REPUBBLICA ITALIANA N.217/05  Reg.Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N.2108/03 Reg.Ric.
 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Sede di Bari - Sezione I

ha pronunciato la seguente 

SENTENZA

sul ricorso n. 2108 del 2003 proposto da

“LA CASCINA” società cooperativa a responsabilità limitata, con sede in Roma, in persona del presidente del consiglio d’amministrazione pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Raffaele Bia e Gennaro Notarnicola e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata in Bari alla via De Rossi n. 16, per mandato a margine del ricorso, nonché dall’avv. Paolo Vaiano, per mandato a margine della memoria difensiva depositata il 4 novembre 2004;

CONTRO

- AZIENDA OSPEDALIERA “POLICLINICO CONSORZIALE” di BARI, in persona del Direttore generale pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Nicola D’Ecclesiis ed elettivamente domiciliata in Bari alla piazza Giulio Cesare n. 11, per mandato in calce alla copia notificata del ricorso;

- ISTITUTO NAZIONALE per la PREVIDENZA SOCIALE – I.N.P.S., con sede in Roma, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e  difeso dagli avv.ti Cosimo Nicola Punzi, Luigi Loizzi e Fabio Fonzo ed elettivamente domiciliato in Bari alla via Putignani n. 108, presso l’ufficio legale distrettuale dell’istituto, per mandato in calce alla copia notificata del ricorso introduttivo;

- AGENZIA delle ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliata ex lege in Bari alla via Melo da Bari n. 97;

- MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del Ministro pro-tempore, non costituito in giudizio;

e nei confronti di

PELLEGRINI S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, interventrice ad opponendum, rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimiliano Brugnoletti, Alberto Zito e Pasquale Picciariello e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata in Bari alla via Gioacchino Murat n. 51/A per mandato a margine dell’atto di intervento;

per l’annullamento

- della deliberazione del Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera “Policlinico Consorziale” di Bari n. 1028 del 14 ottobre 2003 recante:

-- annullamento in via di autotutela della deliberazione n. 717 del 6 giugno 2000 di aggiudicazione alla società cooperativa ricorrente dell’appalto-concorso integrato per l’affidamento del servizio di ristorazione ai degenti e dipendenti dell’ospedale policlinico di Bari, realizzazione di fabbricato da destinare a cucina centralizzata e mensa per i dipendenti e fornitura di attrezzature di cucina e mensa, come ampliato con deliberazione n. 458 del 5 giugno 2002 al servizio di prenotazione e distribuzione del vitto ai degenti;

-- diniego di aggiudicazione dell’appalto dell’appalto-concorso alla seconda graduata società Onama;

-- riserva d’indire con separata deliberazione nuovo appalto per l’affidamento del solo servizio di ristorazione, con esclusione delle opere precedentemente appaltate;

-- affidamento medio-tempore alla stessa società ricorrente e nelle more della gara del nuovo appalto, e comunque per non oltre quattro mesi dalla data di adozione della deliberazione, del servizio di ristorazione agli stessi patti e condizioni del contratto stipulato a suo tempo;

- delle note della Direzione provinciale di Roma dell’I.N.P.S. – Area soggetto contribuente del 22 aprile 2003, 11 giugno 2003 e 12 settembre 2003 relative alla regolarità contributiva della società ricorrente;

- delle note dell’Agenzia delle entrate Ufficio di Bari /1 del 17 aprile 2003 e Ufficio di Roma/1 del 6 giugno e 25 giugno 2003 in ordine alla regolarità della posizione tributaria della società ricorrente;

- della deliberazione del Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera “Policlinico Consorziale” di Bari n. 1199 del 24 novembre 2003 di indizione di pubblico incanto per l’affidamento del servizio di ristorazione per degenti e dipendenti e del bando di gara con essa approvato

con riserva di domanda risarcitoria “all’esito della stima del danno emergente e del lucro cessante”

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera “Policlinico Consorziale” di Bari e dell’Agenzia delle entrate;

Visto l’atto d’intervento ad opponendum della società Pellegrini S.p.A.;

Vista l’ordinanza n. 1080 del 9 marzo 2004 con cui il Consiglio di Stato – Sez. V, in riforma dell’ordinanza di questo Tribunale n. 76 del 21 gennaio 2004, ha accolto l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva degli atti impugnati;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 10 novembre 2004, il dott. Leonardo Spagnoletti e uditi gli avv.ti Raffaele Bia e Gennaro Notarnicola, anche per delega dell’avv. Paolo Vaiano, per la società cooperativa ricorrente, l’avv. Cosimo Punzi per l’I.N.P.S., l’avvocato di Stato Nicola Scattarelli per l’Agenzia delle entrate, l’avv. Pasquale Picciariello per la interventrice ad opponendum;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O

Con deliberazione del Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera “Policlinico Consorziale” di Bari n. 717 del 6 giugno 2000 veniva aggiudicato alla società “La Cascina” cooperativa a responsabilità limitata, con sede in Roma, un appalto-concorso integrato per l’affidamento per sette anni, con decorrenza dall’1 (e poi  dal 10) luglio 2000, del servizio di ristorazione ai degenti e dipendenti dell’ospedale policlinico di Bari, la realizzazione di fabbricato da destinare a cucina centralizzata e mensa per i dipendenti e la fornitura di attrezzature di cucina e mensa, poi ampliato con deliberazione n. 458 del 5 giugno 2002 al servizio di prenotazione e distribuzione del vitto ai degenti,

Il contratto di appalto veniva stipulato in forma pubblica amministrativa il 10 ottobre 2000 col numero 37 di repertorio.

Con ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari del 31 marzo 2003, su conforme richiesta del P.M., nei confronti di alcuni dirigenti della società cooperativa venivano applicate misure di custodia cautelare in relazione, tra l’altro, agli ipotizzati delitti di cui agli artt. 640 cpv. n. 1, 61 n. 7 c.p. (truffa aggravata) e 48, 479 e 476 c.p. (falsità materiale e ideologica), per aver falsamente attestato nella dichiarazione sostitutiva di atto notorio presentata ai fini della partecipazione all’appalto-concorso la regolarità contributiva, assistenziale e tributaria della predetta società.

A seguito di comunicazione dell’ordinanza di custodia cautelare, con nota del Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dell’11 aprile 2003 la società cooperativa veniva richiesta di produrre nuove certificazioni di regolarità contributiva, assistenziale e tributaria alla data di scadenza del termine per la presentazione dell’offerta e relativa documentazione di cui all’appalto-concorso (10 dicembre 1999).

Con nota del 14 aprile 2003 la società cooperativa trasmetteva due certificazioni di regolarità contributiva rilasciate dall’I.N.P.S. in data 4 agosto e 25 novembre 1999, oltre ad attestazione relativa al pagamento del condono previdenziale, di cui la stessa aveva fruito e indicato nella certificazione.

L’Azienda Ospedaliera provvedeva quindi a richiedere informazioni direttamente all’I.N.P.S., all’I.N.A.I.L., all’Agenzia delle entrate - direzione regionale per la Puglia.

Per quanto qui interessa, e tralasciando il profilo della regolarità tributaria riservato a successive determinazioni poi mai adottate, con nota della Direzione provinciale di Roma - Area soggetto contribuente del 22 aprile 2003 l’I.N.P.S. comunicava che la società non poteva essere considerata in regola alla data del 10 dicembre 1999 per:

- omesso versamento di sanzioni per contributi previdenziali pagati in ritardo relativi al periodo gennaio-maggio 1995;

- omesso versamento di sanzioni per contributi previdenziali pagati in ritardo relativi al mese di marzo 1997;

- omesso versamento di sanzioni per contributi previdenziali pagati in ritardo (e ammessi a compensazione) relativi al periodo gennaio-dicembre 1997;

- pagamento dei contributi relativi al periodo maggio 1994-aprile 1996 soltanto in data 8 maggio 2000 e delle sanzioni connesse soltanto il 30 novembre 2001;

nella nota si faceva cenno anche alla regolarizzazione in data 9 settembre 1999 di contributi relativi a un dipendente per il periodo gennaio-marzo 1999 e alla richiesta di compensazione del 17 novembre 1999 di un insoluto parziale relativo al settembre 1999.

Con deliberazione del Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera n. 411 del 24 aprile 2003 veniva avviato procedimento di autotutela per l’annullamento dell’ammissione della società cooperativa alla gara e della conseguente aggiudicazione dell’appalto-concorso in riferimento alla carenza del requisito di regolarità contributiva.

Avvalendosi delle facoltà partecipative, la società con memoria del 13 maggio 2003 contestava la sussistenza della condizione d’irregolarità contributiva.

A richiesta dell’Azienda Ospedaliera, con nota della Direzione provinciale di Roma dell’I.N.P.S. - Area soggetto contribuente dell’11 giugno 2003 veniva precisato che la irregolarità contributiva andava riferita solo ai primi quattro punti della precedente nota del 22 aprile 2003 (supra sintetizzati).

Presentati dalla società cooperativa in data 4 agosto 2003 ulteriori rilievi difensivi, con nota della Direzione provinciale di Roma dell’I.N.P.S. - Area soggetto contribuente del 12 settembre 2003, anche alla luce dei predetti rilievi difensivi, si confermava la posizione d’irregolarità in caso di tardivo pagamento dei contributi previdenziali in relazione alla collegata obbligazione concernente il pagamento delle sanzioni, ponendo in luce come la società avesse presentato in data 19 maggio 2000 istanza intesa alla compensazione tra parte della propria debitoria previdenziale per i contributi relativi al mese di aprile 2000 e la somma di £. 500.000.000 relativa a sgravi non operati in suo favore dal 1° febbraio 1994 al 28 settembre 1999.

Con la deliberazione del Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera “Policlinico Consorziale” di Bari n. 1028 del 14 ottobre 2003 è stato quindi disposto:

- l’annullamento in via di autotutela della deliberazione n. 717 del 6 giugno 2000 di aggiudicazione alla società cooperativa dell’appalto-concorso integrato, come ampliato con deliberazione n. 458 del 5 giugno 2002;

- il diniego di aggiudicazione dell’appalto dell’appalto-concorso alla seconda graduata società Onama;

- la riserva d’indire con separata deliberazione nuovo appalto per l’affidamento del solo servizio di ristorazione, con esclusione delle opere precedentemente appaltate;

- l’affidamento medio-tempore alla stessa società cooperativa e nelle more della gara del nuovo appalto, e comunque per non oltre quattro mesi dalla data di adozione della deliberazione, del servizio di ristorazione agli stessi patti e condizioni del contratto stipulato a suo tempo.

Nella deliberazione, dopo aver riepilogato lo sviluppo amministrativo e istruttorio del procedimento, e precisato che le valutazioni sulla regolarità contributiva e tributaria competono esclusivamente ad altre amministrazioni, senza alcun margine di apprezzamento da parte di quella appaltante, si è dato atto della carenza del requisito di partecipazione alla gara connesso alla posizione d’irregolarità contributiva previdenziale, e quindi dell’illegittima ammissione e aggiudicazione, ravvisando ragioni d’interesse pubblico all’atto di autotutela in relazione “sia della gravità delle violazioni oggetto di contestazione che attengono ai requisiti di ammissione alla gara, sia della esistenza di una indagine penale in corso per ipotesi di reato commesse nei confronti di questa Amministrazione, sia infine della incidenza in termini economici correlata al mantenimento del provvedimento di aggiudicazione”.

Con successiva deliberazione del Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera “Policlinico Consorziale” di Bari n. 1199 del 24 novembre 2003 è stato indetto pubblico incanto per l’affidamento del servizio di ristorazione per degenti e dipendenti, con approvazione del relativo bando.

Con ricorso notificato il 15-17 dicembre 2003 e depositato in Segreteria il 22 dicembre 2003, la società “La Cascina” cooperativa a responsabilità limitata, con sede in Roma, in persona del presidente pro-tempore del consiglio di amministrazione, ha impugnato gli atti e provvedimenti in epigrafe meglio specificati, deducendo le seguenti censure:

1) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 12 d.lgs. n. 157/95. Eccesso di potere per carente ed erronea motivazione, contraddittorietà, sviamento di potere. Violazione dei principi in tema di autotutela della p.A. Illegittimità derivata

L’Azienda Ospedaliera aveva già provveduto ad acquisire, prima della stipulazione del contratto, attestazione di regolarità contributiva di cui alla nota dell’I.N.P.S. del 22 maggio 2000, trasmessa dalla società ricorrente, peraltro confermata, quanto alla posizione alla data del 10 dicembre 1999, dalle note dell’I.N.P.S. del 4 agosto e 25 novembre 1999, pure prodotte a richiesta.

In sostanza doveva ritenersi “…acquisita definitivamente la prova circa il possesso dei requisiti di ammissione (di tal ché)…le successive attività certificative poste in essere dall’INPS dietro sollecitazioni dell’amministrazione appaltante devono ritenersi abnormi e fuorvianti…” e contrarie al principio di maggior celerità del procedimenti di gara.

Il potere certificativo si esaurirebbe “…al momento del rilascio del documento…” e non potrebbe essere oggetto di “ripensamento”.

Comunque le gravate note dell’istituto previdenziale contrastano con quelle precedenti che attestano il possesso del requisito di regolarità contributiva alla data di presentazione dell’offerta.

2) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 12 d.lgs. n. 157/95 sotto altro profilo. Eccesso di potere per sviamento, carente ed erronea motivazione, contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta. Violazione dei principi in tema di autotutela della p.A. Illegittimità derivata

I rilievi contenuti nelle note dell’I.N.P.S. gravate sono infondati e comunque non possono determinare la carenza del requisito della regolarità contributiva.

Quanto all’omesso versamento delle sanzioni civili, esse non concorrono ad integrare il requisito della “correntezza contributiva” siccome non richiamate in alcun modo dall’art. 12 comma 1 lettera d) del d.lgs. n. 157 del 1995.

Sotto altro profilo, la sussistenza della relativa obbligazione, e quindi dell’inadempimento, postula la loro liquidazione e l’intimazione di pagamento a cura dell’istituto previdenziale, richiesto solo con nota del 13 ottobre 2003 quanto alla somma di € 137,34 determinata in base alla sopravvenuta disciplina di cui alla legge n. 388 del 2000.

E ciò senza considerare che il credito per le sanzioni si era medio-tempore prescritto.

Inoltre, quanto al preteso debito contributivo riveniente dal terzo punto della nota dell’I.N.P.S. del 22 aprile 2003 (omesso versamento di sanzioni per contributi previdenziali pagati in ritardo (e ammessi a compensazione) relativi al periodo gennaio-dicembre 1997) è stato proposto il previo ricorso amministrativo e quindi ricorso giurisdizionale, onde esso è in contestazione, non accertato in via definitiva, come tale non incidente sulla regolarità contributiva anche in base a circolare dell’istituto n. 194 del 4 settembre 1989, né ha precluso, con la precisazione della controversia pendente, il rilascio di altri certificati di regolarità contributiva.

In ordine poi al quarto punto della nota dell’I.N.P.S. (pagamento dei contributi relativi al periodo maggio 1994-aprile 1996 soltanto in data 8 maggio 2000 e delle sanzioni relative soltanto il 30 novembre 2001) si contesta che il relativo verbale d’accertamento ispettivo abbia efficacia probatoria in ordine alla sussistenza dei presupposti dell’obbligazione contributiva e l’irrilevanza dell’avvenuto pagamento “…trattandosi di comportamento che prescinde dalla verifica circa la fondatezza della pretesa creditoria e che è stato dettato da ragioni di opportunità consistenti nell’obiettivo di eliminare qualsiasi contenzioso con l’INPS che potesse negativamente influire sull’attività aziendale…”.

In generale, si sostiene che la società ricorrente vantava nei confronti dell’I.N.P.S. crediti ben superiori ai debiti contributivi, pari a £ 501.450.000 (connessi a indebito pagamento di contributi di cui era ammesso lo sgravio), non rilevando che la relativa compensazione sia stata fatta valere nel maggio del 2000 poiché la compensazione legale opera dal giorno della coesistenza dei debiti-crediti reciproci; onde i crediti dell’I.N.P.S. sarebbero comunque estinti per compensazione alla data del 10 dicembre 1999.

In ogni caso i crediti previdenziali sono stati estinti per compensazione volontaria in relazione ai crediti vantati dalla società ricorrente quale appaltatrice dell’istituto del servizio sostitutivo di mensa (c.d. buoni pasto) per alcune sedi regionali e tenuto conto che alla data del 10 dicembre 1999 essa vantava (secondo le proprie scritture contabili e perizia giurata all’uopo depositata) crediti per € 1.259.079,59, e che ai sensi dell’art. 25 del capitolato speciale di quell’appalto l’I.N.P.S. avrebbe appunto potuto trattenere le somme dovute a compensazione dei debiti per contributi e accessori, attraverso la prassi del c.d. reincasso.

3) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 12 lettera e del d.lgs. n. 157/95. Eccesso di potere per erronea presupposizione, contraddittorietà, illogicità e perplessità dell’azione amministrativa. Illegittimità derivata

Si contesta (solo tuzioristicamente) l’insussistenza della regolarità tributaria, il cui accertamento e valutazione ha formato oggetto di riserva (mai sciolta) da parte dell’amministrazione appaltante (onde si omette più puntuale precisazione delle censure: n.d.e.).

4) Violazione dei principi in materia di autotutela. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Violazione dei principi di affidamento, ragionevolezza, proporzionalità

La deliberazione di annullamento dell’ammissione e aggiudicazione dell’appalto-concorso alla società ricorrente è carente di motivazione sia in ordine all’interesse pubblico concreto e attuale all’emanazione dell’atto di autotutela sia di debita comparazione dell’affidamento riposto dalla società ricorrente in ordine alla conservazione del rapporto, giunto già al terzo anno di svolgimento peraltro puntuale e privo di rilievi, nonché della sua buona fede connessa anche agli invocati certificati di regolarità contributiva di poco anteriori alla data di presentazione dell’offerta e all’invocata compensazione legale e/o convenzionale, ed in assenza di colpa grave, oltre che alla modestia degli importi ove dovuti rispetto al “monte contribuzioni” versate per l’anno di riferimento.

5) Violazione degli artt. 3 e 10 della legge n. 241/90. Difetto di motivazione sotto altro profilo

Non sono stati tenuto nel debito conto i rilievi svolti e la documentazione prodotta dalla società nel corso del procedimento di autotutela, non potendosi ritenere sufficiente la loro sottoposizione all’I.N.P.S., che comunque nella nota del 12 settembre 1999 non ha motivato in modo idoneo e congruo le ragioni per cui sono stati disattesi.

Nel giudizio si è costituita l’Azienda Ospedaliera “Policlinico Consorziale” di Bari che, con memorie depositate il 16 gennaio e il 3 novembre 2004, ha dedotto l’infondatezza del ricorso, ponendo in luce:

- la piena legittimità della deliberazione gravata anche in relazione al fatto nuovo, obiettivo e grave della pendenza di indagini preliminari penali proprio per la falsa attestazione della regolarità contributiva;

- l’inammissibilità delle doglianze relative alle note dell’I.N.P.S. e comunque la loro infondatezza;

- l’esclusione di ogni margine di apprezzamento discrezionale in ordine ai- rilievi sulla irregolarità contributiva provenienti dall’istituto previdenziale;

- la doverosità dell’atto di autotutela in relazione all’accertata carenza di requisiti di partecipazione alla gara e l’irrilevanza in tal senso di ogni questione in ordine alla misura del debito contributivo.

Nel giudizio si è costituito anche l’I.N.P.S. che con memoria difensiva depositata il 20 gennaio 2004 ha a sua volta dedotto l’infondatezza del ricorso, ponendo in luce:

- l’inerenza delle questioni relative alla sussistenza e consistenza del debito previdenziale alla sfera dell’A.G.O. in funzione di giudice del lavoro;

- l’inesistenza dell’eccepita prescrizione, comunque decennale per i crediti previdenziali anteriori al 1° gennaio 1996, per riferirsi quella quinquennale introdotta dalla legge n. 335 del 1995 solo ai crediti successivi a tale data, anche in ragione del loro riconoscimento a seguito di domanda di dilazione del pagamento presentata dalla società ricorrente;

- l’insussistenza di compensazione legale stante la disomogeneità tra debiti previdenziali e crediti verso l’istituto, nonché di alcuna compensazione convenzionale o negoziale (comunque contraddetta dalla istanza di dilazione) essendo rimessa solo alla valutazione dell’I.N.P.S. e in caso di mancata regolarizzazione la ritenuta delle somme da corrispondere all’appaltatore.

Nel giudizio si è costituita anche, con atto di mero stile, l’Agenzia delle entrate.

Con atto notificato il 27-29 aprile 2004 e depositato in Segreteria il 7 maggio 2004, nel giudizio è intervenuta ad opponendum la società Pellegrini S.p.A., asseritamente aggiudicataria del pubblico incanto per l’affidamento del servizio di ristorazione, che con l’atto d’intervento e successiva memoria difensiva depositata il 28 ottobre 2004, ha dedotto a sua volta:

- l’irricevibilità parziale del ricorso quanto all’impugnativa della nota dell’I.N.P.S. del 22 aprile 2003 stante la sua tardività in relazione alla conseguita conoscenza dell’atto almeno sin dalle deduzioni svolte nel procedimento con la nota del 4 agosto 2003;

- l’inammissibilità parziale del ricorso quanto alle note dell’Agenzia delle entrate poiché l’atto di autotutela è fondato solo sul profilo delle irregolarità contributive;

- l’infondatezza del ricorso perché l’amministrazione conserva sempre il potere di annullare in sede di autotutela i propri atti in presenza nella specie di fatti nuovi e di rilievo penale, sussistono le irregolarità contributive e la deliberazione n. 1028 del 14 ottobre 2003 è congruamente motivata.

Con memoria difensiva e coeva costituzione di ulteriore difensore, depositata il 4 novembre 2004, la società ricorrente ha replicato agli avversi rilievi difensivi e insistito per l’accoglimento del ricorso anche alla luce dell’accoglimento in appello della domanda cautelare respinta da questo giudice.

Con ordinanza n. 76 del 21 gennaio 2004 è stata, infatti, respinta l’istanza cautelare considerato che “…il requisito della regolarità contributiva non pare posseduto dalla ricorrente alla data del 10.12.1999 (termine ultimo di presentazione delle offerte)” e ritenuto che “…l’effettuazione di una priva verifica delle autocertificazioni prodotte in sede di gara non sia preclusiva della possibilità di rivedere precedente attività istruttoria svolta al riguardo”.

Con ordinanza n. 1080 del 9 marzo 2004 il Consiglio di Stato - Sez. V, in riforma della predetta ordinanza, ha invece accolto l’istanza cautelare “ritenuto tra l’altro che, ad un primo esame, le irregolarità contributive di che trattasi non appaiono tanto gravi da giustificare il provvedimento impugnato in primo grado…”.

All’udienza pubblica del 10 novembre 2004 il ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.

D I R I T T O

1.) Il Tribunale deve esaminare, in limine, le eccezioni pregiudiziali spiegate dall’Azienda ospedaliera e dalla interventrice ad opponendum.

E’ evidente, peraltro, che tali eccezioni prospettano in via strettamente gradata, sotto il profilo logico-giuridico, l’inammissibilità parziale del ricorso, risultando più radicale (ed assorbente) quella spiegata dall’Azienda ospedaliera (inammissibilità dell’impugnativa delle note dell’I.N.P.S., in quanto rivolte a contestare un’attività certificativa), rispetto a quella proposta dall’interventrice ad opponendum (irricevibilità dell’impugnativa di tali note, in relazione alla sua tardività, siccome conosciute dalla società cooperativa ricorrente quantomeno dalla data dei rilievi difensivi del 4 agosto 2003 svolti nel procedimento di autotutela).

La prima eccezione, sia pur formulata in modo ellittico e senza approfondimenti, rinvia al profilo dell’impugnabilità di tali atti, negandone in via implicita non soltanto la natura provvedimentale, bensì anche la qualificazione di meri atti amministrativi concorrenti alla produzione dell’effetto finale della fattispecie, ovvero di atti endoprocedimentali; la seconda, invece, ammette e presuppone la loro qualificazione come atti amministrativi, ancorché, e contraddittoriamente, ne neghi proprio la natura endoprocedimentale, postulandone una immediata lesività e quindi la doverosa immediata impugnabilità, a prescindere quindi da quella del provvedimento di autotutela assunto sul loro presupposto.

1.1) Com’è noto l’art. 12 del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 157 (recante “Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi”), nella sua originaria formulazione, stabiliva al comma 1 (corsivi dell’estensore) che:

“Fermo il disposto, per le imprese stabilite in Italia, del decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490 e successive modificazioni e integrazioni (relativo alle comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa antimafia: n.d.e.), l’applicazione delle disposizioni sull’esclusione dalla partecipazione alle gare, contenute nell’art. 11 del decreto legislativo 24 luglio 1992, n. 358, è estesa agli appalti di cui all'allegato 1 al presente decreto”.

A sua volta l’art. 11 del d.lgs. 24 luglio 1992, n. 358 (recante “Testo unico delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture, in attuazione delle direttive (CEE) n. 62/77, (CEE) n. 767/80 e (CEE) n. 295/88”) dispone l’esclusione dalla partecipazione alle gare delle imprese che, tra l’altro (comma 1 lettera d):

“non siano in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella del Paese di residenza”.

Al comma 2 l’art. 11 poi rinvia la dimostrazione del requisito alla “…produzione di un certificato rilasciato dall’ufficio, nazionale o straniero, competente od anche di una dichiarazione rilasciata, con le forme di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15, dal fornitore interessato, che attesti sotto la propria responsabilità di non trovarsi in una delle predette situazioni”.

L’art. 12 del d.lgs. n. 157 del 1995, come novellato dall’art. 10, d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 65, stabilisce ora direttamente, al comma 1 lettera d), l’esclusione dalle gare delle imprese che, tra l’altro, “non sono in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”, riproducendo poi pedissequamente (salvo il richiamo anche al d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403) il disposto del ricordato art. 11 comma 2 del d.lgs. n. 358 del 1992 in ordine alla prova della regolarità contributiva.

La disposizione dell’art. 12, nella originaria ed attuale formulazione, costituisce trascrizione nell’ordinamento nazionale dell’art. 29 della direttiva CEE del Consiglio n. 50/92 del 18 giugno 1992 (di coordinamento, appunto, delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi) che consente, tra l’altro, l’esclusione dalle gare di “qualunque prestatore di servizi” che (comma 1 lettera d) “…non abbia adempiuto obblighi riguardanti il pagamento dei contributi di sicurezza sociale conformemente alle disposizioni legislative del paese in cui è stabilito o di quello dell’amministrazione”.

Il comma 2 dell’art. 29 della direttiva ammette a riprova dell’assenza della causa di esclusione “un certificato rilasciato dall’autorità competente dello Stato membro interessato”, demandando agli Stati membri di designare “…le autorità e gli organismi competenti per il rilascio dei documenti e certificati in questione”, informandone immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione, nel termine di cui al successivo art. 44 (1° luglio 1993).

A tale ultima disposizione ha dato attuazione compiuta soltanto il novellato art. 12 comma 4 del d.lgs. n. 157 del 1995, stabilendo al comma 4 che “Il Ministero della giustizia e le altre amministrazioni competenti… comunicano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, gli uffici e organi competenti al rilascio dei certificati o altre attestazioni…” e che “Nei trenta giorni successivi al loro ricevimento il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie cura la trasmissione dei dati stessi alla Commissione europea e agli altri Stati membri”.

Non può sfuggire la differenza lessicale tra il riferimento della normativa comunitaria all’“inadempimento” degli “obblighi riguardanti il pagamento dei contributi di sicurezza sociale” e quello della normativa nazionale di attuazione alla “regolarità” in ordine agli obblighi “relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali”.

L’essere in regola, ovvero l’essere regolare e cioè l’esser “conforme a una regola o alle regole, al regolamento o alle disposizioni di legge, alle norme e alle prescrizioni” (lemma “regolare” del “Vocabolario della lingua italiana”, edito dall’Istituto dell’enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Milano, 1991) rinvia ad una percezione non “atomistica e puntuale” della posizione previdenziale e assistenziale dell’impresa, sebbene “globale e sincronica”, come si comprende bene nelle esemplificazioni relative all’uso del lemma “regolarità” (“la condizione e la qualità di ciò che è regolare”) proprio in riferimento a pagamenti (“con riferimento al succedersi periodico di certi fatti; le raccomando la r. nei pagamenti”).

In altri termini, il legislatore nazionale, opportunamente e secondo una valutazione di discrezionalità che gli era senz’altro consentita dalla direttiva comunitaria, ha inteso mettere in rilievo più e oltre che la condizione “statica” dell’impresa ad un certo momento temporale anche la sua posizione “dinamica” nel rapporto giuridico previdenziale e assistenziale, (che com’è ovvio comprende, in quanto estensiva, la prima), coerente alla natura di durata del rapporto e ai flussi di debiti (ed eventuali crediti) che si generano nel medesimo (ed in tal senso deve convenirsi senz’altro su quanto osservato, da ultimo, da Cons. Stato, Sez. IV, 27 dicembre 2004, n. 8215 circa l’inesistenza di qualsivoglia contrasto tra la disposizione comunitaria e quella nazionale, tale da escludere ogni remissione alla Corte di Giustizia della questione di legittimità comunitaria dell’art. 12 comma 1 lettere d) ed e)  del d.lgs. n. 157 del 1995).

Con questa precisazione appare corretta l’espressione, invalsa nell’uso comune, di “correntezza contributiva”, che sta ad indicare appunto l’essere in regola, o al “passo”, con le periodiche scadenze delle obbligazioni previdenziali e assistenziali quanto al loro pagamento (in modo efficace è stato osservato che “la correntezza contributiva non costituisce un dato che possa essere temporaneamente frazionato in quanto attiene alla diligente condotta dell’impresa…in riferimento a tutte le obbligazioni contributive relative a periodi precedenti e non solo, quindi, a quelle maturate nel periodo in cui è stata espletata la gara (e) deve, pertanto, poter essere apprezzata in relazione ai periodi (anche pregressi) durante i quali l’impresa stessa era tenuta ad effettuare i relativi versamenti”: cfr. T.A.R. Basilicata, 27 agosto 2001, n. 667).

In questa chiave, tra l’altro, proprio il richiamo alla regolarità rispetto agli obblighi relativi al pagamento non consente di affermare e porre in valore la distinzione invocata dalla società cooperativa ricorrente tra il mancato pagamento dei contributi e l’omesso versamento delle c.d. sanzioni civili, ovvero di quelle obbligazioni pecuniarie accessorie connesse alla scadenza del termine d’adempimento, posto che esse sono conseguenza immediata e diretta proprio dell’irregolarità ovvero del non esser stata l’impresa “al corrente”, “al passo” con le scadenze temporali fissate per l’adempimento dell’obbligazione contributiva (principale) periodica.

Sotto altro profilo, poi, la nozione di irregolarità della posizione assicurativa previdenziale (e/o assistenziale), nei sensi dianzi posti in luce appare meglio correlata ai fini di interesse pubblico, diretti e indiretti, perseguiti dal legislatore comunitario e recepiti da quello nazionale.

E’ evidente, infatti, che soltanto l’accertamento della regolarità nel tempo del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e quindi della capacità dell’impresa di far fronte alle relative obbligazioni (che sono contrassegnate da inconfondibili “stimmate” pubblicistiche quali prestazioni imposte ex art. 23 Cost., ciò che le differenzia in modo significativo dalle “comuni” obbligazioni civili) è idoneo a soddisfare l’interesse pubblico “primario” che viene in rilievo nelle gare d’appalto, incentrato sull’affidabilità dell’impresa concorrente attraverso l’indice rivelatore della  sua più efficiente ed efficace gestione economico-produttiva (col conseguente condivisibile rilievo secondo il quale la regolarità contributiva “…non rileva quale espressione di un mero rapporto obbligatorio tra due soggetti, ma come qualificazione soggettiva dell’impresa in termini di rispetto degli obblighi normativi e, dunque, espressione di affidabilità, costituente presupposto per la partecipazione alla procedura concorsuale”: cfr. T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 7 marzo 2001, n. 227).

Trasparente è, nello stesso tempo, il coordinamento della disposizione comunitaria e nazionale all’interesse pubblico secondario relativo alla più piena e penetrante tutela della posizione assicurativa previdenziale e assistenziale dei lavoratori dipendenti delle imprese interessate alla partecipazione alle gare d’appalto, anche in una chiave volta ad assicurare l’effettività della concorrenza, che sarebbe frustrata qualora talune di esse potessero “giovarsi” della propria posizione d’irregolarità contributiva per proporre prezzi più bassi rispetto alle altre in regola, conseguendo “economie” di spese generali e gestionali proprio attraverso la violazione degli obblighi contributivi e assistenziali (discorso sostanzialmente analogo, salvo l’interesse pubblico ulteriore di natura fiscale, va fatto per la regolarità tributaria).

Nella prospettiva da ultimo segnalata, si comprende anche perché l’accertamento dell’inesistenza del requisito di partecipazione alla gara possa e debba essere svolto dall’amministrazione appaltante anche in momento successivo all’aggiudicazione, non potendosi ammettere che il mero fattore temporale “consolidi” una posizione soggettiva che, ab initio, avrebbe dovuto condurre all’esclusione e che, in quanto indice rivelatore di una gestione economico-produttiva non efficiente né efficace, propostasi in passato e riproponibile in futuro, riverbera i suoi effetti negativi al di là del momento storico-temporale nel quale si è situata la situazione d’irregolarità (sul potere di rivalutare anche dopo l’aggiudicazione la posizione d’irregolarità contributiva dell’impresa vedi Cons. Stato, Sez. V, 11 giugno 2001, n. 3130, sulla cui scia si è già posta la giurisprudenza di questo Tribunale, Sez. I, 7 giugno 2004, n. 2445, risultando quindi errato l’opposto orientamento di cui a T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 20 settembre 2001, n. 7686; sull’afferenza del requisito soggettivo della regolarità contributiva e tributaria alla sfera dei requisiti di partecipazione alla gara e quindi sulla sua necessaria compresenza al momento della domanda di partecipazione o dell’offerta e sino al momento quantomeno dell’aggiudicazione cfr. Cons. Stato,  Sez. IV, 27 dicembre 2004, n. 8215 ).

1.2) Così delineata la nozione di regolarità contributiva, è evidente che i c.d. certificati di regolarità (o correntezza) contributiva rilasciati dagli istituti che gestiscono le assicurazioni sociali (I.N.P.S. e I.N.A.I.L.) -ora confluiti nel documento unico di regolarità contributiva o d.u.r.c., rilasciato in base a convenzioni tra i due istituti ai sensi dell’art. 2 comma 2 del d.l. 25 settembre 2002, n. 210 (recante “Disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale” e convertito nella legge 22 novembre 2002, n. 266), il cui comma 1 ha peraltro ribadito l’obbligo delle imprese affidatarie di appalti pubblici di presentare certificazione relativa alla regolarità contributiva a pena di “revoca dell’affidamento”- vanno qualificati tra le dichiarazioni di scienza, ancorché non sia chiaro se esse, secondo una nota distinzione dottrinaria, producano piena certezza legale in ordine ai fatti ivi rappresentati (così qualificandosi come certificazioni in senso proprio), rivestendo quindi fede pubblica privilegiata sotto il profilo probatorio (infirmabile soltanto attraverso querela di falso: cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 1 febbraio 2000, n. 307), oppure siano frutto di meri accertamenti, e quindi facciano bensì fede sino a prova contraria.

Nel primo senso depone ora proprio la disposizione da ultimo richiamata, che affida solo a tali certificazioni la documentazione della posizione soggettiva di regolarità contributiva dell’impresa.

Sotto altro profilo, però, non può obliterarsi che l’attività certificativa si riconnette pur sempre ad una posizione di natura sicuramente non autoritativa, e quindi paritetica, dell’istituto che gestisce le assicurazioni sociali, quale parte del rapporto obbligatorio previdenziale, ed alla ricognizione del debito contributivo, ove esistente, dell’impresa.

Da tali rilievi scaturiscono due corollari:

a) le certificazioni di regolarità (o correntezza) contributiva non hanno  contenuti ed effetti provvedimentali, non rappresentano manifestazioni di volontà né di giudizio (cfr. a proposito della natura non provvedimentale Cass., Sez. lav., 27 luglio 1995, n. 8211), non costituiscono atti preparatori in senso stretto né rispetto all’aggiudicazione né al suo annullamento o revoca poiché la stazione appaltante li riceve quali atti di certezza da cui non può comunque discostarsi, non avendo alcun autonomo potere di valutazione ed apprezzamento del loro contenuto (si veda, a proposito dell’omologa documentazione relativa alla regolarità fiscale, Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 2002, n. 3061, che puntualizza come l’amministrazione appaltante non abbia alcuna possibilità né i mezzi per procedere ad autonoma verifica del requisito soggettivo e debba attenersi a quanto certificato dall’amministrazione competente; nella stessa scia si colloca l’ordinanza cautelare della Sez. VI, 1 dicembre 2000, n. 6231); esse sono dichiarazioni di scienza, incontestabili in sé e per sé e la cui efficacia vincolante rispetto all’amministrazione appaltante può essere superata soltanto dal positivo accertamento dell’inesistenza della posizione debitoria tributaria;

b) la contestazione delle risultanze delle certificazioni di regolarità contributiva e previdenziale, meglio la dimostrazione della loro inidoneità a revocare il requisito soggettivo, può discendere soltanto dall’esito positivo e vittorioso di eventuale azione di accertamento negativo sul contenuto del rapporto previdenziale, la cui cognizione spetta ovviamente all’A.G.O., in funzione di giudice del rapporto previdenziale ai sensi dell’art. 442 c.p.c., ed in particolare, proprio per “…le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e all’applicazione delle sanzioni civili per l'inadempimento di tali obblighi…”, ai sensi del successivo art. 444 comma 3 c.p.c., al Tribunale, “…del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’ente” (previdenziale o assistenziale: nella specie, essendo la posizione previdenziale amministrata dalla sede romana, al Tribunale di Roma); ovvero, e a tutto concedere, dall’esistenza ed efficacia di eventuali opportuni rimedi cautelari esperiti dinanzi al giudice competente come dianzi indicato.

Dalle osservazioni che precedono discende la conclusione che le c.d. certificazioni di regolarità contributiva non rientrano nel novero degli atti amministrativi in senso stretto e proprio, nemmeno quali atti preparatori, e come tali non sono impugnabili dinanzi al G.A., ponendosi la eventuale controversia attinente all’esistenza del debito contributivo, da instaurare dinanzi ad altra giurisdizione, non già come semplice questione pregiudiziale, sebbene quale causa pregiudiziale.

In questa chiave, tra l’altro, se deve escludersi, secondo quanto già evidenziato, che la stessa amministrazione appaltante possa valutare in modo autonomo la posizione di regolarità contributiva in contrasto con la certezza creata dalla certificazione, non può ammettersi, nemmeno per altra via, che tale sindacato possa riconoscersi al giudice amministrativo siccome sfornito di ogni giurisdizione sul rapporto previdenziale.

E’ significativo, al riguardo, che le successive ordinanze del Consiglio di Stato -che su ricorsi analoghi proposti dalla società ricorrente avverso altri provvedimenti di annullamento dell’aggiudicazione di altre gare d’appalto per l’affidamento di servizi di refezione o ristorazione esperite da altri enti pubblici (e chiamate alla stessa udienza di discussione), hanno riformato ordinanze cautelari negative di questo Tribunale- si siano riferite non già ad una cognizione incidenter tantum della questione della regolarità contributiva sebbene all’apprezzamento del tempo trascorso tra l’affidamento del servizio e l’annullamento della relativa aggiudicazione e alla “oggettiva modesta entità delle carenze contributive…”; ovvero, in modo relativamente implicito, ma trasparente ed inequivoco, alla sufficienza della motivazione del provvedimento di autotutela e quindi alla sfera propria e diretta di valutazione di corrispondenza del medesimo all’interesse pubblico perseguito e alla ponderazione dell’interesse oppositivo della società cooperativa ricorrente (profilo sul quale essa ha insistito, del pari significativamente, nella memoria difensiva depositata in vista dell’udienza di discussione).

Alla stregua delle osservazioni che precedono, quindi, deve ritenersi fondata l’eccezione pregiudiziale spiegata dall’Azienda ospedaliera intimata in ordine all’inammissibilità dell’impugnativa delle note dell’I.N.P.S. (oltre che della Agenzia delle entrate, in relazione alle quali, peraltro, è evidente la carenza d’interesse non essendo state le stesse richiamate a fondamento del provvedimento di autotutela, formando solo oggetto di riserva di successive valutazioni, mai sciolta).

Dall’inammissibilità parziale del ricorso discende, ovviamente, l’inammissibilità delle censure riferibili agli atti dianzi indicati, come dedotte in parte del motivo sub 1) e nei motivi sub 2) e 3).

E’ evidente che la fondatezza dell’eccezione dianzi esaminata assorbe la cognizione dell’altra spiegata dall’interventrice ad opponendum.

1.3) In ogni caso, se anche volesse ammettersi -ciò che risulta invero assai arduo- che la questione della regolarità contributiva non costituisca causa pregiudiziale, sebbene mera questione pregiudiziale, e come tale conoscibile e risolvibile incidenter dal giudice amministrativo nell’esercizio dei poteri generali di cui all’art. 8 comma 1 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034; nondimeno le censure svolte dalla società ricorrente sono destituite di giuridico fondamento, restando anche in tal caso assorbita l’eccezione pregiudiziale spiegata dall’interventrice ad opponendum, in quanto del tutto irrilevante (e comunque chiaramente infondata nella prospettiva, pur dianzi negata, dell’impugnabilità degli atti dell’I.N.P.S., che rivestirebbero allora chiara e mera efficacia endoprocedimentale e come tali sarebbero stati ritualmente gravati assieme al provvedimento di autotutela, nella cui sequenza procedimentale si collocano con ruolo strumentale e servente).

1.3.1) Esclusa, infatti, secondo quanto esaminato amplius sub 1.1), e col conforto della giurisprudenza del Consiglio di Stato, e anche di questo Tribunale, la fondatezza della prospettazione secondo la quale l’amministrazione appaltante non potrebbe prendere di nuovo in esame, dopo l’aggiudicazione, la sussistenza dei requisiti di partecipazione alla gara, ed in specie di quello della regolarità contributiva; non può nemmeno darsi ingresso, sia che se ne ammetta sia che se ne escluda l’impugnabilità, al vizio funzionale di contraddittorietà tra le note dell’I.N.P.S. gravate e le precedenti certificazioni invocate dalla società cooperativa ricorrente.

E’ evidente che l’accertamento presupposto alle note dell’I.N.P.S. contestate non può essere inibito da accertamenti precedenti, che non sono idonei a “far stato”, ovvero a fissare in modo irrefragabile la posizione soggettiva dell’impresa in ordine alla sua “correntezza contributiva”, non potendo rivestire, proprio in funzione della loro qualità di atti di scienza, alcuna efficacia “costitutiva” di una posizione di regolarità contributiva.

1.3.2) Nemmeno può convenirsi sulle censure dedotte col motivo sub 2) del ricorso.

Si è già osservato sub 1.1) che le c.d. sanzioni civili sono obbligazioni pecuniarie accessorie connesse alla scadenza del termine d’adempimento, posto che esse sono conseguenza immediata e diretta proprio dell’irregolarità ovvero del non esser stata l’impresa “al corrente”, “al passo”, con le scadenze temporali fissate per l’adempimento dell’obbligazione contributiva (principale) periodica.

In tal senso esse non possono non rientrare nel “fuoco” della nozione di irregolarità, riferita dall’art. 12 del d.lgs. n. 157 del 1995 (non meno che, sub specie di inadempienza, dall’art. 29 della direttiva CEE del Consiglio n. 50/92 del 18 giugno 1992) agli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali (dei contributi di sicurezza sociale, secondo la disposizione comunitaria).

Tali “obblighi” comprendono tutto quanto attiene al pagamento, e quindi anche quanto riguarda l’omesso o il tardivo pagamento, oltre che, data la genericità dell’espressione, tutti gli obblighi strumentali pur sempre rivolti al versamento dei contributi.

E non per caso, dunque, la disposizione nazionale ha trascritto fedelmente nell’ordinamento italiano quella comunitaria, senza riferirsi nel recepirla alla nozione, ben più specifica e delimitante, di “obbligazione”; con ciò volendo assicurare la più chiara, piena ed esatta attuazione dell’interesse pubblico sotteso al requisito soggettivo della regolarità contributiva, in quanto indice rivelatore della più puntuale, efficace ed efficiente gestione economico-produttiva dell’impresa aspirante all’aggiudicazione, di cui non può non essere parte essenziale la piena correttezza di gestione dei rapporti previdenziali.

A cospetto del chiaro tenore delle due disposizioni, e della loro ratio, nessuna distinzione può dunque porsi, in tema d’irregolarità riveniente dalla violazione degli obblighi inerenti al pagamento dei contributi, tra inadempimento di “obbligazioni” principali  e inadempimento di “obbligazioni” accessorie, posto che anche queste ultime discendono come conseguenza diretta e immediata, ex lege, dalla violazione degli obblighi e in particolare dall’inadempimento (anche il tardivo adempimento lo invera, è appena il caso di rammentare) dell’obbligazione relativa al pagamento dei contributi.

D’altro canto il tardivo pagamento dei contributi è esso pure indice di non corretta gestione dei rapporti previdenziali, e quindi ha valenza negativa in ordine alla regolarità della gestione dell’impresa.

Valenza tanto più rilevante ove si ponga mente che, nel caso di specie, la violazione degli obblighi si situa in diversi e prolungati momenti temporali (tardivo pagamento di contributi relativi a gennaio-maggio 1995, gennaio-dicembre 1997, maggio 1994-aprile 1996).

Sotto tale aspetto, poi, in quanto fatti obiettivamente denotanti una posizione d’irregolarità contributiva e indici rivelatori di gestione non attenta e accurata del rapporto previdenziale,  nessun rilievo può ovviamente assumere, ai fini dell’esclusione del requisito soggettivo e quindi della illegittimità dell’ammissione alla gara e della successiva aggiudicazione, ogni vicenda afferente alla liquidazione delle sanzioni o alla loro invocata prescrizione, che rimane confinata nell’ambito specifico di rilevanza del rapporto previdenziale.

Analogamente dicasi per l’eccepita compensazione legale o volontaria, non senza rilevare che:

- proprio l’esistenza di disposizioni speciali per la compensazione dei debiti contributivi previdenziali revoca in dubbio l’applicabilità dell’istituto generale di cui all’art. 1241 cod. civ.;

- la società cooperativa ha presentato domanda di dilazione di pagamento che contraddice la volontà di avvalersi della compensazione (rinunciabile come noto ai sensi dell’art. 1246 n. 4 cod. civ.);

- la stessa società ha dichiarato che intendeva avvalersi della compensazione riveniente dalle somme per cui aveva diritto allo sgravio previdenziale imputandole ai contributi dovuti per il mese di aprile 2000 (ai sensi e con gli effetti di cui al combinato disposto degli artt. 1249 e 1193 comma 1 cod. civ.);

- l’art. 25 del capitolato speciale d’appalto per la somministrazione del servizio sostitutivo di mensa (c.d. buoni pasto) per alcune sedi dell’I.N.P.S. impone la regolarizzazione del debito contributivo e solo in caso di mancata regolarizzazione autorizza l’istituto a trattenere “…sulle somme dovute gli importi corrispondenti ai contributi omessi ed ai relativi accessori”, rimettendo quindi all’ente di avvalersi della facoltà contrattuale e quindi di operare la compensazione.

1.3.3) Inammissibili sono, come giù anticipato, le censure dedotte col motivo sub 3) del ricorso rivolte solo in via tuzioristica a contestare l’insussistenza della regolarità tributaria, il cui accertamento e valutazione ha formato oggetto di riserva (mai sciolta) da parte dell’amministrazione appaltante.

1.3.4) Non hanno maggior fondamento le censure svolte nel motivo sub 4) del ricorso, incentrate sul vizio funzionale di carente motivazione del provvedimento di autotutela sia in relazione all’omessa enucleazione di un interesse pubblico concreto e attuale all’annullamento dell’aggiudicazione, sia in riferimento all’obliterazione dell’affidamento riposto dalla società ricorrente in ordine allo svolgimento del servizio sino al suo termine contrattuale ed alla invocata buona fede ingenerata dalle precedenti certificazioni di regolarità contributiva del 4 agosto e 25 novembre 1999.

Tali censure, come osservato, hanno trovato eco nell’orientamento espresso in sede cautelare dal Consiglio di Stato, che nondimeno questo Tribunale non ritiene di poter condividere nella presente sede di merito.

Infatti, secondo gli orientamenti dello stesso giudice d’appello, richiamati sub 1.2), l’amministrazione appaltante non ha alcun autonomo potere né di accertamento né di valutazione ed apprezzamento del contenuto delle c.d. certificazioni di regolarità contributiva e tributaria (si rinvia a Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 2002, n. 3061 e Sez. VI, 1 dicembre 2000, n. 6231, ordinanza), che sono dichiarazioni di scienza, incontestabili in sé e per sé e la cui efficacia vincolante rispetto all’amministrazione appaltante può essere superata soltanto dal positivo accertamento dell’inesistenza della posizione debitoria tributaria.

Se di tale potere, dunque, l’amministrazione è carente, non può esercitarne, sotto altre spoglie, in sede di considerazione dell’interesse pubblico all’annullamento di un’ammissione alla gara (e conseguente aggiudicazione) che sia radicalmente viziata in riferimento alla obiettiva carenza del requisito soggettivo di partecipazione (costituito dalla regolarità della posizione contributiva o tributaria).

Non può, in altri termini, ritenersi consentita in un momento successivo, e solo per effetto della circostanza che sia trascorso un intervallo temporale più o meno casualmente lungo, quella valutazione della sussistenza (e ancor meno della “consistenza”) del requisito soggettivo di partecipazione carente al momento della presentazione dell’istanza di invito a procedure ristrette (o dell’offerta, per le procedure aperte), che era preclusa al momento dell’aggiudicazione.

L’interesse pubblico sotteso al requisito soggettivo di partecipazione, che si collega anche al puntuale rispetto del principio generale della par condicio tra i partecipanti alla gara, e che, come visto, attiene anche all’effettiva garanzia della piena concorrenza tra le imprese, è per dir così immanente e permanente ed il fattore temporale non è in grado di “consolidare” gli effetti della sua violazione, almeno quando, come nella specie, residui un apprezzabile intervallo temporale sino alla conclusione del rapporto (poco meno di un quadriennio).

D’altro canto l’introduzione, sia pure con riferimento all’esercizio dei poteri di autotutela, di una sfera di “discrezionalità” in ordine all’apprezzamento dell’incidenza della carenza del requisito di partecipazione sull’interesse pubblico può finire per frustrare la stessa effettività delle disposizioni comunitaria e nazionale che, giova ribadire, non attribuiscono alle amministrazioni aggiudicatici alcun potere di giudizio in ordine alla sussistenza/insussistenza dei requisiti ivi stabiliti, ivi compresi quelli di “correntezza” previdenziale e tributaria.

A minor ragione, poi, può ammettersi una valutazione quali-quantitativa della gravità della posizione debitoria previdenziale e tributaria, posto che il requisito di partecipazione può solo essere sussistente o insussistente, come fatto storico cui si riconnettono le conseguenze giuridiche ineludibili stabilite dalle disposizioni comunitaria e nazionale, che non assegnano alcun rilievo (né correlativamente alcuna sfera di apprezzamento discrezionale) alla “importanza” e “gravità” del difetto del requisito (che costituirebbe contraddizione in termini, poiché il requisito c’è o non c’è, non potendoci essere in misura più o meno “sufficiente”); senza dire che per tale via si finirebbe per riconoscere un potere di valutazione svincolato da parametri certi ed obiettivi che comprometterebbe l’effettività dei principi di trasparenza delle gare e di par condicio tra i concorrenti.

In questa chiave esegetica è d’altro canto evidente l’assoluta irrilevanza della (supposta) buona fede e del (preteso) affidamento dell’impresa destinataria del provvedimento di autotutela, non potendo l’una o l’altro assurgere ad elementi in grado di elidere il radicale difetto del requisito di partecipazione alla gara e potendo, al limite, ed in quanto possa effettivamente riconoscersi un incolpevole affidamento su precedenti certificazioni dell’istituto previdenziale -pure di dubbia ricostruzione incombendo al datore di lavoro la diligente verifica della regolarità e puntualità della propria posizione in ordine al versamento dei contributi previdenziali-, soltanto ipotizzarsi il riconoscimento, nelle competenti sedi giurisdizionali, della responsabilità dell’istituto previdenziale per i danni cagionati dalla propria pregressa attività di accertamento (vedi anche Cons. Stato, Sez. VI, 1 dicembre 2000, n. 6231, ordinanza, che osserva come “l’eventuale buona fede…se può rilevare ai fini della responsabilità per le dichiarazioni non veritiere appare inidonea a paralizzare l’esclusione dalla gara…”).

Non può poi tralasciarsi di evidenziare che il provvedimento di autotutela è fondato anche su punti di motivazione, attinenti al rilievo negativo della pendenza di procedimento penale per fatti inerenti proprio all’aggiudicazione dell’appalto-concorso e alle modalità di svolgimento del servizio nonché all’onerosità dell’appalto, che non sono stati oggetto di censure specifiche.

1.3.5) Infondate sono, da ultimo, anche le censure svolte nel motivo sub 5) del ricorso posto che l’amministrazione appaltante, conseguenzialmente a quanto osservato supra, non aveva alcun potere di valutare le giustificazioni proposte dalla società ricorrente in ordine alla contestata irregolarità contributiva, che ha correttamente rimesso all’istituto previdenziale che le ha motivatamente, e ancorché in modo succinto, disattese.

2.) In conclusione il ricorso in epigrafe, in parte inammissibile e comunque infondato, deve essere respinto.

3.) La novità delle questioni affrontate giustifica l’integrale compensazione tra le parti costituite delle spese e onorari del giudizio. 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sede di Bari - Sezione I, rigetta il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 10 novembre 2004, con l’intervento dei magistrati:

Gennaro FERRARI  Presidente   

Leonardo SPAGNOLETTI Componente est.

Federica CABRINI  Componente


      L.S.


L.S.