Mds

Art. 26

Aq5 

REPUBBLICA  ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER L'ABRUZZO

-L’AQUILA- 

Registro Sentenze:       667/2005

            Registro Generale:         304/2005  
 

nelle persone dei Signori: 

SANTO BALBA Presidente 

LUCIANO RASOLA Cons. , relatore

FABIO MATTEI Ref.  

ha pronunciato la seguente  

sentenza in forma semplificata

ex art.26 L.1034/1971 e successive modifiche e integrazioni 

nella Camera di Consiglio del 15 Giugno 2005  

Visto il ricorso 304/2005 proposto da:

PACI MAURO

ANTONINI ROMANO

ARDINI UMBERTO

CAPACE MARCELLO

CARBONI ENZO

CONSORTI ANNA MARIA

ROSATI ROMANO

VAGNONI MASSIMO

VALLESE GIANFILIPPO

TOMMOLINI FRANCESCO

DE ANTONIS LISA

DE LUCA GIACINTO

FERRI BERARDO

MICOZZI ABRAMO

MICOZZI GIANCARLO

rappresentato e difeso da:

AVV. CELLINI TONINO

con domicilio eletto in L'AQUILA

VIA CASCINA, N. 2

presso

AVV. CINQUE FEDERICO  

contro 

COMUNE MARTINSICURO 

rappresentato e difeso da:

AVV. CERULLI IRELLI VINCENZO

AVV. DE LUCIA LUCA

AVV. PRESTI CONCETTA MARIA

con domicilio eletto in L'AQUILA

VIA SCUOLA DELLA TORRETTA N. 55

presso

AVV. PRESTI CONCETTA MARIA    

REGIONE ABRUZZO  

rappresentato e difeso da:

AVV. PASQUALI SANDRO

AVV. D'ALONZO CAMILLA

con domicilio eletto in L'AQUILA

VIA LEONARDO DA VINCI N.1 (N.I.)

presso

AVVOCATURA REGIONALE    

e nei confronti di

DIFENSORE CIVICO REGIONALE  

e nei confronti di

COMMISSARIO AD ACTA   

e nei confronti di

CICCHI DINO  

e nei confronti di

BURSI PIETRO    

e nei confronti di

CONTINI MORENA

per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, della istanza ex art.136 dlgs 267/2000 art.1 legge reg.le n.4/2004 del Sindaco del Comune di Martinsicuro datata 9.3.2005 e relativa integrazione del 10.3.2005;

della decisione del difensore civico reg.le prot. 473/5180/16 n.1 del 16.3.2005;

del provvedimento del difensore civico reg.le prot. n.687/5180/16 del 22.4.2005 di nomina del Commissario ad Acta;

della deliberazione del Commissario ad Acta n.1 del 6.5.2005 di surrogazione del Consigliere dimissionario e comunque di ogni altro atto precedente, presupposto, connesso, consequenziale e/o di esecuzione.

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;

Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Udito il relatore Cons. LUCIANO RASOLA e uditi altresì  i difensori delle parti costituite come da verbale, anche in relazione alla possibilità di definire il merito del ricorso;

Visto l’art. 26 della Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dalla L.205/2000 e ritenuto di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata; 

Ritenuto che il ricorso va respinto per le seguenti ragioni. 

Si premette che nel Comune di Martinsicuro si è determinata nell’ambito del Consiglio comunale la particolare situazione per cui, a seguito delle dimissioni di un consigliere della maggioranza, si è verificata una  condizione paritaria tra i consiglieri dei due schieramenti di maggioranza e opposizione (10 e 10), con la conseguenza che quest’ultima ha impedito per quattro volte la surroga del dimissionario o facendo registrare la sua assenza o votando contro, pur essendo il consigliere subentrante né ineleggibile, né incompatibile e, ciò, anche dopo l’invito a provvedere rivolto dal Difensore civico regionale, non avendo l’ente previsto autonomamente nel proprio statuto, ex art.4.2 della L.131/2003, forme di controllo sostitutivo.  

A fronte di tale situazione di stallo il Difensore civico regionale, il 19.4.2005,  ha nominato un Commissario ad acta, che ha provveduto alla surroga del consigliere dimissionario con deliberazione del 6.5.2005, impugnata dai consiglieri dell’opposizione con ricorso che è inammissibile e infondato. 

L’inammissibilità viene in rilievo sotto un primo profilo che è quello del difetto di legittimazione ad agire dei ricorrenti. 

L’atto impugnato è infatti un provvedimento del Commissario ad acta nominato dal Difensore civico regionale, Commissario che, una volta nominato, si sostituisce all’Amministrazione, di cui diventa organo straordinario,  per compiere un atto obbligatorio che  questa non ha adottato.  Dalla posizione e dalla natura di tale organo discende la preclusione dell’Amministrazione sostituita ad insorgere contro l’atto commissariale,  atteso  che ciò equivale all’inammissibile impugnativa da parte dell’ente di un proprio atto, ancorché posto in essere in via sostitutiva dall’Organo commissariale. 

Nella specie, peraltro, la reazione giurisdizionale (ove, in ipotesi, possibile)   non è stata assunta  dall’Amministrazione e cioè  dalla giunta comunale che è l’organo competente  a ciò deputato, ma da singoli consiglieri che sono privi, nella specie, di legittimazione, potendo agire contro atti del Consiglio comunale solo quando è vulnerato l’esercizio del loro mandato in relazione a tali atti (cfr. C.S., sez.V, 27.9.1990, n.696TAR Basilicata, 14.11.2002, n.796). 

L’inammissibilità, inoltre, è stata eccepita dalla difesa del Comune per  altri fondati profili,  il primo dei quali riguarda sempre il difetto della posizione legittimante dei ricorrenti sotto una diversa angolazione. 

Occorre aver riguardo in proposito a quelli che sono, nella vicenda all’esame,  gli interessi degni di tutela secondo l’ordinamento.  Tali interessi sono quelli, da una parte, tesi alla ricostituzione del “plenum” dell’Organo consiliare e, dall’altra, quelli tesi a garantire l’esercizio dello “jus ad officium” del consigliere subentrante. Detti interessi, in virtù dei quali è possibile agire in giudizio ove subiscano lesione, trovano tutela contestuale nell’art.38.8 del D.Lvo 18.8.2000, n.267, secondo cui “il Consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari…”, nonché nell’art.45.1 del medesimo testo normativo che, nel caso di seggio che rimanga vacante nei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali, lo attribuisce al candidato che nella medesima lista segue immediatamente l’ultimo eletto.  

Le norme citate, imponendo al Consiglio l’obbligo di procedere alla surroga e configurando quindi per tale ragione la relativa attività come vincolata e obbligatoria, tutelano in primo luogo l’interesse pubblico al buon andamento della P.A. di cui all’art.97 della Cost. mediante la presenza in Consiglio di tutti gli eletti espressi dal corpo elettorale, la cui volontà quindi la legge si premura di rispettare,  in secondo luogo tendono a garantire l’espletamento del mandato da parte del primo dei non eletti e a tutelare la specifica manifestazione di volontà dei cittadini elettori che per costui hanno espresso la loro preferenza (cfr. C.S., sez.V, 17.7.2004, n.5157). 

Le disposizioi citate quindi individuano e circoscrivono l’ambito degli interessi tutelabili e le correlative posizioni legittimanti, ambito dal quale esula l’interesse fatto valere dai ricorrenti, giuridicamente qualificabile quale interesse di mero fatto,  in quanto non considerato dalle norme, rispetto alle quali anzi  si muove in direzione opposta, ponendosi in contrasto con fondamentali principi dell’ordinamento. 
 

L’inammissibilità del gravame è prospettabile anche sotto altro significativo profilo, atteso che oggetto dell’impugnativa è atto non annullabile, ai sensi dell’art.14 della recente L.11.2.2005, n.15, che ha introdotto l’art.21-octies della L.241/1990, che al 2°comma  sancisce la non annullabilità dei provvedimenti adottati in violazione di norme sul procedimento o sulla forma qualora, per la natura vincolata degli stessi, sia palese che il loro contenuto dispositivo non avrebbe potuto diversificarsi da quello in concreto adottato. 

Nella specie è fuori dubbio che la deliberazione di surroga sia atto necessario e dovuto, tanto che, secondo la giurisprudenza, la sua natura di atto obbligatorio e vincolato lo sottrae  a margini di discrezionalità sull’an e sul quid o di valutazioni politiche espresse dalla maggioranza o, come nella specie, dalla minoranza,  con l’effetto che l’obbligo di restituire all’organo consiliare comunale la sua integrità consente solo di verificare nei surrogandi la sussistenza o meno delle cause ostative previste dalla legge  (TAR Piemonte, sez.II, 3.6.1993, n.221;  C.S., 22.11.1991, n.1346). 

La circostanza poi che il termine di dieci giorni previsto dall’art.38.8 T.U.E.L. per la surrogazione dei consiglieri dimissionari non abbia natura perentoria, non essendo ricollegato alla sua inosservanza alcun effetto sanzionatorio, non significa che l’adozione di quell’atto perda la sua natura obbligatoria per divenire atto facoltativo, posto che la surrogazione in parola rappresenta comunque un adempimento prioritario, tanto che secondo la giurisprudenza, dal mancato rispetto del termine o comunque dalla mancanza di tale adempimento può discendere unicamente l’attivazione dei poteri sostitutivi nei confronti dell’ente inadempiente (TAR Puglia, Lecce, sez.I, 18.12.2001, n.7955). 

Ciò detto, se anche si volesse, per un istante e per inconcessa ipotesi, condividere la tesi  della illegittimità del procedimento sostitutivo che ha dato luogo all’atto di surroga impugnato, è del tutto evidente, tuttavia, che il provvedimento contestato, per il suo carattere vincolato ( così come rileva la difesa del Comune con l’ultimo motivo dedotto, richiamando l’art.21-octies.2 della L.241/1990), corrisponde nel suo contenuto dispositivo a quello che avrebbe dovuto adottare il competente organo consiliare, posto che chi deve subentrare non è né incompatibile, né ineleggibile, sicchè è indubbio che si è di fronte ad un atto non caducabile. 

Se dunque l’art.21-octies citato ha elevato una barriera di invulnerabilità dei provvedimenti amministrativi nella specifica ipotesi dalla norma stessa presa in considerazione, tale tipologia di atti dà luogo, ad avviso del Collegio, ad una ulteriore ipotesi di ricorsi, prima che infondati, inammissibili in quanto rivolti avverso atti sottratti per legge al potere giurisdizionale di annullamento, previa verifica da parte del giudice amministrativo della sussistenza delle condizioni tutte prescritte, il che si ripercuote in senso negativo sull’interesse ad agire dei ricorrenti. 

Se  anche pertanto si fosse fatta un’indebita applicazione del potere sostitutivo, nondimeno il provvedimento cui esso ha dato luogo non sarebbe in ogni caso annullabile in forza del principio innovatore introdotto dall’art.21-octies sopra richiamato. 

Nel merito peraltro il ricorso appare anche infondato alla stregua dell’art.136 del T.U.E.L., in quanto il potere sostitutivo, nella specie, è stato esercitato ai sensi di detta norma,  che è  tuttora vigente,  e non ai sensi dell’art.1 della L.R. n.4/2004, dichiarata incostituzionale  con  sentenza n.167/29.4.2005. 

Per il menzionato art.136, invero, si è posto il problema della sua sussistenza dopo la riforma del titolo V della Costituzione, che ha affermato, con l’art.114 nel testo modificato dalla L.C. 18.10.2001, n.3, una sostanziale equiordinazione tra la pluralità di enti in cui si articola la Repubblica, dando luogo ad un nuovo assetto costituzionale che,  determinando nuovi rapporti tra gli enti, non è senza conseguenze anche sull’esercizio del potere sostitutivo.  

Alla luce di tale nuovo ordinamento il Giudice delle leggi, nel dichiarare la  incostituzionalità di alcune discipline regionali del potere sostitutivo (tra cui quella  della Regione Abruzzo, sopra menzionata), in quanto non esercitato da organi di governo regionali e in quanto non rispettoso dei limiti fissati dal legislatore a tutela dell’autonomia costituzionalmente garantita degli enti locali, enunciando pertanto al riguardo molteplici criteri da osservare da parte della legge regionale (vedansi le sentenze Corte Cost. n.338/1989,  n.177/1988,  n.460/1989,  n.342/1994,  n.313/2003),   non ha mai nulla osservato, direttamente o indirettamente, sulla vigenza del menzionato art.136 del T.U.E.L., affermando anzi, in più di una occasione che la previsione del potere sostitutivo straordinario previsto in capo al Governo dall’art.120 della Cost. non esaurisce tutte le possibili ipotesi di esercizio di poteri sostitutivi, disciplinati dallo Stato o dalle Regioni, secondo le rispettive competenze. 

Orbene, se ai sensi dell’art.117.2 Cost., lo Stato ha competenza legislativa esclusiva nelle materie, tra l’altro, di cui alla lett.p), riguardanti la legislazione elettorale, gli organi di governo e “le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”,  è palese che lo Stato, con l’art.136 T.U.E.L., abbia inteso disciplinare il potere sostitutivo  nei confronti degli enti locali che ritardino od omettano atti obbligatori per legge, avvalendosi della figura del difensore civico regionale. 

Detta disciplina peraltro appare in sé compiuta, in quanto la  funzione sostitutiva  può essere esercitata dopo che l’ente sia stato invitato  a provvedere entro un congruo termine (il che nella specie è avvenuto),  nel rispetto quindi di quelle garanzie procedimentali ispirate ai principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, che costituiscono la salvaguardia dell’autonomia dell’ente locale  (cfr.ord.Corte Cost. n.53/2003).  Se, d’altro canto, si dubita della sussistenza della norma in questione, altrettanto dovrebbe forse dubitarsi dell’art.1 del D.L.22.2.2002, n.13, convertito nella L.75/2002 che, in materia di approvazione del bilancio di previsione degli enti locali,  ha attribuito al Prefetto il particolare  potere sostitutivo ivi previsto, ove lo statuto dell’ente locale nulla abbia autonomamente  disposto al riguardo. 

Per quanto concerne  quindi le materie  riservate al legislatore statale, le norme innanzi citate non sembrano porsi in contrasto con il nuovo assetto ordinamentale previsto dalla modifica del titolo V della Costituzione,  mentre il riferimento operato dalla Consulta ad un organo di governo regionale cui demandare gli interventi sostitutivi non può che riguardare le materie di competenza regionale. 

In ogni caso, ove in effetti vi fosse  l’esigenza di adeguare l’attuale regime legislativo in materia di esercizio di potere sostitutivo nei confronti dell’ente locale, detta esigenza non potrebbe che essere soddisfatta da un esplicito intervento del legislatore statale anche al fine di stabilire più dettagliate e uniformi modalità sul territorio nazionale. 

Resta da esaminare il problema dell’applicabilità dell’art.136 per il provvedimento di surroga di consigliere dimissionario che, come detto, non è atto obbligatorio per legge, intendendosi per tale l’atto che deve essere adottato entro un termine perentorio. 

Il Collegio ritiene la norma applicabile atteso che, pur in assenza del carattere perentorio del termine di cui all’art.38.8 del T.U.E.L., si è in presenza pur sempre di un atto imprescindibile, che va obbligatoriamente adottato dall’ente e che legittima l’esercizio del potere sostitutivo nell’ipotesi, per un qualsiasi motivo, di inadempienza (Tar Puglia, Lecce, sez.I, n.7955/2001 citata).  

Per le ragioni che precedono il ricorso va conclusivamente respinto, con equitativa compensazione delle spese. 

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale- sede di L’Aquila-

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

    Spese compensate. 

La presente sentenza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti. 

                                 RELATORE                                              PRESIDENTE 

SANTO BALBA Presidente   

Cons. LUCIANO RASOLA  
 
 

PUBBLICATA MEDIANTE DEPOSITO 

IL 30/07/05

                                                                                                                                                              

                                                                     Il Collaboratore di Cancelleria

                                                                             (Maria Concetta Milone) 

………………………………………………………………………………………..

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L’ABRUZZO – L’AQUILA

COPIA CONFORME ALLA PRESENTE E’ STATA TRASMESSA A: 

………………………………………………………………………………………. 

……………………………………………………………………………………….

A NORMA DELL’ART.87 DEL REGOLAMENTO DI PROCEDURA 17 AGOSTO 1907 N.642

 

ADDI’ _______________ 

IL COLLABORATORE DI CANCELLERIA 
 

N.R.G.  304/2005



N.R.G.  «RegGen»