REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sezione Prima ter – ha pronunciato la seguente
sul ricorso n.9116/2000, proposto da MARSALA Francesco, rappresentato e difeso dall’avv. Ferdinando Gattuccio, elettivamente domiciliato in Roma, Via Candia n.101 presso lo studio dell’avv. Raneli;
contro
il Ministero dell’Interno e l’Assessorato agli Enti locali della Regione Sicilia, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato;
per l’annullamento
della nota prot. 2386 del 30 ottobre 1999, con la quale il dirigente coordinatore del settore personale dell’Assessorato enti locali ha rigettato la richiesta del ricorrente di adeguamento del compenso per incarico di supplenza continuativa quale segretario comunale presso l’Amministrazione comunale di Augusta;
della circolare Min. Interno n.26/80 del 4 giugno 1989, non in possesso del ricorrente e richiamata nel primo degli atti impugnati, nella parte in cui, in violazione di legge, consentirebbe all’Amministrazione di stabilire la percentuale massima dell’indennità di reggenza in misura inferiore a quella di legge:
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di riassunzione del giudizio innanzi a questo Tribunale, a seguito della decisione 22 maggio 2000 n.2941 della IV Sezione del Consiglio di Stato;
Vista la memoria difensiva delle Amministrazioni resistenti;
Visti tutti gli atti della causa;
Udito alla pubblica udienza del 30 ottobre 2003 il magistrato relatore Luigi Tosti e uditi altresì l’avv. Gattuccio per il ricorrente e l’avvocato dello Stato Sabelli;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso originariamente proposto al TAR della Sicilia, sede di Palermo, e poi riassunto innanzi a questo Tribunale amministrativo a seguito di decisione regolatrice della competenza, il dottor Francesco Marsala, segretario comunale, ha chiesto l’annullamento dell’atto 20 ottobre 1999 a firma del dirigente coordinatore dell’Assessorato Enti locali della Regione Sicilia, di rigetto dell’istanza di adeguamento alla misura massima del 50% del compenso per l’incarico di supplenza continuativa svolto presso il Comune di Augusta dal 26 settembre 1996 al 12 maggio 1998.
Il ricorrente, che aveva già ottenuto l’indennità in questione nella misura del 35%, ne chiedeva, con istanze del 14 ottobre 1997 e del 14 settembre 1998, la rideterminazione nella misura massima prevista dalla legge 1962 n.604, articolo 39, a ragione della distanza dal Comune di titolarità (Brancavilla in provincia di Catania) e dei disagi conseguenti.
Avverso l’atto del dirigente, che ha motivato il suo diniego invocando direttive volte a contenere l’indennità di supplenza nella misura massima del 35 % dello stipendio base mensile goduto nella sede di titolarità, il ricorrente deduce i seguenti motivi di illegittimità:
1) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 39 della legge n.604 dell’8 giugno 1962. Violazione della legge 241/90 per difetto assoluto di motivazione.
2) Eccesso di potere per istruttoria carente e superficiale. Eccesso di potere per errore sui presupposti.
3) Eccesso di potere per violazione di circolare (la n.5/97 del 15 marzo 1997 del Ministero dell’Interno, che prescrive di modulare il compenso tenendo conto della distanza e del disagio).
4) Eccesso di potere per contraddittorietà con precedente determinazione (l’atto 11 febbraio 1986 dello stesso Assessorato, che aveva assegnato al ricorrente il massimo del compenso per supplenza in altro Comune della Sicilia).
Si chiede quindi l’accoglimento del ricorso, con annullamento degli atti impugnati e condanna dell’Amministrazione a pagare le conseguenti differenze retributive, con interessi e rivalutazione.
In memoria il ricorrente ha illustrato i motivi già dedotti.
L’Avvocatura dello Stato, nella memoria depositata il 15 ottobre 2003, ha eccepito l’estinzione del giudizio, per tardiva riassunzione, e, in via subordinata, ha chiesto il rigetto del ricorso, siccome infondato.
DIRITTO
Non è fondata l’eccezione di estinzione del giudizio, sollevata nella memoria difensiva dell’Avvocatura generale dello Stato.
L’articolo 31 ultimo comma della legge 6 dicembre 1971 n.1034 dispone infatti che, quando l’istanza di regolamento di competenza sia accolta dal Consiglio di Stato, il ricorrente ha l’onere di riproporre la domanda al giudice dichiarato territorialmente competente entro trenta giorni dalla notifica della decisione sulla competenza.
Nel caso in trattazione non vi è prova che la decisione della IV Sezione del Consiglio di Stato n.2941 del 22 maggio 2000 sia stata notificata o comunque comunicata al ricorrente, non costituito nel relativo giudizio; occorre quindi decidere se l’atto di riassunzione innanzi a questo Tribunale amministrativo, notificato il 14 maggio 2002 e depositato il successivo 21 maggio, possa considerarsi tempestivo.
Il Collegio ritiene di risolvere in senso favorevole al ricorrente il quesito posto dall’Avvocatura, in applicazione della regola particolare dettata dall’articolo 31 ultimo comma, che non consente il ricorso all’applicazione analogica di altri istituti (quale il termine annuale di decadenza per il giudizio civile di appello, previsto dall’articolo 327 C.P.C.).
In linea con l’orientamento espresso sulla specifica questione da questo Tribunale in tempi non recenti (III Sezione 13 ottobre 1980 n.881 e 15 febbraio 1982 n.149) si può ritenere che il solo temperamento ad una disposizione che preclude senza termini la possibilità di definire il giudizio nel caso di mancata riassunzione (quando non vi sia stata notifica o comunicazione della sentenza regolatrice della competenza) sia dato dalla regola generale della perenzione per inattività ultrabiennale posta dall’articolo 25 della stessa legge n.1034 del 1971.
Tale evento estintivo non si è verificato nel caso in trattazione, in quanto il ricorso è stato originariamente depositato al Tribunale amministrativo della Sicilia il 13 giugno 2000 ed è stato, come già detto, riassunto innanzi al Tribunale ritenuto competente il 14 maggio 2002.
Il Collegio deve rilevare inoltre pregiudizialmente la propria giurisdizione sulla materia di causa, ai sensi dell’articolo 45 n. 17 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n.80, atteso che il ricorso, depositato anteriormente al 15 settembre 2000, attiene a pretese patrimoniali di pubblico dipendente per attività svolte fino al 12 maggio 1998.
Nel merito il ricorso è fondato, per l’assorbente censura (esposta nel primo motivo) di violazione dell’articolo 39 primo comma della legge 8 giugno 1962 n.604.
La disposizione in parola prevede che al segretario comunale cui sia stata conferita la supplenza o la reggenza di altra segreteria sia assegnato, oltre al trattamento economico in godimento, un compenso mensile in misura non superiore alla metà dello stipendio iniziale stabilito per la qualifica corrispondente alla sede di assegnazione.
L’art. 39 della legge del 1962 affida quindi all’Amministrazione un ampio potere valutativo in ordine alla concreta determinazione della misura dell’indennità di reggenza, senza neppure stabilire un limite minimo, avendo posto la sola regola del tetto massimo del cinquanta per cento (nel caso di prestazione esclusiva del servizio nella sede di invio in missione).
Spetta quindi all’Autorità competente di stabilire la concreta misura del compenso di reggenza, con riferimento agli elementi in suo possesso e tenendo conto di vari fattori, quali, a titolo esemplificativo, la distanza, il disagio sofferto dal dipendente, la gravosità del servizio da svolgere.
Appare quindi pienamente legittimo che l’esercizio della discrezionalità rimessa ai singoli Enti venga disciplinato dall’Amministrazione centrale a mezzo di direttive intese a porre criteri uniformi intesi ad una tendenziale omogeneità nell’applicazione della norma.
Un evidente limite alla discrezionalità è tuttavia dato dalla previsione di legge del limite massimo, per cui risultano del tutto arbitrarie direttive intese a stabilire in astratto ed in via generale un limite massimo dell’indennità inferiore alla misura del 50 %.
Da ciò consegue che non è necessario, per economia di giudizio, acquisire con istruttoria la circolare cui fa riferimento l’impugnato atto dell’Assessore, circolare che avrebbe stabilito la misura massima del 35% per la concreta liquidazione del compenso agli aventi diritto, trattandosi di direttiva in palese contrasto con la previsione di legge.
Invocando la citata direttiva, infatti, l’Assessorato ha omesso di esercitare le valutazioni di competenza, mentre era invece tenuto ad esaminare la concreta situazione esposta dal ricorrente e ad emettere motivata pronuncia sull’istanza di revisione da questi avanzata, esplicitando i criteri valutativi seguiti.
Il ricorso deve essere quindi accolto, con annullamento dell’atto impugnato, e salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione competente, che è tenuta a riesaminare l’istanza del Dottor Marsala sulla base di obiettivi criteri e valutando la concreta situazione rappresentata dall’interessato.
L’innegabile discrezionalità conferita dalla legge all’Amministrazione esclude che, in materia, sia configurabile una posizione di diritto del dipendente a conseguire il compenso nella misura massima, o comunque in una precisa percentuale del trattamento economico di sede: risulta pertanto inammissibile l’ulteriore domanda giudiziale di condanna dell’Amministrazione al pagamento di differenze retributive (precisate, nel loro ammontare, con la memoria difensiva del 17 ottobre 2003).
Il ricorso deve essere quindi accolto nei termini citati, con assorbimento di ogni altro motivo dedotto.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sezione Prima Ter–accoglie il ricorso proposto come in epigrafe da MARSALA Francesco e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Amministrazione.
Così deciso a Roma, addì 30 ottobre 2003, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Magistrati:
Luigi TOSTI Presidente estensore
FRANCO DE
BERNARDI Consigliere
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