REPUBBLICA ITALIANA Sent. n. 105/2005/E.L.
composta
dai seguenti Magistrati:
Dott. Salvatore NOTTOLA Presidente
Dott. Vincenzo PERGOLA Consigliere (relatore)
Dott. Giuseppe TAGLIAMONTE Primo Referendario
ha pronunciato la seguente
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 6295/EL del
Registro di Segreteria, instaurato ad istanza della Procura regionale presso
questa Sezione nei confronti di Iaculli
Mariarita Rachele nata a Matera il 3.7.1955, rappresentata e difesa
dall'avv. Francesco Viti e presso il cui studio, sito in Matera, via Caropreso
n. 55, elettivamente domiciliata, Lauria Francesco nato a Matera il 2
aprile 1959, Di Gregorio
Francesco Silvio nato a Matera il 19 dicembre 1962, Di Tommaso Maria Antonietta
nata a Tursi il 19 agosto 1962, Castronuovo Angelo nato a Tursi il 19
maggio 1957, De Biase Francesco nato a Tursi il 26 settembre
1957, rappresentati e difesi dall'avv. Giacomo Marchitelli e dall'avv.
Gianfranco Cascella e presso il cui studio, sito in Matera, alla via Lucana n.
155, elettivamente domiciliati;
Visto l'atto introduttivo del giudizio, nonché tutti gli
altri atti e documenti della causa;
Uditi, nella pubblica udienza del 12.4.2005, con
l'assistenza del Segretario Sig. ra Maria A. Catuogno, il Consigliere
relatore dr. Vincenzo
Pergola, il pubblico ministero nella persona del Procuratore Regionale dott.
Michele Oricchio, nonché l'avv. Viti e l'avv. Cascella per i convenuti;
Ritenuto in
Il Commissario Prefettizio del
Comune di Tursi, Iaculli Mariarita Rachele - in attuazione delle previsioni
contenute nel programma regionale di sviluppo approvato dal Consiglio regionale
della Basilicata l'11.3.1988 - emetteva, con i poteri del Consiglio comunale,
la delibera n. 105 del 13.9.1989 con cui conferiva l'incarico della progettazione, direzione, assistenza e
contabilità dei lavori relativi al collegamento frazione Caprarico - frazione
Serra di Croce e Sant'Antonio mediante ponte sul fiume Agri per l'importo di
tre miliardi di lire, congiuntamente ai tecnici Lauria Francesco, Cristiano
Antonio, Santamaria Pietro, Di Gregorio Francesco, Di Tommaso Maria Antonietta.
Successivamente, lo stesso
Commissario prefettizio adottava, con i poteri della giunta comunale, la
delibera n. 792 del 5.11.1991 con cui approvava il progetto presentato dai
summenzionati tecnici, dando altresì atto che era pervenuto il nulla-osta
dell'Ufficio Beni Ambientali e che il parere idrogeologico, benché richiesto,
non era tempestivamente pervenuto.
In data 2.3.1992 con delibera di
giunta regionale n. 112 veniva
concesso il finanziamento per la realizzazione dell'opera
mentre, poco dopo, a seguito dell'elezione a consiglieri comunali di Santamaria
Pietro e Cristiano Antonio, gli stessi venivano sostituiti dai tecnici Castronuovo Angelo e De Biase Francesco.
In data 3.9.1993 venivano
consegnati, dalla sola Direzione Lavori, i lavori all'impresa Zagariello - risultata
vincitrice della gara - che si impegnava a completarli entro il 2.9.1995.
Seguiva nell'ottobre 1993 delibera
di giunta regionale di approvazione del progetto, e, nel successivo mese di
dicembre, il decreto di occupazione d'urgenza dei suoli interessati.
In data 4.2.1994 il Sindaco del
Comune di Tursi disponeva la sospensione delle operazioni di occupazione
d'urgenza, che non si erano ancora concretizzate in alcuna immissione in
possesso degli immobili interessati dall'esecuzione dell'opera pubblica.
Con nota del 19.1.1994, acquisita
al protocollo del Comune in data 8.2.1994, la D.L. comunicava l'effettivo
inizio delle attività di costruzione, conseguenzialmente l'impresa poteva
incassare l'anticipazione del 10%, pari a L.189.744.948.
Con nota del 5.2.1994 (acquisita
l'8.2.1994 al n. 701 del protocollo del Comune di Tursi) la direzione lavori
comunicava al Sindaco la necessità di procedere ad un adeguamento delle
previsioni progettuali e, riscontrando una richiesta dell'Amministrazione,
specificava che poteva provvedere ad una variazione del tracciato dell'opera,
tale -tuttavia- da non comportare “praticamente, oneri aggiuntivi rispetto a
quelli previsti nel progetto principale”, affermazione successivamente smentita
con la nota, senza data e pervenuta al Comune il 16.8.1994, con cui si chiedeva
l'autorizzazione all'acquisizione di nuove indagini geognostiche.
Il 19.4.1994 la D.L. disponeva la
sospensione dei lavori “che non possono procedere temporaneamente, utilmente e
a regola d'arte, in quanto si è in attesa di essere autorizzati a redigere
perizia di variante”; i lavori non furono più ripresi.
Seguivano due
progetti di variante, anche con costi aggiuntivi, che non furono mai approvati;
dagli atti acquisiti al fascicolo di causa, emerge la difficoltà del Comune di
coprire i costi aggiuntivi e gli inviti alla D.L. di procedere alla
progettazione in variante nei limiti dello stanziamento finanziario originale
(ad es. nota del Sindaco n. 701 del 21.1.1994, nota dell'ufficio tecnico
comunale n. 6449 del 14.4.2000).
Con delibera n. 221 del 2.2.2004, la Giunta regionale ha
revocato il finanziamento
precedentemente concesso, in esecuzione di quanto previsto dall'art. 13 della
delibera 1112/1992, ritenendo che il comportamento dell'Ente attuatore (il
Comune) avesse compromesso la regolare esecuzione dell'opera.
In relazione a tali
fatti, riferisce l'atto introduttivo del giudizio che il tecnico incaricato dal
P.M., recatosi sui luoghi nella primavera del 2004, constatava che “non si
rilevava la presenza di alcuna opera eseguita “, attestando -
altresì- che il Comune di Tursi aveva già versato per la realizzazione della
stessa € 248.006,19, per spese di
progettazione ed anticipo corrisposto all'impresa dopo la consegna dei lavori.
Ritenendo dannoso per il Comune l'intero pagamento innanzi
specificato, la Procura ha precisato di poter “perseguire
la sola parte non coperta da prescrizione quinquennale, che ammonta ad € 19.561,02, oltre € 2.763,862 per spese legali conseguenti al
decreto ingiuntivo promosso dai progettisti-direttori dei lavori nei confronti
del Comune di Tursi per il pagamento delle proprie competenze professionali (
mandato dell' ultimo trimestre 2001)”.
Secondo il Requirente, tale danno è conseguenza del
comportamento gravemente colposo sia
del Commissario Prefettizio Iaculli, sia dei componenti la Direzione
Lavori. Al Commissario si contesta di
aver provveduto prima all'affidamento dell'incarico di progettazione e poi
all'approvazione del progetto in maniera del tutto inadeguata, senza aver
tenuto conto delle segnalazioni, anche del Consiglio Comunale, sulla dubbia
utilità dell'opera e dei pareri prescritti a corredo del progetto da
approvare. Si imputa, invece, alla D.L.
di non aver ottemperato al dovere di segnalare all'Amministrazione le discrasie
del progetto e la necessità di adeguarlo alla normativa sopravvenuta alla
redazione (D.M. LL.PP. del 4.5.1990), “sicchè consegnarono lavori
irrealizzabili”.
Conseguentemente l'attore ha rassegnato le seguenti
conclusioni: “ritiene questo P.M. che il danno di €.22.324,882 vada
addebitato per il 40% al convenuto
Iaculli Mariarita Rachele, per il 50 %
ai tecnici che ricoprirono l'incarico di progettisti e direttori dei
lavori ( Lauria Francesco, Di Gregorio Francesco Silvio e Di Tommaso Maria
Antonietta), per il restante 10% ai tecnici chiamati ad integrare la direzione
lavori a far data dall'agosto 1992 (
Castronuovo Angelo e De Biase Francesco) . Tutti in uguali rispettive proporzioni.
Vittoria di spese, ai sensi dell'art.97 c.p.c.”
In difesa dei componenti la Direzione Lavori,
si sono costituiti in giudizio gli avv.ti Marchitelli e Cascella, depositando
in data 22.3.2005 due distinte memorie, una nell'interesse dei convenuti Lauria, Di Gregorio e Di Tommaso (che erano
stati anche redattori del progetto), e l'altra nell'interesse dei convenuti
Castronuovo e De Biase (che non avevano partecipato all'elaborazione del
progetto).
I difensori, innanzitutto, hanno negato
l'esistenza di un danno precisando che “In definitiva il danno consisterebbe,
allo stato attuale, nella liquidazione di competenze professionali, per le
quali fu notificato a suo tempo da parte degli odierni convenuti un decreto
ingiuntivo nei confronti del quale l'Amministrazione comunale non ha proposto
alcuna opposizione”. Al riguardo hanno evidenziato che “dette competenze in
virtù del lavoro svolto sono comunque dovute ai professionisti” sottolineando
anche “che l'esborso trova ampia compensazione nel vantaggio avuto
dall'amministrazione dall'utilizzazione del progetto, utilizzazione che è in re
ipsa, essendo stato il progetto dapprima fatto valere per ottenere il
finanziamento e quindi per dar corso alla procedura di aggiudicazione ed al
conseguente contratto”. La difesa ha poi affermato l'inesistenza di comportamenti
gravemente colposi da parte dei convenuti, contestando le affermazioni attoree
di aver proceduto alla consegna di lavori irrealizzabili e di non aver
proceduto ad un adeguamento del progetto alle prescrizioni del D.M. LL.PP. del
4.5.1990; in proposito ha evidenziato l'affidamento ingenerato dal contenuto
della delibera di approvazione del progetto del Commissario Prefettizio che
dava atto sia dell'avvenuta acquisizione del prescritto parere regionale in
materia ambientale, senza nulla specificare in ordine alla prescrizione di
ulteriori opere rispetto alle previsioni originali, sia dello spirare del
termine entro il quale doveva essere espresso il nulla osta idraulico. La
difesa ha sottolineato, poi, che con nota dell'8.2.1994, diretta al Sindaco, i
componenti la D.L. hanno ottemperato al
proprio dovere di informare l'Amministrazione sia della necessità di adeguare
il progetto alle prescrizioni del D.M. sopravvenuto alla redazione del progetto
stesso, sia degli altri interventi necessari, chiedendo conseguentemente
l'autorizzazione a redigere una perizia di variante e suppletiva. Dopo aver
sottolineato che la procedura espropriativa esulava dai compiti della D.L. ed
era di competenza degli uffici comunali, e che “la prassi dell'epoca consentiva
l'affidamento di lavori sulla base di progetti esecutivi non sufficientemente
dettagliati e cantierabili, ritenendosi che fosse lecito rimediare con
opportune varianti a qualsiasi ostacolo costruttivo”, la difesa ha concluso per
il rigetto dell'avversa domanda per difetto sia dell'elemento soggettivo sia di
quello oggettivo dell'invocata responsabilità, ed in via subordinata per
l'applicazione del potere riduttivo.
In difesa del Commissario prefettizio Iaculli,
si è costituito in giudizio l'avv. Viti che ha innanzitutto eccepito la
mancanza di ogni nesso di causalità tra il comportamento del Commissario e
l'eventuale danno subito dall'Amministrazione; al riguardo, in particolare, ha
evidenziato che in considerazione dell'arco temporale circoscritto in cui ha prestato
il servizio, ponendo in essere atti dovuti in esecuzione di programmi regionali
già approvati, anche per non perdere il finanziamento regionale, non può
imputarsi al Commissario l'eventuale danno in conseguenza di attività od
omissioni verificatesi durante il successivo svolgimento del procedimento,
quando era cessato dalla carica da considerevole tempo. Nell'evidenziare
ulteriormente l'estraneità del proprio assistito ai pagamenti ritenuti dannosi
dall'attore ed effettuati quando era cessato dalle funzioni, ha altresì
sottolineato come i predetti pagamenti, afferenti a prestazioni effettivamente
rese dai professionisti incaricati dal Comune, non possono comunque costituire
un danno. Il difensore ha concluso per il rigetto dell'avversa domanda.
All'odierna pubblica udienza, sia i difensori
che il rappresentante del P.M. hanno confermato le conclusioni precedentemente
rassegnate.
Considerato in
Occorre innanzitutto esaminare l'eccezione
relativa alla mancanza nella fattispecie all'esame di un danno per le finanze
comunali, avanzata da tutti i difensori, con argomentazioni in gran parte
comuni. Gli argomenti difensivi tendono ad evidenziare la mancanza di un
profilo dannoso di essi, in considerazione della doverosità dei pagamenti per
cui la Procura ha avanzato la pretesa risarcitoria, poiché essi attengono a
prestazioni effettivamente rese dai tecnici ( il mandato del Comune n. 1429 del
29.7.2001 riporta quale causale “liquidazione delle competenze tecniche
contabilità ed assistenza saggi geologici”), e la difesa dei tecnici sottolinea
anche l'utilità per il Comune del progetto pagato, che sarebbe in re ipsa,
attesa l'utilizzazione per ottenere il finanziamento e poi procedere
all'espletamento della gara ed alla stipula del conseguente contratto.
Gli argomenti difensivi appaiono inconferenti,
poiché non si verte in ordine alla doverosità del pagamento di parcelle per
attività professionali effettivamente rese, ma assume rilievo, al fine
dell'esistenza di un danno per le finanze comunali, la circostanza che non
avendo il Comune conseguito nulla dell' “utilità finale” a cui erano diretti i
pagamenti effettuati (“non si rileva la presenza di alcuna opera eseguita” si
legge nella relazione del tecnico incaricato dal P.M., incontestata sul punto),
l'esborso si è rivelato del tutto inutile e conseguentemente dannoso per
l'Ente. In tale prospettiva del tutto ininfluente appare l' “utilità mediata”
conseguita dal Comune attraverso l'utilizzazione del progetto in alcune fasi
del procedimento, non incidendo essa sul pregiudizio economico comunque subito.
Il presente giudizio è quindi diretto ad accertare se l'indubbio pregiudizio
economico subito dal Comune, che ha pagato somme di denaro senza ottenere alcun
accenno del manufatto utile al collegamento delle due frazioni, sia la
conseguenza del comportamento (quantomeno) gravemente colposo di soggetti
legati da un rapporto di servizio con l'Ente territoriale.
Gli atti
posti in essere
dal Commissario Prefettizio, che
con
superficiale
trascuratezza ha approvato un progetto omettendo di valutare gli elementi che
sin da principio deponevano per la sua ineseguibilità senza sostanziali
modifiche, hanno indubbiamente posto in essere uno dei presupposti per il
verificarsi del danno.
Quanto innanzi emerge dagli atti di causa,
indipendentemente da ogni valutazione degli atti che mettevano in dubbio
l'utilità dell'opera, precedenti all'approvazione commissariale del progetto,
richiamati dall'attore e che avrebbero
dovuto indurre comunque ad una maggiore ponderazione (nota del 23.8.1989 del
rappresentante di un partito politico e soprattutto delibera del Consiglio
Comunale n. 9 del 25.1.1990, che nelle premesse si esprime nei seguenti
termini: “l'opera di che trattasi si appalesa del tutto ininfluente allo
sviluppo di questa comunità, in quanto le due frazioni……..sono già collegate da
altre opere d'arte immediatamente a valle dell'opera in oggetto e distante da
questa circa 2 Km”). Anche il mancato adeguamento del progetto alle sopravvenute
e cogenti norme recate dal D.M. 4.5.1990 in materia di progettazione,
esecuzione e collaudo dei ponti stradali, non può essere imputata al
Commissario a titolo di colpa grave, ritenendo il Collegio, in virtù della
natura squisitamente tecnica delle disposizioni, che era compito principalmente
dei tecnici componenti la Direzione Lavori richiamare l'attenzione degli organi
competenti sulla sopravvenuta inadeguatezza del progetto originario, e di ciò
si terrà conto nel determinare “la misura” dell'addebito a ciascuno imputabile.
Il comportamento gravemente colposo del
Commissario consiste, invece, nell'aver trascurato l'esito dei pareri
prescritti come propedeutici all'approvazione del progetto, che se valutati con
un minimo di diligenza, deponevano inequivocabilmente per l'ineseguibilità del
progetto nella sua stesura originaria, ed invece il Commissario ha ugualmente
approvato il progetto con delibera n. 792 del 5.11.1991.
La stessa difesa dei componenti la D.L. lamenta
l'affidamento ingenerato dal tenore della suddetta delibera sulla mancanza di
motivi ostativi all'esecuzione del progetto nella sua stesura originaria,
rinvenienti dai prescritti pareri.
La difesa dei tecnici lamenta la mancata
conoscenza del “nulla osta dell'Ufficio dei beni Ambientali della Regione Basilicata contenente la
prescrizione di ulteriori opere rispetto alle previsioni originarie”. Ed
infatti sul punto la delibera commissariale n. 792 riporta laconicamente: “Dato
atto che l'ufficio Beni Ambientali ha rilasciato il nulla osta in data
26.11.1990” trascurando sia di riportare, sia di valutare che il nulla osta era
sottoposto alla “condizione di prolungare il viadotto fino alla sez. 134,
limitando la zona soggetta a rilevato soltanto al tratto iniziale….”. Orbene la
modifica certo non marginale delle originarie previsioni, in quanto incidente
sulla struttura del ponte di collegamento (vi erano nel parere anche
prescrizioni sulle opere di completamento: piantagione di essenze autoctone)
imponeva un adeguamento del progetto, che invece è stato “frettolosamente” ed
inopinatamente approvato senza tener in alcun conto la cogente prescrizione
dell'Ufficio regionale.
Circa
il c.d. parere
idraulico, la delibera
commissariale
n.
792/1991 riferisce:
“Dato atto che con nota n. 9539 in data
11.9.1990 venne richiesto all'Ufficio del Territorio di Matera il parere in
materia idraulica e con successiva nota n. 8594 in data 12.8.1991 venne inviato
allo stesso Ufficio del territorio il calcolo idrogeologico ed idraulico;
Dato atto che a tutt'oggi detto parere non è
stato espresso;
Visto
l'art. 50 della legge n. 142/1990 il quale stabilisce che i pareri
obbligatori devono essere espressi entro il termine di 60 giorni dalla
richiesta e che decorso infruttuosamente il termine si prescinde dal parere”.
La rappresentazione dell'iter diretto
all'acquisizione del prescritto parere offerta dal Commissario nella delibera
non appare del tutto corretta nel riportare i momenti procedurali intervenuti,
avendone omesso almeno uno.
Infatti l'Ufficio del Territorio di Matera,
competente ad emettere il parere di cui trattasi, con nota n. 5808 datata
31.10.1991, che si ritiene utile riportare integralmente per una migliore
rappresentazione della fattispecie, afferma:
“In riferimento alla nota n. 9143 datata 5.9.1991
con la quale codesto Comune ha chiesto il nulla osta ai fini idraulici per
l'esecuzione del ponte sull'Agri di cui all'oggetto, si comunica che dall'esame
degli atti trasmessi, il progetto è risultato carente di elaborati relativi ad
alcuni aspetti idraulici, per cui è necessario acquisire la documentazione
integrativa:
a) -
piano quotato in scala 1:200 o maggiore,
evidenziando
l'ingombro
del manufatto nell'alveo del fiume interessato dall'attraversamento;
b) - progetto e particolari esecutivi dei
repellenti e delle opere minori (cunette, canali di scolo, muri andatori,
briglie ed altro) previste per proteggere le spalle del manufatto dall'erosione
delle acque superficiali e/o sotterranee;
c) - progetto di sistemazione idraulica del
tratto di alveo interessato dal manufatto; quest'ultimo deve essere protetto
per un tratto della lunghezza di m. 100, a monte ed a valle, mediante
gabbionate metalliche a più ordini, in funzione dell'orografia locale“.
Orbene, pur non risultando dagli atti acquisiti
al fascicolo di causa se la predetta nota del 31 ottobre è pervenuta al Comune
prima dell'approvazione del progetto disposta con “dannosa solerzia” il 5
novembre successivo, la nota da un verso dà atto di un ulteriore e più recente
scambio di corrispondenza sul punto, attraverso il richiamo alla nota del
Comune del 5.9.1991, ma, soprattutto, evidenziando le numerose carenze di
adeguati “elaborati relativi ad alcuni aspetti idraulici”, dà ragione del vero
motivo per cui il parere non veniva emesso. In tale contesto, del tutto
pretestuoso appare l'agire del Commissario, che “si nasconde”
dietro lo spirare del termine previsto dall'art. 50 della l. n. 142/1990,
deliberando proprio il sessantesimo giorno dopo l'ultima richiesta del Comune,
omettendo di considerare che la mancata espressione del parere non è imputabile
a colpevole inerzia dell'organo di consulenza, ma all'inadeguatezza degli
elaborati sino a quel momento trasmessi dal Comune all'organo competente ad
esprimere il prescritto parere. L'inescusabile superficialità della condotta
del Commissario innanzi illustrata, non ha permesso di far emergere con la
dovuta tempestività le consistenti lacune dell'originario progetto approvato
dal Commissario, lacune che hanno concorso alla sospensione dei lavori mai
sostanzialmente iniziati, ed anche per adeguare il progetto alle prescrizioni
di detti pareri gli stessi Direttori dei Lavori hanno rappresentato poi la
necessità di una nuova progettazione in variante (vedi note della D. L.
acquisite al protocollo del Comune l'8.2.1994 ed il 16.8.1994), evidenziando
poi, negli scritti difensivi, la non smentita circostanza di non aver avuto
tempestiva conoscenza di tali prescrizioni. Sulla base di tali considerazioni
vanno disattese le osservazioni difensive tendenti ad evidenziare il ristretto
lasso di tempo in cui il Commissario ha prestato servizio presso il Comune e la
mancanza di ogni nesso di causalità tra la sua condotta ed il danno
verificatosi quando da molto tempo era cessato dalla funzione; infatti, si
ripete, la sua condotta gravemente colposa ha
concorso a non fare emergere, prima dell'approvazione di un progetto
sostanzialmente non cantierabile, le lacune già evidenti, secondo quanto si è
precedentemente riferito. In altre parole, anticipando in parte quanto più
ampiamente si dirà nel prosieguo della trattazione, il danno per cui è causa
deriva anche da reciproche omissioni di dovute informazioni tra Commissario
Prefettizio e Direzione Lavori, così che entrambi hanno concorso a dare impulso
al procedimento sulla base di un progetto inadeguato.
Infatti
notevole appare, ad
avviso del Collegio,
anche il
contributo
causale dei componenti la Direzione Lavori al verificarsi del danno, avendo
essi omesso di segnalare tempestivamente all'Amministrazione le significative
carenze del progetto originale ed avendo dato ulteriore impulso al procedimento
(attraverso la consegna dei lavori) nonostante la sostanziale ineseguibilità
del progetto stesso.
Al riguardo è necessario ricordare che l'art. 5
del regolamento sull'esecuzione dei LL.PP. approvato con R.D. n. 350/1895,
all'epoca vigente, demandava alla D.L. il fondamentale compito di procedere,
prima dell'individuazione della ditta esecutrice dei lavori, ad una “verificazione
del progetto, in relazione al terreno, al tracciamento………ed a quant'altro
occorre per l'esecuzione dell'opera, affinché sia accertato che, all'atto della
consegna, non si riscontreranno variazioni nelle condizioni di fatto sulle
quali il progetto è basato o, riscontrandosene alcuna, si abbia il tempo a
prevenire l'apertura delle aste….”. Delineato il quadro dei compiti
normativamente affidati alla D.L. affinché non si proceda all'affidamento
dell'esecuzione dell'opera “in base al progetto inesatto o non più esatto” (per
usare le parole dell'ultima parte del c. 1 del richiamato art. 5, parole che
indicano che la verifica deve abbracciare sia “inesattezze” originarie, sia
sopravvenute), gli atti di causa evidenziano il notevole e gravemente colposo
scostamento del comportamento dei componenti la D.L. rispetto a quello
delineato dalla norma.
Infatti
la D.L. ha proceduto
alla consegna dei
lavori in data
3.9.1993
senza aver proceduto alle dovute verifiche, comunicando poi
all'Amministrazione
l'inizio lavori (nota del 19.1.1993) con consequenziale corresponsione
all'impresa dell'anticipazione del 10%, per poi sospenderli il 10.4.1994. Come
si rileva dalla nota della D.L. dell'8.6.2004 l'inizio lavori si è limitato ad
alcune operazioni meramente propedeutiche all'esecuzione dell'opera e limitate
alle sole aree demaniali del fiume in conseguenza della indisponibilità dei
terreni privati necessari. L'indisponibilità dei suoli necessari ad un utile
svolgimento dei lavori è una delle cause che hanno resa necessaria la
sospensione (cfr nota dell'impresa del 23.3.1994 che chiede la “sospensione dei
lavori a far data subito dopo il verbale di consegna”). Come si rileva dagli
atti, soltanto dopo la consegna dei lavori erano emerse discrasie nelle
originali previsioni progettuali circa gli immobili necessari all'esecuzione
dell'opera; si legge infatti nella nota della D.L. del 5.2.1994: “dopo la
redazione del progetto (1989) sono stati effettuati frazionamenti di alcune
particelle interessate dall'opera, in seguito al trasferimento di proprietà dei
terreni”. Emerge inequivocabilmente la grave colpa della D.L., atteso che se
avesse proceduto tempestivamente alle verifiche prima di procedere
inopinatamente alla consegna dei lavori si sarebbero riscontrate le variazioni
ed evitato di procedere in base al progetto “non più esatto”, come il
richiamato art. 5 del R.D. n. 350/1895 imponeva. La dannosa frettolosità con
cui la D.L. ha proceduto alla consegna dei lavori, con colpevole trascuratezza
del fondamentale aspetto relativo alla disponibilità delle aree necessarie
all'esecuzione dei lavori, emerge inequivocabilmente dagli atti di causa. Basti
pensare che essi hanno proceduto in data 3.9.1993 alla consegna dei lavori
senza neanche porsi il problema della disponibilità dei terreni, infatti il
decreto di occupazione di urgenza delle aree necessarie - tra l'altro con
individuazione delle ditte proprietarie degli immobili che non teneva
conto, e non poteva farlo, delle
succitate intervenute variazioni - è stato emesso dal presidente della Giunta
Regionale soltanto in data 6.12.1993. In tale contesto, le affermazioni
difensive volte a controbattere le contestazioni dell'attore sul punto,
rimarcando anche che “la pratica espropriativa, si ripete, competeva agli
uffici tecnici comunali”, appaiono inconferenti, atteso che il comportamento in
violazione degli obblighi di servizio che va addebitato alla D.L. è proprio
quello di aver proceduto alla consegna dei lavori senza alcuna preoccupazione
per la necessaria disponibilità delle aree ( si richiama la succitata nota dell'impresa
che chiede la sospensione dei lavori dal momento immediatamente successivo alla
consegna rappresentando l'indisponibilità dei suoli che dovevano essere oggetto
di occupazione d'urgenza), e senza alcuna verifica dell'originale progetto, con
grave violazione dei doveri derivanti da quanto previsto dal più volte
richiamato art.5 del regolamento. La ratio della predetta norma (espressa dalla
locuzione “si abbia il tempo a prevenire l'apertura delle aste pubbliche o ….la
stipulazione del contratto” nel caso di variazioni della situazione rispetto
alle previsioni progettuali) è quella di assicurare, promuovendo
tempestivamente le eventuali variazioni necessarie, l'effettiva cantierabilità ed esecutività del progetto ben prima
del sorgere del vincolo contrattuale che impegni l'impresa sulla base di un
progetto inadeguato, limitando, quindi,
la progettazione in variante e suppletiva ai casi necessari e non utilizzandola
come ordinaria modalità per ovviare a consistenti lacune progettuali. Quanto
innanzi rende inconferente l'affermazione difensiva che “In sostanza la prassi
dell'epoca consentiva l'affidamento dei lavori sulla base di progetti esecutivi
non sufficientemente dettagliati e cantierabili, ritenendosi che fosse lecito
rimediare con opportune varianti a qualsiasi ostacolo costruttivo”. Trattasi
infatti di prassi palesemente contra legem e, quindi, per quanto diffusa,
disdicevole, nonchè spesso, come nel
caso che ci occupa, anche produttiva di danno, atteso che la lacunosità delle
originarie previsioni (anche sotto il fondamentale aspetto dell'adeguamento
alle disposizioni del sopravvenuto D.M. LL.PP. del 4.5.1990 di cui si dirà
in prosieguo) ha portato all'arresto del
procedimento, all'inizio delle proposte di progettazione in variante anche
suppletiva, alla difficoltà del Comune di coprire i costi aggiuntivi e
agli inviti alla D.L. di procedere alla progettazione in variante nei limiti
dello stanziamento finanziario originale, (vedasi ad es. nota del Sindaco n.
701 del 21.1.1994, note dell'ufficio tecnico comunale n. 6449 de1 4.4.2000 e n.
14769 del 10.10.2001, tutte indirizzate alla D.L.), all'affidamento ingenerato
su tale ultimo aspetto dalla D.L. (nota del 5.2.1994), poi contraddetto (nota,
senza data e pervenuta al Comune il 16.8.1994), sino alla revoca del
finanziamento da parte della Regione, con conseguente dannosità di quanto sino
a quel momento pagato senza realizzare nulla dell'opera prevista.
Come innanzi accennato
davvero inconcepibile appare
al
Collegio il
comportamento della D.L. che affida i lavori nel 1993, sulla base di un
progetto consegnato all'Amministrazione nel 1989 e quindi palesemente
inadeguato rispetto alle sopravvenute ed importanti norme recate dal D.M.
LL.PP. 4.5.1990 avente ad oggetto “aggiornamento delle norme tecniche per la
progettazione, l'esecuzione ed il collaudo dei ponti stradali”, senza
premurarsi di informare tempestivamente
l'Amministrazione di tale necessità. Lo fa soltanto con la più volte richiamata
nota del 5.2.1994, adducendo la necessità di adeguare il progetto alla nuova
normativa tra i motivi per cui si rende necessaria una progettazione in
variante. L'intempestività della segnalazione rispetto ai doveri in capo ai
tecnici, secondo quanto precedentemente più volte detto, priva di rilievo le
affermazioni difensive relative all'adempimento di ogni dovere di informazione
nei confronti dell'Amministrazione.
Volendo sintetizzare, semplificando, quanto innanzi più
articolatamente esposto, la colpevolezza dei componenti la D.L. consiste
nell'aver aderito alla deprecabile prassi di procedere alla consegna dei
lavori, sulla base di un progetto inadeguato, affidando a nuove ed
ulteriormente costose perizie in variante l'eliminazione delle originarie
discrasie progettuali, il tutto in grave violazione delle più elementari norme
di prudenza nonché dei doveri e compiti demandati alla D.L. dall'art. 5 del
R.D. n. 350/1895.
Le specifiche conoscenze tecniche degli ingegneri ed
architetti incaricati della D.L., fanno ritenere particolarmente gravi i loro
comportamenti anche omissivi rispetto al dovere di informare l'Amministrazione
e conseguentemente - ad integrazione di quanto precedentemente accennato in
materia di riparto dell'addebito- apprezzare il loro contributo causale al
danno poi verificatosi in maniera più consistente rispetto a quello del
Commissario Prefettizio; conseguentemente, in parziale difformità dalle
richieste del P.M., ritiene il Collegio di addebitare al Commissario il 20% del
danno complessivo pari a € 22.324,882, mentre il restante 80% va addebitato
alla D.L..
Ritenendo, poi, esistente un più marcato grado di colpa ed
un maggior apporto causale al danno da parte dei componenti la D.L. che
maggiormente dovevano essere consapevoli delle carenze progettuali in quanto
avevano anche redatto il progetto (il “giudizio ex ante” è infatti elemento
sintomatico particolarmente idoneo a stabilire l'intensità dell'elemento
psicologico della responsabilità, cfr ex plurimis Sez. Umbria n. 55/2004, Sez.
Basilicata n. 270/2004), va addebitato ai convenuti Lauria, Di Gregorio e Di
Tommaso il 60% del danno totale, mentre del
restante 20% devono rispondere i convenuti Castronuovo e De Biase.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza, nella stessa
proporzione.
P.Q.M.
La Corte
dei Conti, Sezione
Giurisdizionale per la Regione Basilicata, ogni contraria
domanda ed eccezione respinte:
a) Condanna
al risarcimento del danno
provocato al Comune
di
Tursi, Iaculli Mariarita Rachele nella
misura di € 4,464,976, Lauria
Francesco,
Di Gregorio Francesco Silvio e
Di Tommaso Maria Antonietta nella
misura di € 4.464,976 ciascuno, Castronuovo Angelo e De Biase Francesco nella
misura di € 2.232,488 ciascuno; sulle predette somme sono altresì dovuti gli
interessi legali dalla presente pronuncia sino al soddisfo.
Le spese
di giudizio seguono la
soccombenza, nella stessa proporzione delle condanne innanzi specificate, e
vengono determinate nella misura di € 607,66 (Euro Seicentosette/66).
Così
deciso in Potenza, nella Camera di Consiglio del 12 aprile 2005.
L'estensore Il Presidente
(dott. Vincenzo Pergola) (dott. Salvatore Nottola)
F.to Vincenzo Pergola F.to Salvatore Nottola
Depositata in Segreteria il 12.05.2005
Per Il Dirigente
Il Direttore
Amministrativo
( Canio Mecca)
F.to Canio Mecca