REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 244 del 2001 proposto da
SINTESI S.p.A.,
in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe Caia e Vito Salvadori ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Brescia, via V. Emanuele n. 4
contro
l’AUTORITA’ per la VIGILANZA sui LAVORI PUBBLICI,
in persona del legale rappresentante pro tempore, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato e domiciliata ope legis in Brescia, via S. Caterina n. 6;
e nei confronti
della INGG. PROVERA e CARRASSI S.p.A,
in persona del legale rappresentante pro tempore, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Marina Wongher e Stefano Balestrieri ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Brescia, via Gramsci n. 30;
per l’ANNULLAMENTO
della determinazione dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici 7.12.2000 n. 53/2000, pervenuta a Sintesi S.p.A. il 17.1.2001, nella quale si è espresso l’avviso che: “1) nel sistema della legge quadro sui lavori pubblici n. 109/94 l’aggiudicazione può avvenire soltanto con l’applicazione del criterio del prezzo più basso essendo possibile fare ricorso a quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa nelle sole ipotesi dell’appalto-concorso e della concessione di sola costruzione e gestione dei lavori pubblici; 2) le regole indicate trovano applicazione nel caso di appalti di lavori di qualsiasi importo e non soltanto inferiore alla soglia comunitaria, e la relativa disciplina non può ritenersi contrastante con il comma 1 dell’art. 30 della Direttiva CEE 93/37/CEE; 3) qualora nei casi consentiti dalla legge e diversi da quello preso in esame, nella concreta applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sia prevista la valutazione del valore tecnico per consentire detta valutazione occorre che il progetto sia modificabile da parte dei concorrenti” .
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della resistente e della controinteressata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato quale relatore, alla pubblica udienza del 14.1.2005, il dott. Stefano Mielli;
Uditi i difensori delle parti;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con deliberazione della Giunta 4.12.1989, n. 5688, ratificata dal Consiglio con atto 18.1.1990, n. 190/2357, il Comune di Brescia ha approvato il progetto concernente la realizzazione di un parcheggio interrato in località Fossa Bagni, il relativo bando per l’affidamento in concessione della costruzione e della gestione dello stesso parcheggio e la bozza di atto di concessione.
Nel febbraio del 1991 il Comune di Brescia affidava alla società Sintesi, per mezzo di una convenzione di concessione, la costruzione e la gestione di un parcheggio sotterraneo.
Il testo definitivo della convenzione tra il Comune di Brescia e Sintesi S.p.A. è stato approvato solo con deliberazione della Giunta 28.10.1998, n. 1725, a causa di una vicenda giudiziaria sorta con riferimento ad un vincolo indiretto di tipo storico-artistico sulle aree destinate al visto parcheggio, definitivamente conclusasi solo nel 1998.
La convenzione conclusa, nel dicembre 1999, tra il Comune di Brescia e la Sintesi S.p.A. prevedeva l’obbligo per la società concessionaria di aggiudicare l’esecuzione dei lavori tramite licitazione privata da esperirsi mediante gara europea, secondo la normativa comunitaria vigente in materia di lavori pubblici.
In data 23.1.1999, Sintesi S.p.A. ha pubblicato un primo bando di gara, che ha poi revocato a seguito di impugnativa dello stesso da parte del collegio costruttori edili di Brescia.
Con successivo bando pubblicato il 22.4.1999, la ricorrente ha indetto una gara da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, da valutarsi in base agli elementi del prezzo, del valore tecnico e del tempo necessario per la realizzazione dell’opera.
Anche detto bando è stato impugnato dal medesimo soggetto, il quale, tuttavia, ha poi rinunciato.
A seguito della fase di preselezione, la Sintesi S.p.A. trasmetteva alle imprese selezionate la lettera di invito alla presentazione delle offerte e, in allegato, la documentazione di gara.
La Ingg. Provera e Carrassi S.p.A., rientrante tra le società invitate alla presentazione delle offerte, chiedeva ed otteneva una proroga del termine di consegna.
Tuttavia questa, con lettera in data 25.10.1999, trasmessa per conoscenza anche all’Autorità per la Vigilanza sui Lavori pubblici, ha comunicato a Sintesi S.p.A. che non avrebbe partecipato alla gara, contestualmente rilevando l’illegittimità di quest’ultima.
Alla richiamata nota contenente gli indicati rilievi Sintesi S.p.A. ha replicato con lettera 15.11.1999, n. 99/2685, trasmettendone copia all’Autorità.
In data 5.4.2000 la “Ingg. Provera e Carrassi S.p.A.” ha inoltrato all’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici un ulteriore esposto, nel quale ha puntualizzato che oggetto della propria contestazione era non già il bando di gara, bensì “la successiva procedura per l’espletamento della stessa”.
Il Servizio ispettivo dell’Autorità, con lettera 19.4.2000, n. 7001/00/ISP, ha informato Sintesi S.p.A. di tale esposto ed ha chiesto alla stessa indicazione “delle imprese che a seguito dell’invito hanno presentato l’offerta… e del termine entro cui…la Commissione di gara proporrà per l’aggiudicazione l’offerta economicamente più vantaggiosa”.
Il 28.4.2000 Sintesi S.p.A. ha informato l’Autorità dell’imminenza dell’aggiudicazione definitiva dell’appalto.
Il 29 maggio 2000, individuata l’offerta economicamente più vantaggiosa, la Sintesi S.p.A. procedeva all’aggiudicazione dell’appalto.
Con nota 26.7.2000, n. 15934/00/ISP, il Servizio ispettivo dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori pubblici ha comunicato a Sintesi S.p.A. che “a seguito di nuovo esposto” il Consiglio dell’Autorità “ha riesaminato il caso”, deliberando di considerare la procedura di aggiudicazione dell’appalto di non conforme alla legge n. 109/1994 e, in data 7 dicembre 2000, emanava la determinazione n. 53/2000 che così recita: «1) Nel sistema di legge quadro sui lavori pubblici n. 109/1994, l’aggiudicazione dei pubblici appalti può avvenire soltanto con l’applicazione del criterio del prezzo più basso, essendo possibile fare ricorso a quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa nelle sole ipotesi dell’appalto-concorso e della concessione di costruzione e gestione di lavori pubblici;
2) le regole indicate trovano applicazione nel caso di appalti di lavori di qualsiasi importo e non soltanto inferiore alla soglia comunitaria, e la relativa disciplina non può ritenersi contrastante con il comma 1 dell’art. 30 della direttiva del Consiglio 93/37/CEE (…);
3) qualora, nei casi consentiti dalla legge e diversi da quello preso in esame, nella concreta applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sia prevista la valutazione del valore tecnico, per consentire detta valutazione occorre che il progetto sia modificabile da parte dei concorrenti».
La determinazione dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori pubblici è stata impugnata per i seguenti motivi di censura:
1) incompetenza assoluta ai sensi dell’art. 4 della L. 11.2.1994, n. 109, che disciplina i poteri dell’Autorità;
2) eccesso di potere per violazione di principi generali del diritto amministrativo;
3) violazione degli artt. 7, 8 e 10 della L. 7.8.1990, n. 241;
4) eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria; ulteriore violazione dei principi di cui agli artt. 7 e seguenti della L. 7.8.1990, n. 241, nonché dell’art. 3 della medesima legge; violazione di legge per inosservanza dell’art. 30, paragrafo 1 della Direttiva del Consiglio 93/37/CEE del 14.6.1993.
5) eccesso di potere per irragionevolezza della statuizione secondo la quale, nel caso d’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la valutazione del “valore tecnico” occorre che il progetto sia modificabile da parte dei concorrenti.
Si sono costituite in giudizio l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori pubblici, nonché la Società controinteressata, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
A seguito della pubblica udienza del 22.1.2002, in cui il ricorso è stato trattenuto in decisione, questa Sezione con sentenza non definitiva 26 giugno 2002, n. 996, respinte le eccezioni in rito, ha sospeso il processo in attesa della definizione della questione pregiudiziale, sollevata con contestuale ordinanza, avanti la Corte di Giustizia delle Comunità Europee.
Avverso detta sentenza l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori pubblici ha proposto appello, dichiarato inammissibile con decisione del Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 agosto 2003, n. 4752.
Attesa la natura pregiudiziale ed assorbente del quarto motivo introdotto, con il quale l’istante ha affermato di aver dato puntuale applicazione all’art. 30, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, questa Sezione, con ordinanza del 26 giugno 2002, n. 997, sottolineando che il parcheggio di cui trattasi sarà situato nel centro storico della città di Brescia e conseguentemente l’opera da realizzare richiedeva una valutazione degli elementi tecnici per consentire di individuare l’impresa più idonea alla quale affidare i lavori, ha sottoposto alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’art. 30, n. 1, della direttiva 14.6.1993, n. 93/37, laddove attribuisce alle singole Amministrazioni aggiudicatici la scelta del criterio d’aggiudicazione, individuato alternativamente nel prezzo più basso o nell’offerta più vantaggiosa, costituisca conseguente applicazione del principio di libera concorrenza già sancito dall’art. 85 [ora art. 81 CE] del Trattato, che esige che ogni offerta nelle gare indette all’interno del mercato unico sia valutata in modo che non sia impedito, ristretto o falsato il confronto fra le stesse.
2) Se, in via strettamente conseguente, l’art. 30 della direttiva 14.6.1993, n. 93/37, osti a che l’art. 21 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, precluda per l’aggiudicazione degli appalti a procedura aperta e ristretta in materia di lavori pubblici la scelta da parte delle Amministrazioni aggiudicatici del criterio dell’offerta più vantaggiosa, prescrivendo in via generale solo quello del prezzo più basso».
La Corte di Giustizia delle Comunità Europee, con sentenza 7 ottobre 2004, n. C-247/02, ha dichiarato che l’art. 30, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale la quale, ai fini dell’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici mediante procedure di gara aperte o ristrette, imponga, in termini generali ed astratti, alle amministrazioni aggiudicatici di ricorrere unicamente al criterio del prezzo più basso.
Con memorie, depositata nell’imminenza della pubblica udienza, l’Autorità per la Vigilanza dei Lavori Pubblici insiste per l’accoglimento dell’eccezione di difetto di interesse della ricorrente e la controinteressata chiede il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 14 gennaio 2005 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Le prime due eccezioni in rito sollevate dalla controinteressata sono state respinte con la sentenza non definitiva 26 giugno 2002, n. 996.
La prima, concernente la competenza territoriale del Giudice adito, non è stata accolta per difetto delle formalità previste dall’art. 31 della L. 6.12.1971, n. 1034, atteso che non è sufficiente eccepire l’incompetenza territoriale, ma è necessario indicare il Tribunale ritenuto competente con memoria notificata alla controparte.
La seconda, concernente l’inammissibilità del ricorso per invalidità della procura conferita dall’istante, non è stata accolta in quanto radicalmente infondata in fatto, posto che il signor Egidio Papetti, che si è a tal fine espressamente qualificato come legale rappresentante pro tempore della Sintesi S.p.A., consta aver sottoscritto la procura alle liti, sottoscrivendola con grafia leggibile, debitamente autenticata dal procuratore alla lite.
1.2 La terza eccezione in rito è stata sollevata dall’Autorità per la Vigilanza dei Lavori Pubblici, secondo cui l’atto impugnato sarebbe “volto a rendere un’interpretazione di carattere generale della normativa esaminata priva di rilevanti riferimenti al caso concreto” e, pertanto, non potrebbe profilarsi alcuna reale ed effettiva controversia in difetto di ogni possibile concreta incisione sugli atti della gara bandita dalla ricorrente.
L’eccezione è stata respinta con la già menzionata sentenza non definitiva, in quanto l’impugnata determinazione dell’Autorità, emanata a seguito della conclusione del procedimento avviato nell’esercizio dei suoi poteri di vigilanza, possiede un’indubbia autorevolezza, di per sé capace di incidere in via immediata e diretta sulla sfera giuridica del ricorrente, mettendo in dubbio la correttezza della procedura di gara e di tutti gli atti già posti in essere, oltre a quelli ulteriori pertinenti il compimento dell’opera e la fase della sua futura gestione.
Avverso tale statuizione della sentenza l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici ha proposto appello dichiarato inammissibile dal Consiglio di Stato, con ordinanza della Sez. VI, 22 agosto 2003, n. 4752, in quanto la definizione delle questioni preliminari in rito compiuta dal Giudice di primo grado è da considerarsi limitata all’esame dell’ammissibilità della questione pregiudiziale sottoposta al vaglio della Corte di Giustizia e, pertanto, è priva di un proprio contenuto decisorio, avendo la natura di ordinanza nonostante il nomen di sentenza non definitiva.
Osserva il Giudice di appello che, una volta sollevata la questione pregiudiziale da un giudice nazionale, un giudice nazionale diverso da quello che ha sollevato la questione rimane privo del potere di esaminare l’ammissibilità e la rilevanza della medesima questione, che vanno valutate esclusivamente dalla Corte di Giustizia presso la quale pende una diversa fase del giudizio.
1.3 Con memoria del 7 dicembre 2004, l’Autorità insiste per l’accoglimento dell’eccezione, in quanto il provvedimento impugnato non avrebbe natura autoritativa o cogenza ed efficacia concreta ed attuale, ma di manifestazione di giudizio non vincolante per i soggetti che operano nel settore.
Si osserva che la determinazione impugnata appare in ogni caso lesiva dell’interesse della ricorrente.
Infatti con riguardo alle funzioni assegnate all’Autorità, l’art. 4, comma 4, della legge 109 del 1994 alle lettere d) ed f) prevede il compito di segnalazione e “referto” al Governo ed al Parlamento circa fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della normativa sui lavori pubblici e l’art. 4 comma 9, a sua volta, prevede che qualora accerti “l'esistenza di irregolarità, l'Autorità trasmette gli atti ed i propri rilievi agli organi di controllo e, se le irregolarità hanno rilevanza penale, agli organi giurisdizionali competenti”, con l’ulteriore prescrizione che, “qualora l'Autorità accerti che dalla realizzazione dei lavori pubblici derivi pregiudizio per il pubblico erario, gli atti e i rilievi sono trasmessi anche ai soggetti interessati e alla Procura generale della Corte dei conti”.
Ove si ritenesse inammissibile ricorrere contro determinazioni come quella impugnata, l’amministrazione dovrebbe soggiacere senz’altro, senza potersi tutelare in alcun modo, alla possibilità che l’Autorità, nel segnalare e comunque nel riferire al Governo ed al Parlamento circa disfunzioni e violazioni di legge riscontrate nel settore delle concessioni di lavori pubblici, formuli osservazioni critiche che, oltre a riguardare aspetti di carattere generale dell’azione amministrativa svolta, possono incentrarsi anche su illegittimità e disfunzioni relative a casi particolari.
Occorre aggiungere che in realtà, la persistenza in vita della determinazione dell’Autorità potrebbe autorizzare la controinteressata a proporre azione di risarcimento del danno.
Se è vero infatti, che la Ingg. Provera e Carrassi S.P.A. non ha impugnato il bando, essa ha comunque conseguito tramite l’Autorità una affermazione di illegittimità della procedura che, pur in difetto di un suo annullamento, potrebbe aprire la strada ad un’azione civile; e ciò anche per il recente orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione (cfr. ordinanza 26 maggio 2004 n. 10180) in tema di pregiudiziale amministrativa che ha disatteso l’orientamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (cfr. decisione 26 marzo 2003, n. 4).
Sussiste pertanto in capo alla ricorrente l’interesse a vedere accertata in sede giurisdizionale l’annullamento della declaratoria di illegittimità della svolta procedura espressa nei suoi confronti dall’Autorità, in quanto questa contiene valutazioni che potrebbero persistere nel tempo, ledendo in modo immediato e diretto la sua sfera giuridica in dipendenza della affermazione di non correttezza del proprio operato.
L’impugnabilità di determinazioni come quella in esame avanti agli organi di giustizia amministrativa, costituisce dunque l’unico rimedio contro il verificarsi di tali vicende, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso e l’annullamento della determinazione dell’Autorità implicano che l’Autorità stessa, nel segnalare e riferire a Governo e a Parlamento, non possa tenere conto dell’illegittimità accertata nel caso particolare e posta nel nulla dal Giudice amministrativo (cfr. Tar Veneto, Sez. I, 27 aprile 2002, n. 1601).
2. Nel merito devono essere esaminati il primo ed il secondo motivo di ricorso, con i quali si lamenta l’incompetenza assoluta ai sensi dell’art. 4 della legge 109 del 1994 che disciplina i poteri dell’Autorità e l’eccesso di potere per violazione dei principi generali del diritto amministrativo.
Le censure sono infondate, in quanto il provvedimento impugnato rientra certamente nell’ambito delle attribuzioni di vigilanza ed ispettive che il legislatore ha affidato all’Autorità con l’art. 4 della legge n. 109 del 1994.
Infatti in base a quanto dispone l’art. 4, comma 4, lettere b), d) ed f), l’Autorità:
Con riguardo all’esercizio delle funzioni di vigilanza ispettiva, gli articoli 4 e 5 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, disciplinano un vero e proprio procedimento caratterizzato, tra l’altro:
Pertanto la vigilanza sul rispetto della normativa in materia di lavori pubblici, sulla regolarità delle procedure e la facoltà di disporre ispezioni, oltre a concretizzarsi in una funzione di segnalazione e referto al Governo e al Parlamento e di trasmissione di atti e rilievi ai competenti organi di controllo e giurisdizionali, può dar luogo anche alla emanazione di provvedimenti particolari, relativi a situazioni specifiche e contenenti valutazioni sull’illegittimità di singole fattispecie.
L’art. 4, comma 6, della legge 109 del 1994 prevede inoltre che “nell'ambito della propria attività l'Autorità può richiedere alle amministrazioni aggiudicatrici…documenti, informazioni e chiarimenti relativamente ai lavori pubblici, in corso o da iniziare, al conferimento di incarichi di progettazione, agli affidamenti dei lavori; anche su richiesta motivata di chiunque ne abbia interesse, può disporre ispezioni, avvalendosi del Servizio ispettivo…”.
Il provvedimento impugnato costituisce quindi l’esito di un procedimento di vigilanza ispettiva avviato, nel caso di specie, a seguito della presentazione di più esposti presentati dalla Ingg. Provera e Carrassi S.p.A. e rientra dunque nella sfera delle attribuzioni dell’Autorità.
3. Il quarto motivo di ricorso, con il quale la ricorrente censura il provvedimento impugnato per inosservanza dell’art. 30, paragrafo 1 della Direttiva del Consiglio 93/37/CEE del 14.6.1993, deve essere accolto.
Con la sentenza 7 ottobre 2004, n. C-247/02, la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, risolvendo la questione pregiudiziale sollevata da questa Sezione, ha dichiarato che l’art. 30, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale la quale, ai fini dell’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici mediante procedure di gara aperte o ristrette, imponga, in termini generali ed astratti, alle amministrazioni aggiudicatici di ricorrere unicamente al criterio del prezzo più basso.
In particolare la Corte sottolinea che la citata direttiva mira allo sviluppo di una concorrenza effettiva nel settore degli appalti pubblici e tende ad organizzare l’attribuzione di appalti pubblici in modo tale da consentire alle amministrazioni aggiudicatrici di comparare le varie offerte e di scegliere quella più vantaggiosa sulla base di criteri obiettivi.
Per tale motivo, osserva la sentenza, la direttiva prevede i criteri sui quali l’amministrazione aggiudicatrice si deve basare: unicamente il prezzo più basso o, quando l’aggiudicazione si fa in base all’offerta economicamente più vantaggiosa, in base ai diversi criteri variabili secondo l’appalto (ad esempio, il prezzo, il termine di esecuzione, il costo di utilizzazione, la redditività, il valore tecnico).
Secondo la Corte di Giustizia, quindi, la disposizione della legge italiana che impone il solo criterio del prezzo più basso, stabilisce senz’altro un criterio obiettivo, tuttavia la fissazione in termini astratti e generali di un unico criterio di attribuzione, priva le amministrazioni aggiudicatrici della possibilità di prendere in considerazione la natura e le caratteristiche di ogni appalto e di scegliere per ciascuno di essi il criterio più idoneo a garantire la libera concorrenza e ad assicurare la selezione della migliore offerta.
Nella specie, essendo la realizzazione del parcheggio un’opera complessa, l’amministrazione aggiudicatrice ha quindi tenuto utilmente conto di tale complessità scegliendo criteri oggettivi di aggiudicazione dell’appalto, diversi da quelli del prezzo più basso.
E’ pertanto necessario disapplicare l’art. 21 della legge 11 febbraio 1994 n. 109 nel testo antecedente alle modifiche ad esso apportate dalla legge 1 agosto 2002, n. 166, rilevante ratione temporis per la controversia oggetto del giudizio, in quanto dichiarato incompatibile con le regole generali dell'ordinamento comunitario ricavate in sede di interpretazione dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nell'esercizio dei compiti ad essa attribuiti dall’art. 234 (ex art. 177) del Trattato.
Trova quindi accoglimento il quarto motivo del ricorso, con il quale l’istante ha affermato di aver dato puntuale applicazione all’art. 30, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE. Restano assorbiti il terzo ed il quinto motivo di ricorso.
Per quanto concerne le spese il Collegio, premettendo che devono essere liquidate anche quelle relative alla fase di giudizio che si è svolta avanti la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, individua quale tariffa applicabile quella per le controversie di valore indeterminabile: per le ragioni sopra esposte il valore della controversia, nella vicenda trattata, non coincide con l’importo dell’appalto, posto che non è in contestazione la sua aggiudicazione, né è stata proposta un’azione di risarcimento del danno da parte della controinteressata sul rilievo della sua dichiarata illegittimità.
Peraltro il suddetto valore appare di grado elevato per l’importanza delle questioni giuridiche trattate ed in considerazione dei plurimi effetti che, sotto vari profili di responsabilità, si configurerebbero a carico di Sintesi ove restasse ferma la statuizione in questa sede impugnata.
Tali considerazioni giustificano pertanto la liquidazione degli onorari nell’importo medio, tra il minimo ed il massimo, della tariffa.
I diritti. gli onorari e le spese sono pertanto liquidati nell’importo di € 925,49 per diritti, € 18.806,00 per onorari ed € 2.792,86 per spese borsuali comprese quelle generali, con riguardo al giudizio svolto avanti il Tribunale Amministrativo Regionale; € 578,43 per diritti, € 15.192,00 per onorari ed € 2.091,30 per spese borsuali comprese quelle generali, con riguardo al giudizio che si è svolto avanti la Corte di Giustizia delle Comunità Europee.
Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione parziale, nella misura del cinquanta per cento, alla somma complessiva di € 40.386,08 in ragione della peculiarità e novità delle questioni trattate, nonché della obiettiva controvertibilità e dubbiezza della lite, atteso che non erano concordi con le conclusioni raggiunte dalla Corte di Giustizia la stessa Commissione europea, il Governo ellenico e quello austriaco, intervenuti in giudizio.
In definitiva viene quindi liquidata la somma complessiva di € 20.193,04 oltre ad oneri di legge, che deve essere posta per un terzo a carico dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici e per due terzi a carico della controinteressata Ingg. Provera e Carrassi S.P.A., la cui condotta ha dato origine alla controversia.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia- Sezione staccata di Brescia - definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e per l’effetto annulla la determinazione dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici 7.12.2000 n. 53/2000. Condanna l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori pubblici per un terzo e la Ingg. Provera e Carrassi S.P.A per due terzi, a corrispondere alla ricorrente la somma liquidata in motivazione, oltre ad oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso, in Brescia, il 14 gennaio 2005, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Francesco Mariuzzo Presidente
Gianluca Morri Giudice
Stefano
Mielli Giudice est.
NUMERO SENTENZA | 168 / 2005 |
DATA PUBBLICAZIONE | 18 - 03 - 2005 |