N.    Reg. Sent.

                      REPUBBLICA ITALIANA  N.    Reg. Ric.

                       In nome del popolo italiano

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione Prima ter, composto dai Signori Magistrati:

Luigi Tosti                           Presidente

Franco De Bernardi          Consigliere

Giampiero Lo Presti         Consigliere est

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 5567/04 R.G. proposto da società AON s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Paperelle del foro milanese  e dall’avv. Pietro Cavasola, presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Roma, via A. Depretis 86,

CONTRO

Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Claudio Forte,  elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura dell’Ente, in Roma via M. Colonna

PER L'ANNULLAMENTO

Dell’atto prot. N. 54977 con il quale la società ricorrente è stata esclusa dalla partecipazione alla gara per l’affidamento del servizio di consulenza e brokeraggio assicurativo, nonché del relativo bando di gara pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione in data 30 marzo 2004;

del successivo atto di cui alla nota prot. 240160 del 22 giugno 2004.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio ;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito alla pubblica udienza del giorno 28 ottobre 2004 , il  magistrato relatore, Cons. Avv. Giampiero Lo Presti;

Uditi altresì gli avvocati delle parti costituite come indicati nel verbale di udienza ;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso notificato in data 21 maggio 2004 la società AON s.p.a. ha impugnato la propria esclusione dalla gara indicata in epigrafe disposta per asserito difetto della capacità economica e finanziaria come riferita dal bando al requisito di cui al punto III 2.1.2. per il quale le imprese partecipanti dovevano aver chiuso i bilanci dell’ultimo quinquennio in attivo, estendendo l’impugnazione in parte qua alla relativa previsione di bando.

La ricorrente, premesso di avere subito una perdita di esercizio per l’anno 1999, ha dedotto le seguenti censure:

-) violazione dell’art. 14 del D. lgs. 157/1995 ed eccesso di potere per insufficienza della motivazione, considerato che, a fronte di un appalto di valore pari a circa 50.000,00 euro di commissioni annue, il riferimento a ben cinque annualità di bilancio pregresse andrebbe ritenuto incongruo ed eccessivo;

-) ulteriore violazione del predetto art. 14 ed eccesso di potere per sviamento, considerato che solo la ricorrente, fra le maggiori società di brokeraggio, difettava del predetto requisito riferito all’ultimo quinquennio e che mai, nelle gare precedenti, la regione Lazio aveva introdotto simile prescrizione;

-) violazione degli artt. 2423 e ss c.c., considerato che le perdite di esercizio riportate dalla ricorrente per l’anno 1999 conseguivano ad operazioni societarie di espansione mediante incorporazione di società controllate, cosicché non avrebbero potuto essere valutate come indice di scarsa capacità economica ed affidabilità;

-) violazione della direttiva n. 92/50 CE e dell’art. 13 del D. l.vo 157/95, considerato che non avrebbe potuto porsi il requisito dei bilanci in attivo nell’ultimo quinquennio come unico elemento di prova della capacità economica e finanziaria dei concorrenti, mentre la dimostrazione di tale capacità può essere fornita con qualsiasi documento appropriato.

Si costitutiva in giudizio la Regione Lazio per resistere al gravame.

Con ordinanza n. 3521 del 24 giugno 2004 il Tribunale, ravvisando la sussistenza del “fumus” di fondatezza del gravame  e della gravità del “periculum”disponeva la sospensione degli atti impugnati.

Con motivi aggiunti notificati in data 13 luglio 2004 la ricorrente impugnava poi atto in data 22 giugno 2004 con il quale era stata disposta la riapertura della gara.

Alla pubblica udienza del giorno 28 ottobre 2004 la causa veniva rimessa in decisione all’esito della discussione orale.

DIRITTO

Il Collegio prende preliminarmente in esame, per ragioni di ordine logico, le censure riferibili al terzo ed al quarto motivo di ricorso e ne rileva la fondatezza.

La questione ermeneutica sottoposta all’attenzione del Tribunale riguarda, in sostanza, la legittimità e ragionevolezza della clausola del bando di gara per la quale il requisito della capacità economica e finanziaria delle imprese partecipanti debba risultare esclusivamente dai bilanci dell’ultimo quinquennio in attivo e non possa essere desunta da ulteriori documenti ed elementi di valutazione.

Nel caso di specie infatti la società ricorrente, pur avendo evidenziato una perdita di esercizio relativa all’anno 1999, riferibile comprovatamente ad operazioni societarie di espansione mediante incorporazione di società controllate, espone di avere conseguito negli anni immediatamente successivi risultati di esercizio più che positivi, pur a fronte dei rilevanti ammortamenti dei disavanzi di fusione, cosicché la perdita di esercizio dell’anno 1999 non poteva razionalmente essere valutata quale indice di una complessiva incapacità economica o inaffidabilità dell’impresa.

L’assunto è convincente.

Osserva il Collegio che la ratio della prescrizione di cui all’art. 13 del D. lgs. 157/97, relativa alla capacità economica  e finanziaria delle imprese partecipanti alle gare di appalto per l’affidamento di pubblici servizi, è quella di ancorare l’affidabilità astratta di un’impresa al contestuale possesso di una pregressa esperienza qualitativa e quantitativa acquisita nel tempo.

In particolare l’art. 13, fra le diverse modalità ivi previste, alla lettera b) stabilisce che la dimostrazione della predetta capacità può essere richiesta attraverso il deposito dei bilanci o degli estratti dei bilanci dell’impresa.

La possibilità, per la stazione appaltante, di prevedere in sede di bando requisiti di partecipabilità più severi rispetto a quelli indicati nell’art 13  d.lg. 17 marzo 1995 n. 157 deve essere svolta in maniera tale da non porre criteri discriminanti, illogici e sproporzionati rispetto alla specificità del servizio oggetto dell'appalto, per non restringere (in maniera altrettanto discriminante, illogica ed irrazionale) oltre lo stretto indispensabile il potenziale numero degli aspiranti  concorrenti (cfr. in proposito Cons. Stato V, 1 ottobre 2003 n. 5684).

Il diritto comunitario infatti non preclude alle amministrazioni appaltanti di integrare i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnica indicati solo in modo esemplificativo dagli art. 13 e 14, d.lg. n. 157 del 1995 mediante la previsione di ulteriori elementi dimostrativi, sempre che ciò avvenga nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità in relazione alla finalità di assicurare la libera concorrenza.

Nel caso di specie la stazione appaltante ha attribuito rilievo, fra i possibili elementi normativi di valutazione della capacità economica, soltanto a quello dei bilanci (lettera b dell’art. 13) ed ha, per di più, aggravato la previsione limitando la partecipazione alla gara alle sole imprese con bilanci in attivo nell’ultimo quinquennio.

Ciò, ad avviso del Collegio, in spregio ai canoni della ragionevolezza e proporzionalità sopra ricordati, considerato che non è stata prevista in alternativa la possibilità di prova del requisito della capacità con strumenti ulteriori o alternativi quali quelli previsti dallo stesso art. 13 alle lettere a) e c).

La suddetta previsione di bando, pur astrattamente riconducibile al legittimo potere dell’amministrazione appaltante di prevedere elementi indicativi della capacità economica e finanziaria più severi di quelli normativamente stabiliti, è tuttavia incongrua ed irrazionale nella misura in cui conduce alla meccanicistica esclusione di imprese che, come la ricorrente, hanno riportato una perdita di esercizio relativamente ad uno solo degli ultimi cinque anni, escludendo ogni possibilità di valorizzazione di ulteriori indici di valutazione idonei a suffragare un complessivo giudizio di capacità economica ed affidabilità, quali i bilanci decisamente in attivo in tutti gli anni successivi, la pregressa esperienza maturata in servizi analoghi con pubbliche amministrazioni, le dichiarazioni bancarie, le dichiarazioni dei redditi o le dichiarazioni IVA.

Se dunque è vero che il reale contenuto precettivo dell’art. 13 del d. l.vo 157/95 è quello di imporre all’amministrazione, nel rispetto del principio della trasparenza, nonché a garanzia della par condicio dei singoli partecipanti, la predeterminazione, in sede di redazione di bando, degli elementi sui quali essa procederà ad effettuare la verifica dell’affidabilità economica  e finanziaria dei concorrenti rispetto al servizio che intende appaltare per pervenire all’aggiudicazione dell’appalto secondo criteri oggettivi (cfr. Cons. Stato IV, 29 ottobre 2002 n. 5941), non è però possibile procedere ad una restrizione degli elementi di valutazione tale da implicare meccanicisticamente l’esclusione di imprese che invece, alla stregua di uno spettro più ampio di criteri valutativi, quali tutti quelli stessi normativamente previsti dal citato art. 13, sarebbero comunque risultate in possesso della prescritta capacità economica e finanziaria e, quindi, affidabili in ordine all’ottimale svolgimento del servizio oggetto dell’appalto.

Diversamente argomentando, la verifica della capacità economica e finanziaria, sia pure ancorata a criteri oggettivi e predeterminati, si risolverebbe in una irrazionale limitazione della libertà di concorrenza e di iniziativa economica privata a discapito di imprese in realtà obiettivamente affidabili.

L’esigenza di predeterminazione di criteri oggettivi per la verifica, in sede di gara, della capacità economica e finanziaria delle imprese concorrenti, in altri termini, non può valere a legittimare tout court l’introduzione con il bando di gara di criteri eccessivamente rigorosi, quando questi non riescano a coniugare le contrapposte esigenze di garanzia, da un lato, dell’interesse dell’amministrazione ad una preliminare verifica della affidabilità economica delle imprese partecipanti e, dall’altro, della più ampia partecipazione alle gare pubbliche e dell’effettività della libertà di concorrenza.

Ne consegue l’illegittimità della clausola di bando impugnata in quanto irrazionale e discriminatoria e, per invalidità derivata, del provvedimento di esclusione della ricorrente dalla gara de qua.

Il ricorso va pertanto accolto con pronuncia di annullamento degli atti impugnati in principalità.

I motivi aggiunti, proposti avverso l’atto in data 22 giungo 2004, con il quale era stata disposta la riapertura della gara, sono inammissibili per carenza d’interesse, considerato che, con atto successivo del 30 giugno 2004, la stessa amministrazione ha invece nuovamente sospeso le operazioni di gara.

Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione interna prima ter, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati. Dichiara inammissibili i motivi aggiunti.

Compensa spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2004.

Luigi Tosti                         Presidente

Giampiero Lo Presti         Giudice est.