In nome del popolo
italiano
LA CORTE DEI
CONTI
Sezione
giurisdizionale per la Regione Abruzzo
composta dai
seguenti Magistrati
Dott. Vito Minerva Presidente .
Dott. Silvio
Benvenuto
Consigliere Relatore.
Dott.
Marcovalerio Pozzato
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero 341 E.L. del
Registro di segreteria, proposto dal Sostituto Procuratore generale, dottor
Massimo Perin, nei confronti dei
signori Mauro Di Zio, nato il 9.11.1967, Giambattista Andriulli, nato il 26.6.1955, Renato Mariotti,
nato il 23.3.1964, Terenzio Chiavaroli, nato il 26.8.1959, Vincenzo
Ursini, nato il 15.1.1963, rappresentati e difesi dall'avvocato Marcello
Russo,elettivamente domiciliati presso lo studio dell'avvocato Vincenzo
Camerini in L'Aquila, via S. Francesco di Paola 19.
Uditi nella pubblica Udienza del 6 ottobre
2004, con l'assistenza del Segretario,
dottoressa Antonella Lanzi, il relatore, Cons. Silvio Benvenuto, l'avvocato Marcello Russo per i convenuti, il Procuratore regionale,
professor Giuseppe Palumbi.
Esaminati gli atti e i documenti della
causa.
FATTO
Con atto, ritualmente notificato , Il
Sostituto Procuratore generale,
dottor
Massimo Perin, ha citato i convenuti a
comparire avanti a questa Sezione, per
ivi sentirsi condannare al pagamento, a
favore dell'Erario comunale del Comune di Loreto Aprutino ( PE ), della somma
di € 20.332, 34 ( euro
ventimilatrecento trentadue/34 ), con ripartizione di tale somma per il 70% a
carico del signor Mauro di Zio, e la restante quota da dividere in parte eguale
tra gli altri convenuti, o di quella
diversa somma che fosse risultata in corso di causa, aumentata della rivalutazione
monetaria, degli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza fino al
soddisfo e con le spese del giudizio.
L'atto di citazione trae origine dai
seguenti fatti, quali risultano
dall'atto di citazione e dagli altri documenti acquisiti alla causa.
Il Comune di
Loreto Aprutino (PE) con la delibera n. 20 del 29 gennaio 2001 affidava un incarico di collaborazione
esterna all'ing. Tullio Santroni, da destinare all'Ufficio tecnico comunale per
la predisposizione di atti e provvedimenti, nonché di consulenza nei campi
dell'edilizia, dell'urbanistica e dei lavori pubblici.
Ancora, il
medesimo Comune, con la delibera n. 179 del 31 agosto 2001, affidava un incarico di collaborazione
esterna al geom. Giuseppe Del Pretaro, da destinare sempre all'Ufficio tecnico
comunale, per la predisposizione di atti e provvedimenti e per l'esecuzione dei
servizi relativi all'attività del predetto Ufficio.
Le delibere in parola hanno comportato, alla luce dei conteggi
effettuati al netto sui mandati di pagamento emessi dall'ente locale,
per il periodo decorrente dall'agosto 2001 al dicembre 2003, una
spesa di € 67.607,12.
Questa spesa, alla luce della motivazione adottata per la delibera, non
era suffragata, ad avviso della Procura regionale, della necessaria
legittimità, indispensabile per consentire l'incidenza della spesa sul bilancio
dell'ente pubblico (tenuto conto che la legge finanziaria per il 2000, la n.
488 del 1999, all'art. 30, comma 8, prevedeva che gli enti limitassero il
ricorso ai contratti stipulati al di fuori della dotazione organica del
personale e alle consulenze esterne), non trattandosi di servizi necessari per
far fronte ad esigenze contingenti che gli enti non possono soddisfare con il
personale in servizio, perché carente, nelle circostanze, di elevata
professionalità.
In ragione di quanto sopra, gli incarichi di cui trattasi avrebbero
assunto, nella sostanza, un forma di rapporto di lavoro a tempo indeterminato
(la collaborazione di cui trattasi è ancora in corso), implicando lo stesso non
la soluzione di specifici problemi, bensì lo svolgimento di attività
continuativa a favore dell'ente pubblico.
Nel caso poi della consulenza affidata al geom. Giuseppe Del Preparo ,
la stessa non si configurerebbe, stando al curriculum vitae, come
caratterizzata da un'elevata professionalità del consulente medesimo, con la
conseguenza che l'amministrazione comunale avrebbe potuto e dovuto utilizzare
il proprio personale per lo svolgimento dei compiti assegnati con la delibera
179/2001, oltre al fatto che analoghi compiti erano stati già affidati
all'altro consulente (l'ing. T. Santroni ).
In relazione a quanto sopra descritto,la
Procura regionale , ravvisata
l'esistenza di profili di responsabilità a carico degli amministratori
pubblici che avevano deliberato il conferimento degli incarichi di cui si
tratta, emetteva, nei loro confronti, l'invito ex art. 5 del D.L.
15.11.1993, n. 453, convertito con modificazioni nella legge 14.1.1994, n. 19,
debitamente notificato ai medesimi.
Entro il termine fissato dall'atto in
parola, i seguenti amministratori: Mauro Di Zio,Giambattista Andriulli ,Silvestre
Passero, Renato Mariotti, Terenzio Chiavaroli e Vincenzo
Ursini, facevano pervenire, in data 20 agosto 2003, deduzioni scritte con
l'assistenza dell'avv. Marcello Russo del Foro di Pescara chiedevano di essere ascoltati
personalmente.
L'audizione personale degli amministratori in parola è avvenuta in data
1 ottobre 2003, con l'assistenza dell'avv. Marcello Russo, limitatamente al
sig. Mauro Di Zio e al sig. Giambattista Andriulli, in quanto il predetto
avvocato difensore ha dichiarato, nel corso della predetta audizione, che gli
altri amministratori rinunciavano alla facoltà di essere ascoltati
personalmente.
Nella memoria difensiva gli intimati hanno sostenuto che l'affidamento
degli incarichi in parola «non ha comportato danni all'Amministrazione
comunale di Loreto Aprutino (PE), essendo stati conferiti gli stessi nel
rispetto dei presupposti previsti dalle leggi vigenti in materia».
Nella sostanza, l'ente comunale sarebbe ricorso alla collaborazione
esterna dell'ing. Tullio Santroni e , con compiti e funzioni diverse,del geom.
Giuseppe Del Pretaro , in quanto non disponeva all'interno della propria
struttura di personale idoneo e/o sufficiente all'elaborazione e allo
svolgimento degli incarichi assegnati.
Il lavoro svolto dai predetti professionisti avrebbe contribuito a
migliorare l'efficienza dell'Ufficio tecnico comunale e, a questo, proposito
venivano presentate tre relazioni sul servizio.
In sostanza, secondo le deduzioni difensive, le scelte discrezionali,
compiute dagli amministratori deducenti sarebbero state legittime e non connotate da palese
irragionevolezza o contrarietà alla legge. Al riguardo veniva richiamata la giurisprudenza di questa Corte
che avrebbe riconosciuto la possibilità, per gli enti locali, di far ricorso a
professionisti o consulenti esterni all'ente anche per svolgere funzioni
istituzionali tutte le volte in cui non sia possibile utilizzare il personale
interno, pure per il caso in cui ciò dipenda dalla mancanza, nella propria
struttura organizzativa, di personale qualitativamente e quantitativamente
idoneo per l'esecuzione dei compiti e delle funzioni che l'ente deve svolgere.
Nel comportamento tenuto nella
circostanza dagli amministratori locali non sarebbe poi rinvenibile il profilo
psicologico della colpa grave, e opererebbe l'insindacabilità nel merito delle
scelta discrezionali.
Inoltre, non vi sarebbe danno, perché i due tecnici avrebbero
contribuito ad attività di progettazione (ad es. il piano di recupero), con
risparmio di spese per l'ente, dal momento che queste attività, se affidate
all'esterno, avrebbero avuto ulteriori esborsi per il bilancio.
Le medesime motivazioni sono state illustrate anche in sede di audizione
personale evidenziando, ancora, che l'ente locale aveva fatto ricorso ai due
tecnici sia per la mancanza all'interno della struttura amministrativa di
idonee professionalità, sia per una carenza d'organico che non poteva essere
superata, stante i noti limiti sull'assunzione di personale stabiliti nelle
leggi finanziarie che non consentivano di integrare gli organici.
Peraltro, ad
avviso della Procura regionale emergeva , nella vicenda in parola, una
responsabilità amministrativa degli amministratori convenuti che non consentiva
l'archiviazione del presente procedimento.
L'esposizione dei fatti darebbe fondamento alla pretesa di
risarcimento, sussistendo tutti gli
elementi per l'imputazione della responsabilità amministrativa.
Innanzi
tutto, sarebbe manifesta sia
l'esistenza di un rapporto di servizio con l'ente danneggiato, essendo,
all'epoca dei fatti, gli odierni convenuti amministratori del Comune di Loreto
Aprutino, sia il nesso di causalità tra la loro condotta e l'evento dannoso,
consistente - dal punto di vista sostanziale - nell'assegnazione di una
consulenza, sotto la forma di incarico di gestione delle attività e degli
interventi relativi all'Ufficio tecnico comunale e, in particolare, nel campo
dei lavori pubblici, senza essersi avvalsi delle risorse interne di personale
in grado di affrontare i compiti assegnati a collaborazione esterna.
Altrettanto evidente sarebbe l'elemento psicologico, sotto il profilo
della colpa di rilevante gravità, per non essere stati in grado gli
amministratori, di attivare le misure necessarie per evitare l'accrescimento
degli organici dell'ente locale, con il conseguente aumento della spesa, in
contrasto con i limiti presenti nelle norme sul reclutamento del personale,
imposte dalle varie leggi finanziarie per contenere la spesa pubblica.
Peraltro, diversamente da quanto sostenuto nell'atto d'invito, ai fini
della quantificazione del danno, la Procura regionale riteneva di contenere
l'ipotesi di pregiudizio erariale al solo incarico di consulenza assegnato al
geom. Giuseppe Del Pretaro , non avendo il medesimo incarico quel contenuto di
alta professionalità richiesto sia dalla legge (art. 110, comma 6, Tuel), sia
dalla consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti.
Conseguentemente il pregiudizio di cui trattasi, valutato con esclusivo
riferimento alle prestazioni effettuate dal signor Di Pretaro ammonterebbe, come specificato nell'atto di
citazione, a una somma di € 20.332.34 (€ 5082,99 per l'anno 2001 + € 15.249,35
per l'anno 2002), importo che poteva essere risparmiato affidando il medesimo
incarico al personale interno, tenuto conto che non si trattava di una funzione
per cui era richiesta un'elevata professionalità (cfr. delibera n. 179 del
2001), tanto è vero che, nella la successiva delibera contenente alcune
precisazioni (cfr. delibera n. 123 del 2002), si afferma che il geom. Del
Pretaro era stato erroneamente indicato come libero professionista, mentre lo
stesso risultava non iscritto all'Albo e non esercente la libera professione.
Non può assurgere, a parere della Procura regionale , a giustificazione
dell'affidamento dell'incarico, la circostanza che il collocamento a riposo del
precedente dipendente (geom. Roberto Garofalo ) aveva lasciato scoperto
l'ufficio, in quanto operando in tale maniera vengono sostanzialmente eluse le
norme che impongono il contenimento della spesa per il personale pubblico.
A questo proposito, l'atto di citazione afferma che , in materia di
consulenze, la giurisprudenza (cfr. Corte dei Conti, sez. II centrale,
sent. del 22 aprile 2002 n. 137) ha affermato che ogni ente pubblico, dallo
Stato all'ente locale, deve provvedere ai suoi compiti con la propria
organizzazione e il proprio personale. Tale principio, confortato con
l'estensione analogica di norme dettate specificamente per l'amministrazione
statale, come l'art. 380 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, o l'art. 152 del
d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, o l'art. 7, comma 6, del d. l.vo 30 marzo
2001, n. 165, o col più valido richiamo all'art. 97 della Costituzione, trova,
in realtà, il suo fondamento nella considerazione che - atteso che ogni ente
pubblico ha una sua organizzazione e un suo personale - è con questa
organizzazione e con questo personale che l'ente deve attendere alle sue
funzioni. La possibilità di far ricorso a personale esterno può essere ammessa,
nei limiti e alle condizioni in cui la legge lo preveda, od anche quando sia
impossibile provvedere altrimenti ad esigenze eccezionali e impreviste, di
natura transitoria, sempre che siano
determinati preventivamente la durata, il luogo, l'oggetto e il compenso della
collaborazione.
Per la giurisprudenza citata, i criteri in base ai quali va valutata la
liceità del conferimento di incarichi a personale esterno sono, alla stregua
delle norme di riferimento, i seguenti: a) l'incarico deve essere disposto con
deliberazione della Giunta comunale, su proposta dell'Assessore alle politiche
del personale e della qualità, sentito l'Assessore competente; b) la
deliberazione deve essere adeguatamente motivata, in relazione al carattere
eccezionale dell'incarico, cui si può ricorrere nei limiti di stretta
necessità; c) l'incarico deve essere conferito per obiettivi o compiti
determinati, coerenti con gli obiettivi prefissati dalla stessa
amministrazione; d) non essendo, appunto, finalizzato a esigenze stabili o,
comunque, durature, l'incarico deve essere conferito per tempo determinato; e)
l'incarico deve avere un elevato contenuto di professionalità, o di provata
competenza, che deve risultare da un curriculum; f) deve essere stato
accertato che ai suddetti obiettivi o compiti non era possibile far fronte con
il personale in servizio.
Questi
principi, ormai consolidati nella giurisprudenza contabile (cfr. ex multis SS.RR. n. 27/A del 12.6.1998, sez. Emilia
Romagna, n. 1703 del 7.6.2003 e sez. Abruzzo, n. 162 del 3.4.2002), trovano
piena conferma anche nelle norme del T.U. degli enti locali, dove all'art. 88
(Titolo IV Organizzazione e Personale) è presente l'esplicito richiamo alla
normativa in materia di pubblico impiego.
Un
riferimento particolare è al testo vigente di cui al d. l.vo 30 marzo 2001, n.
165, dove all'art. 7, comma 6 (recante norme generali sull'ordinamento del
lavoro alla dipendenze delle amministrazioni pubbliche), è previsto che le
amministrazioni pubbliche, solo per le esigenze cui non possono far fronte con
personale in servizio, possono conferire incarichi individuali ad esperti di
provata competenza, determinando preventivamente, durata, luogo, oggetto e
compenso della collaborazione, con la conseguenza che trovano conferma, come
principi generali desumibili sia dalla legislazione e sia dalla giurisprudenza,
l'occasionalità dell'incarico e la limitatezza temporale dello stesso.
Per quanto
riguarda, poi, l'aspetto dell'insindacabilità “nel merito”,
sancita dall'art. 1, primo comma, della citata legge 20/94, come
affermato recentemente dalla Suprema Corte (Cass. S.U. n. 14488/2003) questa «non
priva, la Corte dei Conti della possibilità di controllare, la conformità
alla legge dell'attività amministrativa …» e tale
conformità deve «… essere verificata anche sotto l'aspetto
funzionale, vale a dire in relazione alla congruenza dei singoli atti compiuti
rispetto ai fini imposti, in via generale o in modo specifico, dal legislatore».
Sulla base di questa impostazione ed essendo l'incarico in parola privo
dei requisiti di legge imposti in materia di affidamento all'esterno dei
compiti amministrativi, si ritiene illegittima la delibera 179/2001 e
produttiva di pregiudizio erariale.
Da quanto sopra esposto, emerge un danno erariale per il Comune di
Loreto Aprutino (PE) che è in relazione al comportamento degli amministratori
pubblici sopra intimati che, nella qualità di componenti della giunta
municipale, hanno approvato la delibera n. 179/2001 di affidamento di
consulenza al geom.Giuseppe Del Pretaro
.
Incarico, poi, nella sostanza prorogato per l'anno 2002 con la delibera
n. 170, alla quale oltre al Sindaco
hanno partecipato altri amministratori,
che fatta salva diversa valutazione da parte del Collegio, la Procura regionale ritiene non versino in
colpa grave, essendo sorto l'illecito contabile con la pregressa delibera n.
179/2001 ed avendo essi proceduto, con l'ultima deliberazione ad un
provvedimento meno approfondito circa i presupposti posti a fondamento
dell'originario conferimento dell'incarico, che gli stessi avevano trovato di
fatto già operante.
La responsabilità connotata da colpa grave si riscontrerebbe, invece,
negli amministratori che avevano proceduto al conferimento originario.
Il loro comportamento, allo stato della documentazione acquisita, è
infatti, connotato da una colpa di rilevante gravità che ha portato i medesimi
intimati, nella piena consapevolezza dell'illegittimità, ad avere una condotta
causalmente collegata all'evento dannoso, corrispondente alle spese derivanti dall'attività
di consulenza affidata a personale esterno.
A giudizio della Procura Regionale, il comportamento degli
amministratori intimati ha cagionato, ad oggi, un danno all'amministrazione
locale di € 20.332.34 pari cioè a quella somma da addebitare agli intimati per
reintegrare il nocumento subito dal patrimonio dell'amministrazione comunale di
Loreto Aprutino (PE).
Pertanto gli amministratori locali, indicati in epigrafe, sono stati
citati a comparire in giudizio davanti a questa Sezione, per ivi sentirsi
condannare al pagamento a favore dell'Erario comunale, della somma di €
20.332.34 (euro ventimilatrecentotrentadue/34) nella ripartizione del danno
pari al 70% a carico del sindaco Mauro Di Zio, in ragione del fatto che
l'amministratore in parola è stato il promotore dell'iniziativa sia della
delibera 179/2001, sia della delibera n. 123/2002 e la restante quota divisa in
parte eguale tra tutti i responsabili o di quella diversa somma che risulterà
in corso di causa, aumentata della rivalutazione monetaria, degli interessi
legali, dalla pubblicazione della sentenza fino al soddisfo e con le spese del
giudizio.
Con comparsa di risposta, depositata il 21 aprile 2004, i convenuti si
sono costituiti , con la rappresentanza e la difesa dell'avvocato Marcello Russo.
In tale comparsa di risposta si respinge l'addebito mosso dalla Procura
regionale nei confronti dei convenuti di cui si chiede l'assoluzione, perché
nel caso di specie non sussisterebbe violazione di norme e principi, dal
momento che non sarebbero censurabili le scelte discrezionali, e non vi sarebbe stato danno né grave e
neppure lieve.
Più specificamente nella comparsa di risposta si sostiene che,
nonostante la scomparsa dei controlli
sugli atti e la riduzione della portata dell'art. 323 c.p., operata con la
legge 16.6.1997, n. 234, non potrebbe la Corte dei conti assumere un ruolo di supplenza del controllo di legalità,
attribuendo alla responsabilità amministrativa una valenza sanzionatoria, in luogo di quella risarcitoria.
Perché sussista responsabilità devono concorrere la violazione di norme
e principi, la colpa grave intesa come atteggiamento di forte disinteressamento
nell'espletamento delle proprie mansioni, di negligenza massima ( Corte dei
conti, Sez. Abruzzo 7.4.2003, n. 182 ).
Occorre, inoltre, un danno reale effettivo, e non potenziale ( Corte dei
conti, Sez.. Abruzzo, 29.10.2002, n. 765 ).
In caso di danno per evidente “ antieconomicità “ dell'azione
amministrativa, questo va ridotto proporzionalmente ai vantaggi
( art. 1, comma 1 bis della legge 14.1.1994, n. 20, Corte dei conti,
Sez. Abruzzo, 3.4.2002, n.16 ).
Si osserva ancora, nella memoria, che gli incarichi per la copertura di
posti, da conferire in seguito a motivata delibera, è consentito dall'art. 51,
comma 5°, della legge 8.6.1990 n. 142 e da varie norme successive, fino
all'art.10 del T.U.EE.LL., D. Lgs. 18.8.2000, n.267.
Ad avviso della difesa tutte le predette norma sarebbero state
rispettate nel caso in esame. E, comunque, il sistema adottato avrebbe
consentito, oltre alla maggiore produttività del lavoro, un risparmio
finanziario di € 26.905,18.
Va, altresì aggiunto, che tutto il “trend” legislativo relativo al
pubblico impiego, e al diritto del
lavoro in generale, ha superato il concetto della migliore redditività del
sistema burocratico fondato sul posto stabile.
Si chiede, pertanto, l'assoluzione dei convenuti, poiché le scelte
discrezionali compiute dagli amministratori comunali si sono rivelate legittime
e sicuramente non connotate da palese irragionevolezza o contrarietà alla
legge. Né esse, proprio per tali motivi, possono formare oggetto di sindacato
da parte del Giudice contabile. Tale tipo di giudizio non è infatti consentito
se non emerge il mancato proseguimento dell'interesse pubblico, e se le scelte non appaiono viziate da
irragionevolezza ( C. Conti, Sez. giur. Sicilia, 22.1.2002, n.7; C. Conti, Sez.
giur. Molise, 26.2.2001, n. 26 ), dal momento che - con esclusione di tali
circostanze- il merito amministrativo non può essere delibato in sede
giurisdizionale ( C. conti, Sez. giur. Veneto, 9.1.2001, n. 14 ).
Nel corso della discussione in pubblica udienza, l'avvocato Marcello
Russo ha ripreso ed ampliato gli argomenti esposti nella comparsa di risposta,
sottolineando in particolare che lo Statuto comunale consentiva al Sindaco di
rivolgersi all'esterno, nel caso in cui non fossero coperte dall'organico del
personale le professionalità adatte.
Orbene il geometra Del Pretaro, pur non iscritto all'albo professionale,
ha ben operato, con efficacia non certamente inferiore a quella degli impiegati
del comune che avevano svolto le stesse funzioni.
Del resto le azioni di responsabilità amministrative presso la Corte dei
conti sono fondate soltanto si è verificato un danno effettivo e concreto.
Dopo aver richiamato i concetti aziendalistici di efficienza, cui la legislazione sulla pubblica
amministrazione ormai si ispira, al di là di quella che è soltanto la mera legalità formale, ha posto
in rilievo come gli incarichi esterni portino spesso, come è il caso in esame,
ad un risparmio per l'ente che vi dà corso.
Inoltre i posti scoperti nell'organico del Comune erano sei, mentre gli
incarichi di consulenza conferiti sono stati tre, con un onere decisamente inferiore e, quindi, con beneficio della
casse del Comune stesso.
Né si potrebbe parlare nel conferimento di tali incarichi di
favoritismo, altrimenti si sconfinerebbe nel campo penale, mentre per il caso
in esame nessuno ha sollevato riserve.
A parte quanto sopra, non è raffigurabile nei confronti dei convenuti un
comportamento connotato da colpa grave, dal momento che essi hanno esercitato
una facoltà discrezionale che le norme ad essi conferivano.
Dal canto suo, il Procuratore regionale, professor Giuseppe Palumbi, ha
osservato che le norme legislative, così dette “ taglia spese “, non consentono
di ricorrere a consulenze esterne al di fuori dei casi eccezionali
espressamente disciplinati. Tale ricorso deve, per l'appunto avvenire con
ragionevolezza e nel rispetto delle norme in materia, dal momento che esse
provocano costi, assunzioni di fatto, scelte di persone non qualificate e sono di ostacolo allo sviluppo delle
professionalità all'interno dell'Amministrazione.
Ha poi contestato, richiamandosi alla giurisprudenza di questa Corte,
che si possa addivenire a una forma di compensazione fra il danno provocato con
gli oneri derivanti dal conferimento illecito di una consulenza esterna, con
gli oneri che comporta il personale in organico.
DIRITTO
Ai fini della decisione da adottare nel
presente giudizio, le questioni da
esaminare e valutare sono le seguenti:
a) se l'affidamento della
consulenza esterna al geometra
Giuseppe Del Pretaro era lecita in base alla
normativa vigente;
b) se il conferimento della consulenza in parola aveva causato un danno economico al Comune di Loreto
Aprutino;
c) se da parte dei convenuti, nell' ipotesi di
attività illecita, vi fosse stato un
comportamento contraddistinto da colpa grave.
Per quanto concerne il punto a), questo Collegio
osserva che le norme che regolano il
ricorso a consulenze esterne da parte degli enti locali ( art 51 della legge 1990, n.142 e art. 7
del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, sostituito poi dall'art. 7 del D.Lgs. 30
marzo 2001, n, 165 ) sono sufficientemente chiare e precise.
In base all'art. 51, comma 7, del legge
n.142/90, “ per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il
regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di
professionalità”.
L'art. 6 del D.Lgs. n. 165/2001 prevede che
“ Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le
amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di
provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e
compensa della collaborazione “.
Le citate disposizioni trovano poi analoga
formulazione anche nelle norme del regolamento comunale ( in particolare,
articoli 40 e 41 ).
La finalità perseguita dalle citate
disposizioni è evidente: evitare che per le attività rientranti nei compiti
ordinari dell'ente si crei una struttura parallela rispetta a quella del
personale organico.
Una sì fatta struttura, a parte gli oneri
economici che comporta ( e sui quali ci si sofferma più oltre ), ha conseguenze deteriori sul corretto
funzionamento dell'ente e sull'efficienza e imparzialità che lo stesso deve
assicurare.
Infatti essa, laddove non si tratti di una
consulenza del tutto eccezionale e temporanea, ha l'effetto di demotivare e
svilire il personale che è entrato a far parte dell'organico dell'ente stesso,
a seguito di un concorso o di equivalente selezione aperta a tutti.
Si aggiunga ancora che il ricorso a una
struttura esterna per lo svolgimento non occasionale di attività che devono
essere volte dal personale dell'ente suscita, nella comunità amministrata,
l'impressione ( se non il sospetto ) che si sia voluto in questo modo favorire
questo o quel consulente esterno.
Questo Collegio non ha al riguardo elementi concreti e quindi su questo punto
non esprime alcuna valutazione. Ma tale impressione, anche nell'ipotesi in cui
non sia in discussione l' imparzialità
e correttezza degli amministratori, risiede nel fatto obiettivo, specialmente
in casi come quello in esame di attività largamente fungibili ( nel verbale di
approvazione della delibera comunale contestata non vi alcun riferimento ai
motivi per cui era stato scelto quel consulente e non altri e non vi è alcuna
traccia di una preventiva valutazione di altre persone che avrebbero potuto
assolvere le stesse funzioni ).
Venendo al caso di cui al presente giudizio,
dalla delibera.179 del 31 agosto 2001, con cui la Giunta comunale prese atto, e in sostanza ratificò, il
conferimento della consulenza al geometra Giuseppe Del Pretaro disposto dal
sindaco, signor Mauro Di Zio, risulta inequivocabilmente la violazione delle
norme che disciplinano la materia, innanzitutto perché non si trattava di un
incarico provvisorio per far fronte a una specifica e giustificata esigenza,
bensì per affidare alla persona prescelta le funzioni che spettano con
carattere continuativo al personale dell'ente ( nella delibera, infatti, si
parla del conferimento dell'incarico di
“ gestione delle attività e degli interventi relativi all'Ufficio
Tecnico Comunale “).
L'incarico veniva conferito per la durata di
un anno, “ eventualmente rinnovabile “, con il che si creavano le premesse -
dato l'oggetto della collaborazione, che non stabiliva un incarico specifico,
ma la generica attività istituzionale dell'ente - per il rinnovo e la continuità della collaborazione, in evidente
violazione della norme legislative
( la deliberazione con cui l'incarico fu poi
effettivamente prorogato alla scadenza, sembra violare ancor di più le norme, ma , avendo la Procura regionale,
nella sua discrezione, ritenuto di non procedere nei confronti degli
amministratori che tale delibera adottarono, questo Collegio non può che
prenderne atto ).
A parte ciò, le qualità professionali del geometra signor Del Pretaro, a
differenza di quelle dell'ingegnere Tullio Santoni ( per la cui collaborazione esterna, come è precisato in
narrativa, la Procura regionale,dopo
una prima contestazione, aveva rinunciato, nell'atto di citazione a proporre
azione di responsabilità, dando prova di
“
moderazione “, secondo l'espressione usata dallo stesso difensore, avvocato
Marcello Russo, nel corso del dibattito in pubblica udienza ), non risultano
rivestire quel requisito di “ alto contenuto di professionalità “ cui, sia la
norma legislativa, che lo stesso Statuto comunale, pongono come condizione
essenziale per il conferimento di un incarico di collaborazione esterna.
Dagli atti è anche risultato che la persona
in parola non era al momento del conferimento dell'incarico neppure iscritta
nell'albo professionale dei geometri, mentre il curriculum presentato
non risulta particolarmente significativo ( un titolo di studio ottenuto con la
non eccelsa votazione di 42/60, esperienze professionali ricondotte sotto la generica dizione di “
collaborazioni “ ad alcune ditte private, supporti informatici di routine, e,
sotto la voce “ interessi ed attività”,
il riferimento ad attività di volontario nella Croce rossa italiana, e
come hobby, la “ musica Rock alla Fusion e studio di autodidatta del Basso
elettrico “ ).
Le argomentazioni svolte della difesa,
dirette ad illustrare come si è evoluto negli ultimi anni la disciplina del
pubblico impiego, sono certamente interessanti dal punto di vista della scienza
dell'amministrazione e del diritto amministrativo o del lavoro, ma teorie e
principi di carattere generale sono deducibili solo sulla base delle norme
introdotte dalla legge o da altra fonte analoga, ma non è consentito
estrapolare principi generali da
applicare discrezionalmente in qualsiasi circostanza in mancanza di espresse
norme autorizzative o, come nel caso in esame, addirittura in contrasto con
specifiche disposizioni legislative.
Per esemplificare, questo Collegio sa bene
che sono state introdotte nel sistema del pubblico impiego forme di contratto a tempo determinato, con la scelta della persona demandata alla
responsabilità dei dirigenti cui è attribuita
la relativa facoltà.
Ma si tratta pur sempre di ipotesi che
trovano legittimazione in fonti legislative, fra l'altro assistite da tutta una
serie di precise regole e di garanzie, e che, comunque, si riferiscono
ordinariamente a funzioni di alta dirigenza.
Proprio con riferimento al giudizio in
esame, giova ricordare che lo Statuto
del Comune ( riprendendo la disposizione contenuta nell'art. 51, comma 7, della
legge n.142/90 e art. 6 del D. Lgs. N.165/2001, e, naturalmente, non poteva
fare diversamente ), stabilisce all'art. 40, punto 2), che “ il sindaco nel
caso di vacanza del posto o per altri gravi motivi può assegnare, nelle forme e
con le modalità previste dal regolamento, la titolarità di uffici e servizi con
contratto a tempo determinato”.
Ora non si può aggirare tale norma , dando
corso a forme di collaborazione esterna, così come disciplinate dal successivo
art. 41 dello stesso Statuto, che, per
il loro oggetto indeterminato e per la loro durata, tendono a realizzare una
forma di attività di carattere continuativo e sostitutiva di quella demandata
al personale assunto a seguito di una pubblica selezione.
La circostanza che nella memoria difensiva
si insista sul fatto che nella pubblica
amministrazione è cresciuta di molto l'area dei contratti a tempo determinato, part-time,
interinale, di collaborazione coordinata e continuativa, non può
intendersi, per l'appunto, che nel senso che la collaborazione esterna
istituita con il geometra Del Pretaro, di cui si discute nel presente giudizio,
era del tutto assimilabile a una forma di collaborazione continuativa. Ma
proprio per ciò si conferma che il provvedimento della Giunta comunale che tale
collaborazione aveva autorizzato, sotto
la specie delle
“ collaborazioni
esterne “ ( art. 41 dello Statuto ), era illecita.
Circa l'esistenza di un danno economico come
conseguenza della decisione di conferire l'incarico di collaborazione esterna
al geometra Giuseppe Del Pretaro, va sottolineato che, laddove si dia corso ad un provvedimento
illecito che comporta oneri finanziari, il danno è implicito in sé.
La difesa sostiene che, affinché si concreti
la responsabilità amministrativa su cui questa Corte è chiamata a pronunciarsi
non è sufficiente la mera illegittimità del provvedimento contestato, non
avendo la stessa Corte, alla luce della disciplina legislativa ora vigente, un
ruolo di supplenza del controllo di legalità, ma occorre che si concreti un
danno effettivo e non potenziale
e che, pertanto, esso non sussiste
quanto non vi sia antieconomicità dell'azione amministrativa.
Sostiene ancora la difesa che, come risulterebbe dai prospetti da essa
depositati, la spesa della
collaborazione esterna di cui si discute era stata, comunque, nettamente inferiore a quella dovuta per un
pubblico dipendente che svolgesse le medesime mansioni e che, pertanto, l'onere derivante dalla stessa sarebbe
largamente compensato dai risparmi di spesa realizzati.
Le argomentazioni della difesa come sopra
sintetizzate sono, a giudizio di questo Collegio,infondate per le ragioni di
seguito esposte.
Si può, nella pubblica amministrazione,
parlare di economicità e di efficienza di gestione soltanto nel rispetto delle
norme fissate dalla legge o da altra fonte analoga.
Soltanto in questo contesto - cioè, si
ribadisce, nel quadro del rispetto delle norme legislative - ha senso e
rilevanza il riferimento che la difesa ha svolto nella discussione orale al
controllo di gestione e di efficienza sul funzionamento degli enti pubblici
svolto dall'apposita Sezione di questa Corte.
Se per il reclutamento e l'utilizzazione del
personale, la legge
( in conformità, del resto, alla chiara
disposizione di cui all'art. 97 della Costituzione ) stabilisce ferme e precise
regole ( sulle quali ci si è diffusi ampiamente in precedenza ), ciò non può
che interpretarsi nel senso che il
legislatore ha fissato, in via preventiva e tipica, i criteri ritenuti
opportuni per l'economicità della gestione e per l'efficienza
dell'amministrazione.
I pubblici amministratori non possono
disattendere tali criteri, sostituendoli con soggettive valutazioni
azendalistiche rimesse alla loro
discrezionalità. Va pur sempre ricordato che,
mentre il privato può gestire e amministrare i suoi soldi come crede,
dal momento che è controllato in queste attività dal tornaconto personale e
quindi dal dover rispondere di tasca propria delle scelte sbagliate, il
pubblico amministratore gestisce i soldi della comunità e non può non attenersi
alle regole fissate specificamente dal legislatore, quand'anche, in astratto,
se ne possa contestare la loro opportunità ed efficacia ( ma al pubblico
funzionario, come del resto a questo Giudice, non è dato sindacare le scelte
fatte dal legislatore, queste si discrezionali, ma perché così deriva dal
nostro ordinamento costituzionale ).
Se
fosse altrimenti, tanto varrebbe assegnare all'ente pubblico uno
stanziamento per l'assunzione e la gestione del personale, rimandando poi a un
eventuale controllo di merito, non si saprebbe, peraltro, in quale maniera applicabile, per valutare se dello stanziamento si è fatto
buon uso secondo criteri di efficienza e di economicità.
Va poi disattesa la possibilità di operare
una sorta di compensazione fra i costi della collaborazione esterna e quelli
del funzionario di ruolo avente compiti analoghi.
In aggiunta
a tutto quanto sopra si è detto a
proposito dei danni indiretti derivanti
all'immagine e alla funzionalità di un ente pubblico quando si crea una
struttura parallela, non temporanea, straordinaria ed eccezionale, giova
osservare che non si possono comparare e mettere sullo stesso piano gli oneri
conseguenti a un provvedimento illecito e i costi derivanti dal dare
legittimamente attuazione alla pianta organica prevista dal Regolamento del
personale dell'ente.
A parte
ciò, la comparazione e, quindi, la
compensazione degli
oneri nel
senso indicato, risulta inammissibile anche per la diversità eziologica e di
contenuto delle due funzioni ( quella
stabilita dal Regolamento per il
personale dell'ente, e quella oggetto della collaborazione di cui si
discute ).
Si consideri, fra l'altro, che
le attribuzioni demandate al
l'impiegato in pianta organica, vanno, per il loro contenuto ben al di là di quelle oggetto di una
collaborazione esterna e implicano, non solo precisi doveri di comportamento e
di presenza, anche disciplinarmente assistiti, ma anche funzioni che, in
relazione alla diversa qualifica ricoperta, sono d'impulso, iniziativa e
controllo; doveri e funzioni che evidentemente
non erano, e non potevano essere, oggetto della collaborazione esterna
di cui si discute.
Per quanto concerne l'esistenza di una colpa grave nel comportamento dei
convenuti che avevano autorizzato o avallato il ricorso a una consulenza
esterna senza rispettare i criteri esattamente definiti dalla norme ( v. sopra)
per un sì fatto provvedimento, giova
osservare che certamente non si può pretendere dagli amministratori locali,
soprattutto se si tratta di comuni di non grande dimensione, una conoscenza
approfondita della legislazione e del diritto in genere. Ma non è ammissibile
che chi accetta un incarico pubblico, come quello di amministratore di ente
locale, ignori le norme fondamentali ed essenziali relative al funzionamento
dell'ente, come, per l'appunto, quelle relative all'assunzione di oneri per il
conferimento di incarichi esterni, norme che, come si è più volte detto,
trovavano collocazione anche nello statuto comunale.
La colpa grave in
cui erano incorsi gli amministratori locali nell'adozione della delibera di
conferimento dell'incarico al geometra Giuseppe Del Pretaro risalta ancora di
più se si considera che nel testo della delibera manca un'adeguata valutazione
circa la compatibilità delle decisione
adottata con le norme più volte citate che regolano la materia, come manca una
adeguata valutazione del curriculum e dei titoli della persona cui veniva
affidato l'incarico.
Per tutte le
ragioni sopra esposte deve dedursi che in alcun modo era legittima la delibera
di conferimento di incarico di consulenza esterna al signor Giuseppe Del
Pretaro e, pertanto, il sindaco e gli altri amministratori che hanno
adottato per colpa grave la relativa delibera, ne devono rispondere in sede di
responsabilità amministrativa.
Per quanto
concerne il danno da risarcire, pur non essendo ammissibile, per le ragioni in
precedenza esposta, alcuna forma di compensazione fra l'onere consequenziale al
provvedimento illecito avente ad oggetto la collaborazione esterna con il
signor Giuseppe Del Pretaro e gli oneri gravanti sul Comune ad altro titolo, in
particolare in relazione alle attività svolte dal personale regolarmente e
legittimamente assunto, quanto svolto in esecuzione della collaborazione in
parola può, tuttavia, costituire
elemento di valutazione da parte di questo Collegio ai fini dell'esercizio del
potere riduttivo, ad esso conferito dalle norme vigenti.
Pertanto
questo Collegio, avvalendosi del potere in parola, ritiene di poter fissare l'importo del danno da risarcire al
Comune di Loreto Aprutino (PE), in una somma inferiore a quella indicata
nell'atto di citazione, e cioè, in complessivi € 10.000 ( diecimila ), per cui
singolarmente, tenuto conto del ben più rilevante ruolo svolto nella vicenda in
esame dal sindaco, rispetto agli altri componenti la Giunta comunale, in €
7.000 ( settemila euro ) a carico del
signor Mauro Di Zio, e in € 750 ( settecento cinquanta euro ), a carico
di ciascuno degli altri convenuti, signori Giambattista Andriulli, Renato
Mariotti, Terenzio Chiavaroli, Vincenzo Ursini.
Le predette somme devono intendersi
comprensive di rivalutazione monetaria; tuttavia sulle stesse sono dovuti gli interessi legali dalla
presente pronuncia all'effettivo soddisfo.
P.Q.M. sent. n. 750/04/E.L.
LA CORTE DEI CONTI
Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo
CONDANNA
il signor
Mauro Di Zio,al pagamento, a favore del Comune di Loreto
Aprutino, di € 7.000 ( settemila euro ).
Condanna inoltre gli altri quattro
componenti la Giunta comunale, come di seguito individuati, al pagamento,
ciascuno, di € 750
( settecento cinquanta euro ): signor Giambattista Andriulli, signor Renato
Mariotti, signor Terenzio
Chiavaroli, signor Vincenzo Ursini .
Le somme sopra indicate sono comprensive
della rivalutazione
monetaria, tuttavia sulle stesse sono dovuti gli interessi legali dalla
presente pronuncia all'effettivo soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e, pertanto,
le persone come sopra indicate sono
altresì condannate al pagamento delle spese di giustizia che, sino alla
pubblicazione della sentenza, si liquidano in euro 458,38 ( quattrocentocinquantotto / 38 ).
Così deciso in L'Aquila nella Camera di
consiglio del 6 ottobre 2004.
Il Relatore
Estensore
Il Presidente
(f.to Cons.
Silvio Benvenuto )
(f.to dott. Vito Minerva )
Depositata in Segreteria il 28/10/2004
Il Direttore della segreteria.
f.to Dott.ssa Antonella Lanzi