REPUBBLICA ITALIANA R.G.R. 1361/2004
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 1600 SENT.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione prima, ANNO 2004
composto dai Magistrati:
- Renato Vivenzio - Presidente
- Antonio Bianchi - Consigliere
- Davide Ponte – I° Referendario - rel. est.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 1361\2004 R.G. proposto da Panariello Anna Maria e Sannazzari Elisabetta, rappresentate e difese dagli Avv.ti L. Cocchi e D. Granara, presso lo studio del quale sono elettivamente domiciliate in Genova, via alla porta degli archi n. 10;
contro
la Provincia di Genova, in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti P. Alberti e R. Giovanetti, elettivamente domiciliata in Genova presso lo studio del primo, via Corsica n. 2;
e nei confronti di
Torti Angelo Giulio, rappresentato e difeso dall’Avv. C. Mauceri, presso lo studio del quale è selettivamente domiciliato in Genova, via Palestro n. 2;
Castellani Maria Cristina, non costituitasi in giudizio;
per l'annullamento
del decreto del Presidente della Provincia prot. 100970 datato 9\9\2004, avente ad oggetto revoca dell’incarico di assessore provinciale in capo alle due ricorrenti, e di ogni atto connesso ed in particolare dei decreti di nomina degli odierni controinteressati quali assessori provinciali rispettivamente alle politiche culturali, beni culturali e iniziative editoriali, ovvero alle politiche per la solidarietà, immigrazione, servizi sociali, politiche familiari, volontariato, associazioni, politiche giovanili, pari opportunità, sport e tempo libero;
visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia intimata e del controinteressato Torti;
viste le memorie difensive;
visti gli atti tutti della causa;
designato relatore per la pubblica udienza del 11 novembre 2004 il giudice Dr. Davide Ponte;
uditi altresì per i ricorrenti gli Avv.ti Cocchi e Granara, per la Provincia resistente gli Avv.ti Alberti e Giovanetti, per il controinteressato Torti l’Avv. Mauceri;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con il gravame introduttivo del giudizio le odierne ricorrenti esponevano di essere state nominate in data 11\6\2002 dal Presidente della Provincia intimata assessori rispettivamente: alle politiche culturali, beni culturali e iniziative editoriali; alle politiche per la solidarietà, immigrazione, servizi sociali, politiche familiari, volontariato, associazioni, politiche giovanili, pari opportunità, sport e tempo libero.
Peraltro, in data 9\9\2004 veniva adottato l’atto di revoca di cui in epigrafe e, successivamente, venivano nominati i nuovi assessori odierni controinteressati.
Agli atti impugnati si muovevano pertanto le seguenti censure:
- violazione degli artt. 46 comma 4 d.lgs. 267\2000 e 3 l. 241\1990, eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà ed illogicità manifeste, sviamento di potere, stante la inadeguatezza ed incongruità dei motivi esposti nell’atto;
- violazione dell’art. 46 comma 4 cit., eccesso di potere sotto i profili del difetto di presupposto, ingiustizia grave e manifesta, contraddittorietà e illogicità, sviamento di potere, in specie per il difetto di motivazione in merito al venir meno del rapporto fiduciario tra il Presidente e gli Assessori revocati;
- violazione degli artt. 46 comma 4 d.lgs. 267\2000, 7 s. l. 241\1990, violazione dei principi del giusto procedimento, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta, in assenza della comunicazione di avvio del procedimento alle destinatarie dell’atto le quali non state messe in grado di partecipare ed interloquire.
La Provincia di Genova ed il controinteressato Torti, costituitisi in giudizio, chiedevano la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto del gravame.
Con ordinanza cautelare n. 752\2004 questo Tribunale amministrativo regionale respingeva la domanda di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato per assenza del prescritto periculum in mora.
Alla pubblica udienza del 11\11\2004 la causa passava in decisione.
D I R I T T O
1. La presente controversia ha ad oggetto principale il provvedimento con cui il Presidente della Provincia di Genova ha disposto la revoca dell’incarico di assessore provinciale delle odierne ricorrenti ai sensi dell’art. 46 comma 4 d.lgs. 267 del 2000.
Tale ultima disposizione, nel prevedere che “il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio”, viene ad integrare in termini di consequenzialità e di contrarius actus il disposto di cui al precedente comma 2 del medesimo art. 46, a tenore del quale “il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione”.
Nel caso de quo, alla luce della motivazione espressa nell’atto, il provvedimento risulta adottato per dar corso ad alcuni mutamenti nella composizione della Giunta, in specie sulla base del mutato contesto ambientale e politico entro il quale si esplicita l’azione della Giunta provinciale, ed al fine di pervenire ad azioni più aderenti alle nuove esigenze e ad attuare ulteriori affinamenti delle politiche gestionali.
I motivi di gravame, attenendo sostanzialmente al difetto di adeguata motivazione posta a fondamento della contestata revoca, in specie in ordine al venir meno del rapporto fiduciario, ed alla violazione dei principi in tema di partecipazione al procedimento dei diretti destinatari del provvedimento stesso, presuppongono la natura di provvedimento amministrativo in senso formale e sostanziale della revoca stessa, conseguentemente sindacabile nella presente sede giurisdizionale nei termini dedotti.
La difesa delle parti resistenti costituite, ed in specie quella della Provincia, ha eccepito l’inammissibilità del gravame trattandosi dell’impugnazione di un atto avente natura sostanzialmente politica; in termini analoghi seppur formalmente non coincidenti, la difesa della parte controinteressata, nell’evidenziare come la motivazione sia richiesta dalla norma invocata unicamente in ordine alla comunicazione al Consiglio comunale, ha sostenuto la natura del distinto e contestuale atto di revoca in termini di atto puro.
2. L’esame della controversia richiede il preliminare inquadramento della norma e dei relativi poteri dalla stessa attribuiti, in specie attraverso un rapido excursus storico dell’evoluzione (ancora in corso, come evidenziato dal dibattito relativo ai progetti di riforma costituzionale all’esame del Parlamento) che ha caratterizzato la materia in esame.
Infatti, l’art. 46 in esame, nel riprodurre in sede di testo unico dell’ordinamento degli enti locali l'art. 16 della legge n. 81/1993, rappresenta il punto d'arrivo di una complessa evoluzione normativa.
Il testo unico approvato con r.d. 4 febbraio 1915, n. 148, rimasto in parte qua in vigore sino al 1990, prevedeva che ciascun componente della giunta (sindaco, presidente e assessori) fosse individualmente eletto dal consiglio, non necessariamente con riferimento ad un programma politico condiviso.
Non era quindi normativamente prevista la possibilità che il Sindaco ed il Presidente della Provincia potessero nominare e tantomeno revocare o sfiduciare i restanti componenti della Giunta; rientrava nella disponibilità del sindaco e del presidente solo conferire deleghe agli assessori e revocarle, fermo restando che anche un assessore senza deleghe faceva parte a pieno titolo della giunta quale organo collegiale deliberante. E poiché ciascuno dei componenti della giunta era eletto dal consiglio a titolo individuale, le eventuali dimissioni del sindaco, del presidente o della maggioranza degli assessori comportavano solo la necessità di sostituire i dimissionari, ma coloro che non avevano presentato le dimissioni rimanevano comunque in carica, anche se, di fatto, si trovavano ormai a far parte della minoranza consiliare.
Non era dunque estranea a questo sistema l'eventualità che in una giunta sedessero assessori in contrasto politico o personale col sindaco o con il Presidente o con altri assessori, anche se di fatto si verificava solo in casi eccezionali. Era invece molto frequente, e costituiva il maggior inconveniente del sistema, che la continua necessità di mediazioni paralizzasse l'attività della giunta per lunghi periodi.
Tal ordine di rapporti, del resto, trovava fondamento nel sistema elettorale in allora vigente, in base al quale i cittadini erano chiamati ad eleggere in via diretta unicamente il Consiglio, comunale e provinciale il quale, a sua volta, era come detto l’unico organo titolare del potere di nomina del Sindaco e del Presidente nonché degli assessori. Corollario di detto sistema, giova evidenziarlo, era il potere attribuito dall’ordinamento al Consiglio di deliberare in via generale su tutte le materie che non fossero espressamente e normativamente attribuite al Sindaco\Presidente od alla Giunta, proprio in ragione della già evidenziata rappresentatività del Consiglio medesimo.
Anche la legge 8 giugno 1990, n. 142, nel testo originario prima della riforma di cui alla legge n. 81 del 1993, manteneva in capo al consiglio il potere di eleggere il sindaco, il presidente della provincia e gli assessori (art. 34), peraltro approvando "in blocco" la lista dei futuri componenti della giunta allegata ad un apposito documento programmatico. Veniva così introdotto uno strumento giuridico rivolto a garantire omogeneità politica e coesione alla giunta. Ed in questo senso, il sindaco poteva proporre al consiglio di revocare l'incarico a singoli assessori (art. 37, comma 6).
3.1 La disciplina vigente, sostanzialmente già introdotta nel 1993, affida invece esclusivamente al sindaco - non più eletto dal consiglio, ma investito direttamente dall'elezione popolare - la potestà di nominare e revocare gli assessori, imponendogli solo di "comunicare" tali atti al consiglio.
Nella stessa ottica di cui sopra il diverso ordine di rapporti viene a trovare il proprio fondamento anche nel nuovo sistema elettorale, in cui il sindaco e il Presidente della Provincia sono eletti a suffragio universale e diretto, contestualmente all'elezione del consiglio provinciale (cfr. artt. 46 comma 1, 71 ss. d.lgs. 267 del 2000). Corollari di detto sistema appaiono sia il riparto di competenza che individua le specifiche attribuzioni dell’organo consiliare e attribuisce la competenza residuale in capo alla Giunta, sia la possibile nomina di assessori fra soggetti non appartenenti al Consiglio comunale o provinciale. A quest’ultimo riguardo, vanno inquadrate le disposizioni di cui all’invocato art. 46, a partire dal comma 2 il quale prevede appunto il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della giunta, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione.
3.2 Per ciò che concerne l’esercizio del successivo eventuale potere di revoca, è stato correttamente ipotizzato (cfr. ad es. TAR Umbria n. 820 del 2003) che la comunicazione al consiglio sia necessaria per il perfezionamento dell'atto o quanto meno per la sua efficacia. In ogni caso, tuttavia, è certo che la legge non prevede un voto di ratifica, e ciò comprova che il conferimento e la revoca dell'incarico di assessore sono nella esclusiva disponibilità del sindaco o del presidente e che il consiglio non può opporsi, salvo solo l'estremo rimedio del voto di sfiducia che però travolge insieme il sindaco, la giunta e lo stesso consiglio.
L'evoluzione della normativa dimostra che il legislatore, in specie con la riforma del 1993 ed in diretta connessione con il nuovo sistema elettorale, ha perseguito due obiettivi fra loro collegati: in primo luogo, assicurare la coesione e l'unità d'indirizzo della giunta; in secondo luogo, garantire al sindaco la possibilità di perseguire con piena efficienza ed operatività il programma politico sulla base del quale ha ottenuto l'investitura popolare.
Questi due obiettivi congiunti rappresentano la funzione tipica del potere di nominare e revocare gli assessori. Al riguardo, va osservato che la necessità che i componenti della giunta perseguano collegialmente gli obiettivi del governo locale, dei quali è responsabile il capo dell’amministrazione, impone che gli assessori debbano continuare a godere la piena fiducia dell’organo responsabile dell’amministrazione, per tutta la durata del mandato.
4.1 Peraltro, l’esegesi e l’inquadramento della norma in esame devono essere poste anche a confronto con l’ulteriore evoluzione conosciuta dall’ordinamento, in specie ad un livello gerarchicamente superiore quale quello di ordine costituzionale, anche al fine di verificare la correttezza dell’opzione ermeneutica prevalente in termini di ampiezza del sindacato giurisdizionale.
Infatti, l’art. 114 della Costituzione, nella riformulazione di cui all’art. 1, l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, prevede attualmente che “la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”.
Diversamente, nell’ordinamento anteriore la stessa disposizione statuiva genericamente che “la Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni”, precisando poi la Costituzione nelle norme successive, del pari riformate nel 2001, che, mentre “le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principî fissati nella Costituzione” (art. 115 previgente), “le Provincie e i Comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principî fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni” (art. 128 previgente).
Evidenti ricadute (pur dinanzi ai dubbi derivanti a livello costituzionale in ordine all’attuale rapporto fra le norme di cui al nuovo titolo V ed il disposto dell’art. 5 Cost.) devono essere tratte dalla diversa formulazione suddetta, con particolare riferimento alla equiparazione fra i diversi livelli di governo. La rilevanza ed il rafforzamento degli enti territoriali quali livelli autonomi di governo è confermata dall’espressa attribuzione agli stessi di rilevante potestà regolamentare (art. 117 comma 6 Cost., in specie in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite), e quindi normativa, e dalla generale attribuzione delle funzioni amministrative ai livelli di governo territoriali più vicini ai cittadini, rappresentati appunto dagli enti locali, in base al principio di sussidiarietà (art. 118 Cost. commi 1 e 2: “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”).
4.2 Pertanto, attraverso la lente della riforma del Titolo V della parte II della Costituzione l’evoluzione della normativa in tema di individuazione e composizione degli organi di governo dell’ente locale assume un ulteriore spiccato rilievo in ordine alla natura prevalentemente politica, anche degli atti di nomina e dei connessi provvedimenti di revoca dei componenti della Giunta; questi ultimi infatti si trovano ad operare, nell’ambito del rapporto fiduciario con il Sindaco e Presidente della Provincia, quali componenti dell’organo che deve individuare ed attuare gli obiettivi politici sulla scorta di un rapporto avente i caratteri sopra evidenziati. Invero, nel contesto dell’equiparazione dei livelli di governo di cui all’art. 114 Cost. cit., va incidentalmente evidenziato come non siano mai stati sollevati dubbi di sorta in ordine alla natura degli atti di nomina e di sostituzione di un Ministro.
Quindi anche l’atto di revoca ai sensi dell’art. 46 comma 4 d.lgs. 267 cit. appare ormai emesso nell’esercizio di funzioni di indirizzo politico. Nell’ottica gianniniana tale potestà verrebbe ad assumere i connotati di ulteriore peculiare caratteristica dell’autonomia politica del comune e della provincia.
Al riguardo, se in via di definizione filosofica il termine politica viene comunemente impiegato per indicare l’attività o l’insieme di attività che hanno in qualche modo come termine di riferimento la polis, cioè lo Stato, in sede di approfondimento giuridico la più autorevole opinione dottrinale ha avuto modo di evidenziare l’astrattezza di un approccio teso a limitare l’attività politica all’ideazione ed adozione di leggi ed altri atti normativi, e che quindi finisce con il lasciare fuori tutta quella attività di governo che non fosse diretta ideazione ed esecuzione di leggi e che invece è di rilievo fondamentale nella vita di ogni Stato.
5. Pur dinanzi alle difficoltà attuali di ricostruzione unitaria ed ispirata ad un criterio di ragionevolezza del sistema, anche a livello costituzionale, ulteriori elementi nell’ottica suddetta emergono dalle contestuali riforme che hanno perfezionato, a partire dal d.lgs. 29 del 1993, il processo della c.d. separazione fra politica e amministrazione. Infatti, l’attribuzione diretta ai dirigenti della gestione amministrativa e della conseguente responsabilità, pur criticata sotto diversi profili sia giuridici (cfr. ord.za n. 985 del 1997 TAR Lazio) che di opportunità (in specie relativamente ai rischi di contrapposizione fra i due livelli, ai vantaggi dell’opposta integrazione ed alle ricadute in termini eventuale di irresponsabilità generale del livello politico), rende sempre più evidente la natura latu sensu politica anche della funzione svolta dai membri della giunta ed il rapporto di carattere prettamente fiduciario che caratterizza il legame con il Sindaco o il Presidente della Provincia.
La gestione amministrativa e l’adozione dei relativi provvedimenti esula ormai dai compiti degli organi di governo, ai quali spetta l’indicazione degli atti di indirizzo nell’ambito ed in conformità al programma ed agli obiettivi sulla base dei quali è garantita la coesione della Giunta. Al riguardo, appare significativo il disposto normativo di cui all’art. 3 d.lgs. 29 cit., confluito ora nell’art. 4 d.lgs. 165 del 2001, in tema di individuazione dell’attività costituente prerogativa degli organi politici.
6. Sulla base del suddetto inquadramento e, quindi, della posizione rivestita nell’attuale ordinamento dalla Provincia nonché della funzione svolta dagli organi di livello politico all’interno degli stessi enti pubblici territoriali, dotati di funzioni di governo, occorre tornare ad esaminare il testo della disposizione invocata dagli odierni ricorrenti.
Invero, come correttamente sottolineato dalla difesa di parte controinteressata, l’analisi della norma, confermata nel caso di specie dalla struttura del provvedimento impugnato, evidenzia un duplice livello dispositivo: da un lato l’atto di revoca vero e proprio, dall’altro lato l’atto di comunicazione al Consiglio. Orbene, non può che assumere evidente significato in merito alla effettiva ratio legis, da individuare in via ermeneutica anche alla luce del vigente e sopravvenuto quadro costituzionale, la previsione espressa della necessità di motivazione in ordine al solo atto di comunicazione al consiglio comunale, il quale comunque non può che avere finalità esclusivamente politica, come già sopra evidenziato anche in merito all’eventuale successivo esercizio del distinto potere di sfiducia da parte dell’organo consiliare.
In tale ottica assume un evidente significato anche la diversa disciplina della comunicazione fra nomina e revoca: nel primo caso la nomina consegue ad un presumibile programma elettorale comune, di cui gli atti successivi costituiscono in termini politici la conseguenza operativa; nel secondo caso, l’atto di revoca costituisce una novità rispetto a tale programma, cosicché appare applicazione del principio di ragionevolezza prevedere l’onere di una motivazione, di natura e carattere strettamente politico, al fine di mettere in condizione al Consiglio di effettuare le relative valutazioni, anche eventualmente opposte fino all’estremo rimedio del voto di sfiducia.
7. Altro elemento rilevante al fine di escludere la sindacabilità dell’atto di revoca, quantomeno negli ampi termini dedotti da parte ricorrente, è il legame sussistente fra la stessa revoca ed il precedente atto di nomina, trattandosi della individuazione di organi politici, fra i quali come detto vanno appunto inquadrati anche gli assessori provinciali.
A tale proposito, se la nomina di organi politici non può che assumere natura politica, e ciò appare incontestato anche fra le odierne parti, sia che si tratti di nomina in via diretta (in sede elettorale), sia che avvenga in via indiretta (atto di composizione organo), analoga natura difficilmente può essere negata al contrarius actus della revoca, anche in considerazione del legame consequenziale con l’ulteriore e necessario atto di nomina dei nuovi assessori.
8. La peculiarità dei caratteri del potere di revoca in questione va quindi ulteriormente ribadita alla luce della competenza sindacale; infatti, tale revoca si distingue dalla rimozione dei componenti delle giunte, rimozione da disporsi - quando siano stati compiuti atti contrari alla costituzione o per gravi e persistenti violazione di legge o per gravi motivi di ordine pubblico - con d.P.R. su proposta del Ministro dell'Interno (art. 40, l. n. 142 del 1990) ed ora ex art. 142, d.lg. n. 267 del 2000 direttamente con decreto del Ministro dell'Interno. La revoca nel contesto del peculiare peso politico assegnato al sindaco o al presidente della provincia in funzione della elezione diretta, si ricollega come atto simmetricamente negativo, alla nomina e riposa su presupposti connessi a valutazioni di opportunità politico -amministrativa rimessa in via esclusiva al sindaco.
9. Per ciò che concerne l’emergere di eventuali dubbi di conformità al parametro costituzionale di cui all’art. 24 Cost., in specie relativamente alla parte dispositiva della revoca nei confronti della persona dell’assessore, gli stessi appaiono infondati alla luce della natura della carica, trattandosi di organo politico in rapporto fiduciario diretto con il Sindaco o Presidente della Provincia, nonché delle funzioni svolte e dei relativi interessi.
L’eventuale residuale sindacato invocato in merito ad un interesse personale del singolo finirebbe pur sempre con l’impattare sugli ambiti riservati ai rapporti di natura politica e fiduciaria (possibile rielezione o rinomina). Peraltro, anche aderendo all’opinione favorevole ad un limitatissimo sindacato, quantomeno in ordine al rispetto dell’iter procedimentale dettato dalla norma ed allo sviamento, nel caso de quo la revoca, adottata e contestualmente comunicata al consiglio comunale, viene ad essere fondata non tanto o non solo sul venir meno del rapporto fiduciario, né tantomeno sull’attività svolta dagli assessori revocati, quanto piuttosto sul mutamento del quadro politico, nei confronti del quale appare evidente, sulla base delle considerazioni sin qui svolte, l’impossibilità di estendere il sindacato giurisdizionale.
10. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile, avendo ad oggetto la deduzione di motivi di gravame nei confronti di un atto nella parte in cui lo stesso assume finalità e caratteri di preminente natura politica, insindacabili nella presente sede giurisdizionale ai sensi dell’art. 31 r.d. 1054 del 1924.
Sussistono giusti motivi, in specie alla luce della natura della materia controversa e della sussistenza di diversi orientamenti giurisprudenziali, per compensare interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. int. I, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso di cui in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Genova, nella Camera di Consiglio del 11 novembre 2004.
L’Estensore Il Presidente
D. Ponte Renato Vivenzio
il…7 DIC. 2004……
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
Il Direttore della Sezione
Dott.ssa A. CALCAGNO