Ricorso n. 1111/2004      Sent. n. 4279/04

R E P U B B L I C A  I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

  Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della   L.   27  aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

    Stefano Baccarini  Presidente

    Angelo De Zotti  Consigliere, relatore

    Rita Depiero   Consigliere

  ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1111/2004, proposto da GIRARDELLO S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Miniero e Wanda Falciani, con elezione di domicilio presso lo studio di quest’ultimo, in Venezia - San Marco n. 3472;

contro

la REGIONE del VENETO, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Romano Morra e Luisa Londei dell’Avvocatura Regionale, con domicilio eletto presso la sede della Giunta Regionale, in Venezia – Dorsoduro n. 3901;

l’UFFICIO REGIONALE del GENIO CIVILE di ROVIGO, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

e nei confronti

della PROFACTA S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

   del provvedimento, con il quale alla società controinteressata sono stati affidati in appalto i lavori di sistemazione delle arginature del canale di Loreo, a monte del centro abitato – 1° stralcio; nonché di ogni atto annesso, connesso o presupposto.

   Visto il ricorso, notificato il 13 aprile 2004 e depositato in Segreteria il 21 aprile 2004, con i relativi allegati;

   visto l’ atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;

   visti gli atti tutti della causa

   uditi all’udienza camerale 3 giugno 2004 (relatore il Consigliere Angelo De Zotti), gli avvocati: Miniero per la parte ricorrente e Londei per la P.A.;

   considerato

   che, per il combinato disposto dell’art. 23, XI comma, e dell’ art. 26, IV e V comma, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare, il Collegio, accertata la completezza del contraddittorio, verificato che non v’è necessità di procedere ad adempimenti istruttori e sentite sul punto le parti presenti, può definire il giudizio con sentenza succintamente motivata;

   che, nel corso dell’udienza camerale fissata nel giudizio in epigrafe, il Collegio ha comunicato alle parti presenti come, all’esito, avrebbe potuto essere emessa decisione in forma semplificata, e queste non hanno espresso rilievi o riserve;

   che sussistono i presupposti per pronunciare tale sentenza nella presente controversia.

   Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

   che il ricorso in esame è diretto all’annullamento dell’aggiudicazione alla controinteressata Profacta s.p.a. dell’appalto dei lavori di sistemazione delle arginature del canale di Loreo, e dei provvedimenti presupposti contenuti nel verbale di gara del 27.02.2004, consistenti nell’esclusione dalla gara dell’impresa Pro.Cos.Ma. S.r.l. e dell’Impresa Costruzioni Pierantoni s.r.l., per avere prodotto la polizza fidejussoria con importo ridotto del 50% senza allegare la certificazione del sistema di qualità della serie UNI EN ISO 9000, come richiesto al punto 2) della lettera di invito;

   che l’interesse della ditta Girardello ad impugnare l’esclusione dei due predetti concorrenti si dà nel fatto che, ove fosse accolta la tesi sostenuta nel ricorso e recuperate le offerte escluse, il ricalcolo della media comporterebbe l’assegnazione della gara alla stessa Girardello in virtù della dimostrata presentazione della migliore offerta, assumendo come soglia di anomalia il ribasso di 15,003 (cfr. doc. n. 6 depositato l’1 giugno 2004);

   che l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e per carenza di interesse, opposta dall’amministrazione resistente sul rilievo che “l’esclusione contestata non la riguarda direttamente” è quindi, per quanto sopra  rilevato, priva di pregio, essendo evidente che l’interesse a ricorrere sussiste e che la legittimazione del concorrente non vincitore della gara è in re ipsa (cfr. sul punto anche T.A.R. Piemonte, sez. II, 9 marzo 2002, n. 591);

   che nel merito valgono le seguenti considerazioni:

   la lettera d’invito del 6 febbraio 2004, avente anche valore di bando di gara, prevedeva, come si è detto, espressamente, che “l’importo della cauzione è ridotto del 50% ed è quindi pari all’1% dell’importo dei lavori per le imprese in possesso di certificazione di sistema di qualità della serie UNI EN ISO 9000; in tali casi le imprese dovranno presentare copia della certificazione in parola, autenticata con le modalità previste dagli art. 18 e 19 del D.P.R. 445/2000”;

   tale prescrizione, chiara ed in equivoca, posta a pena di esclusione è stata da tutti i concorrenti perfettamente intesa, salvo i due esclusi, nel senso che per poter ottenere il beneficio della cauzione ridotta al 50% essi avrebbero dovuto presentare la certificazione di cui al punto q) dell’art. 2 comma 1^ del D.P.R. 34/2000 riferita al possesso del sistema di qualità UNI EN ISO 9000;

   la ditta ricorrente, che pure ha adempiuto alla suddetta prescrizione, si duole, avendo un interesse strumentale al recupero  di ambedue le offerte escluse, della violazione, a danno dei concorrenti Pro.co.sma. e Pierantoni, delle regole di gara sostenendo che anche costoro, “avendo depositato presso l’amministrazione appaltante, in copia conforme all’originale le rispettive attestazioni SOA portanti la dicitura relativa al possesso della certificazione di qualità” avevano correttamente adempiuto a  quanto il bando prescriveva e non potevano essere estromessi dalla gara;

   che tale censura, prospettata innanzitutto sotto il profilo dell'errata applicazione della clausola di gara, appare infondata perché il bando, come si è visto, era chiaro e imponeva a tutti i concorrenti che avessero inteso beneficiare della riduzione della cauzione, di produrre il documento attestante il requisito e che in base alla stessa norma ne consente l’attribuzione;

   che pertanto i concorrenti Pro.co.sma e Pierantoni, alla stregua di tale norma, andavano esclusi, come puntualmente avvenuto, in quanto essi, indipendentemente dalla ragione che li ha indotti a comportarsi diversamente (ragione che il ricorrente, terzo rispetto ad essi, individua nell’avere costoro già prodotto il documento SOA contenente la certificazione, ma che, anche se verosimile non è stata fatta constare dai concorrenti rimasti  acquiescenti all’esclusione) non hanno depositato il documento richiesto a pena di esclusione;

    l’esclusione è quindi diretta conseguenza del principio, essenziale e imprescindibile nelle procedure ad evidenza pubblica, per cui le regole di gara poste a pena di esclusione comportano l’obbligo per l'Amministrazione aggiudicatrice di applicarle senza alcuna discrezionalità, al fine di assicurare il rispetto della normativa del bando di gara alla quale essa si è autovincolata (cfr. in tal senso C.d.S., sez. V, 12.11.2003 n. 37; id., sez. VI, 01.10.2003, n. 5712; id., sez. V, 29.09.2003, n. 5509; Tar Lazio, sez. I bis, 04.09.2003, n. 7326; C.d.S., sez. IV, 29.11.2002, n. 6530; id., sez. V, 21.06.2002, n. 3404) e ciò a prescindere dalla rilevanza, in concreto, della violazione della regola stessa sull’andamento della gara (cfr. Tar Veneto, sez. I, 02.11.2002, n. 711);

   che, respinto il motivo basato sulla erronea interpretazione delle regole di gara, restano in piedi le censure ulteriori, rivolte anche contro  la lettera d’invito,  con le quali si assume che ad essere illegittima è anche la previsione della lettera d’invito  “se questa venga intesa nel senso che per copia della certificazione in parola si intenda un documento diverso o non si comprenda anche l’attestazione SOA, già nelle mani dell’amministrazione, dalla quale risulti il possesso della certificazione di qualità della serie UNI EN ISO 9000”: si contesta cioè non la corretta applicazione della clausola ma la clausola stessa e la sua interpretazione;

   anche queste censure sono tuttavia infondate;

   tale è in primo luogo l’assunto che  l’amministrazione appaltante fosse obbligata a tener conto della documentazione “depositata nelle sue mani” dai concorrenti esclusi e attestante il possesso dei requisiti oggetto di contestazione, anziché gravarli di oneri ingiustificati ed inutili;

   invero, nelle gare ad evidenza pubblica, l’amministrazione non può, per evidenti ragioni di rispetto della par condicio e di imparzialità e trasparenza del procedimento, assumere come atti della gara a tutti gli effetti – perché tale è il senso della prospettazione - documenti che non sono stati prodotti ed acquisiti nell’ambito della gara stessa, con le garanzie di controllo sulla loro provenienza, sul loro contenuto e sul momento della loro produzione in relazione ai tempi previsti ed accordati dalle regole di gara;

   la possibilità che vengano utilizzati, come pretende la ricorrente, documenti “depositati presso l’amministrazione” che si ritengano rilevanti ai fini dell’ammissione dei concorrenti e/o dell’aggiudicazione della gara, va quindi certamente esclusa, salvo che non sia espressamente previsto nel bando, se ed a quali documenti non formati nella gara, ma posseduti dall’amministrazione appaltante, i concorrenti possano fare riferimento indicandoli espressamente senza obbligo di produrli;

   ne consegue che se il bando non prevede tale possibilità nessun concorrente può assumere come regola di gara - autoesimendosi dalla produzione dei documenti richiesti - quella secondo cui l’amministrazione debba comunque integrare la documentazione di gara utilizzando i documenti nelle sue mani, (concetto generico nel quale possono rientrare documenti depositati in tempi imprecisati e per fini anche diversi da quelli per i quali la produzione in gara è richiesta), purchè idonei a soddisfare ciò che il bando impone invece ai concorrenti di comprovare con il deposito di quella stessa documentazione agli atti di gara nei termini e con le modalità da esso fissati;

   che ulteriore implicazione di tale principio - la cui giustificazione è insita nel fatto che nelle gare pubbliche le regole di acquisizione dei documenti sono poste nell’interesse di tutti i concorrenti ed in funzione del loro controllo in sede di svolgimento della gara - è quindi che non solo il bando non può contenere una regola inespressa che consenta ciò che la ricorrente ritiene essere doveroso per l’amministrazione, vale a dire l’utilizzo di documentazione non formata nella gara, ma neppure è possibile sostenere che se manca tale regola il bando è illegittimo,  giacché il principio (di valutazione esclusiva dei documenti prodotti nella gara e non esterni ad essa) rappresenta la regola  e non l’eccezione;

   che nella specie quindi, così come i concorrenti esclusi per la mancata produzione del certificato richiesto dal bando non avrebbero avuto alcuna possibilità di impugnarlo, a posteriori, per legittimare la loro condotta di gara, analoga preclusione vale per la ricorrente che pretende in buona sostanza di introdurre, a gara espletata, regole diverse per la valutazione dei documenti,  modellate sul suo interesse personale, quale dedotto ex post, e non su quello affidato, secondo regola, alle regole prefissate dal bando, sulle quali tutti i concorrenti dovevano fare legittimo affidamento per regolare la propria condotta;

   che l’infondatezza del motivo riferito alla necessità per l’amministrazione di utilizzare i documenti in suo possesso rende irrilevante anche la censura che si impernia sulla ritenuta equiparazione tra l’attestazione SOA, prodotta dai concorrenti esclusi nella fase di accreditamento alle procedure semplificate da svolgersi nell’anno 2004 e la certificazione di qualità richiesta espressamente del bando, ancorché sia chiaro, come rilevato dall’amministrazione resistente che una cosa è l’attestazione SOA che contenga (eventualmente) anche l’attestazione indiretta del possesso del certificato di qualità ed altra cosa è il certificato specifico rilasciato dagli organismi a ciò abilitati che incorpora direttamente nel documento il requisito da comprovare;

   che in ogni caso la questione della equivalenza dei due documenti, al fine di provare un requisito richiesto dal bando di gara, ha motivo di porsi solo se esiste realmente l’alternativa, vale a dire se il documento ritenuto probante è stato depositato in luogo di quello che l’amministrazione espressamente richiede, laddove nella specie i concorrenti esclusi non hanno depositato alcun documento, né hanno richiamato la certificazione in possesso dell’amministrazione e chiesto di avvalersene, né infine hanno impugnato essi stessi l’esclusione per tale ragione;

   che quindi tale questione, puramente ipotetica, non rileva anche perché essa presupporrebbe a sua volta che si accertasse, sempre sul piano astratto, se la documentazione “alternativa” nelle mani dell’amministrazione fosse essa stessa realmente idonea a comprovare anche formalmente il requisito richiesto, posto, per meglio chiarire il concetto, che l’attestazione SOA della Pierantoni s.r.l. prodotta dalla ricorrente in giudizio riporta l’attestazione “copia conforme all’originale”, ancorché senza data di autentica (doc. n. 4 dep. il 21 aprile 2004), mentre quella prodotta dall’amministrazione regionale (doc. 4 dep. il 3 maggio 2004) è priva di autentica e “smentisce”  ciò che la ricorrente, che è “terzo” e non autore del documento, assume in ordine alla sua “autenticazione”, che è un requisito essenziale del documento richiesto dal bando di gara, mentre quanto alla certificazione Pro.co.sma. è vero che si tratta di consorzio stabile, come risulta dal certificato SOA, ma è anche noto che, per quanto concerne l’attestazione di qualificazione, nei consorzi stabili il possesso della certificazione del sistema di qualità aziendale, se non posseduta dal consorzio, deve esserlo da almeno una delle imprese consorziate e da questa comprovato, mentre nulla è specificato nel certificato SOA quanto all’impresa che nell’ambito del consorzio possiede il suddetto requisito e la stessa dichiarazione sostitutiva del rappresentante legale (doc. 3, depositato il 3 maggio 2004) indirettamente ne conferma i limiti dichiarando genericamente sussistente la certificazione UNI EN ISO “avendola acquisita” senza altro specificare “dalle imprese aderenti al Consorzio”;

   il ricorso, conclusivamente, è infondato in tutti i suoi motivi e va respinto;

   le spese e le competenze di causa possono essere nondimeno compensate tra le parti per ragioni di equità.

   P. Q. M.

   Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.

   Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

   Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

   Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 3 giugno 2004.

   Il Presidente      l’Estensore 

   Il Segretario 
 

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione 

      T.A.R. per il Veneto – I Sezione n.r.g. 1111/04