REPUBBLICA ITALIANA N. 3888/2005
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Reg. Sent.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA N.876/01-87/02
Sede di Bari Sezione Seconda Reg. Ric.
 

composto dai Signori

GIANCARLO GIAMBARTOLOMEI   PRESIDENTE

ANTONIO PASCA       COMPONENTE

GIUSEPPINA ADAMO     COMPONENTE,Rel.

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sui riuniti ricorsi n. 876/2001 e n. 87/2002

sul ricorso n. 876 del 2001, proposto da Sepiello Raffaella, rappresentata e difesa dall’avv. Giacomo Mescia, con domicilio eletto in Bari, via Piccinni n. 210, presso l'avv. Vincenzo Resta,

C O N T R O

il Comune di Foggia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele De Vitto ed elettivamente domiciliato in Bari, via Melo n. 141, presso lo studio dell’avv. Rosa Cerabino,

per l'annullamento

della determina del dirigente del Settore attività economiche del Comune di Foggia del 27.1.2001, prot. n. 2796, con la quale è stata revocata la concessione di suolo pubblico di cui alla determina dirigenziale del 13.7.2000 n. 1015 e sono stati sospesi i lavori in corso;

nonché per l'annullamento

(motivi aggiunti depositati depositati il 10.8.2001),

della determina del dirigente del Settore attività economiche del Comune di Foggia del 29.5.2001, prot. n. 4890, con la quale è stata rigettata la richiesta di autorizzazione al trasporto eccezionale di un chiosco da casello autostradale di Foggia alla via Galiani;

nonché (atto di motivi aggiunti depositato il 17.1.2002)

per la reintegrazione in forma specifica

ed il risarcimento del danno ingiusto,

ex art. 35 D.L. n.80/98, così come sostituito dall’art. 7 della L. 205/2000, previa esecuzione delle ordinanze cautelari nn. 559/2001 e 922/2001;

sul ricorso n. 87 del 2002, proposto da Sepiello Raffaella, rappresentata e difesa dall’avv. Giacomo Mescia e dall’avv. Giuseppe Mescia, con domicilio eletto in Bari, via Piccini n. 210, presso l'avv. Vincenzo Resta,

C O N T R O

il Comune di Foggia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele De Vitto ed elettivamente domiciliato in Bari, via Melo n. 141, presso lo studio dell’avv. Rosa Cerabino,

per l'annullamento

della determina del dirigente del settore attività economiche del Comune di Foggia del 26.10.2001, con la quale è stato disposto di annullare la concessione di suolo pubblico relativa a sostituzione con ampliamento del chiosco ubicato in via Galiani –pronao villa comunale- di cui alla determina dirigenziale del 13.7.2000; nonché

per la reintegrazione in forma specifica

ed il risarcimento del danno ingiusto,

ex art. 35 D.L. n.80/98, così come sostituito dall’art. 7 della L. 205/2000.

Visto i ricorsi con i relativi allegati e i motivi aggiunti;

visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Foggia;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

udita alla pubblica udienza la relazione del consigliere, dott. Giuseppina Adamo, e uditi, altresì, l'avv. Giuseppe Mescia per la ricorrente e l'avv. De Vitto per l’Amministrazione resistente.

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

La signora Sapiello ha rilevato un chiosco, ubicato da oltre trent'anni in Foggia (via Galliani) in adiacenza alla villa comunale, adibito alla vendita dei biglietti per l'utilizzo degli autobus e di bevande.

Intendendo sostituire la struttura, ormai vetusta, con una nuova, dotata anche un bagno pubblico accessibile pure dai portatori di handicap (e di ingombro superiore alla precedente), ha presentato la relativa domanda al Comune di Foggia, che l'ha accolta sottoscrivendo, attraverso il Dirigente del Settore attività economiche, l'atto disciplinante la nuova concessione di suolo pubblico (atto 7 settembre 2000, repertorio 7382). Il Comune rilasciava anche la concessione edilizia 12 settembre 2000 n. 301.

Ordinato e pagato (mediante l'accensione di un mutuo bancario) il nuovo chiosco, realizzato su misura, l'interessata ha ricevuto la determina del dirigente del Settore attività economiche del Comune di Foggia del 27 gennaio 2001, prot. n. 2796, con la quale è stata revocata la concessione di suolo pubblico, di cui alla determina dirigenziale del 13 luglio 2000 n. 1015 e sono stati sospesi i lavori in corso, ritenendo necessario deposito dei calcoli strutturali presso il Genio civile di Foggia e l'acquisizione di una simulazione fotografica relativa alla struttura; nonostante il pronto deposito della documentazione richiesta, l'Ente non ha ritirato il proprio provvedimento, che la signora Sapiello impugna, con il ricorso n. 876/2001, per i seguenti motivi:

  1. provvedimento di sospensione lavori adottato dal Dirigente del Settore attività economiche-incompetenza;
  2. violazione dell'articolo 7 e ss. della legge 7 agosto 1990 n. 241;
  3. violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 del provvedimento di concessione dell'ulteriore suolo comunale e dell'articolo 3 della legge n.. 241/1990; eccesso di potere per manifesta ingiustizia, irragionevolezza e difetto dei presupposti.

Con ordinanza 10 maggio 2001 n. 559, questo Tribunale accoglieva l'istanza cautelare, "considerata la fondatezza dei profili di incompetenza del Direttore Attività economiche in relazione alla motivazione di natura urbanistica edilizia contenuta nell'atto; considerato, altresì, che la revoca della concessione di suolo pubblico non è suffragata da ragioni di interesse pubblico".

Si é costituito il Comune di Foggia, che ha contestato le tesi attoree.

La ricorrente ha poi impugnato l'intervenuta determina del dirigente del Settore attività economiche del Comune di Foggia del 29 maggio 2001, prot. n. 4890, con la quale è stata rigettata la richiesta di autorizzazione al trasporto eccezionale del chiosco dal casello autostradale di Foggia alla via Galliani, sul presupposto che "è in via di definizione il trasferimento della concessione di suolo pubblico del chiosco che dovrà essere installato su via Galliani all'interno della villa comunale" (come nelle more proposto, in via alternativa, dall'Amministrazione municipale), sostenendo che l'atto si presenta viziato da violazione dell'articolo 10 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 e da eccesso di potere per sviamento.

L'istanza cautelare veniva accolta con ordinanza 20 settembre 2001 n. 922, "in quanto l'autorizzazione al trasporto eccezionale è stata negata con riferimento a circostanze non contemplate dalla normativa di settore (art. 10, D. Lgv. 30 aprile 1992 n° 285)".

Successivamente, con ricorso n. 87/2002,  la signora Sepiello impugnava la determina del Dirigente del Settore attività economiche del Comune di Foggia del 26 ottobre 2001, con la quale veniva annullata la concessione di suolo pubblico richiesta per la sostituzione, con ampliamento del chiosco, ubicato in via Galiani -pronao villa comunale-, di cui alla determina dirigenziale del 13.7.2000; con il medesimo atto l’interessata agiva per la reintegrazione in forma specifica e per il risarcimento del danno ingiusto, ex art. 35 D.L. n. 80/98, così come sostituito dall'art. 7 della L. 205/2000, deducendo i seguenti motivi:

  1. eccesso di potere per difetto di istruttoria; eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto; eccesso di potere per difetto di motivazione; eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà; eccesso di potere per disparità di trattamento; illegittimità;
  2. violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 5 del decreto legislativo 490/1999; illegittimità;
  3. violazione e falsa applicazione degli articoli 21 e 235 del decreto legislativo 490/1999; illegittimità.

A tal punto, il Tribunale dichiarava inammissibile l'istanza (proposta nel ricorso n. 876 del 2002) per l'esecuzione delle ordinanze cautelari nn. 559/2001 e 922/2001; con tale atto, notificato alla controparte in data 8 gennaio 2002, venivano altresì richiesti la reintegrazione in forma specifica ed il risarcimento del danno ingiusto, derivante dall'illegittimo comportamento dell'Amministrazione.

Con ordinanza n. 135 del 2 febbraio 2002, è stato poi ordinato all’Amministrazione comunale “di ripristinare il chiosco preesistente a sua cura e spese nel termine di 10 giorni dalla comunicazione della ordinanza, ponendo in essere ogni altra attività necessaria a consentire l’immediata ripresa dell’esercizio di vendita”.

Con istanza di esecuzione della ordinanza n. 135 del 2002, depositata il 19.2.2002, la ricorrente chiedeva la nomina di commissario ad acta, perché provvedesse (in luogo del Comune di Foggia) all’esecuzione della predetta ordinanza e fosse imposto al Comune il versamento di una somma di danaro, in favore della ricorrente, a titolo di provvisionale, su quanto dovuto per il risarcimento dei danni determinato dall’illegittimo comportamento dell’Amministrazione. Con ordinanza 13 maggio 2002, n. 384, il Tribunale ha accolto la domanda di provvisionale e ha ordinato al Comune di versare a tale titolo la somma di euro 8.000,00.

L’istanza per l’esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 135 del 2002 veniva reiterata il 6 giugno 2002, atteso il comportamento elusivo del Comune di Foggia, e si chiedeva il versamento di un’ulteriore somma di danaro in favore della ricorrente a titolo di provvisionale, stante la difficile situazione economica della ricorrente.

Con ordinanza n. 499 del 20 giugno 2002, le richieste venivano accolte, con la nomina del Prefetto di Foggia o persona dal medesimo indicata quale commissario ad acta, e con la concessione di ulteriori euro 5.000,00, quale provvisionale, per fronteggiare le più immediate esigenze finanziarie dell’istante.

Per entrambi i ricorsi le parti hanno svolto ampie difese, anche con memorie.

All'udienza del I giugno 2005 la causa è stata riservata per la decisione.

DIRITTO

I. I ricorsi devono essere riuniti, stante la loro evidente connessione soggettiva e oggettiva.

II. Occorre premettere che, in un'ottica puramente demolitoria, il ricorso n. 876 del 2002 sarebbe improcedibile: infatti, alla revoca della concessione di suolo pubblico (di cui alla determina dirigenziale del 13 luglio 2000 n. 1015), disposta con la determina del dirigente del Settore attività economiche del Comune di Foggia del 27 gennaio 2001, prot. n. 2796, é poi seguita la determina del Dirigente del Settore attività economiche del Comune di Foggia del 26 ottobre 2001, con la quale é stata annullata la stessa concessione, per motivi diversi da quelli prospettati con il primo atto, e tale secondo provvedimento è stato impugnato con ricorso n. 87/2002; l'interesse all'annullamento della determina del dirigente del Settore attività economiche del Comune di Foggia del 29 maggio 2001, prot. n. 4890 (con la quale è stata rigettata la richiesta di autorizzazione al trasporto eccezionale del chiosco dal casello autostradale di Foggia alla via Galliani) è sostanzialmente venuto meno, visto che, in esecuzione delle ordinanze cautelari nn. 559/2001 e 922/2001 (pronunciate nell'ambito del giudizio, di cui al ricorso n. 87/2002) è stata reinstallata la vecchia struttura.

Avendo però la ricorrente, sia nel ricorso n. 876 del 2002 sia nel ricorso n. 87 del 2002, proposto domanda di risarcimento del danno, l'intero comportamento dell'Amministrazione deve essere valutato, ai fini dell'accertamento degli elementi oggettivi e soggettivi del danno risarcibile, e deve essere perciò anche verificata la legittimità o meno degli atti originariamente gravati.

II. La determinazione del Dirigente del Settore attività economiche del Comune di Foggia del 27 gennaio 2001, prot. n. 2796, con la quale è stata revocata la concessione di suolo pubblico, di cui alla determina dirigenziale del 13 luglio 2000 n. 1015 e sono stati sospesi i lavori in corso (impugnata con il ricorso n. 876 del 2001) è sicuramente affetta dai vizi denunciati. Tale atto provvedeva al ritiro della (estensione della) concessione del bene comunale, perché riteneva necessari il deposito dei calcoli strutturali relativi al nuovo chiosco presso il Genio civile di Foggia e l'acquisizione di una simulazione fotografica relativa alla struttura, ossia in base a ragioni di ordine urbanistico-edilizio estranee alla sfera di competenza del Dirigente del Settore attività economiche, il quale non è abilitato neppure ad emettere un provvedimento di sospensione lavori.

Inoltre è altrettanto chiaro che né dall’atto gravato né da provvedimenti successivi, che il primo pare annunciare (ma che in effetti non sono mai stati emessi) emerge la considerazione dell’interesse concreto e attuale, alla cui tutela dovrebbe essere diretta la revoca, ponderata con l’interesse dell’istante, la quale sulla base della determina dirigenziale del 13 luglio 2000 n. 1015, della nuova concessione di suolo pubblico (atto 7 settembre 2000, repertorio 7382) e della concessione edilizia 12 settembre 2000 n. 301, aveva già effettuato i necessari acquisti, contraendo all’uopo un mutuo bancario.

III. La ricorrente ha poi impugnato (ricorso n. 876 del 2001- motivi aggiunti) l'intervenuta determina del dirigente del Settore attività economiche del Comune di Foggia del 29 maggio 2001, prot. n. 4890, con la quale è stata rigettata la richiesta di autorizzazione al trasporto eccezionale del chiosco dal casello autostradale di Foggia alla via Galliani, sul presupposto che "è in via di definizione il trasferimento della concessione di suolo pubblico del chiosco che dovrà essere installato su via Galliani all'interno della villa comunale" (come nelle more proposto, in via alternativa, dall'Amministrazione municipale). Anche tale atto è evidentemente illegittimo, come già rilevato nell’ordinanza 20 settembre 2001 n. 922, in quanto l'autorizzazione al trasporto eccezionale è stata negata con riferimento a circostanze non contemplate dall’art. 10 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (che tutela sostanzialmente le condizioni di stabilità delle strade e di sicurezza delle stesse e della relativa circolazione).

IV. La concessione di suolo pubblico, di cui alla determina dirigenziale 13 luglio 2000 n. 1015, veniva nuovamente annullata con un'ampia motivazione dalla determina del Dirigente del settore attività economiche del Comune di Foggia del 26 ottobre 2001. Tale atto (richiamando la nota del Mistero per i Beni e le Attività culturali 20 settembre 2001, protocollo n. 22392) parte dal presupposto che la villa-giardino di Foggia rivesta notevole interesse storico-artistico e rientri tra i beni indicati al secondo comma dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490, assoggettato quindi a tutte le disposizioni del titolo I del citato decreto legislativo, in forza dell'articolo 5, comma quinto.

Trattandosi di bene comunale, il ritiro si fonda sulla necessità di apprestare una particolare tutela -da parte del Comune- del bene di sua proprietà, in considerazione, peraltro, delle numerose proteste avanzate contro il rilascio della concessione.

Tale esigenza, secondo l’Amministrazione, è particolarmente sentita in relazione al fatto che "la disponibilità del suolo comporta la possibilità della manomissione sia del pronao sia del giardino della Villa Comunale"; per cui, in definitiva, la concessione è stata avvertita dalla cittadinanza "come una mancanza di rispetto delle bellezze della città", mentre "il Comune di Foggia non intende in alcun modo generare tra i cittadini l'idea di poter arbitrariamente attentare ai beni della città".

L'atto è chiaramente viziato sotto i profili dedotti dalla ricorrente, con il ricorso n. 87/2002.

Da un lato, infatti, la fattispecie è estranea alla disciplina richiamata dall'Ente.

È incontestabile invero che la villa comunale, comprensiva del pronao, sia sottoposta a vincolo, come risulta dalla nota del Ministero per i Beni culturali n. 22392, ma analogo limite non sussiste per l'utilizzo dell'area esterna alla medesima villa, non essendo stato emanato un apposito provvedimento, ai sensi dell'articolo 49 (Prescrizioni di tutela indiretta) del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490,  né essendo state adottate particolari misure in tal senso dal Comune, la cui pianificazione anzi ha sempre specificamente attestato e confermato la presenza del chiosco a lato del pronao.

In conclusione, poiché la determina dirigenziale 13 luglio 2000 n. 1015 non viola il decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490, la determina del dirigente del settore attività economiche del Comune di Foggia del 26 ottobre 2001, nella parte in cui fonda l'atto di ritiro su tale pretesa illegittimità, non è provvisto di alcuna giustificazione.

Dall'altro lato, neppure è stata di fatto valutata l'effettiva contrarietà, sotto il profilo estetico-architettonico, della nuova realizzazione (concepita per migliorare anche l'aspetto del vecchio chiosco) rispetto all'ingresso della villa, limitandosi l'Amministrazione a recepire le proteste di soggetti che non erano neanche stati posti in grado di prendere visione del contestato manufatto.

V. Accertata l’illegittimità dell’azione amministrativa, occorre a tal punto occuparsi della richiesta risarcitoria, illustrata specificamente nella memoria attorea 18-20 maggio 2005.

La ricorrente in particolare punta al ristoro per equivalente del torto subito, avendo la stessa cessato l’attività in data I giugno 2004 (come precisato nella pag. 24 della memoria, dedicata alla mancata percezione degli utili d’impresa, segnatamente in riferimento al 2004) e non essendo quindi interessata a forme di reintegrazione in forma specifica (ulteriori rispetto alle misure prese in sede cautelare).

Nel merito gli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito generatore del danno sussistono in quanto:

1) il dato oggettivo della condotta illecita è integrato dall’evidente illegittimità degli atti emessi;

2) la colpa è insita nella oggettiva e grave violazione di consolidate regole dell’azione amministrativa, in specie in materia di atti emessi nell’esercizio del potere di autotutela, in assenza di qualsiasi plausibile deduzione amministrativa in ordine alla scusabilità degli errori ripetutamente commessi nei confronti della sig. Sepiello (Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2004 n. 5500);

3) rilevanti danni sono stati subiti dall’istante.

In particolare, bisogna esaminare la domanda dell’interessata, la quale ha evidenziate le voci di danno, che possono essere così enucleate:

  1. danno conseguente agli acquisti (rivelatisi inutili), effettuati nel fondato affidamento che la nuova struttura potesse essere adibita all’attività commerciale, in base agli atti permissivi e concessori del Comune:
    1. rate del mutuo bancario pagate per finanziare l’acquisto del nuovo chiosco;

a1) ulteriori spese affrontate a seguito del pignoramento immobiliare subito, per la sua morosità rispetto al pagamento del mutuo, derivante dalla forzata sospensione della sua attività commerciale;

    1. somme pagate per l’acquisto del chiosco (realizzato su misura), pari a lire 120.000.000 più IVA;

b1) somme pagate per l’acquisto di attrezzature interne al chiosco pari a lire 50.000.000 più IVA;

b3) oneri relativi al permesso edilizio (lire 1.838.534) e alla concessione del bene pubblico (lire 1.400.000);

b4) spesa per opere di fondazione, impianto idrico ed elettrico a servizio del nuovo manufatto (lire 12.000.000);

  1. danni derivanti dalla impossibilità di esercitare la propria impresa:

mancati utili per il periodo di sospensione dell’attività (dal I gennaio 2001 al 26 marzo 2003) e anche (parzialmente) per il periodo successivo (dal  27 marzo 2003 al 31 maggio 2004), data la perdita di avviamento;

c) danno alla salute inferto al coniuge, sig. Francesco Paolo Donatacci, colpito da infarto il 16 luglio 2001;

d) danno morale arrecato alla ricorrente e dalla stessa definito in memoria “turbamento psicologico transeunte”, costituito dallo stress che l’intera serie degli avvenimenti, come evidenziati nel corso del giudizio, ha comportato.

V.1. Il documento, come preteso alle voci sub a) e b), risulta senza dubbio conseguenza diretta ed immediata del comportamento colpevolmente contraddittorio dell’Amministrazione.

Quanto al danno richiesto sub c), la relativa domanda è inammissibile.

La lesione subita al bene della vita (si tratta, sulla base della documentazione fornita, di un infarto, subito da soggetto, il quale presentava un quadro clinico già compromesso-iperteso, dislipidemico, precedentemente infartuato, con episodio di ictus cerebrale-; temporalmente il ricovero avveniva dopo circa due mesi dall'emanazione della determina n. 4890, quest’ultima datata 29 maggio 2001) riguarda infatti il signor Francesco Paolo Donatacci, che non risulta essere parte del giudizio.

In relazione al preteso risarcimento del danno morale, poi, la ricorrente richiama le sentenze della Corte di cassazione, III sezione, 31 maggio 2003 n. 8827 e n. 8828 e la pronuncia 11 luglio 2003 n. 233 della Corte Costituzionale, in particolare deducendo da tali decisioni il principio che "in tema di risarcimento del danno ogni qualvolta si verifichi l'adesione di un interesse costituzionalmente protetto, il pregiudizio consequenziale integrante il danno morale soggettivo (patema d'animo) e risarcibile anche se il fatto non sia configurabile come reato" (memoria 18-20 maggio 2005-nel ricorso n. 87/2002-pag. 26).

Al riguardo occorre ricordare che, alla stregua delle su menzionate pronunce (che sviluppano le conclusioni della sentenza 27 ottobre 1994 n. 372 della Corte Costituzionale), la giurisprudenza ha chiarito che “la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. va tendenzialmente riguardata… come mezzo per colmare le lacune, secondo l'interpretazione ora superata della norma citata, nella tutela risarcitoria della persona, che va ricondotta al sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale: quest'ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto, del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso e dei pregiudizi diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto”, questi ultimi ricondotti dalla dottrina sotto la denominazione di “danno esistenziale” (Corte di cassazione, III sezione, n. 8827/2003, punto 4.8). 

In altri termini (3.1.4.3. della sentenza n. 8828/2003), “Si deve quindi ritenere ormai acquisito all'ordinamento positivo il riconoscimento della lata estensione della nozione di "danno non patrimoniale", inteso come danno da lesione di valori inerenti alla persona, e non più solo come "danno morale soggettivo".

Non sembra tuttavia proficuo ritagliare all'interno di tale generale categoria specifiche figure di danno, etichettandole in vario modo: ciò che rileva, ai fini dell'ammissione a risarcimento, in riferimento all'art. 2059, è l'ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, dal quale conseguano pregiudizi non suscettivi di valutazione economica.

3.1.5. Venendo ora alla questione cruciale del limite al quale l'art. 2059 del codice del 1942 assoggetta il risarcimento del danno non patrimoniale, mediante la riserva di legge, originariamente esplicata dal solo art. 185 c.p. (ma v. anche l'art. 89 c.p.c.), ritiene il Collegio che, venendo in considerazione valori personali di rilievo costituzionale, deve escludersi che il risarcimento del danno non patrimoniale che ne consegua sia soggetto al limite derivante dalla riserva di legge correlata all'art. 185 c.p.

Una lettura della norma costituzionalmente orientata impone di ritenere inoperante il detto limite se la lesione ha riguardato valori della persona costituzionalmente garantiti: occorre considerare, infatti, che nel caso in cui la lesione abbia inciso su un interesse costituzionalmente protetto la riparazione mediante indennizzo (ove non sia praticabile quella in forma specifica) costituisce la forma minima di tutela, ed una tutela minima non è assoggettabile a specifici limiti, poiché ciò si risolve in rifiuto di tutela nei casi esclusi ….

D'altra parte, il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito, dopo l'entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della legge fondamentale, atteso che il riconoscimento nella Costituzione dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela, ed in tal modo configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale”.

Osserva poi la citata pronuncia, specificamente con riguardo al c.d. “danno esistenziale” (punto 3.1.10), che, in base alla nota “distinzione tra danno-evento e danno-conseguenza…, si tratta di danno-conseguenza.

Non vale pertanto l'assunto secondo cui il danno sarebbe in re ipsa, nel senso che sarebbe coincidente con la lesione dell'interesse. Deve affermarsi invece che dalla lesione dell'interesse scaturiscono, o meglio possono scaturire, le suindicate conseguenze, che, in relazione alle varie fattispecie, potranno avere diversa ampiezza e consistenza, in termini di intensità e protrazione nel tempo.

Il danno in questione deve quindi essere allegato e provato” (per un’applicazione di tali principi: Corte di cassazione, III sezione, I giugno 2004 n. 10483). L’insegnamento della Suprema Corte è stato recentemente recepito anche nell’ambito del processo amministrativo (Cons. Stato, VI sez., 16 marzo 2005 n. 1096).

In realtà però la pretesa attorea, come formulata, non attiene propriamente al “danno esistenziale”, bensì al “danno morale soggettivo (patema d'animo)”, che la ricorrente sembra reputare ormai sganciato dal reato.

Le sentenze richiamate, invero, per lo specifico aspetto, confermano l’interpretazione tradizionale dell’art. 2059 del codice civile, precisando solo che, non avendo più la norma una funzione sanzionatoria, ma soltanto tipizzante dei singoli casi di risarcibilità del danno non patrimoniale, “anche il riferimento al «reato» contenuto nell'art. 185 cod. pen., in coerenza con la diversa funzione assolta dalla norma impugnata, non postula più, come si riteneva per il passato, la ricorrenza di una concreta fattispecie di reato, ma solo di una fattispecie corrispondente nella sua oggettività all'astratta previsione di una figura di reato. Con la conseguente possibilità che ai fini civili la responsabilità sia ritenuta per effetto di una presunzione di legge” (Corte Costituzionale, 11 luglio 2003 n. 233, punto 3.3).

E’ evidente perciò che, se tali sono gli elementi costituenti il danno morale, stricto sensu, essi sono estranei alla fattispecie concreta sottoposta all’esame del Tribunale, alla stregua delle deduzioni attoree.

In conclusione deve quindi dichiararsi, in generale, il diritto al risarcimento del danno solo riguardo alle voci a) e b), con le precisazioni e nei limiti, che saranno puntualizzati (mentre, per le voci c) e d), la domanda dev’essere rigettata).

Ai sensi dell’art. 35, II comma, del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, quindi, sono da stabilire i criteri in base ai quali l'Amministrazione pubblica dovrà proporre a favore dell'avente titolo il pagamento della relativa somma, in concreto, entro novanta giorni della notificazione ovvero dalla comunicazione della presente sentenza, termine che il Collegio ritiene congruo.

Quanto alle voci sub a), dovranno essere liquidate per intero, dietro la presentazione delle relative fatture e/o degli altri idonei documenti giustificativi dei costi.

Quanto al calcolo dei danni sub b), la ricorrente ha posto l’accento sulle difficoltà di avvio dell’attività, essendo la medesima subentrata nell’esercizio solo nel 1999. Occorre però considerare anche l’oggettiva esistenza del chiosco in quella posizione in Foggia da un trentennio, in coincidenza con la fermata dei mezzi pubblici, sicché esso –si deve presumere- poteva contare su una clientela abbastanza stabile.

A proposito della mancata attività di utilizzazione del chiosco ai fini commerciali, determinata dagli illegittimi atti di ritiro del Comune, si deve ancora osservare che i danni lamentati costituiscono perdite reddituali e, in definitiva, devono essere così equitativamente calcolati:

per l’anno 2001: euro 12.621 (reddito d’impresa 2000) + 15% x euro 12.621;

per l’anno 2002: euro 12.621 + 15% x euro 12.621+ 10% x euro 12.621;

per l’anno 2003: euro 12.621 + 15% x euro 12.621+ 10% x euro 12.621 + 5% x euro 12.621 – euro 4.078,46 (reddito d’impresa percepito);

per l’anno 2004: (euro 12.621 + 15% x euro 12.621+ 10% x euro 12.621 + 5% x euro 12.621) x 5/12 (essendo l’attività cessata il I giugno 2004) –  euro 3.636, 59 (reddito d’impresa percepito).

Le suddette distinte somme, costituendo per la ricorrente un credito di valore, che è di per sé sottratto al rischio della svalutazione, devono essere determinate al momento della liquidazione, in corrispondenza ad un valore economico reale, che appare equo collegare agli annuali indici ISTAT dei prezzi al consumo (FOI).

Da tale momento, di conversione del credito in valori monetari correnti, dovranno essere corrisposti gli interessi legali.

Da tale importo sarà ovviamente detratta la somma delle provvisionali, già disposte in sede cautelare e versate all’interessata.

Rimane confermato a carico del Comune l’onere relativo alle spese per l’esecuzione delle ordinanze cautelari.

Il ricorso proposto dunque dev’essere accolto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P. Q. M.

il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione II di Bari, riuniti i ricorsi in epigrafe li accoglie entrambi: in particolare,

quanto alla pretesa illegittimità degli atti impugnati, li accoglie integralmente e, per l’effetto, annulla la determina del dirigente del settore attività economiche del Comune di Foggia del 26.10.2001 (avendo i precedenti atti impugnati perso la loro effettiva lesività);

quanto al richiesto risarcimento, li accoglie in parte, come da motivazione, e perciò dispone il risarcimento del danno ingiusto, nei limiti e nelle forme di cui in motivazione.

Condanna il Comune di Foggia al pagamento di euro 3.000,00, più CAP  e IVA, come per legge, a favore della ricorrente, a titolo di spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari, nella Camera di Consiglio del I giugno 2005.

GIANCARLO GIAMBARTOLOMEI  - Presidente 

GIUSEPPINA ADAMO   - relatore ed estensore 

Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 15 settembre 2005

(Art. 55, Legge 27 aprile 1982 n.186)