REPUBBLICA ITALIANA    N.7749/04REG.DEC.

         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO    N. 10729-10730REG. RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,   Quinta  Sezione           ANNO 1998

ha pronunciato la seguente

decisione

sui ricorsi in appello n. 10729/1998 e n. 10730/1998, proposti dal Sig. Giovanni Pasquale, rappresentato e difeso dall’Avv. Vincenzo Colalillo, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Via Appia Nuova, n. 519, presso l’avv. C. Palmieri,

CONTRO

il Comune di Pietracatella, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Guida con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Via Ferdinando Innocenti, n. 32, c/o Dott. Mario Mariano,

per la riforma:

- con il ricorso n. 10729/1998, della sentenza del T.A.R. del Molise del 9.6.1998, n. 97;

- con il ricorso 10730/1998, della sentenza del T.A.R. del Molise del 9.10.1998, n. 332:

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto gli atti di costituzione nei due giudizi del Comune di Pietracatella;

Visti gli atti tutti di causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 15.6.2004, il Consigliere  Claudio Marchitiello;

Uditi gli avv.ti A. Abbamonte su delega dell’avv. Colalillo e l’avv. Masiani su delega dell’avv. Guida;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

I - Con il ricorso n. 47/1989, il Sig. Giovanni Pasquale, impiegato del Comune di Pietracatella, inquadrato con la deliberazione della Giunta Municipale del 25.6.1987, n. 98, nella VII qualifica funzionale ex D.P.R. n. 347 del 1983, esaminata senza rilievi dall’organo di controllo, impugnò la decisione del CO.RE.CO. del 17.2.1996, n. 1089, di annullamento della successiva deliberazione del 29.6.1988, n. 85.

Il CO.RE.CO., dopo  aver controllato senza rilievi la deliberazione n. 98, aveva chiesto al Comune di riesaminare tale atto in quanto vistato per mero errore.

Con la deliberazione n. 85, il Comune aveva invece attribuito, in applicazione il d.P.R. n. 268 del 1987, al Sig. Pasquale il trattamento economico correlato alla VII qualifica funzionale.  Con il ricorso n. 24/1997, il Sig. Pasquale impugnò la deliberazione del 14.11.1996, n. 135, con la quale il commissario straordinario reggente il Comune di Pietracatella aveva annullato il provvedimento di inquadramento nella VII qualifica funzionale e aveva reinquadrato lo stesso Sig. Pasquale retroattivamente nella VI qualifica funzionale.

La Regione Molise si costituì nei due giudizi opponendosi all’accoglimento dei ricorsi.

Il Comune di Pietracatella non si costituì.

Il T.A.R. del Molise, con la sentenza del 9.6.1998, n. 97, riuniti i due ricorsi, rigettò il ricorso n. 24/1997, esaminato per primo, e dichiarò improcedibile per sopravvenuto difetto d’interesse il ricorso n. 47/1989.

Il Sig. Pasquale, con l’appello n. 10729/1998, ha impugnato tale sentenza deducendone la erroneità e domandandone la riforma.

Il Comune di Pietracatella si è costituito in appello, chiedendo la conferma della sentenza appellata.

II – Con il ricorso n. 332/1998, il Sig. Pasquale impugnò la nota del 9.9.1997, n. 2084, del Sindaco di Pietracatella di reiezione della sua istanza  dell’8.8.1997, con la quale aveva chiesto l’applicazione in suo favore dell’art. 6, comma 17, della legge 15.5.1997, n. 127.

Il Comune di Pietracatella si costituì in giudizio opponendosi all’accoglimento del ricorso.

Il T.A.R. del Molise, con la sentenza del 9.10.1998, n. 332, rigettò il ricorso.

Il Sig Pasquale, con l’appello n. 10730/1998, impugna tale sentenza.

Il Comune di Pietracatella resiste all’appello chiedendo la conferma della sentenza del T.A.R.

All’udienza del 15.6.2004, i ricorsi sono stati ritenuti per la decisione.

DIRITTO

I- I due appelli in epigrafe possono essere riuniti e definiti con un’unica decisione stante la loro evidente connessione.

II- L’appello n. 10729/1998 è da respingere.

Con il primo motivo, l’appellante reitera la censura, già respinta in primo grado, con la quale deduce la incompetenza del commissario prefettizio ad adottare la deliberazione n. 135 del 14.11.1996, con la quale è stato annullato d’ufficio il suo inquadramento nella VII qualifica funzionale ex D.P.R. n. 347 del 1983 ed è stato  retroattivamente disposto il suo reinquadramento nella VI qualifica funzionale.

L’appellante rileva che il commissario prefettizio, trascorsi 90 giorni dalla sua nomina,  in prossimità, cioè, della ricostituzione degli organi ordinari dell’ente, ha poteri limitati alla ordinaria amministrazione.

L’atto impugnato eccederebbe da tali limiti e, pertanto, sarebbe viziato da incompetenza.

Il motivo è evidentemente infondato.

La deliberazione impugnata in primo grado è stata adottata dal commissario straordinario dell’ente e non dal commissario prefettizio.

Il commissario straordinario (e la commissione straordinaria nei casi di scioglimento dei consigli comunali conseguente a fenomeni di infiltrazione e condizionamenti mafiosi) è l’organo straordinario chiamato a reggere il Comune dopo lo scioglimento del consiglio comunale, in sostituzione degli organi ordinari, che adotta tutti i provvedimenti di competenza degli organi di governo dell’ente fino alla ricostituzione degli organi elettivi (salvo eventuali limitazioni dettate, caso per caso, dal provvedimento di nomina: C.G.A.,2.5.2001, n. 290).

Il commissario prefettizio, invece, è l’organo, anch’esso straordinario, che il Prefetto, per motivi di grave e urgente necessità, nomina per la provvisoria amministrazione dell'ente e per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, dopo avere sospeso il consiglio comunale e in attesa del decreto di scioglimento (art. 39 della legge n. 142 del 1990 trasfuso nell’art. 141 del D.Lgs. n. 267 del 2000).

In ogni caso, a parte la corretta identificazione dell’organo che ha adottato l’atto,  deve rilevarsi che anche i poteri del commissario prefettizio, diversamente da quanto prospettato dal Sig. Pasquale, si estendono a tutti gli atti di gestione dell’ente e durano fino all’insediamento del commissario straordinario (o della commissione). 

Va anche rilevato che il provvedimento con il quale viene annullato d’ufficio un precedente atto di inquadramento illegittimo non può essere configurato come atto di straordinaria amministrazione, ma come atto dovuto, adottato al fine di eliminare una situazione illegale  a carattere permanente e, quindi, rientrante nella  ordinaria amministrazione.

Sono infondati anche il secondo e il terzo motivo di appello, con i quali il Sig. Pasquale contesta la motivazione del provvedimento.

L’atto è congruamente motivato, contrariamente a quanto sostiene l’appellante, sull’interesse pubblico all’annullamento, in quanto evidenzia il perdurante danno economico derivante all’ente dall’aggravio di spesa  rappresentato dalla erogazione all’appellante di un trattamento economico superiore a quello spettantegli in dipendenza di una posizione di stato    illegittima e non rimossa.

Va rilevato, inoltre, che, nel provvedimento commissariale, è posto bene in evidenza anche che nessun affidamento si era potuto ingenerare nell’interessato per il lungo lasso di tempo trascorso dal provvedimento d’inquadramento. La legittimità di tale provvedimento, infatti, è stata immediatamente oggetto di contestazioni, come attestano le reiterate richieste da parte dello stesso organo di controllo che lo aveva esaminato senza rilievi, rivolte al Comune perché riesaminasse la posizione d’inquadramento dell’interessato e le oppugnazioni, anche di altri dipendenti dell’ente, sfociate in controversie ancora pendenti all’atto del provvedimento di annullamento d’ufficio.

Non incide minimamente sulla legittimità del provvedimento commissariale di cui trattasi, anzi ne rafforza il fine a cui è ispirato di ripristino della legalità, il riferimento, contenuto nelle premesse dell’atto,  all’azione di responsabilità intentata dalla Procura regionale della Corte dei Conti nei confronti di alcuni amministratori del Comune per il danno causato all’ente dall’inquadramento del Sig. Pasquale.

Parimenti infondato è il quarto motivo di appello.

L’illegittimità della deliberazione n. 98 del 1987, di inquadramento dell’appellante (che sarebbe stata considerata illegittima anche dalla giurisprudenza coeva al provvedimento di inquadramento), emerge con immediatezza dalla sola lettura dell’art. 2, comma 2, del D.P.R. n. 347 del 1983. In base a tale norma, per gli enti di IV classe, quale è appunto il Comune di Pietracatella, che ha una popolazione inferiore ai tremila abitanti, “la qualifica apicale non può essere superiore alla VI qualifica funzionale”.

Non risulta che l’ente abbia istituito posti della VII qualifica funzionale, istituibili, se indispensabili “in relazione al livello quali-quantitativo dei servizi comunali già esistenti, all’economicità della gestione ed a condizione di idonea garanzia della copertura dei relativi oneri finanziari”, con l’approvazione della Commissione Centrale della Finanza locale (art. 29 del D.P.R. n. 347 del 1983).

Il Comune di Pietracatella, con la deliberazione n. 98, non ha fatto ricorso a tale facoltà e ha  inquadrato l’appellante nella VII qualifica funzionale senza avere nella propria pianta organica il posto corrispondente.

E’ incongruo anche un ulteriore rilievo su cui è articolato il motivo in esame.

Il richiamo nella deliberazione commissariale alla deliberazione della Giunta Municipale del 26.1.1995, n. 8, posta nel nulla dal CO.RE.CO. con ordinanza del 17.2.1995, n. 1089, con la quale si applicò in favore dell’appellante la sanatoria dell’inquadramento illegittimo prevista dall’art. 3, comma 6 bis,  della legge n. 537 del 1993 (dichiarato incostituzionale con la sentenza della Corte costituzionale dell’8/9.1.1996, n. 1), ha il solo significato di  evidenziare che la situazione di illegittimità era ben presente al Comune già da tempo.

Si deve osservare, infine, che risulta infondato in fatto anche il rilievo secondo cui il provvedimento commissariale non avrebbe tenuto conto “dell’accordo sindacale del Comune di Pietracatella”,  giacchè “l’accordo aziendale del 10.5.1986”, è richiamato nel preambolo dell’atto impugnato.

III – Anche l’appello n. 10730/1998 è da respingere.

L’appellante lamenta il diniego di applicazione in suo favore dell’art. 6, comma 17, della legge n. 127 del 1997.

Tale norma, al comma 1, che interessa la presente controversia, dispone che: “entro il 30 settembre 1998 gli enti locali sono tenuti ad annullare i provvedimenti di inquadramento del personale adottati in modo difforme dalle disposizioni del D.P.R. n. 347 del 1983 e successive modificazioni ed integrazioni, e a bandire contestualmente i concorsi per la copertura dei posti resisi vacanti per effetto dell'annullamento. Fino alla data di copertura dei posti resisi disponibili per effetto del presente comma, il personale destinatario dei provvedimenti di inquadramento ivi indicati continua a svolgere le mansioni corrispondenti alla qualifica attribuita con detti provvedimenti, mantenendo il relativo trattamento economico”.

Il T.A.R. ha correttamente rilevato la inapplicabilità della norma entrata in vigore nel 1990 all’appellante il cui provvedimento di inquadramento illegittimo era stato già rimosso fin dal 1996.

D’altra parte, come si è già rilevato, non figurava nell’organico dell’ente un posto della VII qualifica funzionale.

La mancanza di tale posto, infatti, ha costituito la principale ragione dell’annullamento dell’inquadramento dell’appellante.

Va rigettata, infine, anche la censura con la quale l’appellante ha dedotto la incompetenza del Sindaco e la competenza della Giunta Municipale a rigettare la istanza con la quale aveva chiesto l’applicazione in suo favore della norma ora esaminata.

Alla nota sindacale del 9.9.1997, n. 2084, come esattamente ha osservato il T.A.R., deve attribuirsi la natura e la  funzione di arresto procedimentale, per ammetterne la impugnabilità da parte dell’interessato che, altrimenti avrebbe dovuto esperire la procedura del silenzio.

Come tale, essa si rivela legittima sotto il profilo della competenza, spettando al sindaco la convocazione e la fissazione dell’ordine del giorno della Giunta Municipale e, quindi, anche una prima delibazione del fondamento dell’istanza ai fini di sottoporla al vaglio di detto organo deliberante.

IV- I due appelli riuniti, in conclusione, devono essere respinti.

V - Le spese del secondo grado del giudizio dei due appelli, tuttavia, sussistendo giusti motivi, possono essere compensate. 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, riuniti gli appelli in epigrafe, li respinge.

Compensa le spese del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso, in Roma,in Camera di Consiglio, il 15.6.2004, con l'intervento dei signori:

Raffaele Iannotta            Presidente

Paolo Buonvino               Consigliere

Cesare Lamberti              Consigliere

Goffredo Zaccardi            Consigliere

Claudio Marchitiello         Consigliere Estensore 
 

    L'ESTENSORE    IL PRESIDENTE

    Claudio Marchitiello     Raffaele Iannotta 

    IL SEGRETARIO

    Francesco Cutrupi 

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29 novembre 2004

     (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

    IL  DIRIGENTE

    Antonio Natale

  N°. RIC. 10729-10730/98

cdp