Sent. n. 313/EL/2005
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo
Italiano
Sezione Giurisdizionale
Regionale dell'Umbria
composta dai seguenti Magistrati:
Dott. Lodovico Principato Presidente
Dott. Fulvio Maria Longavita Consigliere
Dott. Cesare Vetrella Consigliere-Relatore
ha pronunciato la seguente:
S E N T E N Z A
nel giudizio di
responsabilità
promosso dalla Procura
Regionale dell'Umbria della Corte dei Conti
nei confronti
della Sig.ra Daniela PACIOTTI - nata il 23
agosto 1964 a Gubbio ed ivi residente in via Del Mausoleo, n. 3 - rappresentata
e difesa dall'Avv. Alessio Pottini e dall'Avv. Massimo Perari, presso il cui
studio in Perugia, via G. B. Pontani,
n. 3, è elettivamente domiciliata;
VISTO l'atto
introduttivo del giudizio, iscritto al n. 10.433/E.L. del Registro di
Segreteria;
VISTI gli
altri atti ed i documenti tutti della causa;
UDITI, nella
pubblica Udienza del 7 giugno 2005 - tenuta con l'assistenza del Segretario
Dott. Fabio Chirieleison - il Relatore, Cons. Dott. Cesare Vetrella; il P.M.,
nella persona del Procuratore Regionale, Dott. Agostino Chiappiniello, e l'Avv.
Alessio Pottini, per la convenuta;
Con
Atto di Citazione n. G2005/02 del 7 febbraio 2005 (ritualmente notificato all'interessata) il Procuratore Regionale
dell'Umbria della Corte dei Conti - previo Invito a dedurre del 16 novembre
2004, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 19/1994 - ha citato in giudizio
davanti alla Sezione Giurisdizionale Regionale dell'Umbria della Corte dei
Conti la Sig.ra Daniela PACIOTTI (nella qualità di dipendente del Comune di
Gubbio) per sentirla condannare al pagamento in favore dell'Erario della somma
complessiva di Euro 10.982,38, oltre alla rivalutazione monetaria, agli
interessi legali ed alle spese di giudizio, ritenendola responsabile del
corrispondente danno erariale subito dal citato Comune.
Con
Provvedimento del 21 febbraio 2005 (anch'esso ritualmente notificato
all'interessata) il Presidente della predetta Sez. Giurisd. Reg. dell'Umbria
della Corte dei Conti ha fissato al giorno 7 giugno 2005 l'Udienza per la
discussione del giudizio in questione, assegnando a tutto il giorno 18 maggio
2005 il termine utile alle parti per il deposito di atti e documenti in
Segreteria.
Entro
la predetta data del 18 maggio 2005 è stata depositata in Segreteria Memoria
difensiva e di costituzione in giudizio prodotta dagli Avv.ti Massimo Perari ed
Alessio Pottini del Foro di Perugia, per conto della convenuta.
Nell'Atto di Citazione
il Procuratore Regionale ha rappresentato di aver ricevuto notizia dal Comune
di Gubbio (che ha trasmesso al riguardo la Delibera di Giunta n. 348 del 10
luglio 2003) che l'impiegata, Sig.ra Daniela PACIOTTI, durante l'orario di
servizio sarebbe stata trovata più volte assente dal suo ufficio senza
autorizzazione, senza timbratura del cartellino e senza alcuna giustificazione.
L'Atto di Citazione ha
riferito che la Procura Regionale ha incaricato di indagini il Corpo dei Vigili
Urbani di Gubbio, che ha riferito con apposito Rapporto del 4 novembre 2004,
dal quale si evince:
- che il dirigente competente per settore ed il
Segretario Comunale - dopo aver notato alcune assenze ingiustificate della
Sig.ra PACIOTTI - in data 24 aprile 2003 hanno sottoposto la predetta
dipendente a formale controllo, riscontrando l'assenza di 1,05 ore senza il
prescritto permesso e senza la timbratura del cartellino;
- che la Sig.ra PACIOTTI, invitata a fornire
spiegazioni, con nota del 30 aprile 2004 ha dichiarato che “parte del tempo
della predetta assenza ingiustificata (quantificata presuntivamente dal
Dirigente in almeno 45 minuti) è stato dedicato alla colazione al di fuori
dell'edificio comunale” (in particolare, l'interessata ha precisato, al
riguardo, che “non è mai accaduto che la sottoscritta si assentasse più volte
dal posto di lavoro per motivi personali senza la necessaria autorizzazione,
tranne che sporadicamente e per brevissimi periodi di tempo per la colazione di
metà mattina, consuetudine radicata indistintamente in tutto il personale
dipendente”);
- che “le ripetute assenze dal servizio della Sig.ra
PACIOTTI sono state confermate da vari dipendenti comunali, come risulta dal
Verbale redatto il 23 giugno 2003 dal Segretario Comunale e dall'Avvocato
Comunale (inoltre, la Conferenza dei Dirigenti con Verbale del 10 giugno 2003
ha affermato che non rispondono a verità le assenze generalizzate di cui alle
dichiarazioni della Sig.ra PACIOTTI);
- che “dall'esame dei prospetti riepilogativi delle
timbrature della Sig.ra PACIOTTI … non risultano, nei mesi precedenti al fatto
contestato, timbrature per uscite dal servizio di metà mattina, a presumibile
motivo di colazione”;
- che il danno patrimoniale derivante dalle indicate
assenze non giustificate potrebbe essere quantificato - tenuto conto della
“periodicità quotidiana con la quale di solito viene consumata la
colazione” e che “per la Sig.ra
PACIOTTI è consuetudine assentarsi dal servizio in maniera non conforme alla
normativa vigente per 45 minuti al giorno” - in Euro 4.982,38, calcolando
“un'assenza di 45 minuti giornalieri a partire da 5 anni antecedenti alla data
del fatto accertato, tenuto, a tal proposito, conto del termine quinquennale di
prescrizione”;
- che “per quanto concerne il presunto danno
all'immagine dell'Amministrazione Comunale” occorre tenere presente, ai fini
della sua quantificazione, che in due quotidiani (la Nazione del giorno 8
giugno 2003 ed il Corriere dell'Umbria del 10 giugno 2003) è stata riportata la
notizia (senza, peraltro, far riferimento alcuno alla fonte da cui promana la
detta informazione) che “all'interno del Comune di Gubbio si sarebbe verificato
un caso di mobbing (anzi, uno dei due quotidiani parla addirittura di due
casi)” ed “in essi non si fa riferimento al nome della Sig.ra PACIOTTI”.
A seguito delle
menzionate indagini la Procura Regionale con Invito a fornire deduzioni del 16
novembre 2004 ha contestato alla Sig.ra PACIOTTI: a) il danno patrimoniale in
senso stretto, per Euro 4.982,38; b) ed il danno all'immagine ed al prestigio
del Comune di Gubbio, per Euro 6.000,00.
Con Note controdeduttive
depositate il 14 gennaio 2005 la Sig.ra PACIOTTI ha ritenuto non fondata
l'accusa per entrambi i danni contestati, osservando, in particolare, di non
aver mancato di denunciare al nuovo Dirigente, Dott. Silvestri, l'eccessivo
carico di lavoro al quale è stata sottoposta a seguito della nuova
riorganizzazione dell'intero settore e della conseguente redistribuzione delle
mansioni tra i dipendenti, facendo presente di aver sempre riscosso stima da
parte dei colleghi e dei superiori per le “sue riconosciute doti di
professionalità, serietà ed attaccamento al lavoro”.
Dopo aver segnalato
che da quando aveva osato lamentare l'eccessivo carico di lavoro i rapporti con
il proprio Dirigente si erano deteriorati, la Sig.ra PACIOTTI ha fatto presente
che con Determinazione del 12 maggio 2003 è stata assegnata temporaneamente
all'Ufficio Archivio e Protocollo, “con notevole demansionamento”, e, poi, dal
4 novembre 2003, all'Ufficio di Segreteria Generale, mettendo anche in evidenza
che la gravosità del lavoro ed “il crescendo di pressioni esercitate dal
superiore avevano generato uno stato di malessere caratterizzato da varia
sintomatologia ansiosa depressiva”, diagnosticata dalla Struttura Psicologica
Clinica e Psicoterapica dell'A.S.L. n. 2 dell'Umbria, “Reazione mista ansioso
depressiva di media gravità con diagnosi di verosimile dipendenza causale dei
disturbi dagli eventi stressanti occorsi sul posto di lavoro”.
La Sig.ra PACIOTTI ha,
inoltre, rappresentato di essersi assentata solo sporadicamente dal servizio
per semplici coffee break, “la cui durata non ha mai superato i 15 o 20
minuti”, consumati insieme a colleghi, dirigenti ed amministratori, e che “la
pausa cappuccino di mezza mattinata rappresenta, tra gli impiegati pubblici,
abitudine talmente sedimentata da dirsi ormai quasi una sorta di istituzione”,
contro la quale “ora o in passato alcun dirigente del Comune di Gubbio ha mai
puntato il dito”, tranne che nei suoi confronti in contrasto con i principi di
imparzialità e di pari trattamento, per aver osato criticare l'operato di un
superiore, dal quale è stata poi perseguitata per mesi, “ora con richiami
pedanteschi, ora con trasferimenti punitivi, ora con atteggiamenti non
collaborativi”.
Non condividendo tali
controdeduzioni e ritenendo non pertinenti “le affermazioni della convenuta in
ordine alla gravosità del carico di lavoro ed alla mancanza di personale di
supporto al proprio Ufficio”, il Procuratore Regionale ha convenuto in giudizio
la Sig.ra Daniela PACIOTTI (nella indica qualità), chiamandola a rispondere del
predetto complessivo danno di Euro 10.982,38 subito dal Comune di Gubbio.
L'Atto di Citazione ha
affermato che “non vi possono essere dubbi in ordine alla fattispecie di danno
ed alla condotta illecita posta in essere dalla dipendente PACIOTTI, che, tra
l'altro, ha ammesso di essersi assentata dal servizio sia nelle giustificazioni
prodotte all'Amministrazione e sia nelle deduzioni fornite all'indicato Invito
a dedurre, ed “ha solo giustificato …(il proprio) comportamento con la
considerazione che tali assenze erano usuali in tutto il personale comunale” e
che “tale consuetudine è radicata indistintamente in tutto il personale
dipendente”.
Dopo aver osservato
che tali giustificazioni “potrebbero solo estendere le fattispecie di danno
anche nei confronti di altri dipendenti, ma certamente non potrebbero
costituire una esimente per la condotta illecita posta in essere”, e che
“l'Amministrazione Comunale ha sconfessato che sussiste una situazione di
assenteismo generalizzato del tipo descritto dalla convenuta”, la Procura
Regionale ha messo in evidenza che, “mentre risultano le assenze della Sig.ra
PACIOTTI, non risultano, per converso, le timbrature del cartellino della
stessa nell'apposita apparecchiatura sia per il giorno del controllo (24 aprile
2003) e sia per tutto il periodo precedente”.
L'Atto di Citazione ha
condiviso la quantificazione in Euro 4.982,38 di tale danno operata nel citato
Rapporto redatto dal Corpo dei Vigili Urbani di Gubbio (“un'assenza di 45
minuti giornalieri a partire da 5 anni antecedenti alla data del fatto
accertato, tenuto, a tal proposito, conto del termine quinquennale di
prescrizione”).
L'Atto di Citazione ha
rappresentato, inoltre, che nel caso di specie sussiste anche il “danno
all'immagine ed al prestigio del Comune di Gubbio”.
Al riguardo, la
Procura Regionale ha richiamato giurisprudenza della Corte dei Conti e -
precisato, in particolare, che “il danno all'immagine non è connesso
all'accertamento di un reato” - ha fatto presente che “dal tenore degli
articoli (della stampa) risulta evidente un discredito per l'Ente Locale”, che
deriva “dalla condotta illecita della convenuta, la quale … si è assentata
arbitrariamente dall'Ufficio, coinvolgendo nella vicenda anche il restante
personale del Comune, che - come si evince dagli accertamenti effettuati
dall'Ente Locale - sono risultati completamente estranei alla vicenda”.
La Procura Regionale
ha quantificato tale danno in via equitativa ex art. 1226 c.c. in Euro
6.000,00, rimettendosi alle valutazioni del Collegio, “qualora la sua
quantificazione fosse ritenuta inesatta”.
A seguito del
riportato Atto di Citazione la Sig.ra Daniela PACIOTTI si è costituita in
giudizio con Comparsa dell'Avv. Massimo Perari e dell'Avv. Alessio Pottini
depositata in data 18 maggio 2005, contestando la domanda attrice perché
infondata.
La difesa - dopo aver
ripercorso la vicenda in causa e riportate (ribadendole) le argomentazioni già
esposte con le riferite note controdeduttive all'invito a dedurre - ha messo,
innanzitutto, in rilievo la “insufficienza del quadro probatorio” posto a base
dell'Atto di Citazione, osservando al riguardo che “l'aver attribuito alla
Sig.ra PACIOTTI assenze abituali dal lavoro che si sarebbero protratte oltre il
tempo minimo necessario per consumare lo snack è assunto privo di valido e
sufficiente supporto probatorio ed è frutto di una grossolana ed evidente
distorsione dei fatti”, atteso che: a) il rapporto dei Vigili Urbani del 4
novembre 2004 “si è limitato a prendere atto degli stessi documenti e delle
stesse dichiarazioni allegate all'esposto del luglio 2003”, con l'“unica
novità” costituita dalla “tabella riepilogativa delle ore sottratte al lavoro”
in base ad un “calcolo presuntivo opinabile”; b) “l'unico soggetto che risulti
aver riferito di assenze frequenti e prolungate è proprio quel dirigente (Dott.
Silvestri) che non si era preoccupato di nascondere alla convenuta la propria
personale ostilità” con “rimproveri sistematici e pedanteschi… anche per
iscritto” e con una “azione repressiva … in contrasto con i principi di
imparzialità e di pari trattamento
dell'agire della P.A.”, perché “se un comportamento non è consentito,
allora deve essere vietato a tutti e non solo ad alcuni”; c) le “conferme
giunte dai dipendenti Cecili, Fabbretti e Lepri” provengono da “persone che, in
quanto soggette all'autorità del Dott. Silvestri, possono averne subito un
comprensibile e determinante condizionamento psicologico”; d) “non ha pregio il
tentativo di controparte di assegnare alle dichiarazioni scritte della
convenuta senso e dimensioni eccedenti il loro contenuto”, tenuto conto che
nella nota della predetta convenuta “si parla di uscite sporadiche e
brevissime”.
La
difesa ha, inoltre, sottolineato la “irrilevanza dei fatti addebitati”, ed ha
richiamato in merito giurisprudenza amministrativa, osservando che la Sig.ra
PACIOTTI “non era affatto solita andare a consumare il cappuccino fuori dal
Palazzo durante l'orario di servizio” se non sporadicamente “per un avvertito
bisogno di un recupero psicofisico”, dovendo “smaltire da sola il lavoro di 3
impiegati” a seguito della ristrutturazione dell'Ufficio, “a tutto vantaggio
della sua produttività”, senza mai superare i 10-15 minuti, come è avvenuto la
mattina del 24 aprile 2003. A giudizio della difesa “consumare il cappuccino a
metà mattinata fuori del Palazzo costituisce comunque abitudine molto diffusa
tra i dipendenti e normalmente tollerata dai superiori”, tant'è che “al bar
ritrovava colleghi, dirigenti ed amministratori del Comune” e “sovente
consiglieri ed assessori offrivano la colazione agli impiegati”.
La
difesa della convenuta ha, poi, ritenuto “insussistente il danno erariale
contestato”.
Per
quanto attiene al “danno da assenze ingiustificate”, a giudizio della difesa il
comportamento della Sig.ra PACIOTTI è “privo di rilevanza e di concreto
disvalore”, nella considerazione che “le pause caffè, oltre a conformarsi ad un
costume ormai comunemente accettato, per il loro carattere breve e sporadico
appaiono sfornite di qualsiasi lesività”, dovendo comunque tenere conto che
“ogni possibile pregiudizio deve intendersi compensato dal vantaggio tratto
dall'Amministrazione ogni volta che la (citata) Sig.ra PACIOTTI ha svolto turni
di straordinario senza pretendere la pur prevista maggiorazione”.
La
difesa ha, peraltro, sostenuto che il contestato danno, anche ove ne venisse
accertata l'esistenza, per il “metodo di calcolo adottato” (“assenza
dall'ufficio tutte le mattine per 45 minuti…, andando a ritroso - per 5 anni -
entro il limite della prescrizione quinquennale”) risulta “vistosamente
esagerato e privo di riscontri”, dovendosi, invece, “assumere come base la
retribuzione corrispondente a segmenti temporali non più lunghi di 15 minuti e
moltiplicarla per 20-30 (tale essendo il numero delle volte in cui la convenuta
è presumibilmente uscita a prendere il caffè)”, ovvero provvedere - più
opportunamente - ad una “liquidazione di tipo equitativo, che tenga conto di
tutti gli aspetti (scarsa importanza dei fatti, particolari condizioni di
stress…, ampia diffusione di comportamenti analoghi da parte dei colleghi e
degli impiegati pubblici in genere)”.
Per
quanto attiene al “danno all'immagine ed al prestigio del Comune di Gubbio”, a
giudizio della difesa, tale addebito non è fondato: a) perché in base alla
giurisprudenza in materia per configurare il danno in questione occorre che “al
dipendente sia stato attribuito dalla stampa un reato già accertato con
Sentenza o, quanto meno, oggetto di processo penale”; e nel caso specifico ciò non
è riscontrabile; b) perché in base alla giurisprudenza in materia “non è
sufficiente, sulla base di un ritenuto astratto automatismo, il mero
riferimento al discredito per l'Ente di appartenenza, occorrendo dare la prova
della sussistenza di un pregiudizio specifico e concretamente valutabile e
risarcibile”; e nel caso specifico “nessun elemento fattuale pare deporre a
favore dell'effettivo patimento di un pregiudizio patrimoniale riconducibile
alla diffusione di notizie sui fatti de quibus”; c) perché i due articoli di
stampa posti a base del contestato danno “non vertono affatto sui fatti di cui
è causa” e non fanno alcun riferimento ai caffè consumati nelle ore di
servizio, né alcun cenno alla convenuta, atteso che il primo articolo si occupa
del trasferimento di un dipendente da un ufficio all'altro del Comune di
Gubbio, che avrebbe procurato un notevole stress al soggetto interessato (non
indicato), e che il secondo articolo si occupa di due impiegati (anche essi non
indicati), che avrebbero meditato di far causa per mobbing al Comune di Gubbio.
In
conclusione, i difensori della convenuta hanno chiesto: a) in via principale,
di dichiarare la infondatezza degli addebiti e di rigettare la domanda attrice;
b) in via subordinata, di ridurre l'importo del risarcimento richiesto, tenuto
conto che il danno all'immagine non è configurabile e che quello da assenze
ingiustificate andrebbe liquidato secondo uno dei criteri in precedenza
indicati.
Alla
discussione avvenuta alla odierna Udienza pubblica del 7 giugno 2005, il P.M.
ed il difensore della Sig.ra PACIOTTI hanno illustrato le rispettive posizioni
ed, argomentando ulteriormente, hanno concluso in conformità agli scritti.
La causa è, quindi,
passata in decisione.
D I R I T T O
I -
PREMESSA
La
pretesa attrice di cui all'Atto di Citazione in giudizio n. G2005/02 del 7
febbraio 2005 del Procuratore Regionale dell'Umbria della Corte dei Conti nei
confronti della Sig.ra Daniela PACIOTTI (nella qualità di dipendente del Comune
di Gubbio) ha alla base - come è stato specificatamente riportato in FATTO - la
valutazione del danno erariale di complessivi Euro 10.982,38
(diecimilanovecentoottantadue/38), oltre alla rivalutazione monetaria, agli
interessi legali ed alle spese di giudizio, subito dal citato Comune.
La
vicenda in causa riguarda le irregolarità e la condotta illecita che - a
giudizio della Procura Regionale - sarebbe stata posta in essere dalla
convenuta, che sarebbe stata trovata più volte (ed, in particolare, in data 24
aprile 2003) assente dal suo ufficio durante l'orario di servizio, senza
autorizzazione, senza timbratura del cartellino magnetico e senza alcuna
giustificazione, per essersi recata a fare colazione al di fuori dell'edificio
comunale.
L'Atto
di Citazione ha rappresentato, in particolare, che la stessa convenuta “ha
ammesso di essersi assentata dal servizio sia nelle giustificazioni prodotte
all'Amministrazione e sia nelle deduzioni” fornite all'Invito a dedurre,
giustificando il proprio comportamento soltanto “con la considerazione che tali
assenze erano usuali in tutto il personale comunale” e che “tale consuetudine è
radicata indistintamente in tutto il personale dipendente”.
Precisato
che “l'Amministrazione Comunale ha sconfessato che sussiste una situazione di
assenteismo generalizzato”, l'Atto di Citazione ha condiviso la quantificazione
in Euro 4.982,38 di tale danno operata dal Corpo dei Vigili Urbani di Gubbio
(interessato dalla Procura Regionale) con apposito Rapporto del 4 novembre 2004
(“un'assenza di 45 minuti giornalieri a partire da 5 anni antecedenti alla data
del fatto accertato - 24 aprile 2003 -, tenuto, a tal proposito, conto del
termine quinquennale di prescrizione”).
Oltre
all'indicato danno patrimoniale in senso stretto, la Procura Regionale ha
rinvenuto anche il “danno all'immagine ed al prestigio del Comune di Gubbio”
(quantificato, in via equitativa, in Euro 6.000,00), derivante “dalla condotta
illecita della convenuta, la quale… si è assentata arbitrariamente
dall'Ufficio, coinvolgendo nella vicenda anche il restante personale del
Comune, che - come si evince dagli accertamenti effettuati dall'Ente Locale -
sono risultati completamente estranei alla vicenda”.
L'Avv.
Massimo Perari e l'Avv. Alessio Pottini, per la convenuta, hanno contestato -
come specificatamente riportato in FATTO - le deduzioni e le richieste
formulate con il riferito Atto di Citazione, eccependo:
a) la
“insufficienza del quadro probatorio” posto a base della domanda attrice,
osservando, in particolare che “l'aver attribuito alla Sig.ra PACIOTTI assenze
abituali dal lavoro che si sarebbero protratte oltre il tempo minimo necessario
per consumare lo snack è assunto privo di valido e sufficiente supporto
probatorio ed è frutto di una grossolana ed evidente distorsione dei fatti”;
b) la “irrilevanza dei fatti addebitati”,
osservando, in particolare, che la Sig.ra PACIOTTI solo sporadicamente, e per
non più di 15 minuti, si recava a consumare il cappuccino fuori del Palazzo
durante l'orario di servizio (avendo bisogno di un “recupero psicofisico”), e
che l'abitudine di consumare il cappuccino a metà mattinata è “molto diffusa
tra i dipendenti” ed è “normalmente tollerata dai superiori”, tranne che nei
suoi confronti, oggetto di un'azione repressiva e di “rimproveri sistematici e
pedanteschi…, anche per iscritto” da parte del Capo Ufficio;
c) la “insussistenza del danno da assenze
ingiustificate e, comunque, la sua erronea quantificazione”, osservando, in
particolare, che “ogni possibile pregiudizio deve intendersi compensato dal
vantaggio tratto dall'Amministrazione ogni volta che la Sig.ra PACIOTTI ha
svolto turni di straordinario senza pretendere la pur prevista maggiorazione” e
che, in ogni caso, “il metodo di calcolo adottato” (prima indicato) risulta
“vistosamente esagerato e privo di riscontri”, dovendosi, invece, “assumere
come base la retribuzione corrispondente a segmenti temporali non più lunghi di
15 minuti e moltiplicarla per 20-30” assenze, ovvero provvedere - più
opportunamente - ad una “liquidazione di tipo equitativa”, che tenga conto
della scarsa importanza dei fatti, delle particolari condizioni di stress
dell'interessata, e dell'ampia diffusione di comportamenti analoghi da parte
dei colleghi e degli impiegati pubblici in genere;
d) la “insussistenza del danno all'immagine ed al
prestigio del Comune di Gubbio”, osservando, in particolare, che nel caso di
specie non è rinvenibile alcun reato da parte della Sig.ra PACIOTTI accertato
con Sentenza o oggetto di processo penale e che, comunque, non è stata data
alcuna prova di un pregiudizio specifico e concreto subito dal Comune, tenuto
conto, peraltro, che i due articoli di stampa posti a base del contestato danno
“non vertono affatto sui fatti di cui è causa e non fanno alcun riferimento ai
caffè consumati nelle ore di servizio, né alcun cenno alla convenuta (il primo
articolo si occupa di un trasferimento di ufficio, causa di stress al soggetto
interessato , non indicato; il secondo articolo si occupa di un caso di mobbing
nei confronti di due impiegati del Comune di Gubbio, anche essi non indicati).
In conclusione, i
difensori della convenuta hanno chiesto:
- in via principale, di dichiarare la infondatezza degli
addebiti e di rigettare la domanda attrice;
- in via subordinata, di ridurre l'importo del
risarcimento richiesto, tenuto conto che il danno all'immagine non è
configurabile e che quello da assenze ingiustificate andrebbe liquidato secondo
uno dei criteri in precedenza indicati.
II - MERITO
Richiamato
quanto sopra, passando al merito della causa, sulla base delle contestazioni
mosse il Collegio è tenuto, nella fattispecie concreta del presente giudizio, a
verificare la reale sussistenza del danno erariale contestato, e la sua
quantificazione, e ad accertare la sussistenza, in capo alla convenuta, della
responsabilità amministrativa contabile in presenza del nesso di causalità
della condotta illecita commissiva od omissiva tenuta dalla stessa ed in
presenza dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, come richiesto
dalla vigente normativa in materia, recata, da ultima, dall'art. 58 della legge
8 giugno 1990, n. 142 (ora art. 93 del T.U. n. 267 del 18 luglio 2000);
dall'art. 2 della legge 8 ottobre 1984, n. 658; dalla legge 14 gennaio 1994, n.
19; dalla legge 14 gennaio 1994, n. 20; e dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639.
Come
si è anticipato, il Procuratore Regionale ha contestato alla Sig.ra PACIOTTI:
a) il danno patrimoniale in senso stretto, per Euro 4.982,38; b) ed il danno
all'immagine ed al prestigio del Comune di Gubbio, per Euro 6.000,00.
Il
Procuratore Regionale ha sostenuto, sostanzialmente, che l'impiegata, Sig.ra
Daniela PACIOTTI, durante l'orario di servizio sarebbe stata trovata più volte
(ed, in particolare, in data 24 aprile 2003) assente dal suo ufficio, senza
autorizzazione, senza timbratura del cartellino magnetico e senza alcuna
giustificazione, per essersi recata a fare colazione al di fuori dell'edificio
comunale.
Le
ingiustificate assenze dal servizio costituirebbero - a giudizio dell'attore -
il fatto colposo, da cui sarebbe scaturito il danno erariale in senso stretto
per indebita percezione di emolumenti non dovuti in relazione ai periodi di
assenze ingiustificate dal servizio.
In
ordine alla vicenda in causa il primo e più importante aspetto da considerare è
quello relativo alla determinazione dell'orario di servizio e dell'orario di
lavoro (o del tempo di lavoro) che il dipendente pubblico è tenuto a rendere
all'Amministrazione di appartenenza, e le modalità del relativo controllo, per
la fondamentale ragione che l'orario ed il tempo di lavoro servono, da un lato,
per definire la misura della prestazione dovuta dal dipendente pubblico, e,
dall'altro lato, per commisurare la retribuzione ad esso spettante in relazione
all'orario ed al tempo di lavoro prestato, costituendo tali elementi il
sinallagma contrattuale prestazione/retribuzione, che caratterizza il rapporto
di lavoro.
Con
la contrattualizzazione a regime di diritto privato del rapporto di lavoro dei
pubblici dipendenti (c.d. “privatizzazione”) la materia dell'orario di servizio
e dell'orario di lavoro è stata disciplinata dall'art. 60 del D. Lgs. 3
febbraio 1993, n. 29, che ha anche risolto una serie di incertezze normative e
giurisprudenziali riscontrate da tempo in tale materia.
Questa
norma è stata, poi, abrogata dall'art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724,
che ha nuovamente disciplinato la materia (rimasta affidata alla contrattazione
collettiva), fissando regole e criteri per l'articolazione dell'orario di
servizio nelle Amministrazioni Pubbliche, per la determinazione dell'orario
mensile e settimanale di lavoro ordinario da rendere nell'ambito dell'orario di
servizio e dell'orario d'obbligo contrattuale, introducendo e definendo i
concetti dell'orario di servizio, dell'orario di apertura al pubblico e
dell'orario di lavoro (e relative articolazioni) dei dipendenti delle
Amministrazioni Pubbliche, e precisando anche i conseguenti controlli da
operare (il comma 3 di tale norma ha stabilito, a tale ultimo riguardo, che
“l'orario di lavoro, comunque articolato, è accertato mediante forme di
controllo obiettivo e di tipo automatizzato”).
A
seguito delle riferite disposizioni legislative, la disciplina dell'orario di
servizio e dell'orario di lavoro nelle Amministrazioni Pubbliche, e dei
relativi criteri organizzativi, è stata illustrata dalla Presidenza del
Consiglio/Dipartimento della Funzione Pubblica con le Direttive/Circolari n.
8/93 del 9 marzo 1993 (G.U. n. 60 del 13 marzo 1993), n. 3/94 del 16 febbraio
1994 (G.U. n. 43 del 22 febbraio 1994), n. 7/95 del 24 febbraio 1995 (Suppl.
Ord. n. 36 alla G.U. n. 73 del 28 marzo 1995) e n. 21/95 dell'8 novembre 1995
(G.U. n. 270 del 18 novembre 1995), sottolineando più volte - per quello che
interessa in questa sede - che l'osservanza dell'orario di lavoro costituisce
un obbligo del dipendente pubblico, anche del personale con qualifica
dirigenziale, quale elemento essenziale della prestazione retribuita dalla
Amministrazione Pubblica” e che “l'orario di lavoro, comunque articolato, deve essere
documentato ed accertato mediante controlli di tipo automatici ed obiettivi,
come disposto dalle vigenti normative in materia”.
A
quest'ultimo riguardo le predette Direttive/Circolari hanno precisato che “i
sistemi automatizzati di rilevazione dell'orario di lavoro dovranno… essere
utilizzati per determinare direttamente la retribuzione principale e quella
accessoria, da corrispondere a ciascun dipendente”, per cui “ciò comporta che
ad ogni eventuale assenza, totale o parziale dal posto di lavoro (che non sia
giustificata dalla vigente normativa in materia) consegue - oltre alla
proporzionale automatica riduzione della retribuzione - anche l'attivazione, da
parte dei Dirigenti responsabili, delle procedure disciplinari previste dalla
normativa vigente”.
In
proposito, - sottolineato che anche “i permessi brevi fruiti dai dipendenti
pubblici per esigenze personali” (tra i quali rientrano certamente anche le
consumazioni al bar fuori dell'edificio presso il quale i dipendenti pubblici
sono in servizio) devono essere autorizzati e recuperati successivamente
secondo modalità definite dal Dirigente, e sottolineato che, ai sensi delle
Direttive/Circolari più volte citate, “i Dirigenti sono responsabili
dell'osservanza dell'orario di lavoro da parte del personale dipendente” - va,
infine messo in evidenza che - ai sensi delle medesime Direttive/Circolari -
“eventuali violazioni dei dirigenti responsabili e del personale dipendente,
conseguenti a dolo o colpa grave, che comportano una mancata prestazione, con relativo
danno erariale, concretano una violazione penale, oltre che responsabilità
disciplinare e contabile”.
In
materia di orario di lavoro, - dopo varie ed ulteriori disposizioni intervenute
in sede di contrattazione collettiva - recentemente è stata emanata la
Direttiva/Circolare n. 8/2005 del 3 marzo 2005 del Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali (redatta d'intesa con il Dipartimento della Funzione Pubblica
“per le parti riguardanti anche il personale dipendente dalle Pubbliche
Amministrazioni”), con la quale è stato illustrato il D. Lgs. 8 aprile 2003, n.
66, integrato e modificato dal D. Lgs. 19 luglio 2004, n. 213, adottati ai fini
del recepimento pieno anche nel nostro Ordinamento della Direttiva dell'Unione
Europea n. 93/104/CE del 23 novembre 1993, e successive modificazioni ed
integrazioni, con l'obiettivo di dare un assetto organico alla disciplina del
tempo di lavoro e dei riposi, “garantendo un ampio spazio di intervento
all'autonomia collettiva per ciò che riguarda la modulazione dei tempi di
lavoro (orario normale multiperiodale, gestione degli straordinari, limiti di
orario massimo, ecc.) in rapporto alle esigenze produttive ed organizzative”.
Richiamato
quanto sopra, si mette in rilievo che in presenza di accertata dolosa o colposa
inadempienza nella dovuta prestazione lavorativa da parte dei pubblici
dipendenti, è pacifica e consolidata la giurisprudenza della Corte dei Conti
nel riconoscere la responsabilità amministrativa contabile dei predetti
dipendenti pubblici, ritenendo che il danno è, in questi casi, quanto meno pari
alla spesa sostenuta dall'Amministrazione Pubblica datrice di lavoro per la
retribuzione complessivamente erogata a favore dei dipendenti pubblici in
questione nel periodo in cui essi non hanno reso la dovuta prestazione
lavorativa, fatti salvi comunque gli ulteriori danni che possono essere stati
causati a motivo della assenza arbitraria nella gestione dei servizi ai quali i
predetti dipendenti pubblici erano addetti o preposti (cfr., fra le tante, Sez.
Giurisd. Reg.
Molise, Sent. n. 226 del 22 novembre 1996; Sez. Giurisd. Reg. Toscana, Sent. n. 275 del 20 maggio 1996; Sez. Giurisd.
Reg. Veneto, Sent. n. 238 del 29 novembre 2000; Sez. Giurisd. Reg. Marche,
Sent. n. 807 del 28 ottobre 2003; Sez. Giurisd. Reg. Sicilia, Sent. n. 2375 del
23 agosto 2004; Sez. Giurisd. Reg. Liguria, Sent. n. 704 del 19 maggio 2005; e
di questa Sezione Giurisdizionale Regionale dell'Umbria, tra le varie, Sent. n.
50/E.L./96 del 17 gennaio 1996; Sent. n. 152/R/96 dell'11 marzo 1996; Sent. n.
290/E.L./97 del 21 luglio 1997; Sent. n. 831/R/98 del 2 ottobre 1998; Sent. n.
52/R/99 dell'8 febbraio 1999; Sent. n. 379/E.L./99 dell'1 luglio 1999; Sent. n.
424/R/2000 del 31 luglio 2000; Sent. n. 2/E.L./2004 del 9 gennaio 2004, ecc.).
Facendo
applicazione al caso di specie del richiamato e condiviso indirizzo
giurisprudenziale, si deve convenire con la Procura Regionale sulla irregolare
ed eticamente riprovevole condotta tenuta, nella circostanza, dalla Sig.ra
PACIOTTI, la quale - quantomeno il 24 aprile 2003 (data del controllo formale)
- si è assentata dal suo ufficio durante l'orario di servizio, senza
autorizzazione, senza timbratura del cartellino magnetico e senza alcuna
giustificazione, per essersi recata a fare colazione al bar al di fuori dell'edificio
comunale.
In
sostanza, nella fattispecie che ci occupa, la convenuta è venuta meno, con
colpa grave, ai suoi precisi obblighi di servizio, allorché - senza la
prescritta autorizzazione, senza timbratura del cartellino magnetico e senza alcuna
giustificazione - si è assentata dal suo ufficio per i motivi innanzi detti,
sottraendo un certo periodo di tempo all'orario di lavoro ed al tempo di lavoro
contrattualmente definito.
Nella
vicenda in esame il danno patrimoniale sussiste ed è chiaramente da imputare
alla violazione del sinallagma prestazione/retribuzione contrattualmente
definito, non essendo stato recuperato da parte della convenuta il tempo di
lavoro arbitrariamente e colposamente sottratto all'Amministrazione Pubblica
datore di lavoro, pur in presenza di regolare percezione della intera
retribuzione.
Né,
al riguardo, si rende possibile accedere alle argomentazioni della difesa della
convenuta in ordine ad una eventuale compensazione del tempo di lavoro
sottratto, di cui si discute, con ore di lavoro straordinario prestate e non
retribuite, sia perché non si rinviene in proposito alcuna possibilità
giuridica di pervenire a tale compensazione, (essendo stata del tutto
arbitrario e non autorizzato l'allontanamento della dipendente pubblica dal
posto di lavoro), e sia perché le ore di lavoro straordinario alle quali si fa
cenno sono del tutto ipotetiche e non precisate, e senza alcuna traccia negli
atti del fascicolo processuale.
Né
può essere condivisa anche l'altra argomentazione della difesa della convenuta
circa l'abitudine diffusa dei pubblici dipendenti del c.d. “cappuccino” di metà
mattinata, normalmente tollerata e, perciò, non antigiuridica e non lesiva,
considerato che il limitato periodo di tempo in questione è chiaramente usufruibile
con l'utilizzo dei c.d. “permessi brevi” da recuperare successivamente con le
modalità disposte dal Dirigente.
Il
Collegio deve, peraltro, osservare che nel caso di specie la Procura Regionale
non ha fornito una esatta e corretta quantificazione dell'ipotizzato danno
patrimoniale in senso stretto, in ordine al quale deve dirsi che è certamente
provato il fenomeno, ma non la durata nel tempo né la durata delle singole
assenze.
In
sostanza, partendo da una rilevazione di un fatto accertato (quello
dell'assenza arbitraria del 24 aprile 2003 di 1 ora e 5 minuti rilevata a
seguito di formale controllo, in ordine alla quale si suppone che non tutto
l'indicato periodo di tempo sia stato dedicato alla colazione di metà
mattinata), si deve ritenere che non è certamente ipotizzabile che possa essere
calcolata - ai fini della quantificazione del danno erariale - “un'assenza di
45 minuti giornalieri a partire da 5 anni antecedenti alla data del fatto
accertato, tenuto, a tal proposito, conto del termine quinquennale di
prescrizione”.
Il
metodo utilizzato per la quantificazione del danno patrimoniale operato dalla
Procura Regionale, se non è propriamente “stravagante” - come è stato definito
dalla difesa della convenuta nella Udienza dibattimentale -, non è certamente
corretto ed affidabile, perché non è sorretto da alcuna prova, essendo esso
soltanto deduttivo e non basato su alcun atto o rilevazione (tranne quella del
24 aprile 2003) che possa in qualche modo giustificare la ipotizzata durata
delle singole assenze giornaliere (tutte di 45 minuti) e la ipotizzata durata
nel tempo (tutti i giorni per 5 anni!).
Ebbene,
- considerato che, oltre alla assenza rilevata il 24 aprile 2003, alcune
assenze arbitrarie dal lavoro da parte della Sig.ra PACIOTTI per fare colazione
al bar al di fuori dell'edificio comunale si sono certamente verificate (perché
ciò, senza indicarne il numero esatto, è stato ammesso dalla stessa convenuta,
sia nelle Note controdeduttive all'Invito a dedurre, e sia nella Comparsa di
costituzione in giudizio) - si deve ritenere che sembra più verosimile e più
credibile che le assenze arbitrarie e non autorizzate in questione si siano
verificate con saltuarietà per una durata di 15/20 minuti, e non risalenti
inevitabilmente a 5 anni addietro, come, peraltro, ammesso dalla stessa
convenuta, sia pure giustificando ciò con una prassi generalizzata (sconfessata
- però - dagli organi ufficiali del Comune di Gubbio).
Sulla
base di tali considerazioni e valutazioni, e tenuto conto che allo stato degli
atti non vi è assoluta certezza sul numero e sulla durata delle indicate
assenze non autorizzate - che, come sopra detto, si sono certamente verificate
in un numero non definito -, si deve concludere che la quantificazione del
danno patrimoniale in senso stretto da assenze ingiustificate, di cui al
presente giudizio, non può che essere definita in via equitativa ex art. 1226
c.c.. Per tali motivi, il Collegio determina il predetto danno patrimoniale in
senso stretto nella somma globale di 500,00 Euro, comprensiva di interessi
legali e rivalutazione monetaria.
A
completamento di quanto sopra argomentato, va anche fatto presente che ben più
grave e diversa sarebbe stata la valutazione del Collegio nel caso in cui fosse
stata provata e documentata adeguatamente l'assenza arbitraria e non
autorizzata dall'Ufficio o nel caso in cui l'impiegato assentatosi senza
autorizzazione fosse stato adibito a servizi in diretto contatto con il
pubblico, o, comunque, ad altri servizi e settori più rilevanti, con
conseguenti riflessi anche su altre tipologie di danno (quale, in particolare,
il danno da disservizio).
IIb -
DANNO ALL'IMMAGINE ED AL PRESTIGIO DEL-
LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
La
Procura Regionale ha contestato, inoltre, alla Sig.ra PACIOTTI il “danno
all'immagine ed al prestigio” del Comune di Gubbio, quantificando tale partita
di danno in via equitativa ex art. 1226 c.c. in Euro 6.000,00.
La
difesa della convenuta ha contrastato anche tale richiesta attorea, chiedendone
il rigetto.
Per
quanto attiene il “danno all'immagine ed al prestigio della P.A.” è ben nota,
ormai, la posizione e la impostazione concettuale assunta in merito a tale
forma di danno erariale da questa Sez. Giurisd. Reg. dell'Umbria (si citano,
tra le tante, Sent. n. 501/E.L./1998; Sent. n. 1087/R/1998; Sent. n.
147/R/1999; Sent. n. 582/E.L./1999; Sent. n. 622/E.L./1999; Sent. n.
505/R/2000; Sent. n. 557/R/2000; Sent. n. 620/E.L./2000; Sent. n. 98/E.L./2001;
Sent. n. 511/R/2001; Sent. n. 275/E.L./2004; Sent. n. 278/E.L./2004; Sent. n.
49/E.L./2005; ecc.; tutte perfettamente in linea con la giurisprudenza
prevalente e maggioritaria in materia, come definita anche in sede di Appello -
vedasi al riguardo, in particolare, Sez. Centr. Giurisd. d'Appello, Sent. n.
78/2003/A e Sent. n. 340/2003/A - e dalle Sezioni Riunite in sede Giurisd.
della Corte dei Conti con la Sentenza n. 10/Q.M./2003).
In
questa sede si ritiene, peraltro, di dover ribadire che il “danno all'immagine
ed al prestigio della P.A.” - contrariamente a quanto fatto presente dalla
difesa della convenuta - rientra nella connotazione del “danno patrimoniale in
senso ampio” ex art. 2043 c.c., in collegamento con l'art. 2 Cost., e “non si
correla necessariamente ad un comportamento causativo di reato penale”, non
rientrando nell'ambito di applicabilità dell'art. 2059 c.c. (fermo restando, in
ogni caso, il principio della separatezza del giudizio per responsabilità
amministrativa contabile rispetto a quello penale, come rilevabile dal
novellato art. 3 c.p.p.), ma può ben discendere anche “da un comportamento
gravemente illegittimo ovvero gravemente illecito extrapenale”. A quest'ultimo
riguardo, è stato, inoltre, precisato che - ove non si tratti di fattispecie
derivante da reati penali - “non tutti gli atti o comportamenti genericamente
illegittimi o illeciti compiuti da un amministratore, da un dipendente (anche
di fatto), o da un agente pubblico (che pure non giovano certamente al
prestigio ed all'immagine della P.A.) sono causalmente idonei a determinare una
menomazione di detta immagine e di detto prestigio”, venendo in rilievo - a
questi fini (e, perciò, rilevanti nel giudizio di responsabilità amministrativa
contabile) - “solo i comportamenti gravemente illegittimi ovvero gravemente
illeciti (anche di carattere extrapenale)”, purché “idonei - nella loro
consistenza fenomenica” - a produrre quella “grave perdita di prestigio e della
immagine” e quel “grave detrimento della personalità pubblica”.
Va,
inoltre, fatto rilevare che il “danno all'immagine ed al prestigio della P.A.”
compiuto da parte di un soggetto legato alla P.A. da un rapporto di lavoro, di
impiego o di servizio (anche di fatto) viene in rilievo unitamente ad altri
fondamentali e necessari concomitanti elementi, quali il necessario “clamor” e
la risonanza e l'amplificazione della notizia da parte dei vari mezzi di
informazione, che “non integrano (però) la lesione, ma ne indicano la
dimensione”, stando ad evidenziare gli “indici di dimensione via via maggiori
che il medesimo evento lesivo può assumere a seconda delle circostanze”.
Come
indicato anche nelle precedenti citate Sentenze della Corte dei Conti, tale
forma di danno erariale va inquadrato:
a) nell'ambito
della categoria del “danno patrimoniale ingiusto per violazione di un diritto
fondamentale della persona giuridica pubblica”, rapportandolo, quindi, - come
già evidenziato - al “danno patrimoniale in senso ampio” ex art. 2043 c.c. in
collegamento con l'art. 2 Cost.;
b) nell'ambito della fattispecie del “danno
esistenziale”, inteso quale “tutela della propria identità, del proprio nome,
della propria reputazione e credibilità”;
c) nell'ambito della categoria del “danno/evento”
(e non del “danno/conseguenza”), considerato che, poiché l'“oggetto del
risarcimento non può che essere una perdita cagionata dalla lesione di una situazione
giuridica soggettiva e la liquidazione del danno non può riferirsi se non a
perdite, a questi limiti soggiace anche la tutela risarcitoria dei danni non
patrimoniali causati dalla lesione di diritti od interessi costituzionalmente
protetti, quali il diritto all'immagine, con la peculiarità che essa deve
essere ammessa, per precetto costituzionale, indipendentemente dalla
dimostrazione di perdite patrimoniali, oggetto del risarcimento, senza la
diminuzione o la privazione di valori inerenti al bene protetto”;
d) nell'ambito delle fattispecie per le quali -
non essendo richiesta la prova delle spese necessarie al recupero del bene
giuridico leso - si può fare affidamento - per la concreta determinazione
dell'ammontare del danno erariale - sulla “valutazione equitativa del Giudice”,
ai sensi dell'art. 1226 c.c., sulla base dei “parametri di tipo oggettivo,
soggettivo e sociale” come definiti dalla giurisprudenza maggioritaria e
prevalente della Corte dei Conti di cui si è detto ed, in particolare, da diverse
Sentenze della Sez. Giurisd. Reg. dell'Umbria;
e) nell'ambito delle fattispecie per le quali
sussiste in ogni caso “l'onere per l'attore di indicare le presunzioni, gli
indizi e gli altri parametri che intende utilizzare sul piano probatorio”.
Precisato ciò in
termini generali, nella fattispecie concreta del caso di specie occorre tenere
presente che - in relazione alla ricostruzione dei fatti ed agli elementi
probatori forniti dalla Procura Regionale per tale specifica partita di danno -
non sembra che possa essere concretamente individuato un “danno all'immagine ed
al prestigio del Comune di Gubbio”, non rinvenendosi negli atti di causa
elementi di prova veramente concreti e veramente efficaci che possano utilmente
dimostrare la sussistenza di tale danno erariale.
Al riguardo, occorre
considerare che la Procura Regionale ha configurato tale danno soprattutto in
ragione del discredito che avrebbe colpito il Comune di Gubbio a seguito della
diffusione di notizie sulla vicenda in questione ed, in particolare, a seguito
della pubblicazione di due articoli della stampa locale riguardanti detta
vicenda.
Convenendo in ciò con
la difesa della convenuta, va osservato che i due articoli di stampa posti a
base della contestata partita di danno (l'uno sulla “Nazione” dell'8 giugno
2003 e l'altro sul “Corriere dell'Umbria” del 10 giugno 2003) non attengono ai
fatti di cui è causa (solo in uno, in una parentesi, si accenna al “cappuccino”
senza alcun altro collegamento), e non fanno alcun riferimento alla convenuta
(che non viene mai nominata). Infatti, il primo brevissimo articolo (dal titolo
“Trasferimento che sa di mobbing”) si occupa del trasferimento di un dipendente
da un Ufficio ad un altro Ufficio del Comune di Gubbio, che avrebbe procurato
un notevole stress al soggetto interessato (non indicato), “intenzionata a
presentare formale denuncia”, ed il secondo articolo, anche esso brevissimo,
(dal titolo “Due dipendenti puntano i piedi”) si occupa di due dipendenti
(anche essi non indicati) che avrebbero meditato di far causa per mobbing al
Comune di Gubbio.
III
- CONCLUSIONI GENERALI
In conclusione, sulla base delle constatazioni, delle
considerazioni e delle valutazioni che precedono, il Collegio
- non
valutando necessario, in base alla documentazione contenuta nel fascicolo
processuale, acquisire ulteriore documentazione istruttoria né di integrare il
contraddittorio;
- e considerando assorbite ogni altra
eccezione, argomentazione e deduzioni formulate dalle parti;
ritiene di dover condannare la Sig.ra Daniela PACIOTTI
al pagamento della somma complessiva, determinata in via equitativa ex art.
1226 c.c., di 500,00 Euro (comprensivi di interessi legali e rivalutazione
monetaria), ritenendo la convenuta responsabile, per colpa grave, del “danno
patrimoniale in senso stretto” subito dal Comune di Gubbio (nei termini sopra
illustrati); mentre - come è stato già detto - non individua negli atti di
causa elementi di giudizio tali da poter riscontrare, nel caso di specie, anche
la sussistenza (nei termini anche essi sopra illustrati) del danno erariale per
“danno all'immagine ed al prestigio del Comune di Gubbio”.
Sul
complessivo importo delle somme dovute dalla citata convenuta, come sopra
determinate, vanno, inoltre, corrisposti gli interessi legali (ex art. 1282,
comma 1, c.c.) dalla data di pubblicazione della presente Sentenza fino
all'effettivo soddisfo.
Le
spese di giudizio seguono la soccombenza.
P. Q. M.
Sezione Giurisdizionale
Regionale dell'Umbria,
definitivamente pronunciando in ordine al Giudizio di
Responsabilità amministrativa contabile n. 10.433/E.L. del Registro di
Segreteria, indicato in epigrafe, nei confronti della Sig.ra Daniela PACIOTTI.
C O N D A N N A
la citata Sig.ra Daniela PACIOTTI - convenuta nel
giudizio di responsabilità amministrativa contabile sopra menzionato - al
pagamento, nei termini specificati in motivazione, della somma complessiva di
Euro 500,00 (cinquecento/00), comprensivi di interessi legali e rivalutazione
monetaria, in favore del Comune di Gubbio, per il “danno patrimoniale in senso
stretto” da esso subito.
A S S O L V E
la citata Sig.ra Daniela PACIOTTI - convenuta nel
giudizio di responsabilità amministrativa contabile sopra menzionato - dal
danno erariale per “danno all'immagine ed al prestigio del Comune di Gubbio”,
nei termini specificati in motivazione.
D I S P O N E
che sul complessivo importo dovuto dalla indicata
convenuta vanno corrisposti gli interessi legali dalla data della pubblicazione
della presente Sentenza fino all'effettivo soddisfo.
L I Q U I D A
a favore dello Stato, le spese di giudizio - che
seguono la soccombenza, come specificato in motivazione - nella misura, alla
data della pubblicazione della presente Sentenza, di Euro 308,08 (diconsi
trecentootto/08)
a carico della Sig.ra Daniela PACIOTTI.
Così deciso in Perugia, nella Camera di Consiglio del
7 giugno 2005.
Il
Relatore Estensore Il Presidente
F.to
Cesare Vetrella F.to Lodovico Principato
Depositata in Segreteria il 23 agosto 2005
Il Direttore della Segreteria
F.to Maria Borsini