REPUBBLICA ITALIANA                  sent. 750/04/E.L.

                            In nome del popolo italiano

                               LA CORTE DEI CONTI

Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo

composta dai seguenti Magistrati

Dott. Vito Minerva                                 Presidente .

Dott. Silvio Benvenuto                          Consigliere Relatore.

Dott. Marcovalerio Pozzato                  Consigliere                                

 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al numero 341 E.L. del Registro di segreteria, proposto dal Sostituto Procuratore generale, dottor Massimo Perin,  nei confronti dei signori Mauro Di Zio, nato il 9.11.1967,  Giambattista Andriulli, nato il 26.6.1955, Renato Mariotti, nato il 23.3.1964, Terenzio Chiavaroli, nato il 26.8.1959, Vincenzo Ursini, nato il 15.1.1963, rappresentati e difesi dall'avvocato Marcello Russo,elettivamente domiciliati presso lo studio dell'avvocato Vincenzo Camerini in L'Aquila, via S. Francesco di Paola 19.

Uditi nella pubblica Udienza del 6 ottobre 2004, con l'assistenza del Segretario,  dottoressa Antonella Lanzi, il relatore, Cons. Silvio Benvenuto,  l'avvocato Marcello Russo  per i convenuti, il Procuratore regionale, professor Giuseppe Palumbi.

Esaminati gli atti e i documenti della causa.

FATTO

Con atto, ritualmente notificato , Il Sostituto Procuratore generale,

dottor Massimo Perin, ha citato i convenuti  a comparire avanti a questa Sezione,  per ivi sentirsi condannare al  pagamento, a favore dell'Erario comunale del Comune di Loreto Aprutino ( PE ), della somma di  € 20.332, 34 ( euro ventimilatrecento trentadue/34 ), con ripartizione di tale somma per il 70% a carico del signor Mauro di Zio, e la restante quota da dividere in parte eguale tra gli altri convenuti,  o di quella diversa somma che fosse risultata in corso di causa, aumentata della rivalutazione monetaria, degli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza fino al soddisfo e con le spese del giudizio.

L'atto di citazione trae origine dai seguenti  fatti, quali risultano dall'atto di citazione e dagli altri documenti acquisiti alla causa. 

Il Comune di Loreto Aprutino (PE) con la delibera n. 20 del 29 gennaio 2001  affidava un incarico di collaborazione esterna all'ing. Tullio Santroni, da destinare all'Ufficio tecnico comunale per la predisposizione di atti e provvedimenti, nonché di consulenza nei campi dell'edilizia, dell'urbanistica e dei lavori pubblici.

Ancora, il medesimo Comune, con la delibera n. 179 del 31 agosto 2001,   affidava un incarico di collaborazione esterna al geom. Giuseppe Del Pretaro, da destinare sempre all'Ufficio tecnico comunale, per la predisposizione di atti e provvedimenti e per l'esecuzione dei servizi relativi all'attività del predetto Ufficio.

Le delibere in parola hanno comportato, alla luce dei conteggi effettuati al netto sui mandati di pagamento emessi dall'ente locale,

per il periodo decorrente dall'agosto 2001 al dicembre 2003, una

spesa di  € 67.607,12.

Questa spesa, alla luce della motivazione adottata per la delibera, non era suffragata, ad avviso della Procura regionale, della necessaria legittimità, indispensabile per consentire l'incidenza della spesa sul bilancio dell'ente pubblico (tenuto conto che la legge finanziaria per il 2000, la n. 488 del 1999, all'art. 30, comma 8, prevedeva che gli enti limitassero il ricorso ai contratti stipulati al di fuori della dotazione organica del personale e alle consulenze esterne), non trattandosi di servizi necessari per far fronte ad esigenze contingenti che gli enti non possono soddisfare con il personale in servizio, perché carente, nelle circostanze, di elevata professionalità.

In ragione di quanto sopra, gli incarichi di cui trattasi avrebbero assunto, nella sostanza, un forma di rapporto di lavoro a tempo indeterminato (la collaborazione di cui trattasi è ancora in corso), implicando lo stesso non la soluzione di specifici problemi, bensì lo svolgimento di attività continuativa a favore dell'ente pubblico.

Nel caso poi della consulenza affidata al geom. Giuseppe Del Preparo , la stessa non si configurerebbe, stando al curriculum vitae, come caratterizzata da un'elevata professionalità del consulente medesimo, con la conseguenza che l'amministrazione comunale avrebbe potuto e dovuto utilizzare il proprio personale per lo svolgimento dei compiti assegnati con la delibera 179/2001, oltre al fatto che analoghi compiti erano stati già affidati all'altro consulente (l'ing. T. Santroni ).

In relazione a quanto sopra descritto,la Procura regionale , ravvisata   l'esistenza di profili di responsabilità a carico degli amministratori pubblici che avevano deliberato il conferimento degli incarichi di cui si tratta, emetteva, nei loro confronti, l'invito ex art. 5 del D.L. 15.11.1993, n. 453, convertito con modificazioni nella legge 14.1.1994, n. 19, debitamente notificato ai medesimi.

Entro il termine fissato dall'atto in parola, i seguenti amministratori: Mauro Di Zio,Giambattista Andriulli ,Silvestre Passero, Renato Mariotti, Terenzio Chiavaroli e Vincenzo Ursini, facevano pervenire, in data 20 agosto 2003, deduzioni scritte con l'assistenza dell'avv. Marcello Russo del Foro di Pescara  chiedevano di essere ascoltati personalmente.

L'audizione personale degli amministratori in parola è avvenuta in data 1 ottobre 2003, con l'assistenza dell'avv. Marcello Russo, limitatamente al sig. Mauro Di Zio e al sig. Giambattista Andriulli, in quanto il predetto avvocato difensore ha dichiarato, nel corso della predetta audizione, che gli altri amministratori rinunciavano alla facoltà di essere ascoltati personalmente.

Nella memoria difensiva gli intimati hanno sostenuto che l'affidamento degli incarichi in parola «non ha comportato danni all'Amministrazione comunale di Loreto Aprutino (PE), essendo stati conferiti gli stessi nel rispetto dei presupposti previsti dalle leggi vigenti in materia».

Nella sostanza, l'ente comunale sarebbe ricorso alla collaborazione esterna dell'ing. Tullio Santroni e , con compiti e funzioni diverse,del geom. Giuseppe Del Pretaro , in quanto non disponeva all'interno della propria struttura di personale idoneo e/o sufficiente all'elaborazione e allo svolgimento degli incarichi assegnati.

Il lavoro svolto dai predetti professionisti avrebbe contribuito a migliorare l'efficienza dell'Ufficio tecnico comunale e, a questo, proposito venivano presentate tre relazioni sul servizio.

In sostanza, secondo le deduzioni difensive, le scelte discrezionali, compiute dagli amministratori deducenti sarebbero state  legittime e non connotate da palese irragionevolezza o contrarietà alla legge. Al riguardo veniva  richiamata la giurisprudenza di questa Corte che avrebbe riconosciuto la possibilità, per gli enti locali, di far ricorso a professionisti o consulenti esterni all'ente anche per svolgere funzioni istituzionali tutte le volte in cui non sia possibile utilizzare il personale interno, pure per il caso in cui ciò dipenda dalla mancanza, nella propria struttura organizzativa, di personale qualitativamente e quantitativamente idoneo per l'esecuzione dei compiti e delle funzioni che l'ente deve svolgere.

Nel  comportamento tenuto nella circostanza dagli amministratori locali non sarebbe poi rinvenibile il profilo psicologico della colpa grave, e opererebbe l'insindacabilità nel merito delle scelta discrezionali.

Inoltre, non vi sarebbe danno, perché i due tecnici avrebbero

contribuito ad attività di progettazione (ad es. il piano di recupero), con risparmio di spese per l'ente, dal momento che queste attività, se affidate all'esterno, avrebbero avuto ulteriori esborsi per il bilancio.

Le medesime motivazioni sono state illustrate anche in sede di audizione personale evidenziando, ancora, che l'ente locale aveva fatto ricorso ai due tecnici sia per la mancanza all'interno della struttura amministrativa di idonee professionalità, sia per una carenza d'organico che non poteva essere superata, stante i noti limiti sull'assunzione di personale stabiliti nelle leggi finanziarie che non consentivano di integrare gli organici.

Peraltro, ad avviso della Procura regionale emergeva , nella vicenda in parola, una responsabilità amministrativa degli amministratori convenuti che non consentiva l'archiviazione del presente procedimento.

L'esposizione dei fatti darebbe fondamento alla pretesa di risarcimento,  sussistendo tutti gli elementi per l'imputazione della responsabilità amministrativa.

Innanzi tutto, sarebbe  manifesta sia l'esistenza di un rapporto di servizio con l'ente danneggiato, essendo, all'epoca dei fatti, gli odierni convenuti amministratori del Comune di Loreto Aprutino, sia il nesso di causalità tra la loro condotta e l'evento dannoso, consistente - dal punto di vista sostanziale - nell'assegnazione di una consulenza, sotto la forma di incarico di gestione delle attività e degli interventi relativi all'Ufficio tecnico comunale e, in particolare, nel campo dei lavori pubblici, senza essersi avvalsi delle risorse interne di personale in grado di affrontare i compiti assegnati a collaborazione esterna.

Altrettanto evidente sarebbe l'elemento psicologico, sotto il profilo della colpa di rilevante gravità, per non essere stati in grado gli amministratori, di attivare le misure necessarie per evitare l'accrescimento degli organici dell'ente locale, con il conseguente aumento della spesa, in contrasto con i limiti presenti nelle norme sul reclutamento del personale, imposte dalle varie leggi finanziarie per contenere la spesa pubblica.

Peraltro, diversamente da quanto sostenuto nell'atto d'invito, ai fini della quantificazione del danno, la Procura regionale riteneva di contenere l'ipotesi di pregiudizio erariale al solo incarico di consulenza assegnato al geom. Giuseppe Del Pretaro , non avendo il medesimo incarico quel contenuto di alta professionalità richiesto sia dalla legge (art. 110, comma 6, Tuel), sia dalla consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti.

Conseguentemente il pregiudizio di cui trattasi, valutato con esclusivo riferimento alle prestazioni effettuate dal signor Di Pretaro  ammonterebbe, come specificato nell'atto di citazione, a una somma di € 20.332.34 (€ 5082,99 per l'anno 2001 + € 15.249,35 per l'anno 2002), importo che poteva essere risparmiato affidando il medesimo incarico al personale interno, tenuto conto che non si trattava di una funzione per cui era richiesta un'elevata professionalità (cfr. delibera n. 179 del 2001), tanto è vero che, nella la successiva delibera contenente alcune precisazioni (cfr. delibera n. 123 del 2002), si afferma che il geom. Del Pretaro era stato erroneamente indicato come libero professionista, mentre lo stesso risultava non iscritto all'Albo e non esercente la libera professione.

Non può assurgere, a parere della Procura regionale , a giustificazione dell'affidamento dell'incarico, la circostanza che il collocamento a riposo del precedente dipendente (geom. Roberto Garofalo ) aveva lasciato scoperto l'ufficio, in quanto operando in tale maniera vengono sostanzialmente eluse le norme che impongono il contenimento della spesa per il personale pubblico.

A questo proposito, l'atto di citazione afferma che , in materia di

consulenze, la giurisprudenza (cfr. Corte dei Conti, sez. II centrale, sent. del 22 aprile 2002 n. 137) ha affermato che ogni ente pubblico, dallo Stato all'ente locale, deve provvedere ai suoi compiti con la propria organizzazione e il proprio personale. Tale principio, confortato con l'estensione analogica di norme dettate specificamente per l'amministrazione statale, come l'art. 380 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, o l'art. 152 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, o l'art. 7, comma 6, del d. l.vo 30 marzo 2001, n. 165, o col più valido richiamo all'art. 97 della Costituzione, trova, in realtà, il suo fondamento nella considerazione che - atteso che ogni ente pubblico ha una sua organizzazione e un suo personale - è con questa organizzazione e con questo personale che l'ente deve attendere alle sue funzioni. La possibilità di far ricorso a personale esterno può essere ammessa, nei limiti e alle condizioni in cui la legge lo preveda, od anche quando sia impossibile provvedere altrimenti ad esigenze eccezionali e impreviste, di natura transitoria, sempre che  siano determinati preventivamente la durata, il luogo, l'oggetto e il compenso della collaborazione.

Per la giurisprudenza citata, i criteri in base ai quali va valutata la liceità del conferimento di incarichi a personale esterno sono, alla stregua delle norme di riferimento, i seguenti: a) l'incarico deve essere disposto con deliberazione della Giunta comunale, su proposta dell'Assessore alle politiche del personale e della qualità, sentito l'Assessore competente; b) la deliberazione deve essere adeguatamente motivata, in relazione al carattere eccezionale dell'incarico, cui si può ricorrere nei limiti di stretta necessità; c) l'incarico deve essere conferito per obiettivi o compiti determinati, coerenti con gli obiettivi prefissati dalla stessa amministrazione; d) non essendo, appunto, finalizzato a esigenze stabili o, comunque, durature, l'incarico deve essere conferito per tempo determinato; e) l'incarico deve avere un elevato contenuto di professionalità, o di provata competenza, che deve risultare da un curriculum; f) deve essere stato accertato che ai suddetti obiettivi o compiti non era possibile far fronte con il personale in servizio.

Questi principi, ormai consolidati nella giurisprudenza contabile (cfr. ex multis SS.RR. n. 27/A del 12.6.1998, sez. Emilia Romagna, n. 1703 del 7.6.2003 e sez. Abruzzo, n. 162 del 3.4.2002), trovano piena conferma anche nelle norme del T.U. degli enti locali, dove all'art. 88 (Titolo IV Organizzazione e Personale) è presente l'esplicito richiamo alla normativa in materia di pubblico impiego.

Un riferimento particolare è al testo vigente di cui al d. l.vo 30 marzo 2001, n. 165, dove all'art. 7, comma 6 (recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alla dipendenze delle amministrazioni pubbliche), è previsto che le amministrazioni pubbliche, solo per le esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente, durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione, con la conseguenza che trovano conferma, come principi generali desumibili sia dalla legislazione e sia dalla giurisprudenza, l'occasionalità dell'incarico e la limitatezza temporale dello stesso.

Per quanto riguarda, poi, l'aspetto dell'insindacabilità “nel merito”,

sancita dall'art. 1, primo comma, della citata legge 20/94, come affermato recentemente dalla Suprema Corte (Cass. S.U. n. 14488/2003) questa «non priva, la Corte dei Conti della possibilità di controllare, la conformità alla legge dell'attività amministrativa …» e tale conformità deve «… essere verificata anche sotto l'aspetto funzionale, vale a dire in relazione alla congruenza dei singoli atti compiuti rispetto ai fini imposti, in via generale o in modo specifico, dal legislatore».

Sulla base di questa impostazione ed essendo l'incarico in parola privo dei requisiti di legge imposti in materia di affidamento all'esterno dei compiti amministrativi, si ritiene illegittima la delibera 179/2001 e produttiva di pregiudizio erariale.

Da quanto sopra esposto, emerge un danno erariale per il Comune di Loreto Aprutino (PE) che è in relazione al comportamento degli amministratori pubblici sopra intimati che, nella qualità di componenti della giunta municipale, hanno approvato la delibera n. 179/2001 di affidamento di consulenza al geom.Giuseppe  Del Pretaro .

Incarico, poi, nella sostanza prorogato per l'anno 2002 con la delibera n. 170,  alla quale oltre al Sindaco hanno partecipato altri amministratori,  che fatta salva diversa valutazione da parte del Collegio, la  Procura regionale ritiene non versino in colpa grave, essendo sorto l'illecito contabile con la pregressa delibera n. 179/2001 ed avendo essi proceduto, con l'ultima deliberazione ad un provvedimento meno approfondito circa i presupposti posti a fondamento dell'originario conferimento dell'incarico, che gli stessi avevano trovato di fatto già operante.

La responsabilità connotata da colpa grave si riscontrerebbe, invece, negli amministratori che avevano proceduto al conferimento originario.

Il loro comportamento, allo stato della documentazione acquisita, è infatti, connotato da una colpa di rilevante gravità che ha portato i medesimi intimati, nella piena consapevolezza dell'illegittimità, ad avere una condotta causalmente collegata all'evento dannoso, corrispondente alle spese derivanti dall'attività di consulenza affidata a personale esterno.

A giudizio della Procura Regionale, il comportamento degli amministratori intimati ha cagionato, ad oggi, un danno all'amministrazione locale di € 20.332.34 pari cioè a quella somma da addebitare agli intimati per reintegrare il nocumento subito dal patrimonio dell'amministrazione comunale di Loreto Aprutino (PE).

Pertanto gli amministratori locali, indicati in epigrafe, sono stati citati a comparire in giudizio davanti a questa Sezione, per ivi sentirsi condannare al pagamento a favore dell'Erario comunale, della somma di € 20.332.34 (euro ventimilatrecentotrentadue/34) nella ripartizione del danno pari al 70% a carico del sindaco Mauro Di Zio, in ragione del fatto che l'amministratore in parola è stato il promotore dell'iniziativa sia della delibera 179/2001, sia della delibera n. 123/2002 e la restante quota divisa in parte eguale tra tutti i responsabili o di quella diversa somma che risulterà in corso di causa, aumentata della rivalutazione monetaria, degli interessi legali, dalla pubblicazione della sentenza fino al soddisfo e con le spese del giudizio.

Con comparsa di risposta, depositata il 21 aprile 2004, i convenuti si sono costituiti , con la rappresentanza e la difesa dell'avvocato Marcello Russo.

In tale comparsa di risposta si respinge l'addebito mosso dalla Procura regionale nei confronti dei convenuti di cui si chiede l'assoluzione, perché nel caso di specie non sussisterebbe violazione di norme e principi, dal momento che non sarebbero censurabili le scelte discrezionali, e  non vi sarebbe stato danno né grave e neppure lieve.

Più specificamente nella comparsa di risposta si sostiene che, nonostante  la scomparsa dei controlli sugli atti e la riduzione della portata dell'art. 323 c.p., operata con la legge 16.6.1997, n. 234, non potrebbe la Corte dei conti assumere un ruolo  di supplenza del controllo di legalità, attribuendo alla responsabilità amministrativa una valenza sanzionatoria,  in luogo di quella risarcitoria.

Perché sussista responsabilità devono concorrere la violazione di norme e principi, la colpa grave intesa come atteggiamento di forte disinteressamento nell'espletamento delle proprie mansioni, di negligenza massima ( Corte dei conti, Sez. Abruzzo 7.4.2003, n. 182  ).

Occorre, inoltre, un danno reale effettivo, e non potenziale ( Corte dei conti, Sez.. Abruzzo, 29.10.2002, n. 765 ).

In caso di danno per evidente “ antieconomicità “ dell'azione amministrativa, questo va ridotto proporzionalmente ai vantaggi

( art. 1, comma 1 bis della legge 14.1.1994, n. 20, Corte dei conti, Sez. Abruzzo, 3.4.2002, n.16 ).

Si osserva ancora, nella memoria, che gli incarichi per la copertura di posti, da conferire in seguito a motivata delibera, è consentito dall'art. 51, comma 5°, della legge 8.6.1990 n. 142 e da varie norme successive, fino all'art.10 del T.U.EE.LL., D. Lgs. 18.8.2000, n.267.

Ad avviso della difesa tutte le predette norma sarebbero state rispettate nel caso in esame. E, comunque, il sistema adottato avrebbe consentito, oltre alla maggiore produttività del lavoro, un risparmio finanziario di € 26.905,18.

Va, altresì aggiunto, che tutto il “trend” legislativo relativo al pubblico impiego,  e al diritto del lavoro in generale, ha superato il concetto della migliore redditività del sistema burocratico fondato sul posto stabile.

Si chiede, pertanto, l'assoluzione dei convenuti, poiché le scelte discrezionali compiute dagli amministratori comunali si sono rivelate legittime e sicuramente non connotate da palese irragionevolezza o contrarietà alla legge. Né esse, proprio per tali motivi, possono formare oggetto di sindacato da parte del Giudice contabile. Tale tipo di giudizio non è infatti consentito se non emerge il mancato proseguimento dell'interesse pubblico,  e se le scelte non appaiono viziate da irragionevolezza ( C. Conti, Sez. giur. Sicilia, 22.1.2002, n.7; C. Conti, Sez. giur. Molise, 26.2.2001, n. 26 ), dal momento che - con esclusione di tali circostanze- il merito amministrativo non può essere delibato in sede giurisdizionale ( C. conti, Sez. giur. Veneto, 9.1.2001, n. 14 ).

Nel corso della discussione in pubblica udienza, l'avvocato Marcello Russo ha ripreso ed ampliato gli argomenti esposti nella comparsa di risposta, sottolineando in particolare che lo Statuto comunale consentiva al Sindaco di rivolgersi all'esterno, nel caso in cui non fossero coperte dall'organico del personale le professionalità adatte.

Orbene il geometra Del Pretaro, pur non iscritto all'albo professionale, ha ben operato, con efficacia non certamente inferiore a quella degli impiegati del comune che avevano svolto le stesse funzioni.

Del resto le azioni di responsabilità amministrative presso la Corte dei conti sono fondate soltanto si è verificato un danno effettivo e concreto.

Dopo aver richiamato i concetti aziendalistici di efficienza,  cui la legislazione sulla pubblica amministrazione ormai si ispira, al di là di quella che  è soltanto la mera legalità formale, ha posto in rilievo come gli incarichi esterni portino spesso, come è il caso in esame, ad un risparmio per l'ente che vi dà corso.

Inoltre i posti scoperti nell'organico del Comune erano sei, mentre gli incarichi di consulenza conferiti sono stati tre,  con un onere decisamente inferiore e, quindi, con beneficio della casse del Comune stesso.

Né si potrebbe parlare nel conferimento di tali incarichi di favoritismo, altrimenti si sconfinerebbe nel campo penale, mentre per il caso in esame nessuno ha sollevato riserve.

A parte quanto sopra, non è raffigurabile nei confronti dei convenuti un comportamento connotato da colpa grave, dal momento che essi hanno esercitato una facoltà discrezionale che le norme ad essi conferivano.

Dal canto suo, il Procuratore regionale, professor Giuseppe Palumbi, ha osservato che le norme legislative, così dette “ taglia spese “, non consentono di ricorrere a consulenze esterne al di fuori dei casi eccezionali espressamente disciplinati. Tale ricorso deve, per l'appunto avvenire con ragionevolezza e nel rispetto delle norme in materia, dal momento che esse provocano costi, assunzioni di fatto, scelte di persone non qualificate e  sono di ostacolo allo sviluppo delle professionalità all'interno dell'Amministrazione.

Ha poi contestato, richiamandosi alla giurisprudenza di questa Corte, che si possa addivenire a una forma di compensazione fra il danno provocato con gli oneri derivanti dal conferimento illecito di una consulenza esterna, con gli oneri che comporta il personale in organico.

DIRITTO

Ai fini della decisione da adottare nel presente giudizio,  le questioni da esaminare e valutare sono le seguenti:

a)   se l'affidamento della consulenza esterna al geometra

Giuseppe Del Pretaro era lecita in base alla normativa vigente;

b)   se  il conferimento della consulenza in parola aveva causato  un danno economico al Comune di Loreto Aprutino;

c)   se da parte dei convenuti, nell' ipotesi di attività illecita, vi   fosse stato un comportamento contraddistinto da colpa grave.

Per quanto concerne il punto a), questo Collegio osserva che le norme che regolano  il ricorso a consulenze esterne da parte degli enti locali  ( art 51 della legge 1990, n.142 e art. 7 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, sostituito poi dall'art. 7 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n, 165 ) sono sufficientemente chiare e precise.

In base all'art. 51, comma 7, del legge n.142/90, “ per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità”.

L'art. 6 del D.Lgs. n. 165/2001 prevede che “ Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compensa della collaborazione “.

Le citate disposizioni trovano poi analoga formulazione anche nelle norme del regolamento comunale ( in particolare, articoli 40 e 41 ).

La finalità perseguita dalle citate disposizioni è evidente: evitare che per le attività rientranti nei compiti ordinari dell'ente si crei una struttura parallela rispetta a quella del personale organico.

Una sì fatta struttura, a parte gli oneri economici che comporta ( e sui quali ci si sofferma più oltre ),  ha conseguenze deteriori sul corretto funzionamento dell'ente e sull'efficienza e imparzialità che lo stesso deve assicurare.

Infatti essa, laddove non si tratti di una consulenza del tutto eccezionale e temporanea, ha l'effetto di demotivare e svilire il personale che è entrato a far parte dell'organico dell'ente stesso, a seguito di un concorso o di equivalente selezione aperta a tutti.

Si aggiunga ancora che il ricorso a una struttura esterna per lo svolgimento non occasionale di attività che devono essere volte dal personale dell'ente suscita, nella comunità amministrata, l'impressione ( se non il sospetto ) che si sia voluto in questo modo favorire questo o quel consulente esterno.

Questo Collegio non ha al riguardo  elementi concreti e quindi su questo punto non esprime alcuna valutazione. Ma tale impressione, anche nell'ipotesi in cui non sia  in discussione l' imparzialità e correttezza degli amministratori, risiede nel fatto obiettivo, specialmente in casi come quello in esame di attività largamente fungibili ( nel verbale di approvazione della delibera comunale contestata non vi alcun riferimento ai motivi per cui era stato scelto quel consulente e non altri e non vi è alcuna traccia di una preventiva valutazione di altre persone che avrebbero potuto assolvere le stesse funzioni ).

Venendo al caso di cui al presente giudizio, dalla delibera.179 del 31 agosto 2001, con cui la  Giunta comunale prese atto, e in sostanza ratificò, il conferimento della consulenza al geometra Giuseppe Del Pretaro disposto dal sindaco, signor Mauro Di Zio, risulta inequivocabilmente la violazione delle norme che disciplinano la materia, innanzitutto perché non si trattava di un incarico provvisorio per far fronte a una specifica e giustificata esigenza, bensì per affidare alla persona prescelta le funzioni che spettano con carattere continuativo al personale dell'ente ( nella delibera, infatti, si parla del conferimento dell'incarico di  “ gestione delle attività e degli interventi relativi all'Ufficio Tecnico Comunale “).

L'incarico veniva conferito per la durata di un anno, “ eventualmente rinnovabile “, con il che si creavano le premesse - dato l'oggetto della collaborazione, che non stabiliva un incarico specifico, ma la generica attività istituzionale dell'ente - per il rinnovo e la  continuità della collaborazione, in evidente violazione della norme legislative

( la deliberazione con cui l'incarico fu poi effettivamente prorogato alla scadenza, sembra violare ancor di più le  norme, ma , avendo la Procura regionale, nella sua discrezione, ritenuto di non procedere nei confronti degli amministratori che tale  delibera  adottarono, questo Collegio non può che prenderne atto ).

A parte ciò,  le qualità professionali del geometra signor Del Pretaro, a differenza di quelle dell'ingegnere Tullio Santoni  ( per la cui collaborazione esterna, come è precisato in narrativa,  la Procura regionale,dopo una prima contestazione, aveva rinunciato, nell'atto di citazione a proporre azione di responsabilità, dando prova di

 “ moderazione “, secondo l'espressione usata dallo stesso difensore, avvocato Marcello Russo, nel corso del dibattito in pubblica udienza ), non risultano rivestire quel requisito di “ alto contenuto di professionalità “ cui, sia la norma legislativa, che lo stesso Statuto comunale, pongono come condizione essenziale per il conferimento di un incarico di collaborazione esterna.

Dagli atti è anche risultato che la persona in parola non era al momento del conferimento dell'incarico neppure iscritta nell'albo professionale dei geometri, mentre il curriculum presentato non risulta particolarmente significativo ( un titolo di studio ottenuto con la non eccelsa votazione di 42/60, esperienze professionali  ricondotte sotto la generica dizione di “ collaborazioni “ ad alcune ditte private, supporti informatici di routine, e, sotto la voce “ interessi ed attività”,  il riferimento ad attività di volontario nella Croce rossa italiana, e come hobby, la “ musica Rock alla Fusion e studio di autodidatta del Basso elettrico “ ).

Le argomentazioni svolte della difesa, dirette ad illustrare come si è evoluto negli ultimi anni la disciplina del pubblico impiego, sono certamente interessanti dal punto di vista della scienza dell'amministrazione e del diritto amministrativo o del lavoro, ma teorie e principi di carattere generale sono deducibili solo sulla base delle norme introdotte dalla legge o da altra fonte analoga, ma non è consentito estrapolare principi generali  da applicare discrezionalmente in qualsiasi circostanza in mancanza di espresse norme autorizzative o, come nel caso in esame, addirittura in contrasto con specifiche disposizioni legislative.

Per esemplificare, questo Collegio sa bene che sono state introdotte nel sistema del pubblico impiego forme di  contratto a tempo determinato,  con la scelta della persona demandata alla responsabilità dei dirigenti cui è attribuita  la relativa facoltà.

Ma si tratta pur sempre di ipotesi che trovano legittimazione in fonti legislative, fra l'altro assistite da tutta una serie di precise regole e di garanzie, e che, comunque, si riferiscono ordinariamente a funzioni di alta dirigenza.

Proprio con riferimento al giudizio in esame,  giova ricordare che lo Statuto del Comune ( riprendendo la disposizione contenuta nell'art. 51, comma 7, della legge n.142/90 e art. 6 del D. Lgs. N.165/2001, e, naturalmente, non poteva fare diversamente ), stabilisce all'art. 40, punto 2), che “ il sindaco nel caso di vacanza del posto o per altri gravi motivi può assegnare, nelle forme e con le modalità previste dal regolamento, la titolarità di uffici e servizi con contratto a tempo determinato”.

Ora non si può aggirare tale norma , dando corso a forme di collaborazione esterna, così come disciplinate dal successivo art. 41 dello stesso  Statuto, che, per il loro oggetto indeterminato e per la loro durata, tendono a realizzare una forma di attività di carattere continuativo e sostitutiva di quella demandata al personale assunto a seguito di una pubblica selezione.

La circostanza che nella memoria difensiva si insista  sul fatto che nella pubblica amministrazione è cresciuta di molto l'area dei contratti a tempo determinato, part-time, interinale, di collaborazione coordinata e continuativa, non può intendersi,  per l'appunto,  che nel senso che la collaborazione esterna istituita con il geometra Del Pretaro, di cui si discute nel presente giudizio, era del tutto assimilabile a una forma di collaborazione continuativa. Ma proprio per ciò si conferma che il provvedimento della Giunta comunale che tale collaborazione  aveva autorizzato, sotto la specie  delle

  collaborazioni esterne “ ( art. 41 dello Statuto ), era illecita.

Circa l'esistenza di un danno economico come conseguenza della decisione di conferire l'incarico di collaborazione esterna al geometra Giuseppe Del Pretaro, va sottolineato che,  laddove si dia corso ad un provvedimento illecito che comporta oneri finanziari, il danno è implicito in sé.

La difesa sostiene che, affinché si concreti la responsabilità amministrativa su cui questa Corte è chiamata a pronunciarsi non è sufficiente la mera illegittimità del provvedimento contestato, non avendo la stessa Corte, alla luce della disciplina legislativa ora vigente, un ruolo di supplenza del controllo di legalità, ma   occorre che si concreti un  danno  effettivo e non potenziale e che, pertanto,  esso non sussiste quanto non vi sia antieconomicità dell'azione amministrativa.

Sostiene ancora la difesa  che, come risulterebbe dai prospetti da essa depositati, la spesa della  collaborazione esterna di cui si discute era stata, comunque,  nettamente inferiore a quella dovuta per un pubblico dipendente che svolgesse le medesime mansioni e che, pertanto,  l'onere derivante dalla stessa sarebbe largamente compensato dai risparmi di spesa realizzati.

Le argomentazioni della difesa come sopra sintetizzate sono, a giudizio di questo Collegio,infondate per le ragioni di seguito esposte.

Si può, nella pubblica amministrazione, parlare di economicità e di efficienza di gestione soltanto nel rispetto delle norme fissate dalla legge o da altra fonte analoga.

Soltanto in questo contesto - cioè, si ribadisce, nel quadro del rispetto delle norme legislative - ha senso e rilevanza il riferimento che la difesa ha svolto nella discussione orale al controllo di gestione e di efficienza sul funzionamento degli enti pubblici svolto dall'apposita Sezione di questa Corte.

Se per il reclutamento e l'utilizzazione del personale, la legge

( in conformità, del resto, alla chiara disposizione di cui all'art. 97 della Costituzione ) stabilisce ferme e precise regole ( sulle quali ci si è diffusi ampiamente in precedenza ), ciò non può che interpretarsi nel senso che  il legislatore ha fissato, in via preventiva e tipica, i criteri ritenuti opportuni per l'economicità della gestione e per l'efficienza dell'amministrazione.

I pubblici amministratori non possono disattendere tali criteri, sostituendoli con soggettive valutazioni azendalistiche rimesse  alla loro discrezionalità. Va pur sempre ricordato che,  mentre il privato può gestire e amministrare i suoi soldi come crede, dal momento che è controllato in queste attività dal tornaconto personale e quindi dal dover rispondere di tasca propria delle scelte sbagliate, il pubblico amministratore gestisce i soldi della comunità e non può non attenersi alle regole fissate specificamente dal legislatore, quand'anche, in astratto, se ne possa contestare la loro opportunità ed efficacia ( ma al pubblico funzionario, come del resto a questo Giudice, non è dato sindacare le scelte fatte dal legislatore, queste si discrezionali, ma perché così deriva dal nostro ordinamento costituzionale ).

Se  fosse altrimenti, tanto varrebbe assegnare all'ente pubblico uno stanziamento per l'assunzione e la gestione del personale, rimandando poi a un eventuale controllo di merito, non si saprebbe, peraltro,   in quale maniera applicabile, per   valutare se dello stanziamento si è fatto buon uso secondo criteri di efficienza e di economicità.

Va poi disattesa la possibilità di operare una sorta di compensazione fra i costi della collaborazione esterna e quelli del funzionario di ruolo avente compiti analoghi.

In aggiunta a  tutto quanto sopra si è detto a proposito dei danni indiretti  derivanti all'immagine e alla funzionalità di un ente pubblico quando si crea una struttura parallela, non temporanea, straordinaria ed eccezionale, giova osservare che non si possono comparare e mettere sullo stesso piano gli oneri conseguenti a un provvedimento illecito e i costi derivanti dal dare legittimamente attuazione alla pianta organica prevista dal Regolamento del personale dell'ente.

A parte ciò,  la comparazione e, quindi, la compensazione degli

oneri nel senso indicato, risulta inammissibile anche per la diversità eziologica e di contenuto delle due  funzioni ( quella stabilita dal Regolamento per il  personale dell'ente, e quella oggetto della collaborazione di cui si discute ).

Si  consideri, fra l'altro,  che  le attribuzioni  demandate al l'impiegato in pianta organica, vanno, per il loro contenuto ben  al di là di quelle oggetto di una collaborazione esterna e implicano, non solo precisi doveri di comportamento e di presenza, anche disciplinarmente assistiti, ma anche funzioni che, in relazione alla diversa qualifica ricoperta, sono d'impulso, iniziativa e controllo; doveri e funzioni che evidentemente  non erano, e non potevano essere, oggetto della collaborazione esterna di cui si discute.

Per quanto concerne l'esistenza di una colpa grave nel comportamento dei convenuti che avevano autorizzato o avallato il ricorso a una consulenza esterna senza rispettare i criteri esattamente definiti dalla norme ( v. sopra) per un sì fatto provvedimento,  giova osservare che certamente non si può pretendere dagli amministratori locali, soprattutto se si tratta di comuni di non grande dimensione, una conoscenza approfondita della legislazione e del diritto in genere. Ma non è ammissibile che chi accetta un incarico pubblico, come quello di amministratore di ente locale, ignori le norme fondamentali ed essenziali relative al funzionamento dell'ente, come, per l'appunto, quelle relative all'assunzione di oneri per il conferimento di incarichi esterni, norme che, come si è più volte detto, trovavano collocazione anche nello statuto comunale.

La colpa grave in cui erano incorsi gli amministratori locali nell'adozione della delibera di conferimento dell'incarico al geometra Giuseppe Del Pretaro risalta ancora di più se si considera che nel testo della delibera manca un'adeguata valutazione circa la  compatibilità delle decisione adottata con le norme più volte citate che regolano la materia, come manca una adeguata valutazione del curriculum e dei titoli della persona cui veniva affidato l'incarico.

Per tutte le ragioni sopra esposte deve dedursi che in alcun modo era legittima la delibera di conferimento di incarico di consulenza esterna al signor Giuseppe Del Pretaro  e,  pertanto, il sindaco e gli altri amministratori che hanno adottato per colpa grave la relativa delibera, ne devono rispondere in sede di responsabilità amministrativa.

Per quanto concerne il danno da risarcire, pur non essendo ammissibile, per le ragioni in precedenza esposta, alcuna forma di compensazione fra l'onere consequenziale al provvedimento illecito avente ad oggetto la collaborazione esterna con il signor Giuseppe Del Pretaro e gli oneri gravanti sul Comune ad altro titolo, in particolare in relazione alle attività svolte dal personale regolarmente e legittimamente assunto, quanto svolto in esecuzione della collaborazione in parola può, tuttavia,  costituire elemento di valutazione da parte di questo Collegio ai fini dell'esercizio del potere riduttivo, ad esso conferito dalle norme vigenti.

Pertanto questo Collegio, avvalendosi del potere in parola,  ritiene di poter fissare l'importo del danno da risarcire al Comune di Loreto Aprutino (PE), in una somma inferiore a quella indicata nell'atto di citazione, e cioè, in complessivi € 10.000 ( diecimila ), per cui singolarmente, tenuto conto del ben più rilevante ruolo svolto nella vicenda in esame dal sindaco, rispetto agli altri componenti la Giunta comunale, in € 7.000 ( settemila euro ) a carico del  signor Mauro Di Zio, e in € 750 ( settecento cinquanta euro ), a carico di ciascuno degli altri convenuti, signori Giambattista Andriulli, Renato Mariotti, Terenzio Chiavaroli, Vincenzo Ursini.

Le predette somme devono intendersi comprensive di rivalutazione monetaria; tuttavia sulle stesse  sono dovuti gli interessi legali dalla presente pronuncia all'effettivo soddisfo.

                                             P.Q.M.                     sent. n. 750/04/E.L.

                                 LA CORTE DEI CONTI

              Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo

                                        CONDANNA

il signor  Mauro Di Zio,al pagamento, a favore del  Comune  di Loreto Aprutino, di  € 7.000 (  settemila euro ).

Condanna inoltre gli altri quattro componenti la Giunta comunale, come di seguito individuati, al pagamento, ciascuno, di   € 750

( settecento cinquanta euro ): signor  Giambattista Andriulli, signor Renato Mariotti,  signor Terenzio Chiavaroli, signor Vincenzo Ursini .

Le somme sopra indicate sono comprensive della rivalutazione

monetaria, tuttavia sulle stesse  sono dovuti gli interessi legali dalla presente pronuncia all'effettivo soddisfo.

Le spese seguono la soccombenza e, pertanto, le persone come sopra indicate sono   altresì condannate al pagamento delle spese di giustizia che, sino alla pubblicazione della sentenza, si liquidano in euro  458,38 ( quattrocentocinquantotto / 38 ).

Così deciso in L'Aquila nella Camera di consiglio del  6 ottobre 2004.

Il Relatore Estensore                                    Il Presidente

(f.to Cons. Silvio Benvenuto )                     (f.to dott. Vito Minerva )                            

 

Depositata in Segreteria il 28/10/2004

     Il Direttore della segreteria.

    f.to Dott.ssa Antonella Lanzi