivamente nei confronti del provvedimento concessorio; c) annullava la determinazione dirigenziale del 26.2.1999, n. 301 (di annullamento delle concessioni del 7.7.1998, n. 641/c) sulla scorta delle seguenti argomentazioni: -non esisteva un vincolo di inedificabilità assoluta, ma di destinazione (annonaria e commerciale), non necessariamente rientrante in uno schema ablatorio, se non in funzione della natura di servizio pubblico di quartiere impresso alla destinazione stessa; -la situazione dell’area era anomala rispetto alle ordinarie modalità di istituzione dei piani attuativi, preordinati ad una trasformazione del territorio armonica e completa di infrastrutture e servizi e non già all’applicazione di disposizioni paralizzatici di qualsiasi nuova edificazione del territorio in aree già vincolate, come è quella richiamata nell’impugnato atto di annullamento della concessione; -l’applicazione della disciplina della zona bianca alle aree nelle quali si è decaduto il vincolo di inedificabilità non risponde ad alcun intento programmatorio, ma determina di fatto una reiterazione del vincolo; -la reiterazione di una disciplina paralizzatrice di ogni iniziativa edilizia, che sopravvenga all’inefficacia delle norme di un piano attuativo è concepibile solo in presenza di un piano regolatore privo di contenuti essenziali ex lege n. 1150/1942 nel testo sostituito dalla legge 1187/1968; -la necessità di ricondurre la zona ad un regime di disciplina dell’uso del territorio va commisurata al concreto livello di sviluppo o edificatorio già realizzato e infrastrutturale già attuato, a prescindere dall’applicazione generalizzata dell’art. 41 quinquies, l. n. 1150/1942 ed al limite di edificabilità di 3 mc/mq.; d) annullava la memoria della Giunta comunale in data 22.1.1999, n. 1256 circa la generalizzata applicabilità dell’art. 4, l. n. 10/1977 a causa della decadenza di vincoli imposti nei piani attuativi. Queste le considerazioni: -il provvedimento non potrebbe operare a livello regolamentare e di indirizzo ma solo a livello di linea interpretativa di uffici comunali quale atto di auto-organizzazione interna o coordinamento; -l’intervento edilizio va inquadrato nell’ambito delle disposizioni riferite alle “residue aree già edificabili secondo i piani attuativi” per le quali rimangono in vigore tutte le prescrizioni edilizie e urbanistiche, inclusa la possibilità edificatoria … sempre che si tratti di lotto residui di modeste dimensioni ed interclusi; -il lotto si trovava in zona classificata E3 dal P.R.G., a suo tempo inserita nel piano di zona 67 “Acqua Traversa Sud”, la cui destinazione a servizi pubblici annonari e commerciali è rimasta inattuata alla scadenza del periodo di vigenza del piano; e) individuava nel modo che segue le ragioni di illegittimità della determinazione dirigenziale del 26.2.1999, n. 301 (di annullamento delle concessioni del 7.7.1998, n. 641/c), in aggiunta all’incompetenza già evidenziata nella decisione numero 1816/1999: - le disposizioni dell’art. 4, u.c. l. n. 10/1977 e dell’art. unico della l. r. Lazio n. 86/1990 non giustificano l’annullamento perché riguardanti le aree prive di regolamentazione urbanistica e non quelle di pianificazione attuativa; -il piano regolatore generale non presenta carenze da cui deriverebbe la trasformazione della pianificazione attuativa in pianificazione livello primario; -gli articoli 2 e 8 del piano regolatore generale contengono per l’area in questione una disciplina precisa e dettagliata in ordine alle destinazioni di zona e ai fondamentali parametri per l’edificazione nonché per addivenire all’esatto dimensionamento e alla localizzazione delle infrastrutture; -le regole dettate al livello di pianificazione generale sono sufficienti per escludere la carenza di programmazione di uso del territorio, che sola giustificherebbe l’assimilazione della situazione dell’area alla fattispecie prevista nell’art. 4, u.c. l. n. 10/1977, indirizzato ai comuni sprovvisti degli strumenti urbanistici generali in mancanza di norme regionale e sino all’introduzione di queste; -il vuoto di programmazione urbanistica (che il comune e le altre parti esistenti individuano nell’integrale rinvio alle previsioni dei piani approvati con decreto del ministero dei LL.PP. 11 agosto 1964 n. 3266 e alle previsioni relative alle aree non vincolate dalla legge n. 167) non esiste e comunque non ha inciso sull’equilibrio di contenuti fra le pianificazione generale e la pianificazione di dettaglio; f) definiva “promiscua” la destinazione del comprensorio con applicazione di due possibili quadri operativi di riferimento: (a) l’applicazione della disciplina delle zone bianche per inesistenza di piani attuativi come condizione per l’edificazione, in assenza di piani di lottizzazione di iniziativa privata; (b) la salvezza dei principi e delle regole direttamente espressi dal piano regolatore per le aree residue, una volta scaduto il limite temporale alla pianificazione di dettaglio: rimangono perciò salvi non solo i principi e le regole direttamente espressi nel piano regolatore, quali la destinazione di espansione residenziale e gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti nel piano attuativo decaduto ex art. 17, l. n. 1150/1942; g) annullava in particolare la delibera consiliare 29.5.1997, n. 92 di adozione della “Variante delle Certezze”, limitatamente all’imposizione della fascia di rispetto per il “Casale Avenali”, data la trasformazione dell’antico casale rurale in una moderna villa adibita ad ufficio.
II.4.2) quanto al ricorso n. 15258/98 nella parte in cui impugna a fini risarcitori ex artt. 35 e 36 D.Lgs. n. 80/1998 le determinazioni dirigenziali n. 416 e n. 46817 ambedue in data 25.10.1998, il Tribunale stabiliva in astratto la legittimità delle richieste risarcitorie, data la non conformità a criteri di buona amministrazione dell’annullamento di atti edificatori sine die, dopo che l’edificazione era stata permessa ed ha rinviato ogni determinazione in concreto alla sentenza definitiva.
II.4.3) quanto ai ricorsi n. 11140/98 e n. 11141/98 (rivolti nei confronti della concessione edilizia n. 641/c in data 7.7.1998 riuniti e divenuti procedibili con l’accoglimento dell’impugnativa nei confronti dell’annullamento d’ufficio della concessione edilizia medesima), il Tar statuiva come segue:
a) confermava l’incompetenza del dirigente ad emanare il provvedimento; b) esaminava le censure avverso l’applicazione alle cosiddette zone bianche del vincolo ex art. 4 u.c. l. n. 10/1977 determinando, peraltro, i seguenti principi: ba) tendenziale edificabilità dei terreni non più gravati da vincoli, come espressione e conseguenza dello jus aedificandi insito nel diritto di proprietà; bb) necessità di una lettura dinamica delle norme di piano, per la naturale evoluzione delle zone destinate ad espansione in previsione di completamento e con obbligo di integrazione della disciplina attuativa secondo i principi specificati nel piano regolatore generale: bc) non assimilabilità fra un sopravvenuto vuoto di pianificazione generale e la decadenza, che può interessare singole localizzazioni previste a livello attativo, ma pone l’obbligo di verifica della concreta possibilità di ridisegnare pianificazione di dettaglio sulla scorta delle opere di urbanizzazione in esistenti.
II.4.3.1) Richiamate inoltre le risultanze delle verificazioni tecniche disposte dal consulente d’ufficio e le osservazioni dei consulenti tecnici di parte, il tribunale individuava la corretta procedura da seguire nei seguenti passi:
I) verifica della sussistenza dei parametri identificativi del cosiddetto lotto intercluso, per il quale l’edificazione risulta in astratto assentibile, secondo le modalità che erano determinate come prescrizioni di zona dal piano decaduto ai fini dell’indice fondiario della tipologia costruttiva;
II) accertamento della presenza o meno di più aree-anche tra loro non connesse ancora inedificate nell’ambito del medesimo comprensorio al fine di verificare la necessità di nuove disposizioni attuative di iniziativa pubblica o privata tenuto conto dei principi generali ex artt. 13, 17 comma 2 e 28, l. n. 1150/1942.
Ciò premesso il Tribunale disponeva ulteriori incombenti istruttori in merito alle seguenti circostanze: 1) cubatura realizzabile nell’atto di che trattasi in base alle prescrizioni di zona, tenuto conto delle modalità specifiche con cui al livello di piano particolareggiato è stato ancora possibile l’assorbimento di volumetria delle aree destinate ai servizi; 2) valutazione degli standards urbanistici presenti nel comprensorio, con precisazione della rispondenza o meno dei medesimi ai parametri vigenti, in rapporto alla popolazione legittimamente insediata; 3) situazione di riconducibilità per l’area e per le altre aree rimaste identificate nel comprensorio al cosiddetto Piano delle Certezze; 4) verifica dei termini di applicabilità al progetto di che trattasi del P.T.P. n. 15/7 “Veio Cesano” adottato con delibera di G.R. 22.11.1988, n. 10018, con particolare riguardo all’art. 61; 5) ricalcolo della superficie utile del terreno interessato dal progetto nonché verifica delle quote altimetriche e della censurata soppressione di una servitù di passaggio.
II.5) Avverso la sentenza ha proposto appello (n. 1216/01) il comune di Roma, che ha richiamato l’appello già prodotto avverso la sentenza parziale numero 1816/99 e ha dedotto, nello specifico, i seguenti motivi: 1) violazione dell’art. 51 comma terzo lett. f) l. n. 142/1990 e successive modifiche, per ciò che concerne l’incompetenza dei dirigenti comunali ad emanare provvedimenti di secondo grado; 2) violazione dell’art. 26, l. n. 1034/1971, con riferimento alla trattazione di motivi in merito nonostante il dichiarato vizio di incompetenza; 3) violazione dell’art. 4 u.c. l. n. 10/1977 e dell’articolo unico l.r. Lazio n. 86/1990 in quanto la disciplina dettata dai piani di zona approvati con D.M. 3266/64, la quale rinvia alle norme di piano regolatore generale relativamente alle zone E3 destinate agli insediamenti di edilizia economica e popolare, deve ritenersi essa stessa disciplina di piano regolatore generale, la cui inefficacia comporta l’applicabilità alle destinazioni preordinate all’esproprio dei limiti all’edificazione posti ex art. 4 u.c. l. n. 10/1977; 4) carenza di istruttoria con riferimento all’acritico recepimento delle risultanze della “carta dell’agro romano” per il vincolo imposto sull’antico Casale Avenali. Nel giudizio si è costituita l’Immobiliare Edilizia Nuova Foligno che ha spiegato controricorso. Il Codacons ha depositato procura ad litem e memoria in data 20 marzo 2001.
III) La sentenza n. 5934/00 è stata oggetto anche di separato appello in via principale (n. 3936/01) da parte dei sigg.ri Lucia La Cava e Alfredo Moschese, che in particolare hanno dedotto l’illegittimità della sentenza nella parte in cui:
III.1) dichiara inammissibile il ricorso incidentale prodotto dai medesimi sigg.ri La Cava e Moschese, contestando la loro qualità di vere e proprie parti nel processo perché contro interessati;
III.2) ritiene incompetente il dirigente del comune di Roma ad emanare atti di secondo grado e segnatamente l’annullamento in via di autotutela della concessione n. 641/c;
III.3) affronta anche i vizi di merito dell’atto, dopo aver accolto il vizio di incompetenza.
III.4) dispone un accertamento tecnico ai sensi dell’art. 44 del t.u. Consiglio di Stato, senza procedere a regolare contraddittorio con i sigg.ri La Cava e Moschese;
III.5) sostiene che solo un piano regolatore generale privo di contenuti essenziali ex art. 7, l. n. 1150/1942 potrebbe rendere l’area assimilabile ad una cosiddetta “zona bianca” nel caso di sopravvenuta inefficacia del piano attuativo considerato che: -le N.T.A. al P.R.G. sono assolutamente generiche e non prevedono alcuna destinazione specifica se non attraverso il necessario strumento del piano di zona; -detto piano non può, nella specie, essere considerato meramente attuativo del P.R.G., stante la sua anteriorità temporale a quest’ultimo e la sua adozione per effetto delle disposizioni della legge n. 162.
III.I) I tre appelli (n 816/00, n. 1216/2001 e n. 3936/2001) sono stati chiamati innanzi a questa stessa Sezione all’udienza del 14 dicembre 2001 e riuniti perché proposti avverso la stessa sentenza e perché connessi oggettivamente e soggettivamente. Con sentenza 13 marzo 2002, n. 1493/02 la Sezione ha disposto la sospensione del processo ad essi relativo ai sensi dell’art. 295 c.p.c., ai fini dell’adozione di un’unica decisione involgente l’intera vicenda edificatoria di cui si tratta.
La sospensione è motivata sulla circostanza che la sentenza interlocutoria n. 1816/99 e l’ulteriore sentenza parziale n. 5934/0 avevano statuito su questioni pregiudiziali e preliminari (incompetenza e violazione dei principi in tema di “zone bianche”) circa i ricorsi proposti dalla Società Immobiliare Edilizia Nuova Foligno s.r.l., disponendo ulteriori incombenti istruttori ai fini della decisione sui ricorsi n. 11140 e n. 11141 del 1998, avverso la concessione edilizia n. 641/c e la delibera consiliare n. 92 del 1997 - di adozione della variante di PRG denominata “variante delle certezze” - nella parte in cui impone una fascia di rispetto a tutela del limitrofo “Casale Avenali”. Rispetto a quelli in trattazione, i due ricorsi anzidetti (nn. 1140/98 e 1141/98), con i quali è stato chiesto l’annullamento della stessa concessione edilizia n. 641/C si pongono come antecedente logico rispetto al provvedimento di annullamento della concessione stessa e che poggiano su considerazioni ulteriori e autonome rispetto a quelle fatte valere dal Comune in sede di autotutela
III.II) Con sentenza 2 agosto 2002, n. 6902/02, il Tar del Lazio, (definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti nn. 11140/98, 11141/98, 15258/98 e 4078/99), accoglieva in parte e nei limiti precisati in motivazione i ricorsi n. 11140/98 e n. 11141/98 ed annullava la concessione edilizia n. 641/c (prot. n. 44730) del 7.7.1998. Il Tribunale amministrativo, peraltro, dichiarava il diritto della Immobiliare Edilizia Nuova Foligno s.r.l. ad effettuare interventi di edilizia residenziale nell’area, entro limiti di cubatura specificati in motivazione, inferiori a quelli assentiti con la predetta concessione edilizia. Il Tar respingeva le domande risarcitorie, proposte in tutti i ricorsi.
IV) Con appello n. 10212/03, la sentenza è stata impugnata in via principale dai sigg.ri La Cava e Moschese e in via incidentale dalla società Immobiliare Nuova Foligno.
IV.1) L’appello principale è basato sui seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 4, l. n. 10/1977 e della l. r. Lazio n. 86/1990, con richiamo del terzo motivo contenuto nel ricorso incidentale proposto nei confronti della sentenza parziale n. 1861/99 del 5.10.1999, appellata dal comune di Roma nel giudizio di cui al ricorso n. 816/00 e del quarto motivo del ricorso proposto dai medesimi appellanti nei confronti della sentenza parziale n. 5934/00 del 17.7.2000. Gli appellanti hanno addotto che la sentenza n. 6902/02 (con cui il Tar del Lazio ha annullato la concessione edilizia n. 641/c, riconoscendo fondato il primo motivo di gravame contenuto nei ricorsi n. 11140/98 e n. 1141/98) poggia su ragioni ben diverse da quelle da loro prospettate: i sigg.ri La Cava e Moschese ritenevano la concessione edilizia illegittima per violazione dei limiti di edificabilità di cui all’art. 4, l. n. 10/1977, mentre nella sentenza n. 6902/02 si dà atto che “quest’ultima argomentazione difensiva è stata già respinta …. nelle sentenze parziali precedentemente emanate dal Tar … e che … possono ritenersi infatti adeguatamente definiti al livello di piano regolatore generale, per l’area in questione la destinazione edificatoria per uso residenziale e i parametri di riferimento per determinare le modalità dell’edificazione assentibile”. In proposito gli appellanti hanno ribadito la validità del rinvio interpretativo sostenuto in merito agli effetti della decadenza dello strumento urbanistico: il venir meno del piano di zona approvato prima del piano regolatore generale -e da questo espressamente richiamato come unica modalità attuativa della edificabilità prevista nella sottozona E3- non consente alcun intervento edilizio diverso, ma impone una nuova disciplina delle aree, da effettuare mediante apposita variante: tale indirizzo interpretativo è stato confermato da sentenza n. 5675/2003. Gli appellanti hanno poi ribadito che le norme del piano regolatore generale non permettono alcuna lettura dinamica nel senso inteso dal Tar in quanto prevedono per la sottozona E3 solo interventi di edilizia economica e popolare previa adozione di strumenti attuativi.
2) Violazione delle prescrizioni di cui al D.M. 11.8.1964, n. 3266 di approvazione del piano di zona; illegittima inedificabilità sul P.d.Z. n. 67 “Acqua Traversa” e totale azzeramento della cubatura. Diversamente da quanto sostenuto dalla consulenza tecnica d’ufficio e dalla sentenza che vi si richiama, il piano di zona è così composto: -il perimetro comprendente è di 110.000 mq. -il volume complessivo previsto è di 53. 760 mc. equivalenti a 672 abitanti; -l’area edificabile e di 67. 200 mq. nella quale possono essere realizzati 53. 760 mc; -gli spazi pubblici previsti sono 37. 560 mq.. -la circostanza che il piano di zona n 67 “Acqua Traversa Sud” non riporti un indice territoriale, non può prestarsi ad interpretazioni ambigue, dato il preciso numero di abitanti e di cubatura complessiva realizzabile nel comprensorio.
3) Eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di motivazione e travisamento relativamente all’individuazione e applicazione di una fascia di indici di fabbricazione: dalla documentazione versata, gli indici individuati dal giudice sono solo di 0.80 mc/mq territoriale, corrispondente all’insediamento di 100 abitanti per ettaro ricavabile dalla tabella cui all’art. 2 delle N.T.A al P.R.G.. Il diverso indice di 1,19 viene definito come indice medio di fabbricabilità fondiaria, in base alla tabella “A” contenuta nell’art. 2 delle N.T.A al P.R.G. del 1971 ma non più compresa nelle N.T.A in vigore.
4) Eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità, difetto di motivazione e di istruttoria sviamento per mancata approvazione del piano di lottizzazione convenzionata: la motivazione della sentenza di accoglimento dei ricorsi riuniti n. 11140/98 11141/98, con riconoscimento della illegittimità della concessione rilasciata per una cubatura di 3 mc/mq e senza alcuna pianificazione attuattiva di dettaglio, lasciava intendere la necessità di predisporre un piano di lottizzazione convenzionata prima di effettuare interventi di edilizia residenziale. La sentenza invece ha, per un verso, annullato la concessione edilizia n. 641/c e, per altro verso dichiarato il diritto dell’Immobiliare Edilizia Nuova Foligno ad effettuare interventi di edilizia residenziale entro i limiti di cubatura specificati in motivazione, senza intervenire successivamente sulla questione della pianificazione di dettaglio nell’area. La sentenza è pertanto venuta meno all’onere di definire in maniera rigorosa i profili necessari per il riconoscimento in concreto della facoltà e di costruire in capo alla società, indicando i parametri.
5) Eccesso di potere per contraddittorietà, perplessità carenza di istruttoria e difetto di motivazione: la sentenza è contraddittoria in merito alle consulenze tecniche sulle quali si è basata. La perizia tecnica prodotta dagli appellanti indica che il fondo, nella sua completezza, ha una consistenza complessiva pari a 4.517 mq. ed è una consistenza utile pari a 4.279,50 mq., diversa da quella dichiarata nel progetto concessionato (superficie complessiva di 4.750 mq. e 4.500,44 mq.); la consistenza accertata dal consulente tecnico evidenzia il superamento degli indici di fabbricabilità fondiari massimi consentiti dall’art. 41 quinquies (3,15 contro 3,00 mc). la consulenza è erronea anche con riferimento alle quote altimetriche sostanzialmente in uso e il quesito formulato e anche con riferimento alla soppressione di una servitù di passaggio la consulenza tecnica non appare perspicua.
IV.2) Nei riguardi della medesima decisione la società Nuova Foligno ha spiegato controricorso e appello incidentale, nel quale ha eccepito in rito l’inammissibilità dell’appello per difetto di interesse e nel merito l’infondatezza dell’appello principale per tutti i motivi addotti.
IV.2.1) Nel controricorso, la società afferma:
Circa il primo motivo del ricorso principale:
a) il terreno di proprietà dell’Immobiliare Nuova Foligno è stato riconosciuto come destinato ad un utilizzo indiscutibilmente edificatorio in forza di una normativa di P.R.G. compiuta e pienamente efficace (artt. 2 e 8 delle N.T.A al P.R.G.) tale destinazione (zona E espansione) sopravvive e prevale rispetto alla destinazione comprensoriale specifica (servizi) conferita con il piano di zona 67;
b) l’applicazione della disciplina urbanistico-edilizia di “zona bianca” di cui all’art. 4, l. n. 10/1977 avrebbe un senso se la destinazione di piano fosse stata a servizi (M1 – M3) o a verde (N), ma ciò non è stato possibile;
c) il piano di zona “Acqua Traversa” non ha avuto completa attuazione nei termini stabiliti (30.12.1991) con D.P. della regione Lazio delle 28.10.1989, n. 1785/89 per il compimento degli espropri: la destinazione di piano attuativo è perciò venuta meno mentre permane la disciplina edificatoria posta dal piano regolatore generale della zona E (espansione);
d) il terreno ricade in area pressoché totalmente edificata e dotata di tutte le opere di urbanizzazione primaria, come certificato nel corso dell’istruttoria dalla stessa IX circoscrizione del comune di Roma per intervenuta attuazione di oltre il 90% del piano di zona;
e) il terreno ricade in zona E sottozona E3 di P.R.G. compreso in un’area qualificata come zona omogenea B (aree sufficientemente urbanizzate) in forza della suddivisione del territorio comunale, attuata con le deliberazioni consiliari n. 203/93 e n. 158/95;
f) il consulente tecnico del tribunale nel primo elaborato e nella seconda relazione conferma che le aree conteggiabili a pieno titolo per il soddisfacimento degli standards di legge afferenti ai 1196 abitanti già insediati nel comprensorio corrispondono a 29.869 mq., con un esubero di 1.763 mq. Attesta poi che la quantità occorrente per il relativo soddisfacimento degli standard e di 28.106 mq. (= ab 1196 per mq./ab 23,5);
g) il piano di zona n. 67-“Acqua Traversa” non è posteriore alle piano regolatore generale del 1962 - 1965: è stato individuato come comprensorio in sede di P.E.E.P. del 1964 ed è stata approvata con deliberazione della G.M. del 17.5.1972, n. 2827, ratificata dal Consiglio comunale con delibera 7.7.1972, n. 2365;
h) il richiamo all’art. 2 delle N.T.A al P.R.G. quale disciplina-quadro capace di colmare il vuoto legislativo dovuto all’inefficacia degli strumenti urbanistici attuativi vale a superare ogni riserva circa l’applicabilità al zona dell’ art. 4, l. n. 10/1977, anche in assonanza con l’orientamento assunto dal comune, che ha classificato l’area come “zona omogenea B” in forza della suddivisione del territorio comunale attuata con le deliberazioni consiliari n. 203/93 e n. 158/9, nella quale gli standard esistenti ai sensi del D.M. 1444/68 andrebbero computati per il doppio con una grande esuberanza degli stessi.
Circa il secondo motivo del ricorso principale
a) non è corretto affermare che il piano di zona prevede una cubatura complessiva di mc. 53.760, interamente realizzata: il dato è riferito esclusivamente alla cosiddetta “zona di intervento”, che rappresenta una delle tre parti in cui è composto il P.d.Z., mentre non è corretto affermare che la densità territoriale era di 49 ab/ettaro;
b) sono corrette le analisi del consulente tecnico d’ufficio, che ha rilevato che la variante generale del P.R.G. del 1971 ribadita con la successiva del 1974 e il piano di zona n. 67 riporta la disciplina delle due zone nell’ambito di un unico comprensorio. La sottozona EE è informata ai principi e alle regole relativi alle zone E;
c) non è vero affermare che a tutt’oggi non residuerebbe nessuna cubatura;
In merito alla terza censura del ricorso principale:
a) dei due indici-limite di fabbricabilità -0,80 mc/mq e 1,19 mc/mq entro cui va individuata l’edificazione riconosciuta alla società viene preso a base di limite di natura territoriale, in quanto il terreno è intercluso dalla preesistenti edificazioni e dalle strade, che hanno contribuito ad urbanizzarlo ormai da decenni: i rilevati 34.225 mq. esistenti di servizi, parcheggi e verde rappresentano un esubero rispetto al fabbisogno del comprensorio calcolato in 28.106 mq.
b) è conseguentemente corretta l’applicazione dell’art. 41 quinquies l. n. 1150/1942, come modificato dall’art. 17, l. n. 765/67 , che introduce una fascia di fabbricabilità territoriale utile per determinare un indice fondiario congruo al fine di garantire un accordo armonico tra il preesistente edificato e il riconoscimento del diritto di edificare.
Con riferimento al quarto motivo dell’appello principale:
a) è stata sempre esclusa la necessità della preventiva approvazione dello strumento attuativo, data l’ampia sufficienza delle opere di urbanizzazione primaria presenti nell’area in cui cade il fondo: il comprensorio è totalmente edificato in forza dell’esecuzione del piano di lottizzazione Santa Sabina e del piano di zona n 67 acqua traversa sud;
b) non ha ragion d’essere un piano esecutivo di iniziativa privata perché il terreno è intercluso dal preesistente edificato e dalle strade già realizzate;
Con riferimento al quinto motivo dell’appello principale:
a) è corretta la verifica effettuata dal tecnico di fiducia dell’immobiliare edilizia Nuova Foligno presso l’ufficio catasto terreni, come confermato dal consulente del tribunale, mentre il perito degli appellanti principali giunge ad una differenza del 3% senza avere quotato il disegno e senza riportare ascisse e ordinate;
b) l’edificio degli appellanti principali risulta impostato ad una quota pari a mt. 1,70al di sopra del piano di campagna: tale circostanza conferma l’assoluta non corrispondenza delle quote originarie in e dopo la realizzazione dell’opera;
c) il progetto n. 641/c rispecchia perfettamente alla servitù di passaggio;
IV.2.2) Nell’appello incidentale la società deduce eccesso di potere per contraddittorietà:
a) è erroneo affermare che lo jus aedificandi riconosciuto in capo alla società edilizia “Nuova Foligno” debba essere individuato dal comune nella fascia compresa fra 0,80 e 1,19 mc/mq: detta fascia esprime due indici volumetrici di natura territoriale che non escludono di per sé l’applicazione dell’art. 41 quinquies l. n. 1050/1942;
b) il volume residenziale ancora oggi da realizzare nel comprensorio in cui ricade la proprietà della ricorrente è pari a 47.280 mc., ottenuto moltiplicando il numero degli abitanti ancora da insediare per 80 mc
IV.3) Il Comune di Roma ha eccepito in memoria la cessata materia del contendere in merito all’annullamento della concessione edilizia in data 7 luglio 1998, n. 641/c, per l’intervenuto rilascio in data 12 febbraio 2003, della concessione edilizia n. 143/c alla società Nuova Foligno sul nuovo progetto presentato.
V) Gli appelli sono stati congiuntamente chiamati all’udienza del 25 maggio 2004, discussi e spediti in decisione.
DIRITTO
I) Per evidenti motivi di connessione soggettiva ed oggettiva, va disposta la riunione degli appelli n. 816/2000, n. 1216/2001 e n. 3936/2001, già riuniti con la sentenza di questa Sezione n. 1493/02, con l’appello n. 10212/03, proposto dai sigg.ri La Cava Lucia e Moschese Alfredo avverso la sentenza del TAR del Lazio, Sezione II bis, 2 agosto 2002, n. 6902/2000.
I.1) Giova ribadire che la sentenza 5 ottobre 1999, n. 1816, pronunziata sui ricorsi riuniti n. 15258/98, n. 4078/99 e n. 11344/98, ha dichiarato l’incompetenza del dirigente ad emettere i provvedimenti in data 25.9.1998, n. 416 e 25.10.1998, n. 46817 di sospensione dei lavori prima per dieci giorni e poi a tempo indeterminato e, in aggiunta: ha rinviato alla successiva trattazione l’esame del ricorso n. 11344/98 proposto dal CODACONS, dato il suo carattere subordinato rispetto al ricorso n. 4078/99 ed ha rinviato alla decisione del ricorso n. 4078/99 l’esame del ricorso n. 15248/98, anche con riferimento alla domanda risarcitoria (riguardante la sospensione dei lavori oggetto della concessione edilizia n. 641/c). La sentenza ha infine disposto una consulenza tecnica circa lo stato dei luoghi e l’indice di fabbricabilità.
I.2) La sentenza parziale del 17.7.2000, n. 5934/2000 (relativa ai ricorsi n. 15258/98 e n. 4078/99, ai ricorsi n. 11140/98 e n. 11141/98, nonché al ricorso n. 11344/98), resa dopo il deposito della relazione da parte del consulente tecnico e la rifissazione dell’udienza di merito, ha dichiarato inammissibili gli interventi ad opponendum del Consorzio Sabina e dell’associazione Cortina Verde e i ricorsi incidentali proposti dalla società Le Ginestre S.r.l. e dai sigg.ri Lucia La Cava ed Alfredo Moschese. La sentenza ha accolto i ricorsi n. 15258/98 e n. 4078/99 proposti dall’Immobiliare Edilizia Nuova Foligno ed ha annullato i provvedimenti dirigenziali del 25.9.1998, n. 416, del 25.10.1998 n. 46817, del 26.2.1999, n. 301, la delibera consiliare del 29.5. 1997, n. 92 nei limiti di cui motivazione. La sentenza ha disposto infine ulteriori accertamenti istruttori (nei termini di cui motivazione) relativamente ricorsi n. 11140/98 e n. 11141/98 ed ha limitato agli effetti della sentenza parziale n. 1816/99 la riunione nella medesima disposta dei due ricorsi (n. 15258/98 e n. 4078/99) con il ricorso n. 11344/98 proposto dal Codacons e dalla sig.ra Moschese, non avendo costoro dato impulso alla trattazione del ricorso dopo l’espletamento dell’istruttoria.
I.3) La sentenza 2 agosto 2002, n. 6902/02 (sui ricorsi nn. 11140/98, 11141/98, 15258/98 e 4078/99), ha accolto in parte e nei limiti precisati in motivazione i ricorsi n. 11140/98 e n. 11141/98 ed ha annullato la concessione edilizia n. 641/c (prot. n. 44730) del 7.7.1998. La sentenza ha, peraltro, espressamente dichiarato il diritto della Immobiliare Edilizia Nuova Foligno s.r.l. ad effettuare interventi di edilizia residenziale nell’area, entro i limiti di cubatura specificati in motivazione, inferiori a quelli assentiti con la predetta concessione edilizia ed ha respinto le domande risarcitorie, proposte in tutti i ricorsi. In tale sede, in particolare:
I.3.1) E’ stato accolto il primo motivo del ricorso proposto dai sigg.ri La Cava e Moschese e dalla società Le Ginestre ed annullata la concessione rilasciata dalla società Nuova Foligno perché senza alcuna pianificazione attuativa di dettaglio per una cubatura di 3 mc/mq.
I.3.2) E’ stato respinto il secondo motivo per le ragioni esposte nella sentenza parziale n. 5934/00 ed il terzo, in quanto la nuova destinazione a servizi del lotto, nell’ambito del piano delle certezze adottato con la delibera consiliare n. 92/97, è stata riconosciuta inesistente sia dal consulente tecnico d’ufficio che da quelli di parte. Anche il quarto motivo di ricorso è stato dichiarato infondato, in quanto i medesimi consulenti di parte e d’ufficio hanno riconosciuto l’insussistenza dei vincoli di cui alle leggi nn. 1497/1939 e 431/1985, con conseguente inapplicabilità delle prescrizioni contenute nel P.T.P. n. 14/7 “Veio e Cesano”.
I.3.3) È stata poi respinta la quinta censura, inerente alla violazione dell’art. 61 del P.T.P. n. 14/7 “Veio e Cesano”, che condiziona l’edificazione di nuovi manufatti alla previa identificazione mediante strumento attuativo dei servizi pubblici necessari all’intero comprensorio. Tale esigenza esisterebbe in base all’avviso espresso dai consulenti tecnici dei sigg.ri La Cava e Moschese, ma non viene avvertita dal consulente tecnico d’ufficio, in quanto la disposizione ha come fine la tutela e non l’organizzazione del territorio. La sesta censura è stata poi disattesa sulla base delle considerazioni svolte dal consulente tecnico d’ufficio, che non ha confermato le valutazioni dello stato dei luoghi, con riferimento alla superficie utile del terreno interessato alla concessione impugnata, alle quote altimetriche e alla soppressione di una servitù di passaggio.
I.3.4) I motivi aggiunti notificati tra il 10 il 15 ottobre 1998 dai sigg.ri La Cava e Moschese e dalla società Le Ginestre sono stati infine respinti con argomentazioni analoghe a quelle svolte nel rigettare il secondo motivo di ricorso: detti motivi attengono infatti al mutato indirizzo del comune di Roma in ordine al rilascio dell’impugnata concessione edilizia per una cubatura pari a 3 mc/mq, mutamento ricondotto solo al fatto che l’originario parere favorevole del 31.3.1998 era stato rilasciato su un presupposto successivamente rivelatisi erroneo, in quanto non sarebbe stata conosciuta la destinazione servizi pubblici dell’area nell’ambito del piano di zona decaduto.
I.3.5) Nel condividere gli assunti peritali, la sentenza ha individuato, tenuto conto della variante al P.R.G. 1971, una densità territoriale di 100 abitanti per ettaro corrispondente ad un indice di fabbricabilità compreso tra 0,80 e 1,19, mc/mq quale parametro contenuto nel Piano di Zona, recepito dal P.R.G. e graficamente rappresentato nelle tavole dello stesso sia prima che dopo la variante del 1971, attraverso la quale le due aree a servizi sono ricondotte nell’ambito di un comprensorio. Ad avviso della decisione, solo in via generale può ritenersi applicabile un indice medio di fabbricabilità fondiaria che il perito dei sigg.ri Moschese - La Cava identifica nella misura di 1,19 mc/mq in base alla Tabella “A”4 contenuta nell'art. 2 delle NTA del 1971.
II) Degli appelli riuniti, è quindi preliminare l’esame dell’appello n. 10212/03. Come questa stessa Sezione ha già evidenziato nella sentenza 13 marzo 2002, n. 1493, l’esito del giudizio, che involge la legittimità della concessione edilizia 7.7.1998 n. 641/c, si riflette direttamente sugli atti repressivi emanati dal comune successivamente al suo rilascio (provvedimenti dirigenziali 26.2.1999, n. 301 di annullamento d’ufficio della concessione medesima e 25.9.1998, n. 416 nonché 25.10.1998 n. 46817, rispettivamente di sospensione dei lavori prima per trenta giorni e poi a tempo indeterminato).
III) La sentenza 2 agosto 2002, n. 6902 è stata impugnata in via principale dai sigg.ri La Cava e Moschese e in via incidentale dalla società Immobiliare Edilizia Nuova Foligno.
III.1) Delle eccezioni pregiudiziali avverso l’appello principale, va rigettata quella sollevata nell’appello incidentale della società edilizia Nuova Foligno di estinzione del giudizio perché non riassunto nei sei mesi dal venire meno della causa di sospensione ex art. 295 c.p.c. disposta con sentenza n. 1492/02. La sentenza n. 6902/2002 del Tar del Lazio, che ha definito i giudizi in relazione ai quali l’appello era stato sospeso per pregiudizialità, è stata depositata il 2 agosto 2002: è pertanto è passata in giudicato il 31 ottobre 2003. Rispetto a tale data, l’istanza di fissazione di udienza degli appelli, depositata il 12 novembre 2003 è tempestiva perché proposta nei sei mesi dell’art. 297 c.p.c.
III.2) Va pure respinta l’eccezione d’improcedibilità dell’appello n. 10212/03, per sopravvenuto difetto d’interesse dei sigg.ri La Cava e Moschese, in quanto la sentenza n. 6902/02 avrebbe annullato la concessione n. 641/c.
Pur dichiarando illegittima la concessione n. 641/c perché rilasciata alla società Immobiliare Edilizia Nuova Foligno s.r.l. in assenza di pianificazione attuativa di dettaglio volta a consentire la cubatura di 3 mc/mq. (primo motivo dei ricorsi n. 11140/98 e n. 11141/98 dei sigg.ri La Cava e Moschese e della società Le Ginestre), la sentenza in esame ha espressamente affermato il loro diritto ad effettuare interventi di edilizia residenziale entro i limiti di cubatura specificati in motivazione, sia pure inferiori a quelli in precedenza autorizzati.
Tanto basta a radicare l’interesse degli appellanti alla riforma della decisione che, anche nel dispositivo, dichiara espressamente il diritto della società Nuova Foligno ad insediare nell’area di che trattasi un volume edificabile compreso fra 0,80 e 1,19 mc/mq. con obbligo di prestazione delle aree pubbliche di pertinenza nonché sistemazione delle attuali carenze, sulla base di un bilancio globale di carattere comprensoriale, entro limiti di cubatura inferiori a quelli assentiti con la predetta concessione edilizia.
IV) Venendo al merito delle questioni prospettate nell’appello principale e in quello incidentale, il Collegio ritiene fondato l’appello principale dei sigg.ri La Cava e Moschese nella parte in cui assume che illegittimamente la sentenza avrebbe autonomamente provveduto a determinare gli indici di fabbricabilità, senza peraltro ritenere applicabili l’art. 4, l. n. 10/1977 e della l.r. Lazio n. 86/1990 che prevede la sottoposizione al regime delle zone bianche delle aree nelle quali sia decaduto il piano attuativo con applicazione dell’art. 41 quinquies L.U. Va conseguentemente dichiarata l’infondatezza dell’appello incidentale della società Immobiliare Edilizia Nuova Foligno anche proposto avverso la sentenza, nella parte in cui ha annullato la concessione edilizia 7.7.1998 n. 641/c (in accoglimento dei ricorsi n. 11140/98 e 11141/98) per mancanza di indicazioni chiare sull’organizzazione dell’area, sugli indici fondiari e sulla tipologia dei fabbricati. La decadenza dello strumento urbanistico attuativo non comporta che l’area sia per ciò solo edificabile: una volta cessata l’efficacia dei piani di zona approvati con D.M. n. 3266/64, cui rinvia il piano regolatore generale relativamente alle zone E3 destinate all’insediamento di edilizia economica e popolare, deve ritenersi applicabile il limite dell’art. 4 u.c. l. n. 10/1977 e dell’art. 1 della l.r. n. 86/1990, senza possibilità di ricavare dalle N.T.A. una disciplina urbanistica alternativa a quella specifica che regola l’edificazione delle zone E3, in quanto gli artt. 2 e 8 delle disposizioni attuative sono prive di qualsiasi valenza programmatoria per dare una concreta e definitiva configurazione funzionale all’assetto urbanistico della zona.
IV.1) Va al proposito condiviso il percorso argomentativo seguito dal comune nel pervenire all’annullamento della concessione di che trattasi (con la determinazione dirigenziale 26.2.1999 n. 301). Conformemente all’orientamento dell’Avvocatura sull’art. 17, l. n. 1150/1942 e sulla l.r. n. 86/1990 (di cui alla nota 21 gennaio 1999, n. 1256), il Dipartimento IX U.O. - dopo un primo avviso favorevole al rilascio delle concessioni edilizie nelle aree ricadenti in P.d.Z. decaduti, ritenuto che la decadenza dei piani particolareggiati ne comportava l’inefficacia per la parte non realizzata con applicazione delle norme generali fissate dal PRG e degli indici edificatori discendenti dalla densità territoriale fissata dallo strumento urbanistico generale e con l’ulteriore limite di 3 mc/mq ove lo strumento prevedesse indici superiori - si è diversamente risolto per le aree addette a servizi.
Il Dipartimento ha condiviso l’interpretazione dell’Avvocatura comunale secondo cui sia l’art. 17, l. n. 1150/1942 che la l.r. n. 36/1990 implicherebbero l’inedificabilità delle suddette aree alla stregua delle “aree bianche” di cui all’art. 4, l. n. 10/1977, mentre per le residue aree già edificabili secondo i piani attuativi rimarrebbero in vigore tutte le prescrizioni edilizie e urbanistiche, inclusa la possibilità edificatoria individuata nei piani medesimi sempre che si tratti di lotti residui di modeste dimensioni e interclusi. Onde l’annullamento d’ufficio della concessione n. 641/c del 7.7.1998 per essere l’area inedificabile e da assimilare alle zone bianche, perché ricade in zona E3 destinata a servizi pubblici annonari e commerciali, successivamente alla decadenza per decorso del quinquennio del P.d.Z. 67 Acqua Traversa Sud, attuativo della l. n. 167/1962.
IV.2) Non può essere in proposito condiviso l’assunto dei Primi Giudici, circa la valenza delle norme di piano regolatore, e, in particolare degli artt. 2 e 8, che detterebbero per l’area in questione una disciplina precisa e dettagliata per ciò che attiene alle destinazioni di zona, ai fondamentali parametri per l’edificazione e -per quanto riguarda il dimensionamento e la localizzazione delle infrastrutture- tali da escludere una carenza di programmazione del territorio. Per le aree classificate E3, l’art. 8 N.T.A. -che costituisce normativa urbanistica in vigore- individua la destinazione urbanistica dell’area e gli standards occorrenti per le infrastrutture, con rinvio alle previsioni dei piani approvati con il decreto n. 3266/1964 del Ministro LL.PP.: l’impossibilità di applicare tali disposizioni per le aree edificabili rappresenta sicuramente un vuoto di pianificazione senza che possa essere ovviato dall’art. 2 della N.T.A. al P.R.G., dato il suo carattere di normativa-quadro applicabile come tale ad ogni zona dello strumento generale.
Dei possibili ambiti argomentativi prospettabili in assenza di piani attuativi per le aree inutilizzate (l’uno implicante l’applicazione della disciplina delle zone bianche, l’altro implicante l’applicabilità della disciplina di P.R.G. ove sufficientemente dettagliata circa la destinazione d’uso), erroneamente perciò la sentenza impugnata ha optato per il secondo, ravvisando nella normativa generale tutti gli elementi per consentire l’utilizzo delle aree comprese nel piano di zona anche dopo la sua decadenza: elementi tali da escludere la necessità di una rinnovata pianificazione attuativa per l’utilizzo delle aree.
IV.3) La stessa perizia 3 gennaio 2000 dell’ing. Ingrao dà atto che per la zona E (espansione) ove ricade il terreno di proprietà dell’immobiliare “Nuova Foligno” (catasto fg. 383 p.lle 155-113 e 37) le previsioni del piano regolatore generale approvato con D.P.R. 16.12.1965 e la variante generale prevedevano la destinazione ad edilizia popolare ed economica da attuarsi mediante i piani di zona approvati con D.M. 11 agosto 1964, n. 3266 e successive varianti per le aree soggette (e non soggette) ai vincoli di cui alla legge 18.4.1962 n. 167. Secondo la citata relazione il P.d.Z. “Acqua Travesa” redatto il 12.11.1963 e approvato l’11.8.1964 con D.M. LL.PP. n. 3266/1964 si configura in maniera singolare: l’intera area del piano di 161.200 mq, si articola in due parti: una zona di intervento, estesa in 67.200 mq., due aree per servizi per una superficie complessiva di 43.790 mq. e una terza zona di aree non soggette a vincolo di 51.200 mq.. Il motivo di una tale configurazione risale al fatto che tale piano venne inserito nel PEEP al precipuo scopo di consentire la realizzazione, in un contesto di edilizia economica e popolare, della sola zona di intervento già programmata al fine dell’edificazione di un composito complesso abitativo. In generale, i piani costituenti il PEEP sono regolati da una normativa specifica che sin dall’origine hanno accompagnato i suddetti piani che prescrive la loro realizzazione attraverso piani di lottizzazione e tramite planovolumetrici redatti in scala 1:1000 e secondo le norme tecniche contenute nel piano ex lege n. 167/62. Circa il rapporto esistente tra zona “E” e sottozona “E3”, il perito ha precisato che delle tre sottozone, l’area oggetto del ricorso ricade in una delle due aree con destinazione a zona dei servizi pubblici. Le due aree a servizi pubblici risultano all’interno di un solo perimetro. Queste due aree risultano comprese all’interno del limite del piano di zona e sono state trattate come se fossero esterne a tale limite: infatti la cubatura afferente tali aree non è stata trasferita sul lotto di intervento e, in sede di attuazione del piano di zona, non si è proceduto ad esproprio o acquisizione contestuale, come generalmente ha fatto il comune in sede di attuazione dei programmi di edilizia economica e popolare. Il perito afferma infine che la prima area di mq. 16.000, posta all’estremo ovest del comprensorio, nella quale è compreso il terreno oggetto del ricorso, risulta essere ancora completamente libera da costruzioni, come riscontrabile nella planimetria. La seconda di tali aree, di mq. 24.000 risulta utilizzata in parte da un servizio di carattere generale (complesso edilizio dell’agenzia Belsito) e delle Poste e Telegrafi.
Nessuna delle osservazioni formulate dal perito si presta a sorreggere le conclusioni della sentenza di primo grado. Non quella relativa alla mai avvenuta espropriazione del terreno, non essendo stato rinnovato, dopo la decadenza, lo strumento urbanistico attuativo necessario per procedere ad esproprio; né quella dell’esistenza di un complesso edilizio destinato ad agenzia e di un ufficio poste e telegrafi, ben lontana dal soddisfare le esigenze infrastrutturali necessarie a permettere nuovi insediamenti edilizi. Circa l’urbanizzazione della zona, il perito rileva come nel “lotto d’intervento” siano state rilevate cinque serie di edifici isolati, per un totale di trentadue edifici in genere del tipo di due appartamenti a piano, dell’altezza media di due piani. In merito alla determinazione dell’indice volumetrico, la perizia non offre alcuna certezza: per il sub comprensorio individuato come “lotto d’intervento”, la perizia determina una cubatura teorica pari allo 0,8% e l’edificato per un ammontare di mc. 53.760 pari a quella prevista nel piano di zona, ferma restando la necessità di esaminare i singoli progetti assentiti con l’ipotesi però di un incremento di cubatura fuori terra pari al cinquanta per cento, dato l’andamento scosceso del terreno; per le altre zone la perizia determina un indice di costruibilità di 1,68/mc/mq deducendo l’altezza dei fabbricati in seguito all’interpretazione di un’analisi fotografica. L’incertezza di tali conclusioni non si dirime con l’integrazione effettuata con la perizia del 23 febbraio 2001, richiesta dal Tar Lazio, nella quale il perito d’ufficio e quello di parte pervengono a conclusioni confliggenti circa la cubatura edilizia residua insediabile (cfr. pagg. 18 e 19 dell’elaborato). Più che contrastare, le conclusioni del perito d’ufficio suffragano perciò le conclusioni circa l’impossibilità degli artt. 2 e 8 delle N.T.A. di superare l’applicazione alla zona dell’art. 4, l. n. 10/1977.
IV.4) Secondo la giurisprudenza della Sezione, affinché la decadenza dello strumento attuativo determini la situazione del tutto peculiare nei limiti desumibili dall'art. 4 della l. 28 gennaio 1977 n. 10 (limiti propri dei comuni sforniti di piano generale) è necessario che difetti in tutto o in parte una disciplina desumibile dallo strumento pianificatorio (Cons. Stato, V, 1 febbraio 1995, n. 163). Ancor più recentemente è stata ribadita la possibilità di rilasciare la concessione edilizia anche in assenza del piano attuativo richiesto dalle norme di piano regolatore, se sia assodato che l’area edificabile di proprietà del richiedente è l’unica a non essere stata ancora edificata e si trova in una zona integralmente interessata da costruzioni e dotata delle opere di urbanizzazione (Cons. Stato, V, 3 marzo 2004, n. 1013). In altre parole, si può prescindere dallo strumento attuativo prescritto dalle norme tecniche di P.R.G. solo ove nel comprensorio interessato sussista una situazione di fatto corrispondente a quella derivante dall’attuazione dello strumento attuativo o quando la presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria sia pari agli standard urbanistici minimi prescritti (Cons. Stato, V, 24 settembre 1997, n. 1016; in ordine all’ “esistenza” delle opere di urbanizzazione: Cons. Stato, V, 25 ottobre 1997, n. 1189 e 29 aprile 2000, n. 2562).
Nella disciplina di zona stabilita negli artt. 2 e 8 della N.T.A. non sono ravvisabili gli elementi di assoluta specificità idonei a consentire l’edificazione in assenza di strumenti ulteriori di dettaglio. L’art. 8, invero, stabilisce la sola destinazione della zona ad edilizia ex lege 167/62 con le previsioni di cui al D.M. n. 3266/1964 e il piano particolareggiato per le zone non soggette ai suddetti vincoli. L’art. 2 prescrive gli standards minimi cui devono essere improntate le nuove edificazioni sia a carattere abitativo che commerciale. La disposizione riveste quindi mero carattere metodologico e valenza esclusivamente indicativa delle caratteristiche dei futuri insediamenti. E neanche sorreggono le conclusioni della decisione impugnata le considerazioni dei periti nell’anzidetta relazione delle 23 febbraio 2001 in merito alle infrastrutture urbanistico-edilizie: sulla base di un bilancio di tipo comprensoriale complessivo (pag. 28 dell’elaborato) i periti concludono che “si dovrà provvedere all’interno delle aree di pertinenza di ciascun lotto al reperimento di quelle necessarie a soddisfare lo standard di mq 25,3 per abitante, proporzionalmente all’entità della cubatura ancora da insediare. L’indirizzo sopra prospettato, già previsto dal P.R.G. di Roma per le zone “E” con applicazione delle lottizzazioni convenzionate consente di seguire il metodo della perequazione e non la strada del piano particolareggiato. Gli stessi periti hanno ritenuto comunque necessario uno strumento urbanistico esecutivo o di secondo grado, vuoi di iniziativa privata vuoi di iniziativa pubblica.
È a tal punto irrilevante ai fini di prescindere dalla necessità di uno strumento attuativo che la IX Circoscrizione del comune di Roma abbia certificato la situazione di pressoché totale edificazione del comprensorio e la presenza di tutte le opere di urbanizzazione primaria: dette opere rappresentano solo una parte dei presupposti cui è subordinata all’edificazione che, per essere legittimamente assentita, deve soddisfare a tutte le condizioni previste in materia di standard strutturali, condizioni che pur non potendo prescindere dal valutare motivatamente la situazione creatasi nel frattempo, non possono prescindere dall’intervento dell’organo di pianificazione, con l’adozione di uno strumento ad hoc, di esclusiva pertinenza dell’Amministrazione.
IV.5) La sentenza in esame è pertanto da confermare nella parte in cui ha ritenuto illegittima la concessione edilizia 7.7.1998, n. 641/c a suo tempo rilasciata a favore della società per l’insufficienza delle indicazioni degli artt. 2 e 8 delle N.T.A., ed è da riformare nella parte in cui ha ritenuto di dettare autonomamente gli indici di edificabilità, sia pure in assenza dei nuovi necessari interventi pianificatori cui raccordare la concessione edilizia, ma sulla sola base di quanto stabilito dai periti di parte e dal consulente tecnico d’ufficio.
Siffatta operazione non è rimessa alla valutazione del giudice, ma alla discrezionalità dell’amministrazione, che ben può stabilire l’indice di fabbricabilità non solo sulla base dei fabbricati circostanti e dell’edificazione complessiva dell’intera zona E, ma anche in ragione di altri interessi che non siano puramente tecnici come quelli presi in esame dai periti di parte e del CTU del tribunale, che hanno stabilito il diritto ad insediare nell’area di che trattasi 0,8 mc/mq. residenziali e 0,12 mc/mq non residenziali. Sia pur condividendo l’iter logico-argomentativo della sentenza impugnata secondo cui l’indice di edificabilità dell’area non può identificarsi in assoluto né nella misura di 1,19 mc/mq. in base alla tabella “A” contenuta nell’art. 2 della N.T.A. né nella misura di 3 mc/mq. e oltre, come indicato dai periti dei sigg. La Cava e Moschese, ritiene la Sezione che siffatta determinazione non possa essere sottratta alla potestà del comune, competente a valutare -motivatamente- tutte le esigenze urbanistico edilizie proprie di qualsiasi insediamento di un nuovo comprensorio nell’ambito del tessuto già esistente.
IV.6) Secondo la giurisprudenza della Sezione (Cons. Stato, V, 15 febbraio 2001, n. 790; Cons Stato, V, 3 marzo 2003, n. 1172), la cessazione dell'efficacia delle prescrizioni vincolistiche del piano regolatore non è assimilabile all'ipotesi di piano regolatore inesistente di cui all'art. 41 quinquies, l. 17 agosto 1942 n. 1150, ma determina l’applicazione dell'art. 4, ultimo comma, l. 28 gennaio 1977, n. 10, in analogia a quanto accade per le cd. zone bianche. E invero, una volta decaduto il vincolo di piano di zona ex lege n. 167 del 1962 cui era assoggettata, il comune non ha più reiterato il vincolo sulla sottozona E3 né ha sottoposto l’area ad alcun provvedimento ablatorio, diretto ad attuare la destinazione a servizi pubblici locali-annonaria e commerciale al comprensorio medesimo. Assodato che la disciplina di cui agli artt. 2 e 8 delle N.T.A. non contiene elementi di dettaglio sufficientemente specifici e l’esigenza di dare corso a nuovi strumenti pianificatori anche su istanza dell’interessato nel quadro del vigente assetto alla zona, spetta all’Amministrazione prevedere gli indici di fabbricabilità e gli standards cui attenersi nelle nuove edificazioni, con diritto del privato, in caso di inerzia promuovere gli interventi regionali sostitutivi oppure agire in via giurisdizionale mediante gli strumenti previsti contro il silenzio -rifiuto dall'art. 2, l. n. 205 del 2000 (Cons Stato, IV, 28 gennaio 2002, n. 456).
È implicito che, nel disporre in merito agli indici di edificabilità e della destinazione per l'area interessata, il comune non potrà non tenere conto dell’intervenuta urbanizzazione dell’intera zona: in una disciplina di dettaglio volta ad imprimere al comprensorio un diverso assetto, pare al Collegio imprescindibile valutare i mutamenti succedutisi nel periodo successivo al quinquennio di decadenza del vincolo.
IV.7) Degli appelli in esame va conclusivamente accolto quello principale e respinto quello incidentale, di cui può conseguentemente essere omesso l’esame dell’eccezione d’inammissibilità del Comune di Roma di sopravvenuta carenza d’interesse della società “Nuova Foligno” per avere ottenuto il 12 febbraio 2003, la concessione edilizia n. 143/c in relazione ad un nuovo progetto presentato.
IV.8) Quanto agli altri motivi dell’appello principale, vanno assorbiti il secondo motivo (e i motivi aggiunti 10/15.101998) perché attenenti agli indici di edificabilità, di competenza del Comune nell’emanando strumento di pianificazione.
IV.9) Delle ulteriori censure prospettate nell’appello principale, va poi respinto il terzo motivo, in quanto non è stata ravvisata (dal consulente tecnico d’ufficio e da quelli di parte) alcuna nuova destinazione a servizi del lotto di ragioni “Nuova Foligno”, nell’ambito del “Piano delle Certezze” ex del. CC n. 92/97 e il quarto, in quanto i medesimi consulenti di parte e d’ufficio non hanno riconosciuto l’esistenza dei vincoli di cui alle leggi nn. 1497/1939 e 431/1985, con conseguente inapplicabilità delle prescrizioni contenute nel P.T.P. n. 14/7 “Veio e Cesano”. Vanno anche rigettati il quinto motivo non avendo il CTU riconosciuto la necessità di subordinare l’edificazione di nuovi manufatti alla previa identificazione mediante strumento attuativo dei servizi pubblici necessari all’intero comprensorio giusta l’art. 61 del P.T.P. n. 14/7 “Veio e Cesano” nonché il sesto motivo, non avendo il CTU confermato le valutazioni dello stato dei luoghi, con riferimento alla superficie utile del terreno interessato alla concessione impugnata, alle quote altimetriche e alla soppressione di una servitù di passaggio.
IV.10) Dalla parziale riforma della sentenza di primo grado n. 6902/02, discende l’accoglimento in toto dei ricorsi originari n. 11140/98 e n. 11141/98 rispettivamente proposti dai sigg.ri La Cava Lucia e Moschese Alfredo e dalla società “Le Ginestre”, nella parte in cui desumono l’illegittimità della concessione edilizia 7.7.1998, n. 641/c rilasciata alla società Immobiliare Edilizia Nuova Foligno, e per l’effetto l’annullamento della concessione stessa.
V) Va a tal punto provveduto sugli ulteriori appelli n. 816/2000, n. 1216/2001 e n. 3936/2001 proposti nei confronti delle sentenze n. 1816/1999 e n. 5934/2000, la prima delle quali è stata impugnata dal Comune di Roma in via principale e dai sigg.ri La Cava e Moschese in via incidentale (n. 816/2000) e la seconda è stata impugnata con separati ricorsi dal comune di Roma e dai sigg.ri La Cava Lucia e Moschese Alfredo e dalla società Le Ginestre (n. 1216/2001 e n. 3936/2001).
V.1) Dei predetti appelli va sicuramente accolto il motivo dedotto anche nell’appello incidentale e nell’appello n. 1216/01, di violazione dell’art. 51, comma 3, lett. f, l. n. 142/1990 come modificato dalla l. n. 127/1997, per avere il Tar ritenuto il dirigente del IX Dipartimento del Comune di Roma incompetente ad emanare la determinazione 26.2.1999, n. 301, di annullamento d’ufficio della concessione edilizia 7.7.1998, n. 641/C (impugnata con il ricorso n. 4078/99). In proposito, il Tar del Lazio ha affermato che l’art. 27 dello Statuto del comune di Roma laddove attribuisce ai dirigenti “l’emanazione di tutti gli atti di gestione che non comportino l’esercizio di poteri discrezionali” non può ritenersi superato dall’ampliamento delle competenze degli organi burocratici dell’ente introdotto dalla normativa succedutasi alla legge n. 142/1990.
L’affermazione non appare convincente.
L’art. 27 dello Statuto, anche se limita la competenza dei dirigenti ai soli atti di gestione, non indica quale degli organi di governo del comune debba emanare i provvedimenti che comportino l’esercizio di poteri discrezionali, come prescrive espressamente il testo originario dell’art. 51 comma 3, l. n. 142/1990, affinché possa operare la deroga alla competenza generalizzata dei dirigenti ad adottare gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno. L’attribuzione generalizzata agli organi burocratici ad emanare tutti i provvedimenti propri dell’ente locale, a prescindere dal loro contenuto -vincolato o discrezionale che sia- è stata precisata nell’emendamento al comma 3 dell'art. 51, l. n. 142/1990 introdotto dall’art. 6, comma 2, l. 127/1997, che inquadra fa quelli propri della dirigenza sia, in generale, i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dall'organo politico, sia, in particolare, i provvedimenti il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie. La norma, di immeditata applicazione, esprime la diversa imputazione dei poteri e delle responsabilità degli organi burocratici e politici in seno all’ente locale e supera le eventuali distribuzioni di competenza in senso diverso contenute nelle disposizioni di secondo grado, ivi compresi gli statuti, che gli enti locali possano avere emanato con efficacia generale, sia sotto il profilo della gerarchia delle fonti, che sotto l’aspetto sistematico. Qualsiasi deroga a siffatti criteri, che valgono anche con riferimento all’emanazione del contrarius actus in considerazione della delicatezza della materia e delle connesse implicazioni economiche sotto il profilo risarcitorio, comporta squilibri nell’assetto dei poteri in seno all’ente ed incertezza nell’esercizio delle attribuzioni proprie degli organi politici e di quelli burocratici, diversamente dalla ratio chiarificatrice della legge n. 127/1997 e ancor più del D.Lgs. n. 267/2000 che, in tema, subordina l'esercizio della potestà statutaria e regolamentare degli enti ai principi del capo II del D.Lgs. n. 29/1993 (ora D.Lgs. n. 165/2001), nel quale l’anzidetta separazione di potestà risulta ulteriormente enfatizzata. Dell’emanazione degli atti di gestione e di quelli contrari è conclusivamente responsabile il solo dirigente, a prescindere dalle conseguenze di carattere economico o amministrativo che la sua adozione implichi per l’ente. Il limite dell’art. 27 dello Statuto del Comune di Roma, volto ad escludere dalla competenza dei dirigenti l’adozione di provvedimenti discrezionali deve essere, pertanto, interpretato in senso dinamico: quando l’istruttoria espletata implichi valutazioni rimesse alla sua potestà, come avviene per il rilascio di concessioni, previsto alla lett. e) della disposizione, ben può il dirigente esprimere valutazioni sue proprie e procedere anche all’adozione del contrarius actus nel quadro della sua autonomia di poteri che la legge gli attribuisce. Il motivo d’appello deve essere conseguentemente accolto e va dichiarata la competenza del dirigente del IX Dipartimento del Comune ad emanare la determinazione 26.2.1999, n. 301.
V.2) L’accoglimento del motivo implica l’assorbimento dell’ulteriore censura (anch’essa comune anche all’appello incidentale dei sigg.ri La Cava e Moschese e all’appello n. 1216/01) di violazione dell’art. 26, l. 1034/1971, rivolta nei confronti della sentenza in esame, per avere esaminato anche gli altri motivi del ricorso n. n. 4078/99, nonostante preclusi dalla dichiarata incompetenza del dirigente cui risaliva l’impugnato auto annullamento della concessione.
V.3) Conclusivamente, gli appelli (principale e incidentale n. 816/2000) devono essere accolti limitatamente al primo motivo con assorbimento delle ulteriori censure.
VI. Dalle considerazioni svolte circa l’illegittimità della concessione n. 641/c discende la fondatezza degli ulteriori appelli n. 1216/2001 del Comune di Roma e n. 3936/2001 dei sigg.ri La Cava e Moschese nei confronti della successiva sentenza parziale n. 5394/2000 che ha annullato: -i provvedimenti dirigenziali 25.9.1998, n. 416 (di sospensione dei lavori), 25.10.1998 n. 46817 (di avviso di avvio del procedimento di annullamento e contestuale proroga della sospensione); -il provvedimento 26.2.1999, n. 301 (di annullamento della concessione edilizia 7.7.1998, n. 641/c); -nonché, nei limiti di cui in motivazione, la delibera consiliare in data 29.5.1997, n. 92 (di adozione della variante al P.R.G. denominata “piano delle certezze”).
VI.1) Non assumono alcun rilievo ai fini del decidere la procura ad litem e la memoria depositata dal Codacons, non avendo quest’ultimo opposto alcuna censura nei confronti di quanto statuito dalla sentenza circa l’estinzione del ricorso n. 11344/98 -proposto dal Codacons medesimo e dalla sig.ra Viviana Moschese- per non avere dato impulso alla sua trattazione con apposita istanza di fissazione dopo l’espletamento dell’istruttoria disposta con la precedente sentenza parziale n. 1816/99 sui ricorsi n. 15258/98 e n. 4078/99 ai quali era stato riunito il predetto ricorso n. 11344/98. Dichiarato estinto il giudizio di primo grado, il Codacons non ha alcuna veste processuale ad essere presenti nella fase di appello e va estromesso dal giudizio.
VI.2) Dalla declaratoria d’illegittimità della concessione n. 641/c e dall’accoglimento dell’appello n. 10121/2003 deriva la riforma della sentenza n. 5394/2000 nella parte in cui ha accolto il ricorso proposto dalla società Immobiliare “Nuova Foligno” nei confronti dell’annullamento d’ufficio 26.2.1999 n. 301 del titolo concessorio, sul presupposto che l’area fosse rimasta priva di destinazione urbanistica a causa della decadenza del piano particolareggiato, con applicazione dell’art. 1 della l.r. Lazio n. 86/90, alle cui prescrizioni sarebbe stata difforme la concessione stessa.
L’applicazione all’area della Immobiliare Nuova Foligno della disciplina delle zone bianche e la necessità del comune di riprovvedere con un proprio atto implica il fondamento degli appelli nei confronti della decisione n. 5934/2000 nella parte in cui ha annullato i provvedimenti di sospensione n. 416 in data 25.10.1998 e n. 46817, in data 25.10.1998, perché prodoromici alla determinazione dirigenziale 26.2.1999, n. 301 di annullamento della concessione edilizia del 7.7.1998 n. 641/c., a prescindere ad ogni rilievo sulla procedura seguita dal comune nell’adottare i predetti provvedimenti soprassessori delle opere in itinere. Vanno quindi dichiarati fondati i motivi di merito, precisamente il quarto motivo dell’appello del Comune di Roma (n. 1216/01) e il quarto e quinto motivo dell’appello dei sigg.ri La Cava e Moschese (n. 3936/01), con assorbimento delle ulteriori censure.
VI.3) Al momento di riprovvedere spetterà al comune di Roma l’onere di valutare motivatamente se e in quale misura tenere conto di quanto emerso in sede di perizia circa la delibera C.C. 29.5.1997, n. 92, di variante al P.R.G. denominata “Piano delle Certezze”, in quanto la cosiddetta “Carta dell’Agro Romano” è stata effettivamente recepita senza adeguato riscontro delle situazioni di fatto esistente in relazione a quella storica con inevitabili riflessi sulla congruità della fascia di rispetto di 50 m, per il “Casale Avenali”. La perizia dell’ing. Ingrao in data 3 gennaio 2000 da atto che il “Casale Avenali” insiste su un’area in parte aperta al pubblico e consta di un fabbricato sensibilmente rimaneggiato nelle facciate e (il perito suppone) anche all’interno con la destinazione d’uso per uffici privati. Il perito ha dato atto che il casale non è vincolato ai sensi della l. n. 1089/1939 e risulta indicato al n. 94, fg. 14-Nord della Carta Storica Archeologica Monumentale del Suburbio Romano, e contrassegnato come “casale conservato moderno oltre il XV secolo”. Sempre ad avviso del perito medesimo, la suddetta Carta, per tutte le parti non vincolate con specifici decreti ministeriali, ha avuto valore indicativo e culturale, ancorché sempre citata come allegato al P.R.G.; soltanto in sede della variante generale al P.R.G., detta “Variante delle Certezze” di cui alla deliberazione consiliare 29 maggio 1997 n. 92, è stata data rilevanza urbanistica alla Carta dell’Agro: all’allegato “A”, delle norme di attuazione, l’art. 16 (Zone vincolate) prevede, infatti, la previa acquisizione a cura del responsabile del procedimento del parere delle competenti autorità per il rilascio della concessione: il parere ha per oggetto la valutazione della compatibilità dell’intervento con i beni indicati nella “Carta”. Per ciò che riguarda in particolare la zona ove ricade il lotto di che trattasi, ricompresa nel P.T.P. 15.7 e contrassegnata come TLa, finalità del piano è garantire, mediante l’osservanza di prescrizioni generali, che le trasformazioni avvengano nel rispetto dei beni presenti e accompagnati da riqualificazione sia all’interno dei tessuti urbanistici che all’esterno di essi. La rilevanza del Casale è pertanto poco significativa dal punto di vista storico architettonico e non giustifica la fascia di rispetto imposta dalla variante il piano regolatore.
VI.4) L’assorbimento degli ulteriori profili di censura contenuti negli appelli rende superfluo sul piano logico l’esame dei motivi di rito (il primo e il terzo motivo dell’appello dei sigg.ri La Cava e Moschese n. 3936/2001).
VII) Degli appelli n. 816/2000, n. 1216/2001 e n. 3936/2001 siccome riuniti con l’appello n. 10212/2003:
- quanto all’appello n. 10212/03, va accolto per le ragioni di cui in motivazione l’appello principale dei sigg.ri La Cava Lucia e Moschese Alfredo e va respinto quello incidentale della società “Immobiliare Nuova Foligno”. Va per l’effetto parzialmente riformata la sentenza di primo grado n. 6902/02, e vanno accolti i ricorsi originari n. 11140/98 e n. 11141/98 rispettivamente proposti dai sigg.ri La Cava Lucia e Moschese Alfredo e dalla società “Le Ginestre” con annullamento della concessione edilizia 7.7.1998, n. 641/c.
- quanto all’appello n. 816/2000, vanno accolti gli appelli principale e incidentale del comune di Roma e dei sigg.ri La Cava Lucia e Moschese Alfredo relativamente alla declaratoria d’incompetenza del dirigente del comune di Roma ad adottare la determina dirigenziale 26.21999, n. 30, con riforma sul punto della sentenza parziale del Tar del Lazio n. 1816/1999.
- quanto agli appelli n. 1216/2001 n. 3936/2001, vanno accolti gli appelli del comune di Roma e dei sigg.ri La Cava Lucia e Moschese Alfredo, con riforma sul punto della sentenza parziale n. 5934/2000. Devono essere respinti i ricorsi originari n. 15258/98 (avverso i provvedimenti 25.10.1998, n. 416 e 25.10.19998, n. 46817) e n. 4078/99 (avverso la determinazione 26.2.1999, n. 301). Va dichiarato estinto il ricorso n. 11344/98, proposto in primo grado dalla sig.ra Viviana Moschese e dal Codacons, che va pertanto estromesso dal giudizio di appello.
Ricorrono i giusti motivi per compensare spese, competenze ed onorari di ambedue i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato – Quinta Sezione definitivamente decidendo sui ricorsi in premesse:
1) Riunisce gli appelli n. 816/2000, n. 1216/2001 e n. 3936/2001 con l’appello n. 10212/2003.
2) Accoglie, per quanto di ragione, gli appelli del comune di Roma e dei sigg.ri La Cava Lucia e Moschese Alfredo. Respinge l’appello incidentale della società “Immobiliare Nuova Foligno”. Riforma per l’effetto le sentenze del Tar del Lazio n. 1816/1999, n. 5934/2000 e n. 6902/2002 nei limiti di cui in motivazione. Respinge i ricorsi originari della società “Immobiliare Nuova Foligno” n. 15258/98 (avverso i provvedimenti 25.10.1998, n. 416 e 25.10.1998, n. 46817) e n. 4078/1999 (avverso la determinazione 26.2.1999, n. 301). Dichiara estinto il giudizio relativo al ricorso in primo grado n. 11344/98 proposto dalla sig.ra Viviana Moschese e dal Codacons ed estromete il Codacons dalla presente fase. Accoglie, per le ragioni di cui in motivazione, i ricorsi originari n. 11140/98 e n. 11141/98 (dei sigg.ri La Cava Lucia, Moschese Alfredo e della società “Le Ginestre” avverso la concessione edilizia 7.7.1998 n. 641/c). Annulla, per l’effetto, la concessione edilizia 7.7.1998 n. 641/c.
3) Compensati spese, competenze ed onorari di ambedue i gradi di giudizio.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 25 maggio 2004 e successivamente dell’8 ottobre 2004 con l’intervento dei Sigg.ri:
Agostino Elefante Presidente
Cesare Lamberti Consigliere, est.
Claudio Marchitiello Consigliere
Nicolina Pullano Consigliere
Gabriele
Carlotti
Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Cesare Lamberti f.to Agostino Elefante
IL SEGRETARIO
f.to Antonietta
Fancello
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16 Novembre 2004
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale
N°. RIC. 816/00-1216 e 3936/01-10212/03 |
RA