LUIGI OLIVERI

Verso la fine della coincidenza tra
segretario comunale e direttore generale

Merita approfondite riflessioni l’atto di indirizzo rivolto all’Aran (clicca qui per consultarlo), in merito alla contrattazione collettiva dei segretari comunali, emesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, Ufficio Relazioni Sindacali, Servizio Contrattazione Collettiva, Prot. 160/05/DFP/36381/05/1.2.2.4.1, del 13 ottobre 2005

Il punto 9, riguardante il trattamento economico, infatti prevede almeno due direttive di particolare interesse, che si riportano di seguito:

a) in caso di assunzione da parte del segretario delle funzioni di “city manager” ed in applicazione del principio di omnicomprensività, prevederà il divieto del cumulo fra la corresponsione dell’indennità di direttore generale e dell’indennità di posizione del segretario comunale o provinciale, comunque denominata;

b) (il contratto) escluderà, in un’ottica di contenimento degli oneri contrattuali e di razionalizzazione della struttura retributiva della categoria, quantomeno nei casi in cui nell’ente locale le funzioni di coordinamento siano esercitate dal direttore generale, ogni forma di allineamento retributivo o “galleggiamento” stipendiale, peraltro eliminato in via generale per tutti i pubblici dipendenti dall’art. 4, comma 2, del decreto legge n. 333 del 1992, convertito con la legge n. 438 del 1992 ed interpretato autenticamente dall’art. 7, comma 7, del decreto legge n. 384 del 1992, convertito con la legge n. 438 del 1992.

In particolare, la prima previsione non può che sollevare ampie riflessioni sul percorso di riforma che da anni interessa la categoria dei segretari comunali. E non si può fare a meno di manifestare l’impressione che si sia in presenza davvero di una svolta decisa certo non favorevole nei confronti della categoria. Il barometro, che segnalava già pioggia, gira sempre più decisamente verso tempesta.

Nel merito, la previsione contrattuale appare ineccepibile. Il principio di onnicomprensività, infatti, cozza in modo evidente con la possibilità della percezione di una duplice indennità, quella di posizione e quella di direzione generale, laddove una medesima persona eserciti congiuntamente le funzioni di segretario e di direttore generale [1].

Tuttavia, vista l’evoluzione della riforma, una previsione condivisibile rischia di incidere in maniera estremamente negativa nei confronti di una categoria di professionisti che per decenni ha consentito agli enti locali di svolgere in maniera corretta ed efficiente le proprie funzioni.

Non si deve dimenticare, infatti, che pur essendo il principio enunciato dalla direttiva di palpabile evidenza, interpretazioni distorte favorite anni addietro dal Ministero dell’interno, hanno di fatto consentito di affiancare all’indennità di posizione, quella di direttore generale. E tale impostazione è stata rispettata dalla contrattazione collettiva precedente.

Pertanto, nell’ordinamento si era radicata come legittima la prassi di considerare le funzioni del segretario in modo duplice:

a)  da un lato le funzioni proprie del profilo, quelle evidenziate dall’articolo 97 del d.lgs 267/2000;

b) dall’altro, le funzioni di direttore generale, eventualmente conferibili ai sensi dell’articolo 108 del d.lgs 267/2000.

Entrambe le funzioni, considerate come esplicazione di diversi poteri e competenze, sono state remunerate sostanzialmente a diverso titolo.

Chi ha avuto a cuore la sopravvivenza e la valorizzazione della categoria ha sempre guardato con diffidenza a tale impostazione. Troppo evidenti alcuni rischi:

1) l’incremento difficilmente controllabile dei costi;

2) la considerazione del segretario comunale privo di incarico di direttore generale, come di un segretario di serie B;

3) l’ulteriore considerazione dei segretari comunali con incarichi di direttore generale in serie A, B, o C e così via, a seconda dell’entità dell’indennità percepita;

4) la creazione di un sistema di accesso alle sedi nel quale preponderante diveniva il rapporto fiduciario, in relazione all’entità del compenso come direttore generale;

5) soprattutto, la “certificazione” che le funzioni di direttore generale non appartenessero, come dire, al “patrimonio genetico” del segretario comunale, il quale risultava, dunque, privo dei poteri di coordinamento dei dirigenti e di proposizione e controllo dei piani esecutivi di gestione se non in quanto avesse ottenuto il conferimento delle funzioni di direttore generale.

L’ultima considerazione ha progressivamente reso meno “indispensabile” la funzione del segretario e più autorevole quella del direttore generale esterno. E’ un dato di fatto, che laddove esista il direttore generale esterno, la funzione del segretario comunale appaia svuotata.

Sarebbe stato diverso se, fin da subito, si fosse preso atto che la funzione di direttore generale è solo eventuale e che il segretario comunale di per sé può, invece, esercitare sempre le funzioni di cui all’articolo 108, anche se non incaricato delle relative funzioni.

Infatti, l’articolo 97, comma 3, è molto chiaro nell’attribuire al segretario le funzioni proprie del direttore generale, nel chiarire che tali funzioni non spettino al segretario solo quando sia nominato il direttore generale esterno.

In tal modo, si sarebbe dato luogo ad una figura di segretario-direttore di tipo necessario, con ben altra spendibilità nei confronti dei sindaci e dei presidenti della provincia. Si sarebbe da subito prevista un’unica indennità onnicomprensiva ampiamente congrua, che, semmai, si sarebbe dovuta ridurre nel caso di nomina di un direttore esterno. La dignità professionale sarebbe stata esaltata e la dipendenza psicologica derivante da offerte di indennità da direttore particolarmente allettanti di molto ridotta.

La svolta prevista dalla direttiva, invece, non ha, oggi, quei risvolti positivi che si sarebbero potuti avere 5 o 6 anni fa. Infatti, oggi la previsione di un’unica indennità:

1) comporta un arretramento, rispetto all’attuale situazione;

2)  è frutto di una riflessione dei sindaci (in particolare dei comuni medio-piccoli) e dei presidenti delle province, ormai aperta da tempo, sui costi eccessivi del binomio segretario-direttore;

3) soprattutto, non costituisce certo un incentivo per i segretari ad accettare il conferimento dell’incarico come direttore generale.

Indirettamente, sembra evidente che si spiani la strada per la generalizzazione della differenza tra funzioni di segretario e di direttore e, dunque, per l’estensione della figura del direttore generale esterno.

Non si è molto lontani dalla famosa intesa, mai ufficializzata, di cui diede notizia Italia Oggi nell’estate del 2004, tra Anci e Ministero dell’interno, in merito all’apertura dell’albo per i piccoli comuni e alla previsione del direttore esterno in tutti i comuni, anche sotto i 15.000 abitanti.

Sono le conseguenze estreme dello spoil system. Ma, oggettivamente, non erano difficili da immaginare.

Una volta che passi la concezione del direttore generale esterno come figura non più eventuale, ma necessaria, la posizione dei segretari comunali diverrà inevitabilmente più traballante a disdoro di un’intera strategia riformatrice, appoggiata da importanti sigle sindacali, che ha guardato, negli anni passati, troppo all’oggi e quasi per nulla al medio lungo termine.

Che il vento sia cambiato, lo dimostra la seconda delle indicazioni fornite all’Aran, ovvero lo stop alla clausola sul “galleggiamento”.

Anche in questo caso, non si può che concordare nel merito [2]. Il “galleggiamento” è stato espunto dall’ordinamento giuridico e la disposizione contenuta nell’articolo 41, comma 5, del Ccnl dei segretari comunali, in data in data 16.5.2001 costituisce un vulnus vero e proprio all’ordinamento medesimo, una contrarietà a norme imperative di legge talmente evidente che il Governo ha dato mandato all’Aran (corresponsabile di tale vulnus con i sindacati) di correggere il tiro ed eliminare la clausola del galleggiamento.

Se, si ripete, il segnale dato dalla direttiva è corretto ed ineccepibile sul piano giuridico, per la sopravvivenza di una categoria importante come quella dei segretari comunali è, invece, un messaggio dal contenuto molto diverso. Sembra proprio confermare che il viaggio di nozze tra capi delle amministrazioni locali, Aran e sindacati sia finito: il matrimonio è stato fatto in pompa magna, ma la prosecuzione del rapporto richiede di cenare con quei “fichi secchi” dei quali si è, per fortuna, potuto fare a meno durante la cerimonia.

Insomma, sulle retribuzioni dei segretari la direttiva minaccia il brandire di scuri. Bisogna augurarsi che non cadano, però, le teste di professionisti dei quali difficilmente il sistema delle autonomie locali potrebbe fare a meno a cuor leggero.


 

[1] In merito, si veda L. Oliveri, Della retribuibilità dell'incarico di direttore generale affidato ai segretari comunali, in questa Rivista, anno 1999. A distanza di 6 anni, la contrattazione collettiva prende atto di una situazione oggettiva.

[2] In merito alla nullità della clausola di galleggiamento, vedasi L. Oliveri, Il "galleggiamento" dei segretari comunali, in questa Rivista, anno 2002.