REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.7784/04
Reg.Dec.
N. 9220 Reg.Ric.
ANNO 1999
Disp.vo n. 422/2004
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da SALINARDI GIUSEPPE COSTRUZIONI srl in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Pasquale Bartolo, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Maria Stefania Masini in Roma via Flaminia n. 79;
contro
CONSORZIO DI SVILUPPO INDUSTRIALE DELLA PROVINCIA DI POTENZA in persona del Commissario straordinario rappresentato e difeso dall’avv. Matteo Mazzone e dall’avv. prof. Lucio V. Moscarini e domiciliato per legge in Roma alla via Antonelli n. 45, presso lo studio del primo;
e nei confronti di
ASSOCIAZIONE TEMPORANEA DI IMPRESE COSTITUITA TRA LE IMPRESE GIOVANNI PUTIGNANO E FIGLI SRL (mandataria capogruppo), ANTONIO E RAFFAELE GIUZIO SRL, DOMENICO DE VICO, SA.CA S.N.C., STASI ROCCO (mandanti) tutti rappresentati e difesi dall’avv. Mario Sanino e dell’avv. Cesare Loria ed elettivamente domiciliati, presso lo studio del primo in Roma viale Parioli n. 180;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Basilicata - n. 183 del 1999;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla camera di consiglio del 13 luglio 2004 relatore il Consigliere Giancarlo Montedoro.
Uditi, altresì, l’avv. Masini in dichiarata sostituzione dell’avv. Bartolo, l’avv. Moscarini, l’avv. Sanino e l’avv. Loria;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La società SALINARDI GIUSEPPE COSTRUZIONI ha fatto parte dell’Associazione temporanea d’imprese avente come capogruppo la SACCECAV DEPURAZIONI SACEDE SPA, ed ha partecipato, in tale veste, alla gara d’appalto indetta dal CONSORZIO DI SVILUPPO INDUSTRIALE DELLA PROVINCIA DI POTENZA per la delocalizzazione del depuratore della città di Potenza, con riutilizzo industriale delle acque depurate.
A seguito delle operazioni di gara è risultata vincitrice l’associazione temporanea di imprese facente capo al raggruppamento della SOCIETA’ GIOVANNI PUTIGNANO E FIGLI SRL: avverso tale determinazione la società SALINARDI ha proposto ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Basilicata.
Con la sentenza 27 maggio 1999 n. 183 il Tar ha respinto l’appello.
La società SALINARDI ha proposto appello.
Resiste il CONSORZIO spiegando appello incidentale.
DIRITTO
L’appello principale è fondato e deve essere accolto, l’appello incidentale è infondato.
In primo luogo occorre valutare l’appello incidentale che pone le questioni pregiudiziali dell’inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa impugnativa del bando nei termini di legge e per carenza di legittimazione a ricorrere dell’impresa appellante.
Secondo il CONSORZIO appellante incidentale l’IMPRESA SALINARDI avrebbe dovuto impugnare il bando sin dalla sua pubblicazione, avendo dedotto avverso di esso motivi di illegittimità, relativi alla sua formulazione, solo dopo aver partecipato alla gara e solo a distanza di molto tempo dalla sua pubblicazione.
Il motivo di appello incidentale è infondato.
E’ “ius receptum” nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che la necessità dell’immediata impugnazione delle clausole limitative della partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica poggia sul presupposto che si tratti di clausole direttamente lesive dell’interesse a partecipare, siccome inevitabilmente ostative dell’ammissione; peraltro sulle concrete valutazioni necessarie per individuare tale lesività sono sorte oscillazioni.
Secondo un primo orientamento tale lesività va esclusa ogni qualvolta le clausole del bando si prestino a più letture ugualmente plausibili da parte dell’interprete (Il Consiglio ha ad es. ritenuto, in conseguenza, che non sia immediatamente impugnabile la clausola del bando della lettera d’invito alla gara per la costruzione di un nuovo impianto di depurazione, che richieda un attestato dell’ente pubblico committente di aver realizzato nell’ultimo quinquennio antecedente alla data di pubblicazione del bando, un impianto di depurazione di acque reflue di potenzialità non inferiore a quella indicata, essendo dubbia la necessità della produzione di un certificato di collaudo C. Stato, sez. V, 15-02-2002, n. 904).
Secondo altro orientamento ricorrente nell’analisi della giurisprudenza più recente si assiste ad un’evoluzione che alleggerisce l’onere di immediata impugnazione con considerazioni di stampo realistico; così in linea generale si è ritenuto che il giudizio sulla tempestività del ricorso contro un bando di gara pubblica deve essere condotto principalmente sulla base di una serie di circostanze di contesto, quali il contenuto (procedimentale o sostanziale) della clausola sospetta di illegittimità, il tipo di vizio dedotto, l’attitudine della partecipazione alla procedura selettiva a valere come acquiescenza alle regole di gara, l’influenza di un ricorso immediato sui comportamenti dei concorrenti, sullo svolgimento in concreto della gara e sui suoi esiti (fattispecie relativa all’impugnazione di un bando per le clausole che incidono sulla valutazione dell’offerta: è ritenuta rituale l’impugnazione del bando insieme col provvedimento di aggiudicazione) (C. Stato, sez. V, 15-06-2001, n. 3187).
In ultimo, per ragioni di certezza, la Sezione si è espressa nel senso di limitare l’onere di impugnazione alle clausole immediatamente lesive perché ostative della partecipazione di un’impresa alla gara. Così C. Stato, sez. VI, 14-02-2002, n. 846 ha ritenuto che l’onere di impugnare nei termini il bando di gara o la lettera di invito sussiste nella sola ipotesi in cui questa precluderebbe la partecipazione alla gara del soggetto interessato (nella specie non veniva in rilievo una ipotesi siffatta, posto che l’appellante era stata regolarmente ammessa a partecipare alla gara, collocandosi al secondo posto della graduatoria finale e pertanto è stata respinta l’occasione di omessa impugnazione del bando, proposta dalla controparte).
Da ultimo la questione è stata affrontata dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con ulteriore puntualizzazione in senso restrittivo, ha ritenuto che in tema di gara per l’aggiudicazione dei contratti della pubblica amministrazione, ai fini dell’impugnabilità immediata delle clausole del bando o della lettera di invito che stabiliscono i requisiti di partecipazione, ciò che è decisivo è soltanto il fatto che esse manifestino immediatamente la loro attitudine lesiva, ma anche il rilievo che le stesse, essendo legate a situazioni e qualità del soggetto che ha presentato domanda, risultino esattamente e storicamente identificate, preesistenti alla gara stessa, non condizionate dal suo svolgimento (come quelle relative ai requisiti soggettivi dell’aspirante) e, perciò, idonee a ledere immediatamente e direttamente l’interesse sostanziale del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara (CdS Ad. Plen. 29 gennaio 2003 n. 1).
In ultimo va rilevato che l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria, ispirato a ragioni di certezza, ritiene che in tema di gara per l’aggiudicazione dei contratti della pubblica amministrazione, le clausole del bando riguardanti la composizione ed il funzionamento del seggio di gara non siano immediatamente impugnabili, stante l’inconfigurabilità di un autonomo interesse del ricorrente ad una certa composizione del seggio di gara ed a certe sue modalità di funzionamento, diverso dal suo interesse sostanziale all’aggiudicazione, e cioè al conseguimento a lui favorevole degli interessi in gioco, che è lo scopo che l’interessato intende perseguire con la domanda di partecipazione.
Nella specie la SALINARDI ha proposto, con il suo ricorso, doglianze che attengono a modalità di svolgimento della gara non alla sua partecipazione, non essendosi fatta questione di sua esclusione dalla gara.
Ne consegue la tempestività del ricorso, con il quale il bando è stato impugnato unitamente all’aggiudicazione.
Quanto alla carenza di legittimazione attiva a ricorrere, la sentenza impugnata ha ritenuto che la ricorrente “ha dichiarato espressamente di essere stata la mandante di un’associazione temporanea di imprese … non ha dimostrato l’intervento di una delle cause in presenza soltanto delle quali a una mandante di a.t.i. è riconoscibile la legittimazione processuale attiva per impugnare gli atti della procedura conclusasi negativamente per l’intero raggruppamento.”
Da ciò la sentenza conclude che il ricorso sia inammissibile.
Ritiene la Sezione che il mandato conferito alla capogruppo di un raggruppamento temporaneo di imprese non preclude alla singola impresa mandante di proporre autonoma impugnazione, sulla base di un’autonoma legittimazione ad agire, e la proposizione dell’impugnazione non fa venir meno il mandato( C. Stato, sez. IV, 22-04-1996, n. 528).
L’autonoma legittimazione della mandante sussiste anche in considerazione dei riflessi risarcitori dell’azione di annullamento (su cui CdS Ad plen. n. 4/2003 ).
Ne deriva il rigetto dell’appello incidentale.
Nel merito l’appello principale è fondato.
In particolare appare fondato il primo motivo di ricorso, con il quale l’impresa SALINARDI lamenta la violazione dell’art. 21 della legge n. 109/1994 da parte del bando per non avere previsto tra gli elementi di valutazione, ai fini dell’aggiudicazione, “il costo di utilizzazione e manutenzione” dell’opera da realizzare.
Va in questo caso considerato quanto disposto dall’art. 21 comma 2 della legge n. 109/1994: “2. L'aggiudicazione degli appalti mediante appalto-concorso nonché l'affidamento di concessioni mediante licitazione privata avvengono con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, prendendo in considerazione i seguenti elementi variabili in relazione all'opera da realizzare: a) nei casi di appalto-concorso: 1) il prezzo; 2) il valore tecnico ed estetico delle opere progettate; 3) il tempo di esecuzione dei lavori; 4) il costo di utilizzazione e di manutenzione; 5) ulteriori elementi individuati in base al tipo di lavoro da realizzare.”
E’ pacifico che il disciplinare di gara prevede i seguenti parametri di valutazione dell’offerta : 1) il prezzo ; 2) il valore tecnico del progetto-offerta, con particolare riferimento alla tecnologia di processo ; 3) l’intervento di minimizzazione dell’impatto ambientale ; 4) il tempo di esecuzione dei lavori.
Manca il parametro del costo di utilizzazione e manutenzione.
Si tratta di valutare in primo luogo se gli elementi indicati nell’art. 21 della legge n. 109/1994 siano inderogabili e vincolanti per le amministrazioni o se si tratti di indicazioni meramente esemplificative .
Norme analoghe all’art. 21 erano nell’art. 29 del d.lgs. n. 406/1991 e nell’art. 29 della direttiva comunitaria 26 luglio 1971 n. 305 (confermato dalla direttiva comunitaria 18 luglio 1989 n. 440), ed, ancora, nell’art. 24 della legge 8 agosto 1977 n. 584, disposizioni tutte, queste citate, che menzionano il costo di utilizzazione fra “gli elementi variabili secondo l’appalto” in base ai quali determinare l’offerta economicamente più vantaggiosa, mentre l’art. 21 della legge 2 giugno 1995 n. 216 c.d. Merloni bis prevedeva la dizione “elementi variabili in relazione all’opera da realizzare”.
In sostanza, secondo la parte ricorrente in appello l’art. 21 della legge Merloni non lascerebbe discrezionalità alle amministrazioni aggiudicatici che, nei bandi, sarebbero sempre tenute ad indicare il costo di utilizzazione e manutenzione dell’opera.
Sostiene invece il Consorzio appellante che il diritto comunitario e la normativa interna di recezione precedente la Merloni ter siano chiarissimi nel lasciare discrezionalità all’amministrazione aggiudicatrice in tema di fissazione degli elementi alla cui stregua valutare l’offerta economicamente più vantaggiosa.
Ritiene la Sezione che la lettura fatta dell’art. 21 della legge n. 109/1994 debba essere condotta in modo rispondente al diritto comunitario che, ancora nella dir. 14 giugno 1993 n. 37 (ma anche nelle precedenti prima richiamate) contiene il riferimento ai diversi criteri variabili secondo l’appalto, riconoscendo quindi una certa discrezionalità all’amministrazione, nella predeterminazione degli elementi che il seggio di gara deve considerare per determinare l’offerta economicamente più vantaggiosa.
In tal senso è anche la giurisprudenza del Consiglio ad es. C. Stato, sez. IV, 20-06-2002, n. 3368 ha ritenuto che la determinazione dei parametri di valutazione e ponderazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, oltre quelli legislativamente stabiliti, è rimessa alla valutazione discrezionale dell’amministrazione e va fatta tenendo conto della distinzione tra elementi e parametri di valutazione; infatti i primi (merito tecnico, caratteristiche qualitative, prezzo, tempo etc.) sono «elementi» variabili secondo il contratto, che solo in seguito si trasfondono in punteggi numerici, cioè in «parametri» di valutazione e di ponderazione; pertanto mentre l’elemento costituisce la caratteristica dell’offerta in base alla quale deve scaturire una valutazione da parte dell’amministrazione, il parametro è quel dato numerico volto a garantire, in relazione alla natura del servizio un corretto rapporto prezzo qualità.
Tale discrezionalità, stante la natura esemplificativa dell’elencazione, può esercitarsi in primo luogo contemplando elementi di valutazione ulteriori oltre quelli indicati, mentre, a fronte del chiaro tenore dell’art. 21 nel testo introdotto dalla legge Merloni ter, non può, di norma, risolversi in una discrezionalità “sottrattiva”, che si risolva nel non prendere in considerazione uno o più degli elementi indicati legislativamente.
Va inoltre considerato che il primo motivo del ricorso di primo grado lamenta, in sostanza, anche l’illogicità dell’omessa considerazione del parametro ove rileva che “per il nuovo impianto della città di Potenza appare di evidente e logica necessità ai fini della determinazione delle condizioni contrattuali e dei vantaggi e dell’utilità dell’opera predetta” la valutazione del costo di utilizzazione e manutenzione.
Anche sotto tale profilo la censura va accolta, poiché non v’è dubbio che non possa considerarsi in alcun modo equivalente alla valutazione del costo di utilizzazione e di manutenzione la voce “minimizzazione dei costi tecnici di esercizio”, considerata quale elemento di valutazione del “valore tecnico del progetto”, parametro assorbente e di ben ampia latitudine, che non può surrogare la mancata specifica e distinta valutazione dell’elemento del “costo di utilizzazione e manutenzione dell’opera” quando non sia del tutto superflua questa valutazione per le speciali caratteristiche dell’opera o altri motivi.
Dall’accoglimento dell’appello deriva la riforma della sentenza e l’annullamento degli atti impugnati in primo grado.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l’appello principale, respinge l’appello incidentale preposto dal Consorzio di Sviluppo.
Compensa integralmente le spese processuali.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 13 luglio 2004 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Claudio VARRONE Presidente
Carmine VOLPE Consigliere
Francesco D’OTTAVI Consigliere
Lanfranco BALUCANI Consigliere
Giancarlo
MONTEDORO Consigliere Est.
Presidente
Consigliere Segretario
DEPOSITATA IN
SEGRETERIA
il.....................................
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della
Sezione
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale
(Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è
stata trasmessa
al
Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del
Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
N.R.G. 9220/1999
FF