Ricorsi nn. 1158/2003 e 2010/2003 Sent. n. 4280/04
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, costituito da:
Avviso di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della L. 27 aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Stefano Baccarini - Presidente
Angelo De Zotti - Consigliere, relatore
Rita Depiero - Consigliere
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti n. 1158/2003 e n. 2010/2003, proposti da FALLIMENTO ZORZI GIROLAMO SEMENTI s.r.l., in persona del curatore dott. Paolo Mazzi, rappresentato e difeso dall'avvocato Donata Giunta, con elezione di domicilio presso lo studio dell'avvocato Stefano Sacchetto, in Venezia-Mestre via Giosuè Carducci n. 45, come da mandato a margine dei ricorsi;
contro
il COMUNE di SAN PIETRO VIMINARIO (PD), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Carfagna e Andrea Bordignon, con elezione di domicilio presso lo studio di quest'ultimo, in Venezia - San Polo n. 2114;
e nei confronti di
URBANIA S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 1158/03:
1) della deliberazione del Consiglio Comunale 22 dicembre 1997, n. 44, di costituzione di una s.p.a. di trasformazione urbana;
2) della deliberazione del Consiglio Comunale 2 marzo 1998, n. 15 di designazione del socio privato di Urbania s.p.a. e della deliberazione del Consiglio Comunale 28 novembre 1997, n. 38, avente ad oggetto: Costituzione di una s.p.a. di trasformazione "Urbania s.p.a. e determinazioni";
3) della deliberazione del Consiglio Comunale 2 marzo 1998, n. 15 di costituzione della s.p.a. di trasformazione intercomunale "Urbania s.p.a. e determinazioni" nonché delle successive deliberazioni del Consiglio Comunale 29 ottobre 1998 n. 40 e 6 dicembre 2000 n. 35 di delimitazione degli ambiti di intervento della società di trasformazione Urbania s.p.a.;
3) della deliberazione del Consiglio Comunale 9 giugno 2000 n. 25 di cessione di quote azionarie di Urbania s.p.a.;
4) della deliberazione di Consiglio Comunale 8 marzo 2003 n. 17 , con cui il comune di S. Pietro Viminario ha individuato l'ambito di intervento della pretesa società di trasformazione urbana "Urbania s.p.a." in coincidenza con l'area produttiva denominata "Zorzi Girolamo Sementi s.r.l.", acquisita alla Curatela del fallimento Zorzi Girolamo Sementi s.r.l.;
e quanto al ricorso n. 2010/03:
1) della deliberazione di Consiglio Comunale 16 luglio 2003, n. 32, con cui il comune di S. Pietro Viminario ha individuato l'ambito di intervento della pretesa società di trasformazione urbana "Urbania s.p.a." in coincidenza con l'area produttiva denominata "Zorzi Girolamo Sementi s.r.l.", acquisita alla Curatela del fallimento Zorzi Girolamo Sementi s.r.l.;
2) di ogni altro atto al predetto connesso e/o collegato, antecedente o successivo, con particolare riferimento a tutti gli atti e/o provvedimenti concernenti la pretesa s.t.u. "Urbania s.p.a.", già impugnati, per quelli conosciuti, con il ricorso n. 1153/2003 RG..
Visti i ricorsi, notificati il 12.5.2003 ed il 19.9.2003 e depositati presso la segreteria il 27.5.2003 ed il 23.9.2003 con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione del Comune di S. Pietro Viminario, depositati in segreteria il 5.6.2003 ed il 27.9.2003 con i relativi allegati;
viste le memorie prodotte dalle parti;
visti gli atti tutti delle cause;
uditi alla pubblica udienza del 26 febbraio 2004 (relatore il Consigliere De Zotti) l'avv. Giunta per la ricorrente e l'avv. Carfagna per il Comune di S. Pietro Viminario;
ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente Fallimento Zorzi Girolamo Sementi S.R.L., in persona del curatore, espone di avere acquisito alla curatela fallimentare, a far data dal 23 gennaio 2003, a seguito del fallimento dell’omonima ditta, un’area produttiva, sita nel comune di S. Pietro Viminario, in posizione molto prossima al centro dell'abitato: si tratta di un complesso immobiliare costituito da un lotto di notevoli dimensioni (mq. 18.494), sul quale insistono diversi fabbricati, tutti destinati ad impianti produttivi per la lavorazione ed il confezionamento di mangimi e sementi, con una superficie coperta complessiva di mq. 6495 circa e volumetria di mc. 48.297.
Espone altresì che nel settembre dell’anno 2000, la proprietà, che allora intendeva trasferire altrove la propria sede, aveva presentato all'amministrazione comunale un progetto di riqualificazione urbanistica dell'area, in variante al p.r.g. che venne approvato dal Comune e dalla Regione che introdusse modifiche d’ufficio: la zona di sedime del piano venne classificata C2/6, con obbligo di strumento urbanistico attuativo.
Con deliberazione del Consiglio Comunale 21 giugno 2002, n. 20, il comune di S. Pietro Viminario approvò quindi il piano di lottizzazione denominato "Zorzi", presentato dalla stessa società proprietaria.
All’approvazione del detto piano non fece tuttavia seguito l’invito a sottoscrivere la convenzione, né il rilascio di alcuna concessione edilizia ed esso rimase di fatto inattuato.
Il 23 gennaio 2003 la società Zorzi Girolamo Sementi s.r.l. falliva.
Al fine di salvaguardare i valori patrimoniali acquisiti, la curatela, subentrata nella disponibilità del compendio, concedeva in affitto il complesso aziendale della società alla ditta "Sementi Cibin Legumi di Minardi Ivano", fino al 31 ottobre 2003.
Ciò in attesa di liquidare il compendio acquisito, di cospicuo valore e per il quale sono pendenti proposte di acquisto ritenute dalla curatela particolarmente convenienti.
Mentre procedevano le trattative per la cessione dell’immobile, il Comune di S. Pietro Viminario, che in passato aveva costituito una società di trasformazione urbana intercomunale denominata Urbania s.p.a. deliberava di avviare un procedimento di espropriazione dell'area stessa (con la deliberazione C.C. 6 marzo 2003, n. 17) avvalendosi della s.t.u. della quale è socio, procedendo alla delimitazione dell’ambito di intervento, ex art. 120, d.lgs. 267/2000.
La curatela ritiene che gli atti del procedimento di acquisizione dell’area Zorzi e quelli presupposti, rappresentati dalle delibere di costituzione, approvazione dello statuto, individuazione del socio privato e delimitazione dell’area di intervento della s.t.u. Urbania, siano illegittimi e dunque li impugna con il primo dei ricorsi in epigrafe per i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 comma 59 del d.lgs. 127/97; eccesso di potere per difetto dei presupposti, di istruttoria, di motivazione e per illogicità; imparzialità; violazione dell'art. 97 Cost. (riferito alla delibera C.C. n. 44 del 22.12.1997).
2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 comma 59 del d.lgs. 127/97; eccesso di potere per difetto dei presupposti, di istruttoria, di motivazione e per illogicità; imparzialità; violazione dell'art. 97 Cost.; violazione degli art. 6, 8, 10, 13 e seguenti del d.lgs. 127/97; violazione degli art. 1, 2 e 3 del d.p.r. 533/1996; eccesso di potere per sviamento.(riferito alla delibera G.C. n. 18 del 2 marzo 1998).
3) Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 comma 59 del d.lgs. 127/97; eccesso di potere per sviamento, per difetto dei presupposti, di istruttoria, di motivazione e per illogicità; imparzialità; violazione dell'art. 97 Cost.; illegittimità costituzionale dell’art. 120 del d.lgs. 267/2000 (riferito alla delibera G.C. n. 18 del 2 marzo 1998 e alle delibere C.C. n. 40 dell’8.6.1998 e C.C. n. 35 del 6.12.2002).
4) Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 comma 59 del d.lgs. 127/97; eccesso di potere per sviamento, per difetto dei presupposti, di istruttoria, di motivazione e per illogicità; imparzialità; violazione dell'art. 97 Cost.; illegittimità costituzionale dell’art. 120 del d.lgs. 267/2000 (riferito alla delibera C.C. n. 25 del 9.5.2000).
5) Illegittimità derivata.
6) Violazione e falsa applicazione degli art. 7 e seguenti della l. 241/90; degli artt. 10 e 11 della l. 865/1971; del principio del giusto procedimento; eccesso di potere.
7) Violazione e falsa applicazione dell’art. 120 del d.lgs. 267/2000; violazione dell'art. 97 Cost.; illegittimità costituzionale dell’art. 120 del d.lgs. 267/2000; del principio di ragionevolezza e dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa; eccesso di potere per illogicità manifesta.
8) Violazione e falsa applicazione dell'art. 16 della legge n. 179 e dell’art. 4 della l.r. 23/1999; eccesso di potere per illogicità, per sviamento, difetto di istruttoria e di motivazione, nonché per contraddittorietà.
9) Violazione e falsa applicazione dell'art. 13 della legge n. 2359/1865 e degli artt. 9 e ss. legge n. 865/1971; eccesso di potere per illogicità, per sviamento, difetto di istruttoria e di motivazione, nonché per travisamento dei fatti.
L’amministrazione comunale si è costituita per resistere.
In sede cautelare, peraltro, il Tribunale ha accolto la domanda incidentale di sospensione dei provvedimenti di individuazione dell’ambito di intervento assegnato alla s.t.u., apparendo esplicitamente fondata la censura sub 5) di omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.
In seguito a ciò l'Amministrazione ha revocato la deliberazione sospesa e contestualmente ha comunicato l’avvio ex novo del procedimento di individuazione dell'ambito di intervento del progetto di riqualificazione dell’area Zorzi in favore della s.t.u. Urbania s.p.a..
Nell’ambito di tale nuovo procedimento la curatela ha presentato le proprie osservazioni ed una memoria con allegata documentazione con la quale ha reso all’Amministrazione formale assicurazione della propria volontà di cedere l'area per la successiva riqualificazione urbanistica in attuazione del piano di lottizzazione Zorzi già approvato, come da offerta già presentata da società immobiliare privata alla stessa curatela fallimentare.
Il Consiglio comunale tuttavia, disattendendo le richieste della curatela ha stabilito di procedere nuovamente alla delimitazione dell’ambito di intervento ai sensi dell’art. 120 del d.lgs. 267/2000, come definito nell’allegata planimetria avviando contemporaneamente il procedimento di esproprio degli immobili oggetto dell’intervento, rinviando la fissazione dei termini per l’inizio dei lavori al momento dell’approvazione del progetto che la società Urbania dovrà presentare.
Ritenendo illegittimi tutti gli atti del procedimento rinnovato, ed in particolare la delibera che riapprova la delimitazione dell’ambito dell’intervento ex art. 120 d.lgs. 267/2000, la curatela li impugna con il secondo dei ricorsi in epigrafe e ne chiede l’annullamento per i seguenti motivi:
1) illegittimità derivata dagli atti presupposti.
Si sostiene che i vizi relativi agli atti di costituzione della s.t.u. Urbania, di approvazione dello statuto, individuazione del socio privato e delimitazione dell’area di intervento, dedotti nel primo ricorso, come presupposti per l'esercizio dei poteri comunali di delimitazione dell'ambito di intervento della stessa s.t.u., si riflettono, inficiandolo, su tale provvedimento e sugli atti del procedimento espropriativo contestualmente avviati.
2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 78 del d.lgs. 267/2000; violazione dell'art. 97 Cost.; eccesso di potere per imparzialità.
Si sostiene che il provvedimento impugnato viola l'art. 78 del d.lgs. 267/2000 poiché il sig. Arnaldo Anziutti, sindaco del Comune ha preso parte alla deliberazione impugnata, intervenendo nella discussione e partecipando alla votazione nella duplice veste di sindaco del comune di S. Pietro Viminario e di presidente del consiglio di amministrazione nonché legale rappresentante, di Urbania s.p.a", in evidente conflitto di interesse con l’amministrazione; che inoltre ciò vale anche in relazione alla posizione del sig. Marino Salvatore, che riveste la funzione di segretario comunale, nonché di direttore generale del comune di S. Pietro Viminario e che è al tempo stesso consigliere di Urbania s.p.a.; che Urbania s.p.a. è una società per azioni con socio privato, il cui oggetto sociale ha una tale ampiezza da importare una sicura qualificazione privatistica della stessa e, comunque, una distinta soggettività con relativa imputazione di specifici peculiari interessi e che anche nell’ipotesi in cui si volesse riconoscere a Urbania s.p.a. la qualifica di organo indiretto dell'amministrazione risulterebbe parimenti violato il fondamentale principio della separazione dei poteri tra organi politici e organi di gestione, ex art. 78, comma 1, e 107 d.lgs. 267/2000.
3) Violazione e falsa applicazione dell'art. 120 t.u. 267/2000 - Violazione dell'art. 97 Cost.; del principio di ragionevolezza e dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa; eccesso di potere per illogicità manifesta e difetto dei presupposti; illegittimità costituzionale.
Si sostiene che Urbania s.p.a. non può essere qualificata come società di trasformazione urbana ex art. 120 d.lgs 267/2000 in quanto ne difettano i requisiti ed i presupposti per considerarla tale, che in particolare lo scopo della società è generico, futuro ed estraneo alle finalità indicate dalla legge; che l’impegno ad individuare le aree interessate dagli interventi solo entro la data del 30 settembre di ogni anno è illegittimo ed è tale anche la consultazione della società in fase di redazione degli strumenti urbanistici generali ed attuativi; che è illegittima anche la sua e, infine, che lo è anche la delibera di individuazione delle aree di intervento in quanto essa è successiva a quella di costituzione della s.t.u., che difettando nel dettato normativo l’esatta determinazione degli scopi di interesse da perseguire attraverso le s.t.u. con l’eventuale risvolto speculativo derivante dalla mancata fissazione di limiti nella determinazione della fissazione del prezzo di cessione degli immobili, si denuncia anche l’illegittimità costituzionale dello stesso art. 120, d.lgs. 267/2000, quanto meno nell'interpretazione datane dall'amministrazione, per violazione del principio di legalità sostanziale, dell'art. 42 Cost. e dei canoni di imparzialità e buon andamento, nonché di ragionevolezza, ex art. 97 Cost..
4) Violazione e falsa applicazione dell'art. 6. l. 241/1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria; eccesso di potere per travisamento dei fatti e per erroneità dei presupposti; eccesso di potere per omessa comparazione degli interessi pubblici e privati compresenti; eccesso di potere per difetto dei presupposti.
Si sostiene che il 14 luglio 2003 la curatela, a seguito della comunicazione di avvio ex novo del procedimento di delimitazione di ambito di intervento sull'area Zorzi a favore di Urbania s.p.a., ha depositato presso la sede del Comune di S. Pietro Viminario le proprie osservazioni, e che da una semplice comparazione tra il contenuto delle osservazioni e la parte motiva della delibera impugnata emergono evidenti i vizi denunciati in epigrafe; che tutti gli elementi già in possesso del Consiglio comunale alla data della delibera impugnata dimostrano che nella specie difettavano i presupposti per l’attivazione del procedimento di cui all’art. 120 del d.lgs 267/2000 poiché l’area in questione non è né dismessa né degradata.
5) Violazione dell'art. 16 l. 17 febbraio 1992 n. 179 e dell'art. 4 della l.r. n. 23/1999; eccesso di potere per irrazionalità e illogicità manifesta, per sviamento di potere, per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti nonché per carenza di motivazione e contraddittorietà.
Si sostiene che nella delibera impugnata non si menziona la già avvenuta approvazione del piano di lottizzazione ad iniziativa privata a favore della società Zorzi che l’aveva presentato, ma unicamente il programma di riqualificazione urbanistica approvato dalla Regione; che con l’approvazione di tale programma si era concretizzato un intervento di urbanistica consensuale e che l’amministrazione con i provvedimenti impugnati ha modificato senza alcuna motivazione le modalità di realizzazione del progetto trasformandolo in progetto di iniziativa pubblica, con ciò appropriandosi del progetto della ditta Zorzi; che infine in nessuna considerazione è stata tenuto l’interesse della curatela e dei creditori della massa fallimentare.
6) Violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 12 e seg.ti e 20 del d.p.r. 327/2001; violazione e falsa applicazione dell'art. 120 del d.lgs 267/2000; eccesso di potere per sviamento e per difetto di presupposti, contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza.
Si sostiene che in base alle norme in epigrafe per poter esperire il procedimento espropriativo occorre che l’opera pubblica o di pubblica utilità sia almeno progettata, non potendo essere qualificata di pubblica utilità un’opera astratta; che dall’art. 120 del d.lgs 267/2000 si desume che presupposto indefettibile per l’individuazione dell’ambito dell’intervento della s.t.u. è la previsione e la progettazione dell’intervento; che nel caso di specie l’amministrazione ha utilizzato una società già esistente che è stata qualificata come s.t.u. asserendo che esisteva un piano di riqualificazione da attuare e tuttavia si è riservata di approvare in un secondo momento l’intervento di pubblica utilità che la stessa società dovrà realizzare sull’immobile; che in tal modo essa ha stravolto il sistema e la ratio delle norme poiché la delimitazione dell’area non è stata effettuata per realizzare un P.I.R.U. già approvato ma un progetto indefinito che la società Urbania deve ancora presentare e l’amministrazione approvare; che pertanto deve ritenersi assente sull’immobile l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.
In ambedue i giudizi si è costituita l’amministrazione comunale intimata concludendo come segue: dichiararsi il primo dei ricorsi in epigrafe inammissibile, in parte per difetto di giurisdizione in parte per tardività e comunque improcedibile per la sopravvenuta revoca del provvedimento impugnato e la successiva sostituzione; respingersi il secondo ricorso perché infondato, con vittoria di spese.
Alla pubblica udienza del 26 febbraio 2004, previa audizione dei difensori delle parti, i ricorsi sono stati posti in decisione.
DIRITTO
I ricorsi vanno previamente riuniti in quanto connessi e decisi con un’unica sentenza.
Quanto al primo: come anticipato nell’esposizione di fatto, a seguito della sospensione, disposta in sede cautelare, della delibera del C.C. n. 17 del 6 marzo 2003, impugnata con il ricorso, l’amministrazione ha revocato il provvedimento (con delibera C.C. n. 31 del 16 luglio 2003, dimessa in atti) ed ha, subito dopo, assunto una nuova delibera (C.C. n. 32 del 16 luglio 2003) sostanzialmente reiterativa del provvedimento rimosso, con la quale ha provveduto a delimitare ex novo, ai sensi dell’art. 120 del d. lgs. 267/2000, l’ambito dell’intervento, affidandone progettazione e realizzazione alla s.t.u. Urbania s.p.a., ed avviando il procedimento di esproprio dell’area in detto ambito ricompresa.
Ne consegue, avendo la curatela impugnato con il secondo ricorso il nuovo provvedimento e gli atti presupposti, che il primo va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, sia nella parte relativa alla delibera revocata sia in quella relativa agli atti concernenti la costituzione della s.t.u. Urbania che si assumono espressamente impugnati non autonomamente ma in quanto atti presupposti del provvedimento lesivo medio tempore rimosso.
Passando al secondo ricorso il Collegio ritiene, innanzitutto, di non doversi soffermare particolarmente sulle censure rivolte contro gli atti deliberativi concernenti la s.t.u. Urbania in quanto condivide l’eccezione del comune intimato in ordine all’inammissibilità in parte qua del ricorso per difetto di legittimazione e di interesse in capo alla curatela.
Ciò in quanto, diversamente da come quest’ultima sostiene non si tratta di atti “presupposti del provvedimento lesivo” ma di atti facenti parte di un procedimento autonomo (quello di costituzione della s.t.u Urbania) che ineriscono al rapporto tra la s.p.a ed i soci, rispetto al quale la curatela ricorrente è terza, non essendo mai stata né essendo in atto socia della s.t.u..
Il ricorso, infatti, per quel che riguarda tali provvedimenti, mira chiaramente non tanto alla caducazione di quei soli atti procedurali preordinati alla costituzione della S.T.U. Urbania S.p.A. ma alla caducazione dell'intera società, atto costitutivo e statuto compresi.
Ciò non significa, beninteso, che non possano essere dedotti motivi che riguardino la s.t.u. Urbania, in quanto soggetto assegnatario dell’intervento contestato, ma soltanto che questi motivi sono ammissibili solo se si riferiscono al provvedimento di delimitazione dell’ambito dell’intervento assegnato alla stessa Urbania e se sono sono quindi funzionali alla caducazione del suddetto provvedimento lesivo e non già ad atti diversi (ed in particolare agli atti societari) dalla cui illegittimità vengono fatti discendere vizi derivati attraverso un artificioso collegamento che, come detto, tra essi non sussiste.
Va soggiunto inoltre che nella misura in cui le censure investono gli atti istitutivi della s.p.a. Urbania e sono diretti alla caducazione della società (atto costitutivo e statuto compresi), sussiste un evidente difetto di giurisdizione del tribunale adito, trattandosi di atti che, ratione materiae, sono soggetti alla cognizione del giudice ordinario (cfr. C.d.S. sez. 5^ n. 4586/2001).
Nella parte in cui le censure riguardanti la società Urbania si possono ritenere, invece, ammissibili, perché rivolte contro la delibera di determinazione dell’ambito e non avverso gli atti presupposti (motivo sub 3), esse sono infondate.
Con il motivo che le compendia la ricorrente curatela sostiene, in sintesi, che Urbania s.p.a. non può essere qualificata come s.t.u. ex art 120 difettandone i requisiti ed i presupposti: in particolare essa sostiene che non si tratta di una s.t.u. (quanto di una “pretesa” s.t.u) perché non sarebbe stata costituita con lo scopo di riqualificare l’area Zorzi ma come società destinata ad operare genericamente sul territorio di più comuni a seguito di singole e specifiche delibere dei consigli comunali, ossia come s.t.u. omnibus, ed altresì perché la sua composizione non rispecchia la compagine sociale prevista dalla legge (più precisamente in quanto vi sono soci privati e pubblici diversi da quelli previsti dall’art. 120 del d.lgs. 267/2000).
Si tratta, tuttavia, come già anticipato di motivi infondati.
Innanzitutto Urbania s.p.a. è una società di trasformazione urbana e non una “pretesa s.t.u.” trattandosi di società regolarmente costituita e omologata come tale sin dal 1998, per cui non c’è ragione di dubitare che essa, in quanto costituita e posseduta incontestabilmente pro quota dal comune di S. Pietro Viminario, potesse essere assegnataria di interventi rientranti nella finalità per la quale è stata istituita.
Né rileva il fatto che la s.t.u. Urbania non sia stata creata specificamente con lo scopo di effettuare l’intervento di riqualificazione dell’area Zorzi e dunque che a quel fine “sia stata utilizzata una società per azioni già esistente nel 1998 e destinata ad operare, sul territorio di più comuni a seguito di singole specifiche delibere di consiglio comunale” giacchè la norma, pervero assai essenziale, che disciplina le società di trasformazione urbana non prevede né richiede che per loro costituzione sia necessario individuare previamente le aree interessate dall’intervento: le società di trasformazione urbana possono essere costituite infatti (e anche più efficacemente) con il fine di operare su tutto il territorio comunale o addirittura nel territorio di più comuni.
Il tenore letterale dell'articolo 120 del T. U. 267/2000 non esclude affatto, come invece sostiene la ricorrente, che il Comune possa costituire ed avvalersi di una S.T.U. “omnibus”.
Tale interpretazione, come al contrario osserva la difesa dell’amministrazione, risponde pienamente ai principi di economicità ed efficacia che l'attività amministrativa, secondo la legge ed i precetti costituzionali, deve assolutamente rispettare.
Diversamente opinando si perverrebbe ad esiti interpretativi illogici, poiché sarebbe contrario ai citati principi se si dovesse esperire, ogni volta, il complesso e gravoso procedimento di costituzione di una S.T.U. "ad hoc" per ogni singolo intervento che un comune intendesse realizzare avvalendosi di tale strumento.
Né infine vale a negare la qualità di s.t.u. di Urbania il fatto che la compagine sociale ricomprenda soggetti pubblici diversi da quelli indicati dall’art. 120, posto che l’indicazione dei soggetti pubblici menzionati nella norma (comuni, province, regione e città metropolitane) si riferisce ai soli promotori della s.t.u. e non ai soci che eventualmente vi aderiscano e che certamente possono essere - e di norma sono - altri e diversi soggetti, pubblici o privati.
E’ chiaro inoltre che non si deve confondere l’ambito di operatività assegnato alla società di trasformazione urbana (che può variare in funzione della composizione societaria della s.t.u. e delle eventuali modifiche che vengano apportate nel tempo alla medesima), con quello dell’individuazione dell’intervento specifico, che si attua con la delibera prevista dall’art. 120 del d. lgs. 267/2000.
E nella specie è evidente che la s.t.u. Urbania è nata come società c.d. omnibus”, con durata sino al 2040, e con il fine enunciato nello statuto, di gestire ed assumere tutte le operazioni relative al recupero ed allo sviluppo urbanistico dei territori di competenza della società (individuati con la delibera C.C. n. 40 del 10 ottobre 1998) secondo le indicazioni dei consigli comunali di ogni singolo comune socio.
I motivi imperniati sulla idoneità di Urbania s.p.a. ad essere assegnataria dell’intervento di riqualificazione dell’area Zorzi sono quindi, nel loro complesso inammissibili o comunque infondati.
Parimenti infondato è a giudizio del Collegio anche il secondo motivo con il quale la curatela contesta la violazione del principio di imparzialità per avere il dott. Arnaldo Archiutti preso parte alla delibera e concorso alla sua approvazione nella doppia veste di sindaco e di legale rappresentante della s.t.u. Urbania s.p.a..
La regola dell'astensione del componente dalle deliberazioni assunte dall'organo collegiale, di cui l’amministratore fa parte, invero deve trovare, secondo la giurisprudenza, applicazione in tutti i casi in cui, per ragioni di ordine obiettivo, il medesimo non si trovi in posizioni di assoluta serenità rispetto alle decisioni, di natura discrezionale, da adottare; in tal senso, il concetto di interesse del consigliere alla deliberazione comprende ogni situazione di conflitto o di contrasto di situazioni personali, comportante una tensione della volontà verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all'adozione di una delibera. (cfr. C.d.S., Sez. IV, 23 settembre 1996, n. 1035).
Nella specie non sembra invece che la posizione del sindaco, in quanto titolare al tempo stesso del munus di presidente del consiglio di amministrazione della s.t.u. partecipata dal Comune possa corrispondere ad una situazione di interesse personale incompatibile con la funzione di amministratore, posto che non risulta che egli avesse alcuna ragione personale diversa da quella degli altri amministratori che hanno concorso all’adozione del provvedimento per favorire la società Urbana assumendone in via privilegiata l’interesse.
Ciò vale anche, ed a fortori, per la contestata presenza del dott. Marino che ha partecipato alla seduta con semplici funzioni di soggetto verbalizzante.
Ciò stante restano da esaminare i tre ultimi motivi nei quali si concentrano le questioni di diritto più delicate e che sono legate ad una vicenda che presenta anche in fatto elementi di significativa rilevanza.
Conviene allora ricordare che la curatela fallimentare, subentrata alla ditta Zorzi fallita all’inizio dell’anno 2003, aveva evidenziato all’amministrazione comunale intimata (in seguito all’avvio del procedimento ex art. 120 finalizzato alla delimitazione dell’ambito dell’intervento assegnato alla s.t.u. Urbania) l’esistenza del piano di lottizzazione già approvato nel giugno dell’anno precedente per la riqualificazione dell’area Zorzi, dichiarandosi pronta ad attuarlo, e più precisamente di cederlo e farlo attuare dai promissari acquirenti del compendio della società fallita.
L’amministrazione comunale, a sua volta, pur dando atto nelle premesse del provvedimento impugnato che esisteva un piano di lottizzazione presentato ed approvato relativo all’area Zorzi ed avente valore di P.I.R.U., si è limitata ad affermare che il piano non era stato (ancora) attuato e che non sussisteva alcuna certezza in ordine al tempo della sua realizzazione, posto che nessuna istanza di concessione era stata avanzata dal privato da oltre sei mesi
Ma ciò detto non è tuttavia chiaro cosa l’amministrazione abbia inteso (o intenda fare) di tale piano di lottizzazione, posto che se esso è tuttora valido ed efficace: l’amministrazione, che si è dichiarata interessata alla sua attuazione, avrebbe potuto e dovuto, prima di imporre l’ablazione del piano ai proprietari e alla curatela, assegnar loro un termine perentorio per la sua attuazione.
Cosa che non risulta aver fatto, e senza spiegarne la ragione.
Se l’amministrazione riteneva decaduto o non più attuabile quel piano a causa del fallimento del proprietario dell’area e se intendeva sostituirsi al privato avrebbe dovuto per certo dichiarare che intendeva acquisire quel piano trasformandolo in piano ad iniziativa pubblica oppure approvare un nuovo piano di riqualificazione dell’area avvalendosi della società di trasformazione Urbania s.p.a.
Ciò che invece l’amministrazione non poteva fare, come esattamente deduce la curatela ed il Collegio condivide, è di procedere all’assegnazione dell’area alla s.t.u. Urbania e di avviare la procedura di espropriazione senza avere approvato un progetto urbanistico sostitutivo del P.I.R.U. Zorzi, in quanto, in tale situazione difettava il presupposto per la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera che può aversi solo se e quando la delimitazione dell’area dell’intervento riguardi area già soggetta a vincolo preordinato all’esproprio e coincida con l’approvazione di uno strumento urbanistico al quale le norme (art. 12 T.U. 327/2001) attribuiscano tale efficacia.
Infatti è vero che l’art. 120 del T.U. 267/2000 annette alla delimitazione dell’area dell’intervento il valore di dichiarazione di pubblica utilità ma la norma non può essere intesa nel senso letterale, che sia sufficiente delimitare un ambito territoriale di proprietà privata (di fatto perimetrarlo) per apporre ex se sull’area un vincolo preordinato all’esproprio e contestualmente dichiarare la pubblica utilità dell’intervento (avviando il procedimento di esproprio) in assenza di un piano o di un progetto approvato, al quale riferire tale dichiarazione.
Se così fosse intesa la norma sarebbe invero chiaramente incostituzionale in quanto in nessun caso l’ordinamento ammette che si possa espropriare un’area privata in funzione di un’opera ancora da progettare e da approvare o di uno strumento urbanistico avente esso stesso valore di dichiarazione di pubblica utilità.
Né è possibile assoggettare un bene all’esproprio senza la previa imposizione del vincolo posto che la dichiarazione di pubblica utilità presuppone comunque che sia stato approvato uno strumento che abbia tale valore (cfr. art. 9 e 10 del T.U. 327/2001).
Nella specie è quindi riconoscibile il vizio di sviamento di potere che caratterizza il provvedimento impugnato, in quanto l’amministrazione, seguendo la procedura dell’art. 120 in assenza di un piano o di un progetto di opera pubblica approvato, ha posto le premesse per l’ablazione, nei confronti dei proprietari e della curatela, sia del piano di lottizzazione che tuttora è, in teoria, realizzabile, sia dell’area già di proprietà della società fallita, atteso che essa ha già attivato la procedura espropriativa in base alla sola previsione che la s.t.u. Urbania, incaricata dell’approvazione del progetto lo presenti e lo approvi.
Evento futuro ed incerto che ha costretto l’amministrazione a rinviare (illegittimamente) nello stesso provvedimento la fissazione dei termini per l’esproprio all’approvazione di tale progetto.
Tale procedura è pertanto chiaramente illegittima sotto i profili dedotti specificamente con i motivi quarto, quinto, e sesto.
Il ricorso va quindi accolto con conseguente annullamento dell’impugnata delibera di delimitazione dell’ambito d’intervento ex art. 120 d. lgs. e assegnazione dell’intervento ad Urbania s.p.a., già sospesa in sede cautelare.
Le spese e le competenze di causa seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, previa riunione dichiara il primo dei ricorsi in epigrafe improcedibile e accoglie il secondo limitatamente alla delibera sub 1).
Condanna il Comune di S Pietro Viminario al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese delle competenze di causa che previa parziale compensazione liquida complessivamente in € 3.500,00 (tremila cinquecento/00 euro) oltre ad iva e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, addì 26 febbraio e 20 maggio 2004.
Il
Presidente L’Estensore
Il
Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Prima
Sezione
T.A.R. per il Veneto – I Sezione nn.rr.gg. 1158-2010/03