REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - ha pronunciato la seguente
sul ricorso n. 1694/2004, proposto da
ITALGAS SOCIETA’ ITALIANA PER IL GAS S.p.a.
rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Alberto Quaglia e Andrea Mina, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Brescia, Via Solferino n. 51;
contro
COMUNE DI VILLIMPENTA,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv.to Alberto Arrigo Gianolio, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Malta n. 12;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio comunale in data 28/6/2004 n. 29 avente per oggetto “Acquisizione reti di distribuzione gas metano”, che ha disposto la cessazione del rapporto in essere con la ricorrente a far data dal 31/12/2005, oltre ad ogni altro atto presupposto, antecedente, conseguente e connesso;
nonchè per
il risarcimento dei danni patrimoniali subìti per effetto del provvedimento impugnato e delle relative condotte attuative;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Presa visione di tutti gli atti della causa;
Designato quale relatore alla pubblica udienza dell’11/2/2005, il dott. Stefano Tenca;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La Società Estigas – prima controllata e poi incorporata dall’odierna ricorrente mediante atto di fusione – è affidataria del servizio di distribuzione del gas metano nel Comune di Villimpenta in virtù di convenzione sottoscritta il 24/7/1985 della durata di 29 anni, successivamente prorogata per ulteriori 14 anni con differimento della scadenza al 30/4/2030.
Con l’impugnata deliberazione, il Consiglio comunale di Villimpenta ha deliberato di porre definitivamente termine alla convenzione con effetto dal 31/12/2005.
L’atto deliberativo è stato assunto ai sensi dell'art. 15 del D. Lgs. 23/5/2000 n. 164, che disciplina il regime di transizione nell'attività di distribuzione del gas al fine di attuare, con gradualità, gli obiettivi di liberalizzazione e di concorrenza nel mercato di questo settore: in particolare, la determinazione trae fondamento dall’imminente scadenza del periodo transitorio di cui al citato art. 15 – fissato in cinque anni a decorrere dal 31/12/2000 – ed impartisce altresì agli uffici le necessarie direttive per lo svolgimento della successiva procedura ad evidenza pubblica per il riaffidamento del servizio.
Con ricorso notificato in data 13/10/2004, tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione, la ricorrente ha impugnato la sopra descritta deliberazione, deducendo i seguenti motivi di diritto:
Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale, chiedendo la reiezione del ricorso.
Con memoria depositata per l'udienza di discussione dell’11/2/2005, la ricorrente evidenzia che in forza delle novità legislative introdotte dall'art. 1 comma 69 della Legge n. 239 del 2004, la scadenza del periodo transitorio, originariamente prevista per il 31/12/2005 dall'art. 15 comma 7 del D.Lgs. n. 164 del 2000, sarebbe stata ora posticipata al 31/12/2007, con la conseguenza che il termine del 31/12/2005 indicato nell’impugnata deliberazione andrebbe automaticamente sostituito con il predetto nuovo termine, a cui vanno poi aggiunti gli incrementi previsti dal citato comma 7, seppur non sommabili tra loro per effetto dell’intervenuta abrogazione del comma 8 dell’art. 15.
Alla pubblica udienza dell’11/2/2005 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio, prima di esaminare nel merito le singole censure, ritiene opportuno delineare il quadro normativo di riferimento in relazione alle questioni dedotte, tenendo conto della sopravvenuta Legge 23/8/2004 n. 239 – la quale contiene anche norme di interpretazione autentica finalizzate a chiarire non solo alcuni aspetti del periodo transitorio ma anche la ratio ispiratrice dello stesso – e soprattutto delle statuizioni racchiuse nella recente sentenza della Sezione in data 28/2/2005 n. 111.
L'art. 15, commi 5, 6, 7 e 8 del D. Lgs. n. 164 del 2000, nel testo vigente alla data di adozione delle deliberazioni impugnate, stabilisce:
“5. Per l'attività di distribuzione del gas, gli affidamenti e le concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonchè quelli alle società derivate dalla trasformazione delle attuali gestioni, proseguono fino alla scadenza stabilita, se compresa entro i termini previsti dal comma 7 per il periodo transitorio. Gli affidamenti e le concessioni in essere per i quali non è previsto un termine di scadenza o è previsto un termine che supera il periodo transitorio, proseguono fino al completamento del periodo transitorio stesso. In quest'ultimo caso, ai titolari degli affidamenti e delle concessioni in essere è riconosciuto un rimborso, a carico del nuovo gestore ai sensi del comma 8 dell'art. 14, calcolato nel rispetto di quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti e, per quanto non desumibile dalla volontà delle parti, con i criteri di cui alle lettere a ) e b ) dell'art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578. Resta sempre esclusa la valutazione del mancato profitto derivante dalla conclusione anticipata del rapporto di gestione.
6. Decorso il periodo transitorio, l'ente locale procede all'affidamento del servizio secondo le modalità previste dall'art. 14.
7. Il periodo transitorio di cui al comma 5 è fissato in cinque anni a decorrere dal 31 dicembre 2000. Tale periodo può essere incrementato, alle condizioni sotto indicate, in misura non superiore a:
a) un anno nel caso in cui, almeno un anno prima dello scadere dei cinque anni, si realizzi una fusione societaria che consenta di servire un'utenza complessivamente non inferiore a due volte quella originariamente servita dalla maggiore delle società oggetto di fusione;
b) due anni nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a ), l'utenza servita risulti superiore a centomila clienti finali, o il gas naturale distribuito superi i cento milioni di metri cubi all'anno, ovvero l'impresa operi in un ambito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale;
c) due anni nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a ), il capitale privato costituisca almeno il 40% del capitale sociale.
8. Ove ricorra più di una delle condizioni indicate al comma 7 i relativi incrementi possono essere sommati”.
In data 28/9/2004 è entrata in vigore la Legge n. 239 del 2004, il cui art. 1 comma 69 recita: “La disposizione di cui all'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, relativa al regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni in essere al 21 giugno 2000, data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, va interpretata nel senso che è fatta salva la facoltà di riscatto anticipato, durante il periodo transitorio, se stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione. Tale facoltà va esercitata secondo le norme ivi stabilite. Le gare sono svolte in conformità all'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164. Il periodo transitorio di cui al citato articolo 15, comma 5, termina entro il 31 dicembre 2007, fatta salva la facoltà per l'ente locale affidante o concedente di prorogare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per un anno la durata del periodo transitorio, qualora vengano ravvisate motivazioni di pubblico interesse. Nei casi previsti dall'articolo 15, comma 9, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, il periodo transitorio non può comunque terminare oltre il 31 dicembre 2012. È abrogato il comma 8 dell'articolo 15 dello stesso decreto legislativo n. 164 del 2000”.
Per quanto qui interessa, si può immediatamente osservare che è stato abrogato il comma 8 dell'art. 15 che consentiva di sommare gli incrementi del periodo transitorio scadente al 31/12/2005 (ossia decorsi cinque anni dal 31/12/2000). Altra annotazione immediata si impone con riferimento all'introduzione di una nuova data, quella del 31/12/2007, entro la quale il periodo transitorio deve avere termine.
Dalla coordinata lettura delle disposizioni sopra indicate, il Collegio ritiene di dover ribadire le seguenti considerazioni, già espresse nella pronuncia n. 111 del 28/2/2005:
1a. La scadenza “naturale” del periodo transitorio resta fissata al 31/12/2005, ossia decorsi cinque anni dal 31/12/2000.
A tale conclusione si giunge considerando che l’art. 1 comma 69 della Legge n. 239 del 2004 non ha modificato o abrogato il comma 7 cpv. dell'art. 15 del D. Lgs. n. 164 del 2000 rispetto alla sua versione originale che recita: “Il periodo transitorio di cui al comma 5 è fissato in cinque anni a decorrere dal 31/12/2000”.
Neppure pare potersi sostenere che la nuova disposizione contenuta nel citato art. 1 comma 69, secondo cui: “Il periodo transitorio di cui al citato articolo 15, comma 5, termina entro il 31 dicembre 2007”, abbia determinato una sostituzione implicita del termine originario scadente al 31/12/2005. Quest'ultima disposizione stabilisce infatti che il periodo transitorio termina “entro” il 31/12/2007 (e non “il” 31/12/2007), con ciò mostrando coerenza logica con le possibilità di incremento previste dalle lettere a), b) e c) del comma 7 dell'art. 15 che, non più cumulabili in forza dell’intervenuta abrogazione del successivo comma 8, non possono andare oltre i due anni complessivi (nel caso delle fattispecie di cui alle lettere b. e c.), determinando così lo slittamento del termine naturale del 31/12/2005 al 31/12/2007. Nel caso in cui ricorra invece la sola ipotesi di cui alla lett. a), l'incremento del periodo transitorio è di un solo anno, con slittamento del termine naturale del 31/12/2005 al 31/12/2006.
In sostanza, la fascia biennale dall’1/1/2006 al 31/12/2007 rappresenta il segmento temporale entro il quale deve avere termine il periodo transitorio in relazione al tipo di incremento di cui ricorrono i presupposti.
1b. La data del 31/12/2007 costituisce pertanto la barriera oltre la quale il periodo transitorio non può essere incrementato o prorogato, ad eccezione degli affidamenti di cui all'art. 15 comma 9 del D.Lgs. n. 164 del 2000 (già attribuiti mediante pubblica gara).
Questo termine resta fisso e non incrementabile anche nell'ipotesi di proroga di un anno prevista dall'art. 1 comma 69 della Legge n. 239 del 2004. Quest'ultima, dopo aver fissato il ricordato termine del 31/12/2007, stabilisce che è: “.…fatta salva la facoltà per l'ente locale affidante o concedente di prorogare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per un anno la durata del periodo transitorio, qualora vengano ravvisate motivazioni di pubblico interesse”.
Ad una prima lettura si potrebbe obiettare che detta salvezza si riferisca proprio al termine ultimo del 31/12/2007, che potrebbe così essere prorogato di un ulteriore anno fino al 31/12/2008.
Tali considerazioni di ordine letterale pare tuttavia che contrastino con quanto segue:
- la norma citata fa espresso riferimento al periodo transitorio “naturale” di cui all'art. 15 comma 5 del D.Lgs. n. 164 del 2000 che, a sua volta, rinvia al comma 7 – il quale, con disposizione non abrogata né modificata (come si è visto nella precedente lett. 1a), fissa in cinque anni la durata di detto periodo a decorrere dal 31/12/2000 – e non, invece, al periodo transitorio “incrementato” per effetto di una delle ipotesi previste nel comma 7;
- il periodo transitorio può essere incrementato, per una sola volta (sempre come si è visto), solo in presenza di una delle precise ipotesi di cui alle lett. a), b) e c) del citato comma 7 senza quindi alcuna possibilità di cumulo;
- la facoltà di proroga concessa all'ente locale dall'art. 1 comma 69 deve essere esercitata entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della Legge n. 239 del 2004 e solo qualora vengano ravvisate motivazioni di pubblico interesse, con ciò imponendo all'Ente locale una immediata valutazione complessiva di tutte le circostanze e dei presupposti che possono condurre al posticipo del termine naturale del 31/12/2005, compresa, pertanto, la possibilità di incrementare il periodo transitorio in forza una delle ipotesi contemplate nelle lettere a), b) e c) dell'art. 15 comma 7 del D. Lgs. n. 164 del 2000 (i cui presupposti devono essersi verificati almeno un anno prima dello scadere del quinquennio naturale).
La predetta facoltà di proroga costituisce, pertanto, un’ipotesi residuale ed atipica da esercitarsi discrezionalmente ed unilateralmente dall'Ente locale, diversamente dalle restanti ipotesi di incremento della durata del periodo transitorio che, come si vedrà di seguito, sono di natura convenzionale.
In sostanza il Legislatore ha voluto creare un limite di certezza (31/12/2007) oltre il quale non è consentito procrastinare l’attuazione dei nuovi principi che presidiano l'attività di distribuzione del gas nell'osservanza delle regole concorrenziali, e ciò lo ha fatto anche con l'abrogazione del comma 8 dell'art. 15 che consentiva il cumulo degli incrementi della durata naturale del periodo transitorio.
1c. L’incremento del periodo transitorio, qualora sussista una delle condizioni di cui alle lettere a), b) e c) dell'art. 15 comma 7 del D.Lgs. n. 164 del 2000 non è automatico, ma presuppone l'incontro delle volontà di entrambi i contraenti.
A tale conclusione si giunge considerando che il citato comma 7 stabilisce che il periodo transitorio – fissato in cinque anni a decorrere dal 31/12/2000 – “può” essere incrementato qualora sussistano le condizioni di cui alle lettere a), b) e c).
Già da questa prima e sommaria lettura emerge che si tratta di una mera facoltà, e non di un incremento che si produce ope legis. Simile facoltà era prevista anche dall'abrogato comma 8, secondo cui qualora ricorressero più di una delle predette condizioni i relativi incrementi avrebbero potuto essere sommati.
La ricorrente evidenzia, al contrario, che con l’uso della locuzione “può essere incrementato” si sarebbe inteso riconoscere in capo all’amministrazione un potere/dovere di verifica tecnica delle condizioni legittimanti la protrazione del termine, al sussistere delle quali il concessionario avrebbe titolo al differimento.
Osserva il Collegio, al riguardo, che l’impostazione della ricorrente non può essere condivisa in virtù delle considerazioni che seguono:
- il Legislatore ha fissato la durata naturale del periodo transitorio in cinque anni a decorrere dal 31/12/2000, definendo un periodo sufficientemente lungo per contemperare distinti interessi in parte contrapposti tra loro, ossia da un lato quello della collettività rivolto ad un servizio efficiente, efficace, di qualità e possibilmente meno oneroso in uno con l'interesse dell'Ente locale di procedere con sollecitudine all'affidamento del servizio secondo le procedure ad evidenza pubblica volte a garantire la concorrenza in un settore caratterizzato da assetti monopolistici o oligopolistici e, dall'altro, l'interesse delle imprese che gestiscono il servizio a non subire l’improvvisa risoluzione del rapporto contrattuale, beneficiando del tempo necessario per organizzarsi in vista della liberalizzazione del mercato;
- se la finalità del periodo transitorio è rappresentata proprio dall’equo contemperamento di interessi contrapposti – diversamente da quanto opina la ricorrente prospettando solo esigenze di salvaguardia dei propri interessi economici – la scelta del Legislatore di fissare la durata naturale del periodo transitorio in cinque anni a decorrere dal 31/12/2000 costituisce una decisione che si impone alla volontà delle parti indipendentemente dalle diverse realtà locali in cui, per effetto della scelta legislativa, questo contemperamento in effetti non si realizza, sussistendo invece l’interesse comune o unilaterale a risolvere anticipatamente il rapporto o, al contrario, proseguirlo;
- il Legislatore, proprio per favorire quest'ultima ipotesi a salvaguardia di specifici interessi locali, ha offerto alle parti del rapporto la possibilità di incrementare il quinquennio naturale di durata del periodo transitorio che, costituendo il frutto del contemperamento di interessi contrapposti, deve essere concordata a livello negoziale per non sacrificare indebitamente un interesse a vantaggio di un altro;
- in sostanza il Legislatore, dopo avere ritenuto equo un periodo transitorio di cinque anni, ha riconosciuto alle parti la possibilità di concordare un breve incremento in ragione di particolari circostanze locali, così come ha previsto – in via interpretativa – la possibilità dell'Ente locale di porre termine al rapporto anche prima della scadenza naturale del periodo transitorio attraverso l'istituto del riscatto, qualora convenzionalmente stabilito e quindi già parte integrante dell'economia del rapporto sinallagmatico.
1d. In difetto di una deliberazione di proroga da parte dell’Ente – adottata ai sensi dell’art. 1 comma 69 della Legge n. 239 del 2004 – ovvero di un accordo fra le parti raggiunto in presenza di una delle ipotesi di cui all'art. 15 comma 7 del D. Lgs. n. 164 del 2000, il periodo transitorio cessa ope legis al 31/12/2005 e con esso cessano gli affidamenti e le concessioni previsti dalla seconda parte dell'art. 15 comma 5 del predetto D.Lgs..
Poiché si tratta di una cessazione automatica, la stessa si produce senza la necessità di alcun atto o provvedimento, il quale servirebbe solo – al contrario – ad evitare l’effetto risolutivo.
Il sopra delineato quadro normativo di riferimento pare coerente con un’ulteriore serie di considerazioni di carattere generale.
Giova osservare, in primo luogo, che tutte le opzioni che derogano al modello ordinario delineato dal Legislatore devono essere correttamente applicate alla luce del contesto normativo di riferimento che assume – quale obiettivo prioritario – la liberalizzazione del mercato interno del gas e l'apertura al confronto concorrenziale fra i vari gestori.
Da quanto sopra deriva che tutte le norme volte a ritardare il raggiungimento dei predetti obiettivi vanno applicate con stretto rigore e nei casi espressamente previsti, anche al fine di rispettare gli obblighi imposti dalla normativa comunitaria.
Sotto quest’ultimo profilo, la disciplina del periodo transitorio prevista dall'art. 15 del D. Lgs. 164 del 2000 potrebbe apparire addirittura di dubbia conformità con le disposizioni della Direttiva n. 98/30/CE nonché la successiva Direttiva 26/6/2003 n. 2003/55, in considerazione dell'eccessiva durata dello stesso e del congelamento ope legis delle convenzioni o concessioni in essere alla data di entrata in vigore del citato Decreto legislativo.
Come si legge nel terzo considerato della Direttiva 98/30/CE (che resta comunque fermo in forza dell’art. 32 della citata Direttiva n. 2003/55): “…l'instaurazione di un mercato del gas naturale concorrenziale è un importante elemento del completamento del mercato interno dell'energia”. La predetta finalità si trova poi espressamente richiamata in diverse norme della direttiva medesima.
Il settimo considerato dispone anche che: “il mercato interno del gas naturale deve essere instaurato gradualmente, allo scopo di permettere all'industria di adeguarsi in modo flessibile e ordinato al suo nuovo ambiente e per tener conto delle differenti strutture di mercato degli Stati membri”.
Detta gradualità dovrebbe, tuttavia, essere definita in relazione ai tempi di attuazione del nuovo sistema imposti dalla disciplina comunitaria ed alla necessità di rendere effettivo (e non solamente formale) l'avvio del mercato interno del gas. Come dispone l'art. 28 della citata Direttiva n. 98/30/CE, la Commissione analizza i relativi effetti e presenta una relazione sull'esperienza acquisita per quanto riguarda il funzionamento del mercato interno, per consentire al Parlamento europeo e al Consiglio di esaminare a tempo debito, alla luce dell'esperienza acquisita, la possibilità di adottare disposizioni per l'ulteriore miglioramento del mercato stesso, da attuarsi dieci anni dopo l'entrata in vigore della direttiva in oggetto (ossia dopo l’anno 2008).
Da quanto sopra pare emergere che l’obiettivo imprescindibile assegnato agli Stati membri è proprio quello di garantire comunque l’effettivo sviluppo del mercato interno del gas naturale, seppure con la necessaria gradualità ritenuta necessaria anche dalla normativa comunitaria. Al conseguimento di questo obiettivo si opporrebbe, ovviamente, un periodo transitorio eccessivamente lungo che non potrebbe trovare giustificazione alcuna se non nel tentativo di perpetuare e consolidare il precedente assetto di tipo monopolistico o oligopolistico.
A sostegno, infine, della coerenza di quanto sopra affermato, deve richiamarsi l’interpretazione autentica contenuta nell’art. 1 comma 69 della Legge n. 239 del 2004, secondo cui è fatta salva la facoltà di riscatto anticipato del servizio, durante il periodo transitorio, se stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione. Si tratta indubbiamente di un favor del Legislatore verso l’anticipazione del regime di liberalizzazione del mercato del gas (in coerenza con il quadro comunitario di riferimento), che conferma, a giudizio del Collegio, la chiave interpretativa secondo cui tutte le norme volte a ritardare il conseguimento di quest’obiettivo vanno applicate con stretto rigore e nei casi tassativamente previsti.
Delineato così il quadro normativo di riferimento occorre ora procedere all’esame dei singoli motivi di ricorso dedotti dalla ricorrente.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
2. Occorre fin da subito osservare che, applicando alle fattispecie in esame il quadro normativo delineato al precedente punto 1, e in particolare le relative conclusioni, deve ritenersi infondato il motivo con cui si deduce la violazione dell’art. 15 del D. Lgs. 164/2000 nonchè l’eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti e sviamento, nella parte in cui il Comune avrebbe illegittimamente deliberato la cessazione del servizio con effetto dal 31/12/2005 senza calcolare gli incrementi automatici del periodo transitorio stabiliti dall'art. 15 comma 7 del D.Lgs. n. 164 del 2000, che consentono di posticipare, in presenza di determinati presupposti, la scadenza del periodo stesso al 31/12/2010 (in particolare nel caso in esame sussisterebbero, secondo la ricorrente, i presupposti per la prosecuzione del rapporto almeno fino al 31/12/2009).
Come già visto in precedenza, l'applicazione degli incrementi stabiliti dal citato art. 15 comma 7 non è automatica e presuppone l'incontro di volontà di entrambe le parti del rapporto concessorio.
3. Analogamente infondata deve ritenersi la censura con cui si deduce che il Comune intimato non avrebbe fornito un’adeguata motivazione circa la convenienza tecnico-economica di procedere alla cessazione del rapporto con effetto dal 31/12/2005 né avrebbe effettuato una ponderazione comparativa dell’interesse pubblico sotteso alla sua decisione con l’interesse privato contrapposto, condizione indispensabile per il corretto esercizio del potere discrezionale; ha poi puntualizzato la ricorrente che il Comune sarebbe titolare in materia di poteri di indirizzo, regolazione e controllo, per cui la valutazione della convenienza economica dell’operazione sarebbe estranea alla potestà pubblicistica riconosciuta all’Ente dalla vigente normativa.
Come già sopra sottolineato, la scadenza del periodo transitorio si produce ope legis alla data del 31/12/2005 salvo i provvedimenti espressi di proroga o di incremento del termine di scadenza che, nell’ipotesi in esame, non sono intervenuti.
Il perseguimento degli obiettivi di liberalizzazione del mercato interno del gas e di apertura alla concorrenza – attraverso la cessazione dei rapporti in essere e l'affidamento del servizio mediante procedura ad evidenza pubblica – costituisce motivazione sufficiente e coerente con gli indirizzi del Legislatore, senza la necessità di esplicitare ulteriormente altri eventuali aspetti di convenienza dell'Ente locale di non avvalersi delle possibilità di incremento della durata del periodo transitorio.
In buona sostanza, nel caso in esame, l’amministrazione intimata non ha adottato atti aventi natura provvedimentale e modificativa della posizione giuridica della ricorrente, poiché gli stessi assumono natura organizzativa e procedimentale in vista della scadenza naturale del periodo transitorio fissata ope legis al 31/12/2005, in ordine alla quale l'Ente locale si è limitato ad esplicitare – pur non essendone obbligato – che non intende avvalersi delle possibilità di prolungamento offerte dall’ordinamento; possibilità nei confronti delle quali la ricorrente vanta solo una situazione di aspettativa.
4. In estremo subordine, la ricorrente ha poi sviluppato in ricorso i profili di ritenuta illegittimità dell'art. 15 comma 7 in relazione agli artt. 3, 41, 42 e 43 della Carta costituzionale.
In primo luogo, giova al riguardo osservare che il potere di porre termine unilateralmente alle convenzioni prima della loro naturale scadenza non rappresenta una conseguenza della riforma del mercato interno del gas operata con il D.Lgs. n. 164 del 2000. Già in precedenza gli Enti disponevano del potere – da esercitare unilateralmente – di riscatto anticipato del servizio poiché, in base all’art. 24 del R.D. 2578/1925, i Comuni potevano avvalersi della facoltà di disdetta quando fosse decorso un terzo del periodo complessivo della concessione; in ogni caso essi avevano tuttavia diritto al riscatto dopo 20 anni dall’inizio della relativa attività di distribuzione, ma non potevano esercitarlo prima che ne fossero trascorsi 10. Infine, in difetto di disdetta alle scadenze considerate, l’esercizio della facoltà di riscatto poteva avvenire dopo il decorso di un quinquennio e così successivamente di seguito.
Tale possibilità di cessazione anticipata e unilaterale della concessione è rimasta integra anche sotto il nuovo regime poiché, come si è visto, l'art. 1 comma 69 della Legge n. 234 del 2004 fa salva la facoltà di riscatto anticipato, durante il periodo transitorio, se stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione.
Non emerge, pertanto, alcuna sostanziale posizione di svantaggio della ricorrente, ulteriormente aggravata rispetto al precedente quadro ordinamentale.
Occorre osservare, altresì, che l'apertura alla concorrenza del settore del gas persegue anche obiettivi di efficienza e di efficacia del servizio pubblico in coerenza con l’art. 97 della Cost., nonché di liberalizzazione del relativo mercato interno in attuazione di precise disposizioni comunitarie coerenti con la libertà di iniziativa economica dei vari operatori pubblici e privati.
Sotto il profilo dell'attuazione degli obblighi comunitari dello Stato – tenuto conto che il D. Lgs. n. 164 del 2000 costituisce norma interna di recepimento della Direttiva n. 98/30/CE – occorre richiamare le statuizioni della Corte costituzionale risalenti alla sentenza 18-27 dicembre 1973 n. 183 (poi ribaditi nella successiva giurisprudenza cfr. sentenze nn. 117 del 1994, 232 del 1989 e 170 del 1984), secondo cui le leggi di esecuzione del Trattato e degli atti normativi della Comunità Europea sono soggette al sindacato di costituzionalità solo in riferimento ai principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale ed ai diritti inalienabili della persona umana, potendo – negli altri casi – derogare anche a norme di rango costituzionale.
Nelle deduzioni di incostituzionalità formulate dalla ricorrente non si rilevano principi fondamentali o diritti inalienabili della persona umana suscettibili di lesione ad opera della norma censurata.
Ne consegue che le eccezioni di incostituzionalità devono ritenersi palesemente infondate.
5. Deve essere respinto anche il motivo con il quale la ricorrente ha invocato la violazione dell’art. 14 del D. Lgs. 164/2000, l’eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti ed il danno erariale, in quanto la previsione del Comune di accollarsi integralmente l’onere dell’indennizzo spettante al gestore uscente violerebbe l’inequivoca disposizione legislativa che pone il relativo obbligo in capo al gestore subentrante.
L’art. 14 comma 8 del D. Lgs. 164/2000 stabilisce effettivamente che “Il nuovo gestore, con riferimento agli investimenti realizzati secondo il piano degli investimenti oggetto del precedente affidamento o concessione, è tenuto a subentrare nelle garanzie e nelle obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguere queste ultime e a corrispondere una somma al distributore uscente in misura pari all'eventuale valore residuo degli ammortamenti di detti investimenti risultanti dai bilanci del gestore uscente e corrispondenti ai piani di ammortamento oggetto del precedente affidamento, al netto degli eventuali contributi pubblici a fondo perduto”.
Il Collegio ritiene sufficiente osservare che – se da un lato già il tenore letterale della disposizione non sembra precludere al Comune di farsi carico degli oneri derivanti dai rapporti con il gestore uscente – sul piano sostanziale la scelta intrapresa reca indubbi benefici economici alle imprese partecipanti alla procedura selettiva determinando una ricaduta positiva sul loro margine di profitto, per cui risulta incongrua la doglianza mossa avverso una clausola assolutamente inidonea a provocare conseguenze pregiudizievoli alla platea di potenziali concorrenti. Allo stesso modo, la decisione è assolutamente neutra rispetto ai diritti riconosciuti al gestore uscente, che non vengono in alcun modo messi in discussione.
6. E’ infine infondata anche la censura attraverso cui si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della L. 241 del 1990 per mancata comunicazione di avvio del procedimento concluso con la gravata deliberazione.
Come ha ripetutamente affermato la giurisprudenza amministrativa, le regole della partecipazione non vanno applicate in modo formalistico, ma lette alla luce dei criteri di ragionevolezza, proporzionalità, logica ed adeguatezza, sicché la pretesa partecipativa del soggetto interessato va razionalmente correlata alla peculiarità della vicenda procedimentale in cui essa si colloca.
Nel caso in esame, la ricorrente non vanta alcun interesse qualificato alla partecipazione procedimentale, poiché non ricorre alcuno dei presupposti previsti dall’art. 7 della Legge n. 241 del 1990 per ritenerla destinataria necessaria della notizia di avvio del procedimento.
Come è noto, detta comunicazione deve essere inoltrata ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenire, nonché ai soggetti (diversi dai destinatari del provvedimento finale) che possono subire un pregiudizio dall’adozione dello stesso.
Il Collegio osserva, al riguardo, che nessuna di dette ipotesi sussiste, poiché gli effetti che la ricorrente ritiene lesivi si producono ope legis alla scadenza del periodo transitorio e non a causa della deliberazione dell’Ente controparte del rapporto in scadenza, il quale avrebbe potuto solo impedire unilateralmente (e discrezionalmente) tale automatismo attraverso la proroga prevista dall’art. 1 comma 69 della Legge n. 239 del 2004. Non risulta neppure essere sussistente alcuna prescrizione normativa che imponga, nel caso specifico, di garantire la partecipazione procedimentale.
Nonostante la soccombenza il Collegio ritiene che sussistano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio in ragione della novità e della complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
il T.A.R. per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - definitivamente pronunciando respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso, in Brescia, nelle Camere di consiglio dell’11/2/2005 e del 2/3/2005, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia con l'intervento dei Signori:
Francesco MARIUZZO - Presidente
Mauro PEDRON - Giudice
Stefano
TENCA - Giudice relatore ed
estensore
NUMERO SENTENZA | 142 / 2005 |
DATA PUBBLICAZIONE | 09 - 03 - 2005 |