REPUBBLICA ITALIANA Sent.n. 1582/2005
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Ric. n. 757/2004
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA  
SEZIONE SECONDA  
 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso n. 757/2004 proposto dai signori Balletto Giorgio, Anastasio Antonio, Corona Giorgio, Grivel Enrico, Manghina Ottavio, rappresentati e difesi dagli avvocati Contu Giovanni e Piras Giorgio Junior con domicilio eletto in Cagliari via Ancona  n. 3 presso studio legale del primo;

contro

il Consiglio Regionale della Regione Autonoma della Sardegna; rappresentato e difeso dagli avvocati  Massimo Falchi Delitala e Gabriele Spano, con domicilio eletto in Cagliari via Roma n.25 presso l’ufficio legale del medesimo Consiglio regionale;

l’Ufficio Elettorale Centrale Regionale presso Corte d’Appello di Cagliari,    l’Ufficio Elettorale Centrale Circoscrizionale presso Tribunale di Cagliari per Circoscrizione Provinciale di Cagliari, l’Ufficio Elettorale Centrale Circoscrizionale presso Tribunale di Cagliari per la Circoscrizione Provinciale Medio Campidano, la Regione Autonoma della Sardegna, l’Ufficio Elettorale Centrale Circoscrizionale presso Tribunale di Cagliari per la Circoscrizione Provinciale Carbonia-Iglesias, l’Ufficio Elettorale Centrale Circoscrizionale presso Tribunale di Oristano per la Circoscrizione Provinciale di Oristano, l’Ufficio Elettorale Centrale Circoscrizionale presso Tribunale di Nuoro per la Circoscrizione Provinciale di Nuoro, l’Ufficio Elettorale Centrale Circoscrizionale presso Tribunale di Lanusei per la Circoscrizione Provinciale dell’Ogliastra, l’Ufficio Elettorale Centrale Circoscrizionale presso Tribunale di Sassari per la Circoscrizione Provinciale di Sassari, l’Ufficio Elettorale Centrale Circoscrizionale presso il Tribunale di Tempio Pausania per la Circoscrizione Provinciale Olbia-Tempio Pausania, non costituiti in giudizio;

e nei confronti

dei signori Soru Renato, Atzeri Giuseppe,  Balia Giuseppino, Biancareddu Andrea Mario, Caligaris Maria Grazia, Masia Pierangelo,  Milia Sergio,   Moro Giovanni,  Murgioni Eugenio,  Onida Pasquale, Oppi Giorgio,   Pili Mauro,  Randazzo Alberto,  Salis Adriano,  Sanna Matteo,   Sanna Paolo Terzo, Scarpa Luigi Beniamino, Serra Salvatore, Uras Luciano,  Vargiu Pierpaolo,    Capelli Roberto, Cappai Antonio, Cherchi Oscar Giuseppe, Corda Elia,  Cuccu Franco Ignazio, Cugini Renato,  Diana Mario, Floris Mario,  Ibba Raimondo,  Ladu Silvestro, Liori Antonio Angelo, nonché Giommaria Uggias, non costituiti in giudizio;

dei signori Addis Antonio Efisio,  Biancu Antonio, Cocco Mariuccia, Cucca Giuseppe  Luigi, Cuccu Giuseppe, Fadda Paolo, Giagu Giovanni, Manca Gavino, Sabatini Francesco, Sanna Francesco, Sanna Simonetta, Secci Eliseo, Frau Alessandro, Pinna Stefano Izzo Raffaele, Azzena Alberto, Maninchedda Paolo Giovanni, Gessa Gian Luigi, Cerina Giovanna, Porcu Antioco, Bruno Mario,  e  Tilocca Pietro Maria (Piero) , rappresentati e difesi dall’avvocato Lorenzo Palermo, con domicilio eletto in Cagliari, via Saverio Mattei n. 6, pressolo studio del medesimo legale;

del signor Artizzu Ignazio, rappresentato e difeso dagli avvocati Atzori Francesco e Salone Enrico con domicilio eletto in Cagliari, via Maddalena n. 40, presso lo studio dei medesimi legali;

dei signori Barracciu Francesca, Calledda Antonio Ignazio, Cherchi Silvio, Corrias Angelina, Floris Vincenzo, Lai Bachisio Silvio, Marroccu Siro, Mattana Salvatore, Orru’ Giovanni Battista, Pacifico Nazareno, Pirisi Giuseppe Matteo, Sanna Alberto, Sanna Francesco, Spissu Giacomo, rappresentati e difesi dall’avvocato Costantino Murgia, con elezione di domicilio in Cagliari, viale Bonaria n. 80, presso lo studio del medesimo legale;

del signor Salis Adriano, rappresentato e difeso dagli avvocati Murgia Costantino e Curto Silvia con domicilio eletto in Cagliari, viale Bonaria n. 80, presso lo studio dei medesimi legali;

dei signori Davoli Ciriaco, Fadda Giuseppe, Lanzi Paola, Licheri Paolo Antonio e Pisu Ignazio Paolo, rappresentati e difesi dall’avvocato Roberto Candio, con elezione di domicilio in Cagliari, presso lo studio del medesimo legale;

dei signori Cachia Carmelo,  Giorico Giuseppe, Amadu Salvatore, rappresentati e difesi dall’avvocato Solinas Mario Matteo con domicilio eletto in Cagliari, via Cugia n. 14, presso lo studio dell’avvocato Luisa Armandi

dei signori Cassano Gavino Raimondo, Dedoni Attilio Maria Antonio, Pisano Franco Sergio,  rappresentati e difesi dagli avvocati Picozza Eugenio e Ferroni Maria Vittoria, domiciliati presso la segreteria del T.A.R. Sardegna;

dei signori Contu Mariano Ignazio, La Spisa Giorgio, Licandro Gerolamo, Lombardo Claudia, Petrini Onorio, Rassu Nicola, Sanciu Fedele, Sanjust Carlo, rappresentati e difesi dall’avvocato Franceschi Piero, con domicilio eletto in Cagliari via Sonnino  n.33 presso la sua sede;

del signor Marracini Sergio, rappresentato e difeso dagli avvocati Porcu Stefano e Muntoni Daniela con domicilio eletto in Cagliari, via Garibaldi n. 105, presso lo studio legale del primo;

 

per l'annullamento

con il ricorso principale:

di tutti gli atti ed operazioni del procedimento elettorale per le elezioni del Presidente della Regione Sardegna e dei Consiglieri Regionali del XIII Consiglio Regionale della Sardegna svoltesi il 12 e 13 giugno 2004, e segnatamente di tutti i verbali di proclamazione degli eletti dell’Ufficio Centrale Regionale presso la Corte d’Appello di Cagliari e degli otto Uffici Centrali Circoscrizionali indicati nell’epigrafe del ricorso, nonché dei presupposti provvedimenti, espressi o taciti, degli stessi Uffici Centrale Regionale e Centrali Circoscrizionali  di ammissione delle liste regionali e provinciali contestate con le censure elencate in ricorso, nonché dei conseguenti provvedimenti ed operazioni di inclusione dei simboli delle stesse liste  nelle schede elettorali.

con i quattro atti di motivi aggiunti:

degli stessi provvedimenti di ammissione, espressi o taciti emanati dall'Ufficio centrale regionale e dagli Uffici Centrali Circoscrizionali;

      Visto il ricorso con i relativi allegati;

      Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio Regionale e dei controinteressati Addis Antonio Efisio,  Biancu Antonio, Cocco Mariuccia, Cucca Giuseppe Luigi, Cuccu Giuseppe, Fadda Paolo, Giagu Giovanni, Manca Gavino, Sabatini Francesco, Sanna Francesco, Sanna Simonetta, Secci Eliseo, Frau Alessandro, Pinna Stefano Izzo Raffaele, Azzena Alberto, Maninchedda Paolo Giovanni, Gessa Gian Luigi, Cerina Giovanna, Porcu Antioco, Bruno Mario,  e  Tilocca Pietro Maria (Piero), Artizzu Ignazio, Barracciu Francesca, Calledda Antonio Ignazio, Cherchi Silvio, Corrias Angelina, Floris Vincenzo, Lai Bachisio Silvio, Marroccu Siro, Mattana Salvatore, Orru’ Giovanni Battista, Pacifico Nazareno, Pirisi Giuseppe Matteo, Sanna Alberto, Sanna Francesco, Spissu Giacomo, Salis Adriano, Davoli Ciriaco, Fadda Giuseppe, Lanzi Paola, Licheri Paolo Antonio e Pisu Ignazio Paolo, Cachia Carmelo,  Giorico Giuseppe, Amadu Salvatore, Cassano Gavino Raimondo, Dedoni Attilio Maria Antonio, Pisano Franco Sergio, Contu Mariano Ignazio, La Spisa Giorgio, Licandro Gerolamo, Lombardo Claudia, Petrini Onorio, Rassu Nicola, Sanciu Fedele, Sanjust Carlo e Marracini Sergio;

      Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

      Visti gli atti tutti della causa;

      Nominato relatore per la pubblica udienza del 8 giugno 2005 il consigliere Silvio Ignazio Silvestri;

      Uditi gli avvocati Giovanni Contu e Giorgio Piras jr per i ricorrenti, gli avvocati Massimo Falchi Delitala e Gabriele Spano per il Consiglio regionale, gli avvocati Lorenzo Palermo, Alberto Azzena, Antonio Maria Lei (su delega), Mario Solinas, Francesco Atzori, Enrico Salone, Costantino Murgia, Roberto Candio, Maria Vittoria Ferroni, Daniela Muntoni, Piero Franceschi, Benedetto Ballero, per i controinteressati costituiti;

      Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue

F A T T O

     I signori Giorgio Balletto e Giorgio Corona, candidati non risultati eletti, nonché Antonio Anastasio, Enrico Grivel e Ottavio Manghina, tutti iscritti nelle liste elettorali di comuni della Sardegna, impugnano, con ricorso depositato presso la segreteria del TAR il 12 luglio 2004, tutti gli atti ed operazioni del procedimento elettorale per le elezioni del presidente della Regione Sardegna e dei consiglieri regionali del XIII Consiglio regionale della Sardegna svoltesi il 12 e 13 giugno 2004 e, segnatamente, tutti i verbali di proclamazione degli eletti dell'Ufficio centrale regionale presso la Corte d'appello di Cagliari e degli otto Uffici centrali circoscrizionali, nonché i presupposti provvedimenti degli stessi uffici, espressi o taciti, con i quali sono state ammesse le liste regionali e provinciali contestate con le censure seguenti, nonché i conseguenti provvedimenti ed operazioni di inclusione dei simboli delle stesse liste nelle schede elettorali.

Essi sostengono che sono state ammesse a partecipare alle elezioni numerose liste regionali e provinciali che, invece, avrebbero dovuto essere ricusate a causa di molteplici illegittimità, tali da viziare insanabilmente e, quindi, travolgere l'intero risultato elettorale.

Con i motivi dal numero 1 al numero 11 vengono dedotte censure riguardanti diverse liste presentate nelle varie circoscrizioni provinciali, che avrebbero dovuto essere escluse dalla competizione elettorale; con i motivi di cui ai numeri 12, 13 e 14, si deducono censure di illegittimità derivata a carico dei provvedimenti di ammissione delle corrispondenti liste regionali ed infine, con il motivo sub 15, si deducono vizi propri del provvedimento di ammissione della lista regionale Sardegna insieme.

Si sono costituiti in giudizio il Consiglio regionale della Sardegna e numerosi controinteressati, risultati eletti alle elezioni contestate; tutti hanno sollevato diverse eccezioni di inammissibilità del ricorso e chiesto comunque una pronuncia di rigetto. I difensori del Consiglio regionale hanno inoltre chiesto che il Consiglio venisse estromesso da giudizio.

I ricorrenti hanno inoltre depositato in data 2 agosto 2004 presso la segreteria del TAR una istanza istruttoria per acquisire ulteriore documentazione ed hanno presentato motivi aggiunti, notificati tra il 20 e il 24 settembre 2004 e depositati il successivo 4 ottobre, con cui hanno dedotto ulteriori illegittimità riguardanti la ammissione della lista regionale Sardegna Insieme, ad integrazione delle censure dedotte con il quindicesimo motivo.

All'udienza pubblica tenutasi il 13 ottobre 2004 i difensori dei ricorrenti hanno chiesto di poter integrare il contraddittorio nei confronti di alcuni controinteressati per i quali la notifica effettuata non aveva avuto buon esito.

Alcuni dei controinteressati hanno sollevato diverse eccezioni di inammissibilità e, inoltre, taluni hanno anche sostenuto l'inammissibilità della domanda di integrazione del contraddittorio e della istanza istruttoria. I difensori del Consiglio regionale hanno insistito nella richiesta di estromissione già presentata nelle memorie di costituzione.

È stata inoltre sollevata da alcuni controinteressati una eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla materia, nonché alcune questioni di legittimità costituzionale delle disposizioni che regolano il procedimento elettorale nelle regioni.

Su quest'ultimo punto il difensore dei ricorrenti avvocato Piras si è opposto, mentre il codifensore avvocato Contu ha dichiarato a verbale di aderire a tutte le questioni di illegittimità costituzionale formulate dai controinteressati ed ha chiesto che il giudizio fosse rimesso alla Corte costituzionale.

Dopo una approfondita discussione su tutte le questioni all'esame del processo, il ricorso è stato spedito in decisione.

Con ordinanza n. 86 del 14 ottobre 2004, la Sezione ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti di soggetti controinteressati cui il ricorso non era stato ancora correttamente notificato ed ha fissato l'udienza per il prosieguo della trattazione della causa al 9 dicembre 2004.

In tale udienza, l'avvocato Candio, difensore tra l'altro di un gruppo di ricorrenti appartenenti al partito "Progetto Sardegna", ha dichiarato di rinunciare alla loro difesa per motivi personali ed ha chiesto che la causa venisse rinviata per consentir loro di costituirsi in giudizio con altro difensore.

Le altre parti hanno aderito alla richiesta e, in mancanza di opposizione dei controinteressati, il ricorso è stato rinviato all'udienza pubblica del 12 gennaio 2005; a tale udienza tutte le parti hanno insistito sulle proprie richieste ed eccezioni, ivi comprese quelle relative alla istanza istruttoria.

Con sentenza n. 110 del 24 gennaio 2005 il Tribunale ha respinto alcune delle eccezioni proposte dai controinteressati ed ha disposto l'acquisizione di una parte dei documenti richiesti dai ricorrenti, incaricando il consigliere relatore di effettuare una verificazione della documentazione acquisita per il giorno 8 febbraio 2005; l'udienza pubblica per il prosieguo della trattazione è stata fissata al 23 febbraio 2005.

Con la detta sentenza n. 110, in particolare, il Tribunale ha respinto l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito nonché le questioni di legittimità costituzionale della normativa elettorale; inoltre è stata respinta l'eccezione di tardività del ricorso, nonché le ulteriori eccezioni con cui si è dedotta l’inammissibilità del ricorso perché presentato in forma collettiva, la mancata notifica a tutti i controinteressati nei termini decadenziali e l'omesso deposito in termini degli atti impugnati.

La verificazione disposta dal Tribunale è stata rinviata al giorno 11 febbraio 2005 in quanto alla data prevista del 8 febbraio mancava ancora una parte dei documenti richiesti.

In sede di verificazione, sia i difensori dei controinteressati che quelli dei ricorrenti hanno preliminarmente formulato riserva di appello differito contro la sentenza parziale n. 110/2005; di seguito si è svolto l’esame della documentazione che, insieme al relativo verbale, è stata depositata presso la segreteria del Tribunale, a disposizione di tutte le parti, in data 14 febbraio 2005.

All'udienza pubblica del 23 febbraio 2005 tutte le parti hanno confermato la propria riserva di appello differito avverso la sentenza n. 110/2005; in considerazione della circostanza che alcuni documenti acquisiti agli atti, e consistenti nelle dichiarazioni di accettazione della candidatura alla carica di consigliere regionale per la  lista il Movimento nella circoscrizione di Sassari, non sono stati, per errore, esaminati durante la verificazione, benché siano stati allegati al verbale di verificazione, il presidente, viste le richieste di rinvio da parte dei difensori dei controinteressati e dei ricorrenti, ha disposto il rinvio della trattazione del ricorso all'udienza pubblica del 13 aprile 2005.

In data 5 marzo 2005 i ricorrenti hanno depositato presso la segreteria del Tribunale un secondo atto di motivi aggiunti,  con cui hanno affermato di aver solo da pochi giorni ottenuto dalle cancellerie dei tribunali ulteriore documentazione da cui sarebbe stato possibile dedurre ulteriori censure, che qualificano come meramente integrative di quelle già dedotte con ricorso introduttivo; si tratta di violazioni che integrerebbero le censure di cui ai numeri 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11.15 del ricorso introduttivo.

Successivamente, in data 7 aprile 2005, i ricorrenti hanno depositato un terzo atto di motivi aggiunti, sostenendo di aver ottenuto ulteriore documentazione e deducono perciò altre censure asseritamente integrative di quelle già dedotte nel ricorso introduttivo ai numeri 1, 3, 4, 8 e 15.

All'udienza pubblica del 13 aprile 2005 il presidente ha chiesto in via preliminare la valutazione dell'istanza di rinvio presentata da alcuni controinteressati in relazione alla avvenuta notifica tardiva dei terzi motivi aggiunti, depositati in data 7 aprile 2005. La difesa dei ricorrenti ha dichiarato di aderire alla richiesta di rinvio e la trattazione della causa è stata rinviata per la definitiva trattazione all'udienza pubblica del 8 giugno 2005.

In data 18 aprile 2005 i ricorrenti hanno spontaneamente integrato il contraddittorio nei confronti di Giommaria Uggias, proclamato eletto consigliere regionale con sentenza di questa sezione n. 538, pubblicata mediante lettura all'udienza del 9 marzo 2005 e depositata il successivo 25 marzo.

In data 29 aprile 2005 i ricorrenti hanno presentato un quarto atto di motivi aggiunti con cui hanno dedotto ulteriori violazioni a sviluppo della tredicesima censura del ricorso originario.

Tutti i controinteressati e gli stessi ricorrenti hanno depositato ulteriori memorie a difesa delle proprie richieste e all'udienza pubblica del 8 giugno 2005 il ricorso è stato spedito in decisione.

D I R I T T O

     In data 12 e 13 giugno 2004 si sono svolte in Sardegna le votazioni per la elezione del presidente della Regione Sardegna e dei consiglieri regionali; è risultato eletto presidente il signor Renato Soru, con la lista regionale Sardegna Insieme mentre la seconda lista più votata è stata quella denominata Sardegna Unita con candidato presidente il signor Mauro Pili.

I signori Giorgio Balletto e Giorgio Corona, candidati non eletti al Consiglio regionale nella lista di Forza Italia per la circoscrizione provinciale di Cagliari, nonché i signori Antonio Anastasio, Enrico Grivel e Ottavio Manghina, tutti residenti ed iscritti nelle liste elettorali di comuni della Sardegna, hanno proposto ricorso chiedendo l'annullamento di tutti gli atti ed operazioni del procedimento elettorale e, segnatamente, di tutti i verbali di proclamazione degli eletti dell'Ufficio centrale regionale presso la Corte d'appello di Cagliari e degli otto Uffici centrali circoscrizionali, nonché dei presupposti provvedimenti degli stessi uffici, espressi o taciti, con i quali sono state ammesse le liste regionali e provinciali contestate con le censure seguenti, nonché dei conseguenti provvedimenti ed operazioni di inclusione dei simboli delle stesse liste nelle schede elettorali.

Si sono costituiti in giudizio, sia il Consiglio regionale, sia numerosi controinteressati, meglio precisati in epigrafe. Tutti hanno controdedotto puntualmente alle censure e sollevato numerose eccezioni di inammissibilità del gravame.

Il Consiglio regionale ha chiesto in via preliminare di essere estromesso dal giudizio in quanto, ad avviso dei difensori, l'organo al quale lo Statuto attribuisce potere legislativo, diverso e differente da quello rappresentativo del potere esecutivo  nella persona del presidente della Regione, non avendo ancora adottato atti che incidano sulla materia, quale la delibera di convalida degli eletti, sarebbe privo di legittimazione passiva nelle controversie riguardanti le elezioni regionali che spetterebbe esclusivamente al presidente della regione.

Con memoria integrativa la difesa del Consiglio, nel ribadire l’assunto secondo cui tale organo non potrebbe essere citato o comunque evocato in giudizio se non per quei diritti ed interessi di propria diretta ed esclusiva imputabilità, chiede incidentalmente una pronuncia accertativa del proprio generale autonomo potere di rappresentanza e di capacità processuale, richiamando, per contrastarle, due recenti pronunce del Consiglio di Stato (nn.3622/2004 e 3623/2004).

La richiesta di estromissione nella specie non può essere accolta.

La chiamata in giudizio anche del Consiglio regionale, nella persona del suo presidente, trova infatti autonoma giustificazione in relazione agli effetti del presente giudizio, che, in quanto volto a verificare la legittimità della proclamazione degli eletti in seno all’assemblea legislativa regionale, nella distinta e propria sede giurisdizionale, è idoneo ad incidere sulla composizione della assemblea del Consiglio regionale e quindi sulla sua attività, con conseguente radicamento della sua legittimazione passiva.

Esula invece dai limiti del presente giudizio l’accertamento della sussistenza di una generale e distinta capacità giuridica e processuale del Consiglio, autonoma rispetto a quella che, in via normale, lo Statuto attribuisce al Presidente della regione sarda e la relativa richiesta va dunque dichiarata inammissibile (TAR Sardegna, sez. II, 25 marzo 2005, n. 538).

La Sezione, con la sentenza parziale n. 110/2005, ha esaminato alcune delle eccezioni proposte dai diversi controinteressati, giungendo ad una pronuncia di infondatezza.

In particolare, era stato eccepito il difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto ogni contestazione relativa alla convalida dell’elezione dei componenti del Consiglio regionale della Sardegna sarebbe riservata alla giurisdizione domestica dello stesso Consiglio, in armonia con i principi generali della riforma del titolo V della Costituzione ed in particolare del combinato disposto degli artt. 5, 116, 117, 121 e 122 della Costituzione.

Tale attribuzione deriverebbe dall'articolo 82  della legge regionale sarda 6 marzo 1979 n. 7, il quale  prevede espressamente che al Consiglio regionale è riservata la convalida dell’elezione di propri componenti; la competenza dell'organo elettivo non si porrebbe in contrasto con il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale di cui agli articoli 24 e 113 della Costituzione, in quanto rimarrebbe la giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 6 della legge TAR, purché i soggetti che si ritengano lesi abbiano tempestivamente impugnato l’ammissione e/o l’esclusione di determinate liste elettorali.

A tal proposito veniva sollevata, in via subordinata, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6 della legge TAR e delle norme ad essa correlate, nonché dell’articolo 83, comma 11 del D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, nella parte in cui risulta fissato il termine per la proposizione del ricorso in trenta giorni dalla data di proclamazione degli eletti, in quanto si dovrebbe ritenere che ogni questione non tempestivamente dedotta entro i trenta giorni dalla pubblicazione delle liste urti contro il principio di autodichia in materia elettorale che la Regione sarda ha dimostrato di voler mantenere ai sensi dell’articolo 88 della propria legge elettorale.

All'udienza pubblica del 13 ottobre 2004, su tutte le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai controinteressati il difensore dei ricorrenti avvocato Piras si opponeva, mentre il codifensore avvocato Contu aderiva a tale prospettazione, chiedendo che il giudizio fosse rimesso alla Corte costituzionale.

Sul problema di giurisdizione si è già pronunciato il TAR con una sentenza che il Collegio condivide (TAR Sardegna 24 ottobre 1994, n. 1908), che è giunta alla conclusione che la disposizione di cui all’art. 82 della L.R. 6 marzo 1979 n. 7 - la quale stabilisce la competenza del Consiglio regionale a pronunciarsi sulle contestazioni, le proteste e, in generale, i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all’Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente - va intesa nel senso che tale competenza costituisce attività di natura amministrativa del Consiglio stesso, che non può implicare il venir meno del sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo di cui all’art. 6 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034.

La Regione a statuto speciale non ha, infatti, competenza ad emanare norme in materia di giurisdizione, e quindi, il richiamato art. 82 della legge regionale 7 del 1979 non può in alcun modo essere inteso quale norma abrogante la disposizione di cui alla legge TAR che regola la giurisdizione amministrativa in materia di operazioni elettorali per le elezioni dei Consigli comunali, provinciali e regionali.

Né tale interpretazione può considerarsi in violazione delle prerogative regionali invocate dai controinteressati perché anzi, come di recente affermato anche dalla Corte costituzionale, sottrarre alla giurisdizione le questioni di ineleggibilità o incompatibilità degli eletti, per riservare al Consiglio regionale il giudizio su tali cause, significherebbe negare il diritto ad un giudice indipendente ed imparziale, sancito dalla Costituzione (Corte costituzionale 4 febbraio 2003, n. 29).

Tale autorevole pronuncia, pur avendo ad oggetto questioni relative alla ineleggibilità o incompatibilità, contiene l’espressione di principi che devono trovare applicazione anche alle odierne problematiche relative al procedimento elettorale, essendo identica la ratio ispiratrice, diretta alla garanzia della tutela giurisdizionale e trovando, nella specie, conferma la regola secondo cui tra più interpretazioni possibili di una norma deve essere privilegiata quella conforme alle norme della Costituzione così come interpretate dalla Corte regolatrice.

Risultava perciò confermata la giurisdizione  amministrativa sulla materia.

D'altronde, non sarebbe coerente con l'attuale assetto dell’ordinamento l'attribuzione esclusiva al Consiglio regionale del potere di decidere su un ricorso che, nel caso di specie, mira all'annullamento delle intere elezioni e, conseguentemente, allo scioglimento dello stesso Consiglio.

La questione di legittimità costituzionale dell’articolo 6 della legge TAR e delle altre norme richiamate, sollevata in via subordinata con riferimento al termine per la proposizione del ricorso, è stata ritenuta infondata per le stesse considerazioni di cui sopra; in ogni caso, vale la pena di sottolineare che, per quanto dopo si dirà, è irrilevante nel caso di specie, perché il ricorso risulta tempestivo anche considerando quale dies a quo quello della conoscenza (giuridicamente rilevante) dell’ammissione delle liste contestate.

Tutti i controinteressati eccepivano la tardività del ricorso, sostenendo che, essendo tutte le censure riferite agli atti di ammissione delle liste, il dies a quo non sarebbe quello della proclamazione degli eletti (come previsto dall’articolo 83, comma 11, del D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570), ma quello in cui gli interessati hanno avuto conoscenza della ammissione delle liste contestate.

La questione è controversa in giurisprudenza ed in materia si riscontrano posizioni oscillanti tra la tesi secondo cui il termine per l'impugnazione di qualsiasi atto del procedimento elettorale decorrerebbe  dal momento della proclamazione degli eletti e quella di chi invece sostiene che esso decorra comunque dalla conoscenza degli atti riguardanti la ammissione delle liste.

Tra questi due estremi vi sono poi ulteriori differenziazioni: alcuni distinguono gli atti di ammissione da quelli di esclusione, ritenendo che solo i secondi debbano essere immediatamente impugnati a pena di inammissibilità. Altri distinguono sulla base della posizione soggettiva fatta valere dal ricorrente: il termine per impugnare l'atto di ammissione di una lista decorrerebbe dal momento della sua conoscenza solo per i candidati e non per i semplici elettori.

Una recente pronuncia, considerando senz’altro immediatamente lesiva, e perciò doverosamente impugnabile, la ammissione di una lista, ha escluso che il termine per l’impugnazione possa variare in relazione alla qualificazione del ricorrente  ritenendo che non risponda alle generali finalità di un corretto e sollecito dispiegarsi delle procedure elettorali consentire il rinvio di eventuali fasi contenziose, soprattutto ove esse involgano esclusivamente l’aspetto della ammissione delle liste, ad un momento successivo all’espletamento delle procedure stesse (Consiglio di Stato sez. V, 18 marzo 2002, n. 1565).

Il Collegio non condivide la ratio sottesa alla pronuncia sopra richiamata e ritiene, al contrario, che il procedimento elettorale, in considerazione degli stretti termini riferiti alle sue varie fasi, non consenta agevolmente l’inserimento di momenti contenziosi giurisdizionali, oltre quelli già previsti in sede amministrativa, durante il suo svolgimento (salvo, tutt'al più, il caso della esclusione di una lista).

Pertanto, come per tutti i procedimenti amministrativi, anche per quello elettorale, non può non rilevare il principio generale che prevede il sorgere dell'onere di impugnazione solo al momento della conoscenza (legale) dell'atto conclusivo; d’altronde, tale soluzione trova conferma normativa nel già ricordato articolo 83, comma 11 del D.P.R. n. 570 del 1960.

In ogni caso, anche volendo seguire l’impostazione qui disattesa, il ricorso proposto avverso l’ammissione di alcune liste risulterebbe comunque tempestivo, per le considerazioni che seguono.

In proposito, i controinteressati riconducono il dies a quo al momento della ammissione delle liste o della loro pubblicazione. Tale termine, secondo alcuni, sarebbe individuato nel quindicesimo giorno precedente alla votazione; ciò perché l’articolo 11 della legge 17 febbraio 1968 n 108 prevede che le ammissioni e le esclusioni devono essere pubblicate appunto entro il quindicesimo giorno antecedente a quello della votazione.

La norma richiamata dispone che l’Ufficio centrale  circoscrizionale, a seguito dell’ammissione delle liste, procede per mezzo della Prefettura alla stampa del manifesto con la lista dei candidati e dei relativi contrassegni e lo invia ai sindaci dei comuni della provincia, i quali ne curano l’affissione all’albo pretorio ed in altri luoghi pubblici entro il quindicesimo giorno antecedente quello della votazione.

La disposizione non prevede per quanto tempo i manifesti debbano essere affissi e, tuttavia, considerato che la loro funzione è quella di consentire a tutti gli elettori di votare consapevolmente, conoscendo i partiti e i candidati che partecipano alla competizione elettorale, è evidente che tale possibilità deve essere garantita in tutto il periodo interessato, e quindi sino al giorno delle votazioni.

D’altronde, questa soluzione è confermata dalle pronunce che hanno ritenuto rilevante ai fini della decorrenza dell’impugnazione il momento della ammissione delle liste; infatti tutte affermano che il termine decorre dalla conoscenza dell’avvenuta ammissione ovvero dalla pubblicazione delle liste ammesse o, al più tardi, dalla data delle votazioni, evidentemente considerando tale termine l’ultimo utile  in mancanza della prova della previa conoscenza dell'atto di ammissione.

Per il caso di specie, agli atti del ricorso non vi è prova dell’antecedente conoscenza individuale da parte dei ricorrenti; quanto alla pubblicazione delle liste ammesse vale la pena di considerare come non fosse in atti, al momento della sentenza n. 110/2005, neppure la prova della avvenuta affissione delle liste dei candidati con i relativi contrassegni all’albo pretorio dei comuni interessati.

In data 12 febbraio 2005, e quindi successivamente al deposito della sentenza parziale, il difensore di uno dei controinteressati ha depositato la documentazione dei comuni di Cagliari e Olbia da cui risulta l'avvenuta affissione all'albo pretorio, in data 29 maggio 2005, delle liste ammesse alle elezioni. Il Collegio ritiene che tale circostanza non debba condurre a conclusioni diverse perché, in ogni caso, anche considerando la ammissione delle liste quale atto immediatamente lesivo, il termine non potrebbe decorrere dal momento della loro pubblicazione ma, semmai, dall'ultimo giorno di pubblicazione e, quindi, come già detto, dall'ultimo giorno delle elezioni.

Resta confermato che l’unico termine individuabile ai fini dell’impugnazione risulta essere l’ultimo giorno delle votazioni; pertanto, poiché il ricorso è stato depositato il 12 luglio 2004, entro il termine di trenta giorni decorrente dall’ultimo giorno di votazione, avvenuto il 13 giugno, deve essere considerato tempestivo e va perciò respinta l'eccezione di tardività.

Altre eccezioni proposte dai controinteressati, già esaminate con la sentenza parziale e riassunte in questa sede  per completezza,  riguardano:

a) inammissibilità del ricorso collettivo;

b) mancata notifica a tutti i soggetti controinteressati nei termini decadenziali;

c) omesso deposito in termini degli atti impugnati.

Poiché il ricorso è stato presentato da due candidati risultati non eletti e da tre elettori, non risulterebbe provata la mancanza di un conflitto di interessi tra i ricorrenti e una identità di situazioni sostanziali e processuali tra di loro; da ciò deriverebbe l'inammissibilità del ricorso presentato collettivamente.

La eccezione è stata rigettata in quanto nel caso di specie tutti i ricorrenti hanno la stessa finalità, che è quella di ottenere l'annullamento delle intere operazioni elettorali; perciò non vi è contrasto tra le differenti posizioni e tutti mirano ad ottenere lo stesso risultato (tra tante: Cons. St. sez. V, 26 settembre 2000 n. 5104; TAR Campania-Salerno 11 aprile 2000 n. 193; TAR Campania-Napoli 4 novembre 1999 n. 2883).

Il ricorso era stato notificato ad un notevole numero di controinteressati, ma non a tutti in quanto, per varie ragioni, i ricorrenti non erano riusciti a perfezionare le notifiche; tale mancanza, ad avviso dei controinteressati, avrebbe comportato l'inammissibilità del ricorso per violazione dell'articolo 81, comma 11 del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, il quale prevede che, dopo il deposito, il ricorso debba essere notificato, a cura di chi lo ha proposto, alla parte che può avervi interesse.

Anche tale eccezione è stata disattesa in quanto al ricorso elettorale si applica la disposizione di cui all'articolo 21 della legge TAR, che considera ammissibile il ricorso purché sia tempestivamente notificato ad almeno uno dei controinteressati, ferma restando la necessità della successiva integrazione del contraddittorio (tra tante: CGARS 24 dicembre 2002 n. 707; Cons. St. sez. IV 22 giugno 2000 n. 3534; TAR Puglia-Lecce 7 giugno 2002 n. 2049).

Il ricorso è stato quindi giudicato per questo aspetto ammissibile ed, a seguito di una apposita ordinanza della Sezione che ha riconosciuto le giuste ragioni impeditive della compiuta notifica, si è proceduto alla rituale notifica a  tutti i controinteressati all’epoca individuabili, con conseguente procedibilità del ricorso.

Alcuni controinteressati hanno eccepito l'inammissibilità/improcedibilità del ricorso perché nei dieci giorni successivi alla sua notificazione i ricorrenti non hanno depositato presso la segreteria tutti gli atti impugnati, in violazione dell'articolo 83/11, secondo comma, del D.P.R. n. 570/1960.

La questione è stata ampiamente dibattuta anche in udienza pubblica, durante la quale i controinteressati hanno insistito sulla richiesta di improcedibilità del ricorso e sostenuto anche l'inammissibilità della successiva istanza istruttoria presentata dai ricorrenti.

La norma invocata prevede che nei successivi dieci giorni dalla notificazione del ricorso ai soggetti controinteressati ("alla parte che può avervi interesse") il ricorrente debba depositare nella segreteria del tribunale la copia del ricorso e del decreto di fissazione d'udienza, con la prova della avvenuta notificazione, insieme con gli atti e documenti del giudizio.

Il terzo comma prevede poi che "tutti termini di cui sopra sono perentori e devono essere osservati sotto pena di decadenza".

Le disposizioni in esame, insieme ad altre, come ad esempio il termine ridotto per l'impugnazione, hanno la finalità di accelerare quanto più possibile la trattazione dei ricorsi elettorali, in quanto il legislatore ha evidentemente ritenuto particolarmente degna di tutela tale esigenza.

Tuttavia esse non possono essere interpretate nel senso di impedire o ridurre eccessivamente la possibilità di contestare in sede giurisdizionale i risultati delle elezioni se non violando i principi costituzionali posti a tutela del diritto di tutti i cittadini di difendersi da tutti gli atti posti in essere dall'autorità pubblica (articoli 24 e 113 della Costituzione).

Perciò il Collegio ha ritenuto e ribadisce che tali disposizioni comportano l'onere per i ricorrenti di depositare tempestivamente a pena di decadenza i documenti che dimostrino la propria legittimazione attiva, che sono sicuramente nella loro disponibilità: sarebbe perciò inammissibile un ricorso qualora non venisse tempestivamente depositata la documentazione attestante la legittimazione dei ricorrenti (T.A.R. Lombardia Milano, 6 febbraio 1996, n. 148; T.A.R. Molise, 28 novembre 1990, n. 277).

Analogamente può dirsi per altri atti o documenti che siano nella disponibilità dei ricorrenti o che comunque possano essere acquisiti senza particolari oneri nel brevissimo termine dei dieci giorni.

A diversa conclusione deve giungersi quando si tratti di verbali, tabelle di scrutinio, schede elettorali, oppure di documenti della tipologia di cui si discute in ricorso e cioè i verbali e la documentazione relativi alla fase della ammissione delle liste; in questi casi non può essere addossato al ricorrente l'onere del tempestivo e completo deposito nei dieci giorni successivi alla notifica del ricorso di tutti gli atti, dovendo invece farsi riferimento alle disposizioni generali che regolano il processo amministrativo e che prevedono l'obbligo dell'amministrazione di depositare gli atti impugnati ed il potere del presidente (o del Collegio) di disporne l'esibizione (Consiglio Stato, sez. V, 31 gennaio 1991, n. 102).

Tale principio è invocabile ed applicabile per contrastare eccezioni sull’ammissibilità del ricorso in relazione al mancato deposito di atti. Diverse sono invece le conseguenze, ove assuma rilievo il criterio di accessibilità ai documenti rispetto all’onere della parte ricorrente, di formulare le censure dedotte in modo tale da scongiurarne l’inammissibilità per genericità.

D'altronde tale distinzione ed interpretazione è coerente con lo spirito della legge che, al quarto comma dell'articolo 83/11, prevede appunto la possibilità del giudice di disporre i necessari adempimenti istruttori; la disposizione non avrebbe pratica attuazione se si ritenesse che l'obbligo di immediato deposito debba essere riferito a  tutti i documenti ed agli atti necessari per dimostrare, in fatto, la fondatezza dei motivi, fermo restando che l’accertamento istruttorio può essere utilizzato a fini probatori dei  vizi dedotti e formulati con specificità e concretezza e non già a compiere una revisione generalizzata finalizzata all’acquisizione di cognizioni oggetto di possibili censure.

A tal proposito, da parte di alcuni controinteressati si sosteneva che la disposizione (articolo 83/11, comma terzo) che prevede la perentorietà dei termini per il deposito debba essere interpretata nel senso che i ricorrenti avrebbero dovuto proporre e formulare, entro tali termini, tutte le istanze istruttorie finalizzate a provare le circostanze di fatto indicate nell'atto introduttivo. Si sosteneva inoltre che la disposizione che prevede il potere del collegio di disporre adempimenti istruttori fosse stata abrogata dall'articolo 111, secondo comma della Costituzione, in base al quale ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità, davanti a giudice terzo ed imparziale, il quale non potrebbe dunque disporre d'ufficio mezzi istruttori, pena la violazione della par condicio.

L'obbligo di presentare entro i termini perentori  per il deposito del ricorso anche eventuali istanze istruttorie potrebbe essere considerato coerente con le esigenze di celerità del giudizio elettorale, ma una tanto incisiva limitazione dei poteri propri della parte  in ambito processuale dovrebbe essere espressamente prevista da una norma; pertanto non trovando  riscontro nel dato normativo, allo stato della legislazione tale obbligo non sussiste.

Per tali considerazioni veniva, con la sentenza n. 110/2005, disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per omesso deposito degli atti impugnati e respinta la richiesta dei controinteressati di dichiarare del tutto inammissibile l'istanza istruttoria presentata dai ricorrenti (Consiglio di Stato, sez. V, 6/8/2001 n. 4244), fermo restando il potere del giudice di individuare gli atti necessari per la decisione, in relazione alla tipologia delle censure prospettate.

Alla luce di tali considerazioni, la Sezione rigettava le eccezioni esaminate e, con la sentenza n. 110/2005, disponeva di acquisire la seguente documentazione:

a) verbale contenente le operazioni di ricevuto deposito ed esame della lista presentata da AP-UDEUR, per la circoscrizione provinciale di Nuoro, presso l'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Nuoro; atto di presentazione della lista e fogli aggiuntivi alla medesima lista, portanti n. 2, 3, 4, 5, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16;

b) verbale contenente le operazioni di ricevuto deposito ed esame della lista presentata da PSd’AZ, per la circoscrizione provinciale di Carbonia-Iglesias, presso l'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Cagliari; atto di presentazione della lista e foglio aggiuntivo alla medesima lista portante n. 22;

c) verbale contenente le operazioni di ricevuto deposito ed esame della lista presentata da DS sinistra federalista sarda, per la circoscrizione provinciale di Cagliari, presso l'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Cagliari; atto di presentazione della lista e fogli aggiuntivi alla medesima lista portanti n. 118 e 140;

d) verbale contenente le operazioni di ricevuto deposito ed esame della lista presentata dai Verdi per la circoscrizione provinciale di Sassari presso l'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Sassari;

e) verbale contenente le operazioni di ricevuto deposito ed esame della lista presentata da il Movimento per la circoscrizione provinciale di Cagliari, presso l'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Cagliari; l'atto principale di presentazione della lista con gli allegati fogli aggiuntivi;

f) verbale contenente le operazioni di ricevuto deposito ed esame della lista presentata da il Movimento per la circoscrizione provinciale di Sassari, presso l'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Sassari; l'atto principale di presentazione della lista con gli allegati fogli aggiuntivi;

g) verbale dell'Ufficio centrale regionale contenente la ammissione delle liste provinciali presentate da PSd’AZ,  il Movimento e delle liste regionali presentate da Sardigna Libera, e UDS Progetto-nazionalitario-sardi-uniti - Natura ambiente e tradizioni-NAT.

Per l'esame della documentazione è stata disposta una verificazione per il giorno 8 febbraio 2005, per la quale è stato delegato il consigliere relatore.

Prima di affrontare l'esame dei singoli motivi occorre dare conto della ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata da molti dei controinteressati, secondo cui sarebbe mancata la dimostrazione del superamento della cosiddetta  “prova di resistenza” in quanto i ricorrenti non avrebbero dimostrato se  l'eventuale accoglimento delle censure dedotte nel ricorso  comporti l'annullamento delle intere operazioni elettorali.

Il Collegio ritiene di dover disattendere l’eccezione nel caso di specie e così come formulata sia in considerazione del fatto che, con il motivo n. 15, i ricorrenti deducono la illegittima ammissione della lista regionale risultata vincitrice, talché l’accoglimento di tale censura potrebbe condurre alla sua eliminazione e, conseguentemente, all'annullamento dell’elezione della maggioranza assoluta dei consiglieri eletti e del presidente; sia perché tutte le altre censure, se accolte, potrebbero a loro volta determinare l'esclusione di un così gran numero di liste dalla competizione elettorale da condurre ad un risultato di analoga valenza. I ricorrenti, tenuto conto della prospettazione dei motivi di ricorso, non erano quindi tenuti alla dimostrazione della relativa generale incidenza degli stessi sul risultato delle elezioni, fermo restando che è riservata al giudice la facoltà di applicare i principi della “prova di resistenza” dopo l’esame della loro fondatezza.

Vanno dunque esaminate le censure con le quali i ricorrenti lamentano che diverse liste circoscrizionali presentate ai rispettivi uffici centrali circoscrizionali siano state ammesse benché fossero state presentate in modo difforme o incompleto rispetto alle disposizioni dettate in materia.

MOTIVO N. 1

(1a) In particolare, con il primo motivo, si sostiene che le liste di Alleanza Popolare-UDEUR presentate nelle otto circoscrizioni elettorali provinciali avessero "la grandissima parte delle firme degli elettori sostenitori apposte su fogli aggiuntivi ove non compaiono né il contrassegno di lista, né i nomi e cognomi, con la relativa data di nascita, dei candidati". Ciò comporterebbe la violazione dell'articolo 9, comma 3, della legge 17 febbraio 1968 n. 108, espressamente richiamato dall’articolo 1 della legge 23 febbraio 1995 n. 43, disposizioni che sarebbero applicabili nelle elezioni in esame in virtù delle norme transitorie previste dall'articolo 3 della legge costituzionale 31 gennaio 2001 n. 2.

Sarebbe inoltre del tutto irrilevante che “tali numerosissimi fogli aggiuntivi fossero eventualmente pinzati, graffettati o quant'altro all'atto principale recante il contrassegno di lista e l'indicazione dei candidati”, trattandosi di modalità tali da non garantire che la congiunzione sia avvenuta prima dell’apposizione delle firme degli elettori.

(1b) Per giunta, per la circoscrizione provinciale di Cagliari, uno dei fogli aggiuntivi recherebbe tre firme con autentica priva dell'indicazione della data e un altro foglio aggiuntivo recherebbe 20 firme prive di autenticazione, circostanze che costituirebbero distinte violazioni del combinato disposto dall'articolo 9, comma 3, della legge n. 108/1968, dell'articolo 14 della legge 31 marzo 1990 n. 53 e dei commi 2 e 3 dell'articolo 20 della legge 4 gennaio 1968 n. 15, questi ultimi peraltro riprodotti dall'articolo 21, comma 2, del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

(1c) Infine, per la circoscrizione provinciale di Nuoro, oltre 800 firme degli elettori su un totale di 1086, come risulterebbe dai fogli aggiuntivi nn. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16, sarebbero state autenticate dal consigliere comunale di Nuoro, Piero Zuddas, che sarebbe stato anche candidato al Consiglio regionale nelle file della stessa lista per il medesimo collegio provinciale; il che determinerebbe la nullità di tutte le autenticazioni da lui effettuate per violazione del principio generale dell'ordinamento, ricavabile anche dagli articoli 28 e 60 della legge notarile 16 febbraio 1913 n. 89, per i quali un pubblico ufficiale non può formare né emanare né autenticare atti, in relazione ai quali abbia un interesse diretto.

Pertanto, escludendo dal computo le numerosissime sottoscrizioni irregolari, le liste di cui sopra non raggiungerebbero il numero minimo di firme richiesto dalle disposizioni sopra ricordate per la loro ammissibilità.

Alcuni controinteressati hanno contestato in radice l'applicabilità delle norme invocate dai ricorrenti, richiamate sub 1a, e quindi l'inammissibilità totale della censura in quanto hanno sostenuto che, ai sensi dei commi 2 e 3 della legge costituzionale 2/2001, in mancanza di approvazione di una legge elettorale regionale (come nel caso in esame) "continuano ad applicarsi in via suppletiva ed in quanto compatibili con le disposizioni della legge 17 febbraio 1968, n. 108, e successive modificazioni, e della legge 23 febbraio 1995, n. 43, le disposizioni delle leggi della Regione Sardegna per l'elezione del Consiglio regionale, limitatamente alla disciplina dell'organizzazione amministrativa del procedimento elettorale e delle votazioni".

Pertanto dovrebbe ritenersi applicabile l'articolo 12 della legge elettorale della Regione Sardegna 6 marzo 1979, n. 7, secondo cui "nessuna sottoscrizione è richiesta per la presentazione di liste di candidati con contrassegni tradizionalmente usati o ufficialmente riconosciuti dai partiti o gruppi politici di carattere nazionale o regionale che abbiano avuto eletto nella legislatura in corso alla data dell'indizione dei comizi un proprio rappresentante nel Consiglio regionale o che abbiano propri rappresentanti in Consiglio regionale alla data di indizione dei comizi elettorali".

L'argomentazione non può essere condivisa perché con tale dizione  il legislatore ha voluto fare riferimento esclusivamente alle norme regolanti gli aspetti puramente organizzativi del procedimento elettorale e delle votazioni, nel cui contesto non può logicamente essere compresa la disposizione di carattere sostanziale, che disciplina il numero minimo delle sottoscrizioni necessarie ai fini della presentazione delle liste elettorali (TAR Sardegna, sez. II, 24 gennaio 2005, n. 108).

Altri controinteressati hanno comunque eccepito l'inammissibilità della censura per genericità in quanto non sarebbe stato precisato il numero dei fogli aggiuntivi che conterrebbero le irregolarità contestate e non sarebbe stata comunque dimostrata l'incidenza di tali irregolarità sul numero totale di sottoscrizioni depositate presso l'ufficio elettorale.

Osserva in proposito il Collegio che nel processo elettorale trovano applicazione le norme ed i principi propri di ogni processo giurisdizionale amministrativo, salve le particolari disposizioni processuali espressamente deroganti la normativa generale; perciò, per quanto qui interessa, l'azione giudiziale postula la formulazione, nell'atto introduttivo del giudizio, di specifiche censure contro gli atti impugnati e non sono ammesse doglianze che ipotizzino la sussistenza di tipologie di vizi che, per come sono formulate, siano finalizzate ad una revisione generale delle operazioni elettorali sulla base di un'amplissima istruttoria che comporti la successiva proposizione di motivi aggiunti (Consiglio di Stato, sez. V, 12 novembre 2002, n. 6277).

Anche nel ricorso elettorale dunque le censure devono essere dedotte in forma sufficientemente specifica e il ricorrente ha l'onere di precisare adeguatamente gli elementi di fatto e di diritto che danno luogo al vizio dedotto;  tale onere risulta assolto solo in presenza di due distinte condizioni: se viene indicata puntualmente la norma o il principio violati e se sono indicati tutti gli elementi che consentono di individuare la concreta fattispecie nella quale si è realizzata la pretesa violazione e, dunque, lo specifico atto di cui si denuncia l'illegittimità.

La censura contenuta sub 1a) dell'atto introduttivo del ricorso (diversamente si dirà in ordine alle censure sub 1b e 1c) non soddisfa l'esigenza di specificità sopraddetta.

Infatti, manca innanzitutto l'indicazione del numero delle sottoscrizioni che risulterebbero affette dalla illegittimità dedotta dai ricorrenti: si parla di "grandissima parte delle firme degli elettori" apposte sui fogli aggiuntivi ove non comparirebbero né il contrassegno di lista, né i nomi e cognomi, con la relativa data di nascita, dei candidati. Perciò non viene indicato, sia pure per approssimazione, il numero degli atti contestati, risultando così indeterminato anche l'impatto che tale lamentata violazione potrebbe avere sulla ammissione delle liste.

Inoltre, e soprattutto, i ricorrenti non forniscono elementi che consentano di individuare puntualmente quali siano i fogli aggiuntivi contenenti la illegittimità contestata, rimandando evidentemente tale individuazione ad un momento successivo.

Per adempiere all'onere di specificazione proprio del giudizio amministrativo, i ricorrenti non potevano limitarsi ad indicare il tipo di violazione dedotta (come hanno fatto, peraltro genericamente, come si dirà), ma avrebbero dovuto fornire anche ulteriori informazioni che consentissero di individuare l'atto o gli atti considerati affetti da tale violazione. Tale necessità sarebbe stata soddisfatta, ad esempio, precisando il numero con il quale era contrassegnato il modulo principale cui erano allegati i fogli aggiuntivi contestati, o comunque introducendo altre informazioni che consentissero di individuare con assoluta certezza l'atto impugnato.

Inoltre, a ben vedere, anche la violazione dedotta non è sufficientemente precisata in quanto la fattispecie contestata viene indicata in modo vago ed eventuale e perciò, anche per questo aspetto, la censura risulta del tutto priva della necessaria specificazione.

Infatti si parla di fogli aggiuntivi che "fossero eventualmente pinzati, graffettati o quant'altro all'atto principale", si parla inoltre di "eventuale interposizione di timbri e/o firme di congiunzione", con ciò accomunando fattispecie del tutto diverse l'una dall'altra, e dunque non chiarendo con la dovuta precisione come si presenti in concreto l'atto asseritamente illegittimo e in che cosa consista la violazione. 

D'altronde, il fatto che i ricorrenti sostengano che queste eventuali diverse caratteristiche dei moduli siano irrilevanti, in quanto gli atti sarebbero pur sempre illegittimi, non fa venir meno la intrinseca genericità del tipo di violazione dedotto perché comunque restano malamente individuati gli elementi essenziali delle violazioni.

In presenza di una censura prospettata in modo assolutamente generico nell'atto introduttivo del ricorso il Collegio non può che dichiararne l'inammissibilità in quanto non è consentito, neppure in materia elettorale, formulare un motivo senza individuare puntualmente in quale parte dell’atto o degli atti impugnati si sia riscontrata la violazione dedotta e senza fornire riferimenti precisi e concreti,  tali da escludere la prospettazione di supposizioni od illazioni .

Gli stessi ricorrenti sembrano darsi carico di tale originaria carenza e con il secondo e terzo atto di motivi aggiunti (notificati rispettivamente il 28 febbraio 2005 e il 29 marzo 2005), si dolgono che la sentenza parziale n. 110 del 24 gennaio 2005 non abbia accolto, per questa parte, la richiesta istruttoria presentata il 23 agosto 2004, tendente ad acquisire la documentazione relativa alla ammissione delle liste contestate ed affermano di aver effettuato numerose istanze di accesso presso le varie cancellerie per ottenere la documentazione in base alla quale propongono motivi aggiunti.

Con tali motivi aggiunti, dunque, i ricorrenti indicano per la prima volta il numero degli atti contestati, che vengono puntualmente individuati mediante il riferimento alla numerazione attribuita a ciascuno di essi e descrivono concretamente  in maniera analitica la violazione dedotta con riferimento a ciascun atto.

Il Collegio rileva innanzitutto che le dichiarate precisazioni e specificazioni non si riferiscono a tutte le otto circoscrizioni in cui è stata presentata la lista AP UDEUR - di cui si era dedotta l'illegittima ammissione nell'originario ricorso - ma soltanto alle circoscrizioni provinciali di Cagliari, Sassari e Ogliastra; perciò, con riferimento alle altre cinque circoscrizioni non si pone alcuna ulteriore questione in merito alla dichiarata genericità.

Peraltro, anche con riferimento alle tre circoscrizioni esaminate nei motivi aggiunti, il Collegio non può che confermare l'inammissibilità della censura in quanto l'originario vizio genetico di  genericità del motivo prospettato nell'atto introduttivo non può essere sanato attraverso lo strumento dei  motivi aggiunti presentati ben oltre l’originario termine per l'impugnazione, laddove di questi si faccia un uso distorto ed improprio (Cons. St. sez. V, 18 novembre 2003, n. 7320).

A sostegno dell’ammissibilità dei motivi aggiunti aventi il contenuto di quelli prospettati, i ricorrenti sostengono che nel ricorso elettorale l'onere di specificazione dei motivi trovi un temperamento che conduce ad una valutazione meno rigorosa rispetto alla generalità dei ricorsi e pertanto, nel caso di specie, le modalità con le quali la censura è stata dedotta sarebbero sufficienti a considerare adempiuto tale onere.

L'argomentazione viene approfondita nella terza ed ultima memoria (oltre che nell'udienza pubblica) ove si richiama la giurisprudenza formatasi in materia, la quale avrebbe affermato che l'onere di specificazione di motivi di gravame deve essere valutato con minor rigore "in considerazione della particolare brevità del termine per ricorrere e della grande difficoltà pratica di conoscenza degli atti".

Nel caso di specie i ricorrenti affermano di avere avuto a disposizione, per la ricerca delle precise notizie ed informazioni necessarie e per la redazione ed il deposito del ricorso introduttivo, un termine di appena 13 giorni, avendo l'Ufficio centrale regionale ultimato le proprie operazioni soltanto in data 29 giugno 2004, ed essendo quindi del tutto impraticabile, prima di quella data, qualunque forma di accesso agli atti. Oltretutto, le varie cancellerie, adducendo la particolare delicatezza e importanza degli atti del procedimento elettorale, di regola non avrebbero consentito alcuna “libera e prolungata” visione degli atti originali, limitandosi a rilasciare le copie che venivano specificamente richieste e consentendo talvolta “la visione diretta” soltanto di taluni atti precisamente indicati dai richiedenti, alla presenza costante di un addetto alla cancelleria e quindi, forzatamente, per un tempo molto limitato.

Rilevano ancora i ricorrenti che tutte le sentenze che si sono occupate del problema della specificità dei motivi richiedono che nel ricorso elettorale sia indicato il numero, anche approssimativo, delle schede contestate e l'indicazione degli uffici elettorali di sezione cui si riferiscono le schede medesime; tale circostanza dimostrerebbe che la necessità della specificazione si riferisce esclusivamente alle controversie vertenti sull'attribuzione dei voti e non riguarderebbe il ben diverso caso in cui è contestata l'ammissione di una o più liste nella competizione elettorale.

Peraltro, la miglior prova della ammissibilità delle censure dedotte con un sufficiente - e non già massimo - grado di specificità sarebbe costituita dalla giurisprudenza amministrativa formatasi sulla ammissibilità di motivi aggiunti nel ricorso elettorale, la quale ha ritenuto costantemente che i motivi aggiunti sono ammissibili soltanto quando consistano in precisazione ed integrazione delle censure già proposte col ricorso (Cons. St. sez. V, 4 febbraio 2004, n. 370).

Infatti, la circostanza che i motivi aggiunti possano costituire soltanto specificazione ed integrazione delle censure originariamente proposte dimostrerebbe che nel ricorso introduttivo non sarebbe necessario che le censure presentino il massimo grado possibile di specificità, dettaglio e precisione, altrimenti – secondo i ricorrenti - si dovrebbe concludere che in realtà, relativamente al ricorso elettorale, la giurisprudenza ha espunto del tutto l’istituto dei motivi aggiunti dal sistema processuale.

Nessuno degli argomenti difensivi è idoneo a modificare l’orientamento del Collegio.

E’ vero che l'onere di specificazione ha trovato un certo temperamento nella giurisprudenza amministrativa formatasi in materia elettorale, ma tale criterio di giudizio trae fondamento dalla peculiarità della materia e non è direttamente ed unicamente riconducibile alla brevità del termine per l'impugnazione, o alla grande difficoltà di conoscere gli atti del procedimento elettorale.

Infatti, la norma speciale che dimezza il normale termine per l'impugnazione, nell’ottica costituzionalmente compatibile di una legittima diversificazione dei termini processuali secondo la tipologia delle azioni fatte valere, in ragione delle differenti esigenze settoriali (Corte costituzionale 10 novembre 1997, n. 427), si giustifica con la  particolare esigenza di celerità connessa alla delicatezza dei ricorsi in materia elettorale, ma non implica una revisione o rimodulazione dei principi che regolano il processo davanti al giudice amministrativo, che perciò devono essere completamente osservati. 

Né il temperamento dell'onere di specificazione di motivi operato dalla giurisprudenza sarebbe, in ogni caso, giustificato dalla grande difficoltà degli interessati di conoscere gli atti del procedimento elettorale.

La possibilità di dedurre motivi non propriamente specifici è ammissibile solo nell'ipotesi in cui sia oggettivamente precluso all'interessato di conoscere in maniera precisa l'attività espletata nella procedura elettorale, nonché la documentazione ad essa inerente, di talché la mancanza di specificazione degli atti impugnati sia riconducibile ad una oggettiva situazione che impedisca al ricorrente di conoscerli in via diretta.

Ne è dimostrazione il fatto  che la giurisprudenza che ha riconosciuto un temperamento dell'onere di specificazione dei motivi nel ricorso elettorale si è formata prevalentemente, se non esclusivamente, sulle questioni che riguardano la contestazione dei voti proprio perché in quei casi ha rilevato come sia assolutamente impossibile per gli interessati conoscere preventivamente in modo certo gli atti oggetto della contestazione; è evidente infatti che le schede elettorali e la documentazione  relativa alle operazioni di spoglio, non sono accessibili a chiunque in quanto tutta la documentazione viene sigillata al momento della chiusura del seggio e messa a disposizione degli uffici competenti, restando assolutamente preclusa anche la sola visione da parte di soggetti estranei.

Tali  circostanze giustificative non sono invece invocabili per la documentazione riguardante la ammissione delle liste che, come noto, può ben essere posta a disposizione dei soggetti interessati; perciò la circostanza che la giurisprudenza si sia formata esclusivamente in ipotesi di schede contestate, lungi dal far ritenere che nel caso di contestazione dell'ammissione delle liste l'onere di specificazione sia minore, conduce alla opposta affermazione che, quando si contesti la ammissione di una lista elettorale, tale onere debba essere scrupolosamente osservato, non sussistendo, salvo prova contraria,  ragioni che giustifichino la prospettazione di censure astratte che il ricorrente sia abilitato successivamente a specificare .

Ciò non vuol dire, come argomentato per assurdo dai ricorrenti, che nel ricorso elettorale non sia possibile proporre motivi aggiunti perché, se viene osservato l'onere di puntuale specificazione dei motivi, con esclusione di censure meramente ipotizzanti, come nella specie tipologie astratte di vizi, può comunque rimanere spazio per la proposizione di ulteriori argomentazioni che completino la censura; circostanza che, come si vedrà nel prosieguo, per alcune censure correttamente formulate ab origine, è stata ritenuta ammissibile  anche nel ricorso in esame.

Non conduce a diverse conclusioni  l’ulteriore argomento difensivo introdotto in udienza pubblica dai ricorrenti secondo cui occorrerebbe distinguere l’onere di specificazione di motivi dall’ onere della prova delle censure dedotte. La distinzione tra i due concetti è pacifica e proprio per questo l’uno non può essere invocato  a sostegno dell’altro.

Il Collegio ha già rilevato la differenza tra onere di specificazione dei motivi e onere della prova ed infatti, (vedi sentenza parziale n. 110/2005) ha ritenuto ammissibile, in linea di principio, l'istanza istruttoria proposta dai ricorrenti per acquisire la documentazione probatoria; dovendosi peraltro dare una diversa ed autonoma valutazione al problema dell’onere di specificità dei motivi.

Una recente pronuncia ha chiarito il rapporto tra onere di specificazione e onere della prova: quest'ultimo sarebbe ridotto nei confronti del ricorrente in misura proporzionale alla puntualità e specificazione della censura dedotta. Si è affermato in proposito che, "tanto più puntuali e dettagliati sono i motivi dedotti (in relazione alla descrizione delle irregolarità denunciate, all’individuazione del numero delle schede contestate e delle sezioni nelle quali si sarebbero consumate le violazioni segnalate), tanto più si riduce la necessità di ancorare la verifica dell’ammissibilità del gravame ad ulteriori elementi fattuali che corroborino le allegazioni poste a base dell’azione" (Consiglio di Stato, sez. V, 2 settembre 2004, n. 5742).

Nel caso affrontato dalla citata sentenza, le censure, oltre ad indicare esattamente le sezioni in cui erano state asseritamente commesse le violazioni denunciate, contenevano anche un’esauriente descrizione delle difformità ritenute invalidanti dagli scrutatori. Il giudice ha inoltre rilevato che era stato puntualmente indicato il numero delle schede contestate  («una decina», «una ventina», «circa quaranta voti», "espressioni che, nell’uso linguistico corrente, alludono semanticamente all’idea di un modesto margine di approssimazione quantitativa” .

Perciò, in quel caso, si è ritenuto assolto l'onere di specificazione di motivi, indicando i limiti dell'onere della prova in relazione alla particolarità del procedimento elettorale.

Invece, nel ricorso in esame, i ricorrenti si sono limitati ad indicare genericamente ed astrattamente diverse fattispecie di vizi di illegittimità, senza specificare con un’idonea approssimazione quantitativa le singole situazioni concrete, né indicare gli elementi testuali (numero delle pagine, rigo od altro)  che consentissero di individuare le violazioni dedotte nell’ambito di ogni distinto atto contestato, circostanza che avrebbe imposto al giudicante una inammissibile ricognizione generalizzata di tutti i documenti.

In sostanza, essi hanno ritenuto di poter introdurre "ipotesi di censure", analogamente a quanto accade talvolta, quando vengono impugnati degli atti di cui non si abbia la totale conoscenza a causa della mancanza di disponibilità (cfr. Cons. Stato V, 1593 del 23/3/2000, id. 13/3/1999 n. 26 ed altre citate nel testo).

Sennonché, i ricorrenti non si trovavano in tale situazione in quanto avevano la possibilità di accedere ai verbali di ammissione delle liste nonché a tutta la documentazione prodotta dai rappresentanti delle liste; perciò ben potevano, sin dall'atto introduttivo del gravame, adempiere all’obbligo di specificità e concretezza richiesto quale limite minimo ai fini dell'ammissibilità del ricorso.

Perciò è del tutto irrilevante l'affermazione contenuta nel secondo atto di motivi aggiunti e ribadita nella terza memoria difensiva, con la quale i difensori dei ricorrenti sostengono di aver avuto gravi difficoltà ad accedere agli atti che intendevano impugnare perché, come si è detto sopra, gli atti dovevano considerarsi comunque a disposizione di chi avesse interesse a conoscerli.

D'altronde, sia con riguardo all'onere di specificazione dei motivi che in relazione all'onere di provare le censure (quest'ultimo anche in una fase successiva rispetto all'introduzione del ricorso) i difensori dei ricorrenti si sono limitati ad affermare di aver incontrato difficoltà ad accedere alla documentazione e ad ottenere le relative copie ma non hanno fornito alcun principio di prova atto a dimostrare l’attivazione tempestiva delle iniziative previste dall’ordinamento finalizzate a tale scopo, né tanto meno hanno dichiarato che gli  uffici che custodivano gli atti richiesti abbiano opposto dinieghi di accesso o disposto differimenti.

Anzi, l'affermazione contenuta nei motivi aggiunti e nella memoria conclusiva è contraddetta dallo stesso atto introduttivo del giudizio ove si afferma espressamente "per quanto (i ricorrenti) hanno potuto accertare dal pur frettoloso esame dell'ingente mole di atti e documenti del procedimento elettorale, risulta che sono state ammesse a partecipare numerose liste regionali e provinciali che dovevano, invece, essere ricusate a causa di molteplici illegittimità".

Risulta quindi espressamente ammesso dagli stessi ricorrenti il fatto che essi hanno sin dall’origine potuto consultare la documentazione relativa alla fase prodromica del  procedimento elettorale relativa all’ammissione delle liste, mentre la circostanza che l'accertamento sia stato “frettoloso” non può in alcun modo giustificare non solo e non tanto la mancata specificazione delle censure, ma in particolare la concreta individuazione nel contesto degli atti ritenuti illegittimamente formati  dei vizi astrattamente indicati.

Gli stessi ricorrenti infatti, dando atto di una giurisprudenza pacifica, riconoscono che, oltre alla specificità, la censura in materia elettorale deve soddisfare anche il requisito della “concretezza”.

D'altronde, il Collegio non ritiene che tale adempimento possa configurarsi in concreto impossibile, come dimostrato da quanto avvenuto in un caso analogo (ricorso elettorale proposto nanti il TAR Molise 289/2000, per l'annullamento del risultato elettorale relativo alle elezioni del Consiglio regionale del Molise) ove le censure erano indicate in maniera precisa e puntuale così come erano sufficientemente individuati in concreto gli atti impugnati, né il gran numero delle liste contestate può esimere dall’obbligo di specificazione per ciascuno dei vizi in esse riscontrati.

In definitiva, le censure contenute nel primo motivo sub 1a sono affette da una genericità insanabile e pertanto devono essere dichiarate inammissibili.

Per quanto riguarda la ulteriore censura sub 1b, riferita alla circoscrizione provinciale di Cagliari, in cui si contesta la legittimità di un foglio aggiuntivo recante tre firme con autentica priva dell'indicazione della data e di un altro foglio aggiuntivo recante 20 firme prive di autenticazione, la mancata indicazione anche in questo caso degli estremi del foglio principale cui sono allegati comporta una genericità insanabile, per le stesse ragioni sopra esposte.

In ogni caso, con tale censura vengono contestate solo ventitré firme e non è stata dimostrata la loro incidenza sul numero totale di sottoscrizioni necessarie per la presentazione della lista.

La censura sub 1c, riguardante la circoscrizione provinciale di Nuoro, è invece ammissibile in quanto, come si è visto, sono state  indicate puntualmente le parti degli  atti contestati ed, in relazione ad essi, è stata precisata la violazione dedotta.

I ricorrenti espongono infatti che, per la lista presentata da AP-UDEUR nella Circoscrizione provinciale di Nuoro, 800 firme su un totale delle 1086 raccolte sarebbero state autenticate dal consigliere comunale di Nuoro Piero Zuddas, che era candidato al Consiglio regionale nelle file della stessa lista per il medesimo collegio provinciale di Nuoro.

Tale situazione si sarebbe verificata per i fogli aggiuntivi nn. 2, 3, 4, 5, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 13,  14, 15 e 16, e comporterebbe la radicale nullità di tutte le autenticazioni effettuate per violazione del principio generale dell'ordinamento - ricavabile anche dagli articoli 28 e 60 della legge notarile 16 febbraio 1913 n. 89 - secondo cui un pubblico ufficiale non può formare né autenticare atti in relazione ai quali abbia un interesse diretto.

Pertanto, escludendo dal computo le sottoscrizioni irregolari, la lista in questione non raggiungerebbe il numero minimo di firme richiesto per la sua ammissibilità. Infatti, come precisato dai ricorrenti nei motivi aggiunti (per questa parte ammissibili in quanto mero sviluppo ed integrazione della censura originaria, sufficientemente specifica e concreta), sottraendo dal numero totale di firme di elettori presentate (1.203) quelle autenticate dal signor Piero Zuddas, la lista AP-UDEUR risulterebbe presentata da un numero di sottoscrittori di molto inferiore ai 1000, necessari per il combinato disposto dall'articolo 9, comma 2, della legge 17 febbraio 1968 n. 108, in relazione al numero di abitanti della Circoscrizione elettorale provinciale di Nuoro (164.260) pubblicato sul BURAS n. 9 del 19 marzo 2004.

Dalla verificazione effettuata in data 11 febbraio 2005, risulta che tutti i fogli aggiuntivi indicati dai ricorrenti, ad eccezione del foglio 4, sono stati autenticati dal signor Piero Zuddas, consigliere comunale di Nuoro, per un totale di 941 sottoscrizioni; perciò, se la loro autenticazione fosse illegittima, verrebbe meno il numero minimo previsto per la ammissione della lista.

Risulta inoltre, dal verbale di ammissione della lista AP-UDEUR dell'Ufficio centrale circoscrizionale di Nuoro del 15 maggio 2004,  la qualità di candidato alle elezioni regionali dello stesso signor Piero Zuddas e, d'altronde, la circostanza, non essendo stata oggetto di specifica contestazione nel corso del giudizio,  si può ritenere comprovata.

Tuttavia, i controinteressati contestano la fondatezza della censura, sostenendo che non sarebbe applicabile il divieto di partecipazione alla formazione di un atto in cui il soggetto autenticante possa avere interesse, sia perché la norma che consente ai consiglieri comunali di autenticare le sottoscrizioni in materia elettorale (articolo 14, comma 1, della legge 21 marzo 1990 n. 53) si porrebbe in un rapporto di specialità con il divieto indicato da una norma generale e non conterrebbe alcuna analoga previsione limitativa, sia perché, nell'ipotesi in esame, non si potrebbe individuare un conflitto di interessi anche solo potenziale. 

Occorre innanzitutto rilevare che i soggetti autorizzati ad eseguire le autenticazioni ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 53/1990 svolgono tale funzione in qualità di pubblici ufficiali e sono quindi tenuti ad osservare tutte le disposizioni a questi applicabili.

La norma che impone al notaio di non ricevere atti che contengano disposizioni che lo interessano direttamente (articolo 28, comma 3, della legge n. 89/1913) si basa appunto sulla qualità di pubblico ufficiale del notaio nell'esercizio di tale funzione ed è espressione di un principio generale discendente dall'articolo 97 della Costituzione, nonché da varie disposizioni normative tra cui gli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile e l'articolo 290 del Testo unico della legge comunale provinciale approvato con RD 4 febbraio 1915 n. 148.

Conseguentemente, il divieto in esame deve ritenersi applicabile in tutte le fattispecie nelle quali un soggetto agisca in qualità di pubblico ufficiale, non essendo necessario un espresso richiamo in tal senso nella singola norma attributiva del potere.

D'altronde, non può sostenersi che, ponendosi l'articolo 14 della legge n. 53/1990 in rapporto di specialità con le previsioni generali in materia di autenticazioni di firme, sarebbe inibita l'applicazione di principi generali desumibili da altre fonti normative regolanti i limiti del potere del pubblico ufficiale.

In realtà, la citata disposizione estende a determinate categorie il potere di autenticare le firme in materia elettorale; perciò, sotto questo aspetto, non è in rapporto di specialità con la generale disciplina in materia di autenticazioni di firme, ma rappresenta un  ampliamento dei soggetti legittimati, fermi restando i principi e le disposizioni che regolano l'attività di autenticazione.

Quanto poi alla considerazione che nel caso di specie non vi sarebbe un'ipotesi di conflitto potenziale, questa va senz'altro disattesa, posto che, evidentemente, il candidato inserito nella lista per una data circoscrizione ha un interesse personale a che la lista stessa sia ammessa a partecipare alle elezioni, perciò non può essere considerato terzo imparziale rispetto all'attività di autenticazione delle sottoscrizioni degli elettori necessarie per la presentazione dei candidati di quella lista.

Né tale affermazione è contraddetta dalla sentenza di questo Tribunale invocata da un controinteressato che, nella diversa ipotesi allora in esame, non aveva riscontrato un conflitto di interessi; infatti in tale occasione (in cui tra l’altro si controverteva se un candidato potesse autenticare la propria firma di accettazione della candidatura) il TAR aveva comunque affermato che nella ipotesi in cui il soggetto sia chiamato a certificare le sottoscrizioni altrui può esservi un suo interesse conflittuale ad attestare falsamente l'autenticità delle firme necessarie per la presentazione della lista (TAR Sardegna 18 luglio 2000 n. 727).

In definitiva, la censura dedotta è fondata e, conseguentemente, risulta illegittima la ammissione della lista AP-UDEUR nella Circoscrizione provinciale di Nuoro.

MOTIVO N. 2

(2) Con il secondo motivo i ricorrenti sostengono che gli stessi vizi denunciati con il primo motivo si riscontrano nella lista presentata da La Margherita per la circoscrizione provinciale di Cagliari, a sostegno della quale sarebbero state presentate circa 350 firme di elettori apposte su fogli aggiuntivi privi dell'indicazione dei nominativi e delle date e luoghi di nascita dei candidati. Escludendo dal conto tali irregolari sottoscrizioni, la predetta lista non raggiungerebbe il numero minimo di firme richiesto per la sua ammissibilità.

Al riguardo è sufficiente rilevare che, con la terza memoria difensiva, i ricorrenti affermano di aver erroneamente riferito la censura alla lista de La Margherita, riconoscendone dunque la totale infondatezza in fatto.

MOTIVO N. 3

(3) Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell'articolo 9, comma 3, della legge n. 108/1968 perché le liste circoscrizionali provinciali di DS Sinistra Federalista Sarda, Verdi, SDI Socialisti Democratici Italiani, PSd'AZ Partito Sardo d'Azione, Sardigna Nazione, nelle otto circoscrizioni elettorali provinciali, sarebbero state presentate nella grandissima parte e spesso nella totalità delle firme elettorali presentate a sostegno, su fogli nei quali i rispettivi contrassegni di lista non sarebbero stati prestampati ma soltanto incollati mediante bollini adesivi, modalità che non sarebbe idonea a far ritenere certo che la apposizione dei contrassegni sia avvenuta prima della raccolta delle firme ma, anzi, porterebbe verosimilmente a presumere il contrario. Pertanto non vi sarebbe la certezza che gli elettori avessero la preventiva consapevolezza dei contrassegni e, quindi, del partito o movimento politico a cui appartenevano i candidati a sostegno dei quali apponevano le firme.

Tutte queste liste, dunque, avrebbero dovuto essere escluse per mancato raggiungimento dei numeri minimi di firme rispettivamente richiesti.

Va rilevato innanzitutto come anche in questo caso i ricorrenti non abbiano in alcun modo individuato gli atti che conterrebbero l'illegittimità dedotta; perciò anche questa censura non soddisfa l'esigenza di specificità, necessaria ai fini della ammissibilità del gravame.

Anche in questo caso i ricorrenti pretendono di sanare tale originario difetto presentando dei motivi aggiunti nei quali vengono individuati singolarmente i moduli contenenti la particolarità indicata; tuttavia la genericità da cui è affetto l'atto introduttivo rende inammissibili anche i motivi aggiunti che pur chiariscono e specificano la censura.

Così pure sono inammissibili, in quanto qualificabili come motivi del tutto nuovi tardivamente proposti, le censure - dedotte con i secondi e terzi motivi aggiunti - con le quali si afferma che in vari fogli aggiuntivi presentati da diverse liste mancasse del tutto il contrassegno di lista.

Inoltre, vale la pena di rilevare che, a fronte di un gravame che coinvolgeva cinque diverse liste nelle otto circoscrizioni provinciali, per un totale quindi di 40 liste contestate, con i secondi e terzi motivi aggiunti i ricorrenti hanno limitato le proprie deduzioni e specificazioni alla lista dei Verdi nelle circoscrizioni provinciali di Cagliari e di Nuoro, nonché alla lista DS- Sinistra Federalista Sarda nella circoscrizione provinciale di Sassari; perciò, con riferimento a tutte le altre circoscrizioni è confermata l'inammissibilità della censura perché non è stata precisata, neanche con i motivi aggiunti, né tantomeno provata documentalmente, la violazione dedotta.

In ogni caso, la censura, oltre che inammissibile, sarebbe comunque, in linea di stretto diritto,  infondata anche in relazione alle precisazioni contenute nei motivi aggiunti e documentalmente provate.

Infatti, la norma invocata dai ricorrenti si limita a prevedere che le firme degli elettori devono essere apposte su apposito modulo recante il contrassegno di lista, il nome e cognome, il luogo e la data di nascita dei candidati ecc., ma non prescrive alcuna particolare modalità con la quale il contrassegno deve essere apposto perciò non può escludersi la validità di un bollino incollato al modulo (Cons. St., sez. V, 18 novembre 2003 n. 7319).

D'altronde, l'articolo 9, comma 3, della legge n. 108/1968, nel disporre che la firma degli elettori deve essere apposta su un apposito modulo recante, tra l'altro, il contrassegno di lista, non precisa neppure che tale contrassegno debba necessariamente essere raffigurato; conseguentemente non si può escludere che sia sufficiente la descrizione puntuale del contrassegno, al fine di garantire l'esigenza di non confondere i sottoscrittori circa la lista di cui facevano parte i candidati indicati nel modulo. Infatti quando il legislatore ha richiesto il contrassegno figurato lo ha fatto espressamente, come indicato dal comma 8, n. 4) dello stesso articolo 9.

Perciò il Collegio non condivide una (risalente) pronuncia del Consiglio di Stato - invocata dai ricorrenti nella terza memoria difensiva - che considera assolutamente imprescindibile, ai fini dell'ammissibilità della lista, la rappresentazione grafica del contrassegno nei moduli sottoscritti dagli elettori.

Peraltro, nell'ipotesi allora posta all'attenzione del giudice, si trattava di una lista civica, presentata in una elezione per il consiglio comunale, in cui la descrizione del contrassegno era particolarmente oscura e di difficile comprensione (Cons. St. 3 maggio 1994, n. 410), sicchè la pronuncia non appare significativa.

MOTIVO N. 4

(4) Con il quarto motivo si denuncia ancora la violazione dell'articolo 9 della legge n. 108/1968, anche in relazione al criterio di non confondibilità espressamente previsto dall'articolo 8 comma 4 bis della legge regionale 6 marzo 1979 n. 7 (che sarebbe applicabile al procedimento elettorale in esame in virtù del rinvio suppletivo contemplato dalla normativa transitoria di cui all'articolo 3 della legge costituzionale 2/2001) in quanto le liste di Alleanza Popolare-UDEUR, SDI-Socialisti Democratici Italiani, PSd’AZ-Partito Sardo d'Azione, Sardigna Nazione, IRS-Indipendentia, nelle otto circoscrizioni elettorali provinciali, sarebbero state corredate da firme di elettori apposte su fogli non recanti la reale rappresentazione grafica dei rispettivi contrassegni di lista, così come depositati e poi riportati nei manifesti elettorali e nelle schede di votazione.

La differenza consisterebbe nel fatto che i moduli in questione conterrebbero il contrassegno di lista stampato in bianco e nero e quindi privo della necessaria identità cromatica con i contrassegni depositati e poi riprodotti nei manifesti e nelle schede, i quali sono invece rappresentati graficamente a colori.

Ancora una volta, l'atto introduttivo non precisa il numero degli atti che conterrebbero la violazione dedotta, né tanto meno individua le liste di presentazione cui sarebbero allegati i fogli contenenti il contrassegno in bianco e nero; ancora una volta, tale necessaria specificazione viene effettuata tardivamente solo con i secondi e terzi motivi aggiunti. Da ciò l'evidente inammissibilità della censura per le ragioni già evidenziate con riferimento al primo motivo.

Peraltro, nei motivi aggiunti, nulla viene “specificato ed integrato” per la circoscrizione provinciale di Cagliari, in riferimento allo SDI; per Carbonia-Iglesias, in riferimento a SDI e AP-UDEUR; per il Medio Campidano, in riferimento a SDI, AP-UDEUR e Sardigna Nazione; per Oristano, in riferimento a SDI e AP-UDEUR; per Nuoro, in riferimento a Sardigna Natzione; per Sassari, in riferimento a AP-UDEUR; per Olbia-Tempio, in riferimento a SDI e AP-UDEUR; per Ogliastra, in riferimento a SDI, IRS e Sardigna Natzione.

Riguardo a tali liste, risulta dunque confermata l'inammissibilità della censura.

Per completezza va comunque rilevato che, in linea teorica,  il motivo sarebbe comunque infondato in quanto la semplice circostanza che il contrassegno risulti stampato in bianco e nero non determina la violazione dell'articolo 9 della legge n. 108/1968 perché viene comunque soddisfatta la prescrizione normativa che si limita a disporre l'obbligo della esistenza del contrassegno nel modulo senza alcuna altra specificazione.

D'altronde, nel caso in esame non può considerarsi compromessa l'esigenza di non confondibilità con i contrassegni di altre liste (che potrebbero in ipotesi risultarne danneggiate), non essendo verosimile, in mancanza di altre circostanze, che peraltro non sono state evidenziate dai ricorrenti, che il contrassegno in bianco e nero possa essere confuso, solo per questo motivo, con l'altro contrassegno di un'altra lista.

Con la terza memoria difensiva, i ricorrenti richiamano una recente pronuncia in cui si afferma la essenziale rilevanza della colorazione del contrassegno di lista perché "in tal modo il corpo elettorale ben può essere stato indotto in errore al momento del voto"  (… in quanto) "il simbolo si caratterizza non solo per il disegno, ma anche e segnatamente per la colorazione, questa costituendo, ormai, un elemento non solo meramente simbolico, ma un indice sostanziale dei significati ideali che, nell'immaginario collettivo, si celano dietro i singoli colori" (Cons. St. sez. V, 15 febbraio 2002, n. 928).

Occorre considerare che in quel caso veniva fatto valere il diverso interesse dei candidati di una lista in ipotesi danneggiati dalla circostanza che il relativo contrassegno fosse stato realizzato nella scheda elettorale in bianco e nero anziché a colori, come invece risultava sia nell'atto di presentazione della lista, sia nei manifesti elettorali. In quell'occasione dunque si è ritenuto che tale circostanza potesse essere "fonte di potenziale incertezza e confusione nel corpo elettorale che, per ciò stesso, potrebbe essere stato indotto ad accordare la propria preferenza ad altre liste, non riconoscendo quella preferita". Si trattava dunque di accordare (o meno) tutela a soggetti che assumevano di essere stati danneggiati, in sede di espressione del voto, a causa di una incompleta raffigurazione del proprio simbolo nella scheda elettorale.

Diversa è la fattispecie in esame, ove i ricorrenti sostengono la illegittimità della ammissione di una lista per il fatto che il contrassegno apposto nei moduli contenenti le sottoscrizioni degli elettori fosse in bianco e nero, mentre nella scheda elettorale e nei manifesti tale contrassegno risultava correttamente riprodotto a colori e conforme alla descrizione.

Si tratta di fattispecie ben differenziate, sia sul piano dei fatti che sotto il profilo degli specifici interessi dedotti, sicché il riferimento non è pertinente. La confondibilità, peraltro non dimostrata, si sarebbe potuta invocare da parte dei sottoscrittori di tale lista, ma non, come nella specie, da candidati di altre liste o da semplici elettori, che hanno potuto esprimere liberamente il proprio voto su schede corrette quanto ai simboli riprodotti.

MOTIVO N. 5

(5) Con il quinto motivo si lamenta la violazione del combinato disposto dell'articolo 9, comma 3, della legge n. 108/1968, dell'articolo 14 della legge n. 53/1990 e dell'articolo 20, commi 2 e 3, della legge n. 15/1968 (questi ultimi peraltro riprodotti dall'articolo 21, comma 2, del D.P.R. 445/2000).

I ricorrenti infatti sostengono che la lista presentata da IRS-Indipendentia per la circoscrizione provinciale del Medio Campidano sarebbe corredata da firme di elettori che, per la gran parte, recherebbero nell'apposito spazio a fianco delle generalità dei sottoscrittori le diciture "conoscenza personale" ovvero "conoscenza" o "conoscenza diretta" o addirittura non riporterebbero nessuna delle predette generiche diciture, né tanto meno idonea ed esauriente indicazione di un documento d'identità, e ciò, nonostante che, in calce a ciascun foglio, il pubblico ufficiale autenticante abbia dichiarato di aver proceduto all'identificazione sulla base dei documenti indicati.

La presenza di un così grande ed abnorme numero di firme autenticate per conoscenza personale renderebbe, ad avviso dei ricorrenti,  inattendibili le autenticazioni, essendo inverosimile che una persona possa avere sicura e certa conoscenza diretta non solo dei nominativi, ma anche delle generalità, di tante numerose altre persone. Escludendo dal conto le irregolari sottoscrizioni, tale lista non raggiungerebbe il numero minimo di firme richiesto e pertanto non avrebbe dovuto essere ammessa.

Anche in questo caso, la censura non è formulata né con sufficiente specificità, né con la necessaria concretezza, in quanto non sono state individuate le parti di  atti in cui si sarebbero riscontrate la violazioni dedotte, violazioni a loro volta consistenti per un verso in eccessive autenticazioni per “conoscenza personale”e, per altro verso,  in autenticazioni in cui non vi sarebbe alcuna indicazione circa la modalità di riconoscimento del sottoscrittore. Si tratta in realtà di fattispecie diverse che, perciò, avrebbero dovuto essere individuate separatamente, nel contesto dei vari fogli contenenti le sottoscrizioni, essendo preclusa al giudice la verifica generalizzata dell’atto contestato a fini esplorativi.

La genericità della censura contenuta nel ricorso conduce inevitabilmente ad una pronuncia di inammissibilità.

Solo con i secondi motivi aggiunti sono stati tardivamente individuati gli elementi essenziali della censura dedotta ed è stato comunque precisato che la violazione consisterebbe nell'abnorme numero di firme autenticate senza l'indicazione del documento d'identità ma con la dicitura "conoscenza personale" o simile.

La censura, sul piano dello stretto diritto, sarebbe stata comunque infondata.

La normativa di riferimento è l'articolo 9, comma 3, della legge n. 108/1968, il quale richiama l'articolo 14 della legge 21 marzo 1990 n. 53, che a sua volta, individuando i soggetti competenti ad eseguire le autenticazioni, richiama, al secondo comma, le modalità di autenticazione di cui all'articolo 20 della legge 4 gennaio 1968 n. 15, oggi sostituito dall'articolo 21 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445.

Tali disposizioni statuiscono che l'autenticazione consiste nella attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità della persona che sottoscrive; inoltre  la norma dispone che il pubblico ufficiale indichi le modalità di identificazione, la data e luogo dell'autenticazione, nonché le proprie generalità e qualifica, apponendo la propria firma e il timbro dell'ufficio.

Il legislatore ha dunque previsto il procedimento mediante il  quale il pubblico ufficiale (individuato tra le numerose categorie indicate nell'articolo 14, comma 1, della legge n. 53/1990) deve procedere alla autenticazione delle sottoscrizioni apposte dagli elettori sui moduli di presentazione delle liste.

Per quanto qui interessa, le disposizioni sopra ricordate prescrivono   che il pubblico ufficiale, attestato che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità del dichiarante, indichi le modalità di identificazione, ma non pongono limitazioni in merito ai mezzi attraverso i  quali il pubblico ufficiale può accertare l'identità del sottoscrittore.

È assolutamente pacifico in giurisprudenza (e gli stessi ricorrenti non sembrano contestare l'assunto) che la modalità di identificazione possa consistere, sia nella indicazione degli estremi di un valido documento di riconoscimento, sia nella indicazione della circostanza che il pubblico ufficiale attesti di conoscere personalmente il sottoscrittore; a tale ultimo riguardo,  i ricorrenti sostengono che l'abnorme numero di soggetti identificati per conoscenza personale renderebbe inverosimile l’attestazione e ne deducono dubbi sull’attendibilità delle autenticazioni.

Attraverso tali affermazioni, si tenta tuttavia di contestare la veridicità di una attestazione la quale contiene tutti gli elementi indicati dalla norma, che sono necessari e sufficienti per la sua validità.

Ribadita l’assorbente inammissibilità della censura, resta da rilevare, per completezza che, qualora si fosse voluto sostenere che l'autenticazione così effettuata non corrispondesse alla realtà, si sarebbe dovuto contestarne la validità solo mediante la querela di falso, da produrre nei modi e nei termini di cui agli articoli 41 e 42 del RD 18 agosto 1907 n. 642; in caso contrario la censura sarebbe risultata  senz'altro infondata.

MOTIVO N. 6

(6a) Con il sesto motivo si sostiene che le stesse violazioni di legge dedotte con il precedente quinto motivo inficerebbero, sotto altro profilo, le liste presentate dal PSd’AZ-Partito Sardo d' Azione per le circoscrizioni provinciali del Medio Campidano e di Carbonia-Iglesias, in quanto le stesse sarebbero state accompagnate da firme di elettori “tutte raccolte sui moduli del tutto privi dell'indicazione delle modalità di riconoscimento degli elettori medesimi”.

(6b) Inoltre, nel caso della lista PSd’AZ per la circoscrizione di Carbonia-Iglesias, le firme apposte sul foglio aggiuntivo n. 22 recherebbero in calce “un'autenticazione del tutto priva dell'indicazione della data”, il che costituirebbe uno degli elementi essenziali imposti sia dall'articolo 20, comma 3, della legge n. 15/1968, sia dall'articolo 21, comma 2, del D.P.R. 445/2000.

Escludendo dal computo tali irregolari sottoscrizioni, le dette liste non raggiungerebbero il numero minimo di firme richiesto per la loro ammissibilità.

Occorre precisare che, anche se nel ricorso si afferma di dedurre "le stesse violazioni di legge dedotte col precedente quinto motivo", in realtà sono prospettati profili di censure ben distinti da quelli svolti nel motivo precedente; infatti con il quinto motivo si contesta la legittimità delle modalità di identificazione dei sottoscrittori utilizzate dall'ufficiale autenticante, mentre con la censura sub 6a si contesta in radice la mancanza di  indicazione di una qualsiasi modalità di riconoscimento dei sottoscrittori e con la censura sub 6b si contesta la mancata indicazione della data di autentica.

La censura sub 6a è ammissibile posto che, in questo caso, i ricorrenti già nel ricorso originario hanno affermato che tutte le firme degli elettori sono state raccolte su moduli del tutto privi dell'indicazione delle modalità di riconoscimento, perciò la violazione riguarda tutti i moduli ed è sufficientemente garantita la specificità e concretezza della contestazione.

Anche la censura sub 6b è ammissibile in quanto specifica puntualmente la violazione dedotta e l'atto cui si riferisce.

In sede di verificazione, con riferimento alla lista del PSd’AZ per la circoscrizione provinciale di Carbonia-Iglesias (indicata nel verbale di verificazione come AP-UDEUR per mero errore materiale),  si è accertato che sia l'atto principale, sia il foglio aggiuntivo n. 22 contengono l'autentica delle firme con la seguente formula: "le ( ) firme apposte in mia presenza dai sottoscrittori avanti elencati e della cui identità personale sono certo, sono autentiche". Si è accertato inoltre che il modulo aggiuntivo n. 22 non contiene lo spazio per l'indicazione delle modalità di riconoscimento delle singole sottoscrizioni che, comunque, non vengono indicate;  si è infine accertato che nel foglio aggiuntivo n. 22, contenente otto sottoscrizioni, l'autenticazione risulta priva di data.

A integrazione e dimostrazione della fondatezza della censura i ricorrenti hanno depositato, in data 2 febbraio 2005, anche tutti gli altri fogli aggiuntivi presentati dal PSd’AZ-Partito Sardo d'Azione per la circoscrizione provinciale di Carbonia-Iglesias, nonché tutta la documentazione completa inerente la presentazione delle liste dello stesso partito per la circoscrizione provinciale del Medio Campidano.

Con specifico riferimento a tale deposito, alcuni controinteressati hanno in via generale rilevato la mancanza di autenticazione dei documenti prodotti e quindi la loro non utilizzabilità nel processo; altri hanno sostenuto la necessità che tali documenti fossero sottoposti ad una nuova verificazione.

Occorre ricordare che, ai sensi dell'articolo 2719 del codice civile, i documenti presentati in copia hanno la stessa efficacia di quelli autentici se la loro conformità all'originale non è espressamente disconosciuta; conseguentemente, la generica eccezione sulla mancata autenticazione dei documenti esibiti in copia, non accompagnata dalla specifica contestazione circa la non corrispondenza della copia all'originale non comporta, di per sé, l'inutilizzabilità di tali documenti (Cass. Civ. SS.UU. 20 ottobre 1993 n. 10380).

Quanto alla richiesta di nuova verificazione per l'esame dei documenti depositati dai ricorrenti, questa non è necessaria perché, stante la natura e la completezza della censura dedotta, fondata su un dato di fatto oggettivamente riscontrabile, la possibilità offerta ai controinteressati di consultare, con il rispetto dei termini a difesa, gli atti spontaneamente esibiti quale prova è sufficiente a garantire il rispetto del contraddittorio sul punto controverso.

Dalla documentazione prodotta risulta che tutti i fogli aggiuntivi presentati nelle due circoscrizioni non contengono gli spazi per indicare le modalità di riconoscimento dei singoli sottoscrittori e tutti risultano privi della indicazione di tale modalità; perciò, essendo stato ritualmente provato in giudizio il dato di fatto su cui si fonda la censura la stessa va esaminata nel merito.

Si è già richiamata, in occasione dell'esame del motivo sub 5, la normativa applicabile al caso di specie, secondo cui l'autenticazione si effettua mediante attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità della persona che sottoscrive; inoltre il pubblico ufficiale deve indicare le modalità di identificazione, la data ed il luogo dell'autenticazione, nonché le proprie generalità e qualifica, apponendo la propria firma e il timbro dell'ufficio.

L'autenticazione, dunque, comprende due aspetti: l'uno sostanziale e cioè il corretto accertamento da parte del pubblico ufficiale della identità della persona che sottoscrive; l'altro è l'aspetto formale e cioè l'indicazione delle modalità di identificazione, l'apposizione del timbro dell'ufficio, l'indicazione del nome e cognome e qualifica rivestita nonché la sottoscrizione dell'ufficiale autenticante, l'indicazione della data e luogo dell'autenticazione.

Si tratta di stabilire se, ai fini della autenticazione, sia sufficiente l'aspetto sostanziale ovvero se l'inosservanza di uno dei requisiti formali quale l'indicazione della modalità di riconoscimento della singola sottoscrizione invalidi l'attività certificativa.

In proposito il codice civile, nel prevedere le modalità per l'autenticazione, prescrive all'articolo 2703, comma 2° che essa consista "nella attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza. Il pubblico ufficiale deve previamente accertare l'identità della persona che sottoscrive"; quindi, secondo tale disposizione, nessun obbligo è espressamente previsto circa l'indicazione delle modalità mediante le quali il pubblico ufficiale conosce l'identità del sottoscrittore.

In senso analogo, la normativa dettata per le autenticazioni effettuate dai notai (articolo 72 della legge 16 febbraio 1913 n. 89) dispone che “l'autenticazione delle firme apposte in fine delle scritture private ( ) è stesa di seguito alle firme medesime e deve contenere la dichiarazione che le firme furono apposte in presenza del notaro, ( ) con la data e l'indicazione del luogo"; la modalità è confermata anche dall'articolo 86 del Regolamento di esecuzione della legge n. 89/1913, che nulla aggiunge sul contenuto della autenticazione da parte del notaio.

Nelle norme sopra ricordate, dunque, non viene richiesta l'indicazione di alcuna particolare modalità di riconoscimento da parte del pubblico ufficiale e, d'altronde, l'eventuale mancanza di tale indicazione negli atti autenticati dal notaio pacificamente non è causa di invalidità dell'autentica.

Peraltro, per le autentiche in esame il legislatore, anche per consentire un più efficace e celere controllo da parte degli uffici elettorali, ha previsto specifiche  modalità formali partitamente ed espressamente individuate nella norma disciplinante la  fattispecie.

Perciò, i due aspetti, quello sostanziale (accertamento dell'identità del sottoscrittore), e quello formale (per quanto qui interessa, l’indicazione delle modalità di riconoscimento) concorrono entrambi a perfezionare la autenticazione nella particolare ipotesi della autenticazione delle firme dei sottoscrittori delle liste di presentazione alle competizioni elettorali.

Conseguentemente, la mancanza di uno solo dei due requisiti è sufficiente a rendere invalida l'autenticazione nelle ipotesi esaminate (Cons. St. sez. V, 18 giugno 2001, n. 3212).

In particolare, dall'atto principale di presentazione della lista del PSd’AZ per la circoscrizione Carbonia-Iglesias risultano 1203 sottoscrizioni, di cui  5 sono contenute nello stesso atto, mentre tutte le altre sono contenute in 50 atti aggiuntivi, mancanti nell’autentica di un elemento esenziale; pertanto, poiché le autenticazioni delle sottoscrizioni apposte in tutti i fogli aggiuntivi vanno considerate invalide, la lista presentata dal PSd’AZ nella circoscrizione Carbonia-Iglesias non ha adempiuto all'obbligo di depositare il numero minimo di sottoscrizioni.

Nella circoscrizione provinciale Medio Campidano la lista è stata presentata corredata con 1215 firme di elettori, di cui cinque apposte nella dichiarazione di presentazione principale e 1210 contenute in 71 atti aggiuntivi, anch’essi non completi; anche per tale circoscrizione,  la lista avrebbe dovuto essere esclusa per mancato raggiungimento del numero valido di sottoscrittori.

Poiché in definitiva, tutte le sottoscrizioni autenticate nei fogli aggiuntivi in sede di presentazione delle liste del PSd’AZ-Partito Sardo d' Azione per le circoscrizioni provinciali del Medio Campidano e di Carbonia-Iglesias devono considerarsi invalide, la censura risulta fondata.

Vale la pena di sottolineare ancora una volta che la fattispecie è diversa da quella contenuta nel motivo sub 5, ove si contestava la legittimità della modalità di riconoscimento "per conoscenza personale" in quanto utilizzata per un numero abnorme di sottoscrittori; in quel caso infatti, ove la censura fosse stata ritenuta ammissibile, non era posto in discussione il fatto che l’autenticazione contenesse tutte le formalità richieste dalla legge, ivi compresa l'indicazione della modalità di riconoscimento, mentre nell'ipotesi in esame manca, nel modulo prestampato lo stesso spazio per consentire l’adempimento di  una delle formalità espressamente richieste dal legislatore per il perfezionamento della fattispecie, né il pubblico ufficiale ha sopperito alla carenza in altro modo (contra, ma senza specifiche argomentazioni sul punto: Tar Piemonte, Torino sez. II  16 marzo 2005 n. 523).

MOTIVO N. 7

(7a) Con il settimo motivo i ricorrenti affermano che anche le liste presentate da DS- Sinistra Federalista Sarda, per le circoscrizioni provinciali di Carbonia-Iglesias, Cagliari e Nuoro, sarebbero “inficiate da molteplici violazioni delle stesse norme già citate con i precedenti quinto e sesto motivo”.

Una prima violazione consisterebbe nel fatto che tali liste sarebbero accompagnate da firme di elettori che, per la gran parte, recherebbero la dizione "conoscenza personale", nonostante che ciascun foglio porti in calce la dichiarazione del pubblico ufficiale di aver proceduto all'identificazione sulla base dei documenti indicati.

(7b) Inoltre, per la lista riguardante la circoscrizione provinciale di Cagliari, tutte le firme apposte sui fogli aggiuntivi nn. 140 e 118 sarebbero prive di autenticazione, in quanto la relativa formula prestampata non porterebbe alcuna firma di pubblico ufficiale autenticante, firma che costituisce requisito essenziale previsto sia dall'articolo 20, comma 3, della legge n. 15/1968, sia dall'articolo 21, comma 2, della D.P.R. 445/2000.

Anche la censura sub 7a è inammissibile per genericità in quanto, all’atto della proposizione del ricorso, non sono stati concretamente  indicati, quanto meno,  gli elementi identificativi degli atti contenenti i moduli che sarebbero affetti dalla violazione dedotta, né è stato indicato, con sufficiente approssimazione  il numero di sottoscrizioni asseritamente invalide.

Solo con riferimento alla censura sub 7b, riguardante la mancanza della sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale autenticante per la circoscrizione provinciale di Cagliari, vengono puntualmente individuati i due fogli aggiuntivi contestati.

I ricorrenti hanno tentato di sanare l’originaria inammissibilità anche in questo caso attraverso la notifica di motivi aggiunti, nei quali con riferimento agli atti spontaneamente esibiti, sono stati ormai tardivamente individuati gli atti contenenti le modalità di riconoscimento per conoscenza personale dell'ufficiale autenticante; peraltro, vista l'originaria inammissibilità del motivo, anche i motivi aggiunti sono per questa parte  inammissibili.

In ogni caso va per completezza  precisato che i motivi aggiunti riguardano esclusivamente la circoscrizione provinciale di Nuoro, perciò, per le circoscrizioni provinciali di Carbonia-Iglesias e Cagliari, l'inammissibilità della censura risulta comunque rafforzata .

In punto di diritto, la censura sub 7a sarebbe stata comunque infondata perché, come si è visto, la normativa sulle autenticazioni delle sottoscrizioni in materia elettorale consente sicuramente di utilizzare la conoscenza personale da parte dell'ufficiale autenticatore purché tale modalità sia espressamente indicata.

Va infine precisato che, una volta individuata per ciascun sottoscrittore la modalità di riconoscimento prescelta, ogni altra indicazione riportata sui moduli e non espunta per mera irregolarità, non altera la legittimità dell’autentica.

Infine, con riferimento alla specifica censura sub 7b, riguardante i due fogli aggiuntivi nn. 140 e 118, dalla documentazione prodotta ai fini della verificazione disposta dal Collegio, si è potuto accertare che la lista è stata sottoscritta, per la circoscrizione provinciale di Cagliari, da 2077 elettori di cui 8 nel foglio principale e tutti gli altri nei 168 fogli aggiuntivi.

Il foglio aggiuntivo n. 118 contiene 13 sottoscrizioni per le quali l'autenticazione contiene, a stampa, il nome e la qualifica dell'ufficiale accertatore di cui si intravede la sottoscrizione, coperta in parte da un adesivo intestato al comune di Cagliari; il foglio aggiuntivo n. 140, con 12 sottoscrizioni, non contiene la firma dell'ufficiale autenticatore.

Osserva al riguardo il Collegio che, anche se tali sottoscrizioni dovessero ritenersi illegittimamente autenticate, il vizio non avrebbe potuto incidere sull’ammissibilità della lista, stante l’esiguo numero rispetto a quelle oggetto dei motivi irritualmente prospettati.

Il settimo motivo va quindi dichiarato inammissibile.

MOTIVO N. 8

(8) Con l'ottavo motivo i ricorrenti sostengono che le liste presentate da Sardigna Natzione nelle otto circoscrizioni elettorali provinciali, oltre ad essere inficiate dai vizi già dedotti ai precedenti motivi 3 e 4, sarebbero anche inficiate da violazione delle leggi citate nel precedente quinto motivo, in quanto corredate da firme di elettori tutte raccolte su moduli nei quali non sarebbero neppure previsti gli spazi per l'indicazione delle modalità di riconoscimento, modalità che comunque non sarebbero state indicate per nessuna delle firme.

Per quanto riguarda la dedotta violazione di cui ai motivi 3 e 4 richiamati dai ricorrenti, è sufficiente riferirsi alle argomentazioni, con le quali tali motivi sono già stati dichiarati inammissibili e/o infondati.

Quanto invece alla censura riguardante la mancata indicazione delle modalità di riconoscimento, va precisato che con i secondi e terzi motivi aggiunti i ricorrenti danno atto che la censura stessa non riguarda le circoscrizioni del Medio Campidano e di Lanusei (Ogliastra), ove la lista di Sardigna Natzione non è stata presentata; perciò per tali circoscrizioni la censura può ritenersi rinunciata.

Così precisati i contorni della censura, il Collegio ne rileva l'ammissibilità in quanto il gravame presenta gli stessi caratteri di sufficiente specificità accertati con riferimento al motivo sub 6a.

Per dimostrare la fondatezza del gravame i ricorrenti hanno depositato in giudizio, in data 2 febbraio e 23 marzo 2005, la documentazione presentata dalla lista Sardigna Natzione nelle sei circoscrizioni interessate; da tali atti risulta che tutti i fogli aggiuntivi contenenti le sottoscrizioni degli elettori sono privi degli spazi per l'indicazione delle modalità di riconoscimento e tali modalità non sono state comunque indicate.

La documentazione è stata prodotta in forma non autentica, salvo quella relativa alla circoscrizione provinciale Tempio-Olbia che è stata invece autenticata; tuttavia il Collegio, per le considerazioni già svolte nell'esame del sesto motivo in relazione alla produzione di atti non autenticati, ritiene di poter considerare provata in giudizio la violazione dedotta.

Ciò conduce ad una pronuncia di fondatezza della censura, per le medesime considerazioni che sono state già svolte in relazione al sesto motivo e che qui vengono completamente confermate.

MOTIVO N. 9

(9) Con il nono motivo si sostiene che la lista presentata da SDI- Socialisti Democratici Italiani, per la circoscrizione provinciale di Oristano, oltre ad essere inficiata dai vizi già dedotti con i precedenti terzo e quarto motivo del ricorso, sarebbe altresì viziata da violazione delle norme di legge indicate col precedente quinto motivo, in quanto anche essa corredata da firme di elettori autenticate, per la maggior parte, per conoscenza personale.

Anche per queste censure valgono le considerazioni già esposte in relazione ai motivi sub 3, 4 e 5, che vengono qui completamente richiamate e confermate, per giungere ad una pronuncia di inammissibilità e comunque di infondatezza.

MOTIVO N. 10

(10) Con il decimo motivo i ricorrenti sostengono che la lista presentata dai Verdi per la circoscrizione provinciale di Sassari avrebbe dovuto essere esclusa perché, al momento della scadenza del termine per il deposito delle liste (15 maggio 2004), risultavano depositati i documenti relativi a 946 sottoscrittori, in luogo dei 1000 che sarebbero stati necessari.

La circostanza che l'Ufficio circoscrizionale abbia erroneamente ritenuto che la scadenza fosse il giorno successivo non consentirebbe di ritenere valido il deposito, effettuato il giorno successivo, di altri 199 certificati d'iscrizione con relative firme dei sottoscrittori.

Conseguentemente, la lista dei Verdi presentata per la circoscrizione provinciale di Sassari non avrebbe dovuto essere ammessa alla competizione elettorale.

In sede di verificazione effettuata su disposizione di questa Sezione, dalla lettura del verbale contenente le operazioni di ricevuto deposito della lista presentata dei Verdi per la circoscrizione provinciale di Sassari, è risultato che l'Ufficio centrale circoscrizionale, in data 15 maggio, accerta che la lista è stata presentata in termini ed è stata sottoscritta da n. 946 elettori e quindi da un numero di elettori non corrispondente a quello prescritto (1000). Peraltro lo stesso ufficio ha rilevato che il termine per il deposito della documentazione scadeva alle ore 12 di domenica 16 maggio 2004, pertanto si è riservato di decidere.

In data 16 maggio 2004, alle ore 12, si dà atto che vengono depositati altri 199 certificati d'iscrizione nelle liste elettorali, con relative firme dei sottoscrittori. Il successivo 17 maggio si dà atto che vengono depositate altre 64 sottoscrizioni e nella stessa data l'Ufficio, a scioglimento della riserva, preso atto dell'avvenuto deposito dei certificati suindicati, approva la lista in esame.

Sennonché, come rilevato dai ricorrenti, poiché le elezioni dovevano svolgersi il 13 giugno 2004, il termine ultimo per la presentazione delle liste scadeva il 15 maggio alle ore 12, e cioè il ventinovesimo giorno antecedente quello della votazione, secondo quanto previsto dall'articolo 9, comma 1, della legge n. 108/1968.

Risulta dunque accertato che alla scadenza del termine per la presentazione delle liste i Verdi avevano depositato solo 946 sottoscrizioni e quindi meno delle 1000 necessarie, secondo il disposto dell'articolo 9 comma 2, lettera b) della legge n. 108/1968, in relazione alla popolazione residente nella circoscrizione elettorale provinciale di Sassari ammontante a circa 320.000 abitanti, attestata dal decreto del presidente della Regione del 16 marzo 2004 n. 40, pubblicato sul BURAS del 19 marzo 2004.

Alcuni controinteressati hanno sostenuto in proposito che l'Ufficio circoscrizionale avrebbe avuto il potere di consentire l'integrazione documentale in applicazione dell'articolo 10 comma 4 (rectius: comma 3) della legge n. 108/1968, secondo cui l'ufficio, dopo aver sentito i delegati delle liste contestate o modificate, può ammettere nuovi documenti; altri controinteressati hanno rilevato che l'errore circa la scadenza del termine per la presentazione della lista sarebbe stato indotto dallo stesso Ufficio circoscrizionale e perciò si sarebbe dovuto consentire il deposito tardivo.

Osserva il Collegio che la possibilità di integrazione di cui alla normativa invocata non può riguardare i moduli di presentazione sottoscritti dal prescritto numero di elettori in quanto tale documentazione è espressamente ricompresa, all'articolo 9 della legge n. 108/1968, tra quelle necessarie ai fini della ammissione della lista; perciò la mancanza del numero minimo di firme prescritto dalla legge non determina una mera irregolarità sanabile con l'integrazione successiva, a ciò ostando il principio della par condicio (ordinanza Tar Sardegna 28 aprile 2005 n. 179).

Quanto alla pretesa scusabilità del deposito tardivo, questa deve essere esclusa perché nel caso in esame non può parlarsi di una ipotesi di forza maggiore che abbia impedito il deposito tempestivo ma, tutt'al più, di una errata interpretazione della norma che, di per sé, non può giustificare l'inadempimento.

In definitiva, poiché alla scadenza del termine per la presentazione delle liste, non era stato depositato il numero di sottoscrizioni necessarie, la censura è fondata e conseguentemente la lista dei Verdi non avrebbe dovuto essere ammessa alle elezioni nella circoscrizione provinciale di Sassari.

MOTIVO N. 11

(11) Con l'undicesimo motivo si sostiene che le liste presentate da il Movimento nelle circoscrizioni provinciali di Sassari e di Cagliari avrebbero dovuto essere escluse perché la quasi totalità dei moduli aggiuntivi contenenti le sottoscrizioni degli elettori avrebbero presentato la espressa dicitura che la lista circoscrizionale era collegata con la lista regionale de il Movimento. Invece l'atto principale di presentazione della lista provinciale, nelle due circoscrizioni, conterrebbe la dichiarazione di collegamento con la lista regionale UDS- Progetto Nazionalitario-Sardi Uniti e Natura ambiente tradizioni-NAT.

Pertanto, le due liste in questione, essendo state presentate con un collegamento ad una lista regionale del tutto diversa da quella voluta dalla quasi totalità degli elettori che le avevano sottoscritte, avrebbero dovuto essere escluse per grave e sostanziale violazione dell'articolo 1, comma 8, della legge n. 43/1995.

Dalla documentazione esaminata in sede di verificazione si è accertato che le dichiarazioni di presentazione della lista "il Movimento" nelle due circoscrizioni provinciali di Sassari e di Cagliari contengono la dichiarazione di collegamento con la lista regionale (che viene analiticamente descritta) individuata come UDS- Progetto Nazionalitario-Sardi Uniti e Natura ambiente tradizioni-NAT.

Invece, tutti i fogli aggiuntivi contenenti le sottoscrizioni degli elettori presentano la seguente dicitura "La lista circoscrizionale dei candidati di seguito riportata - della quale i sottoscritti dichiarano di aver preso visione - è collegata con la lista regionale contraddistinta dal seguente contrassegno: Cerchio di colore azzurro degradante dall'alto verso il basso, contenente la scritta il Movimento in colore bianco, al di sotto della quale sono raffigurate tre coccinelle, da sinistra verso destra in apparente cammino verso l'alto".

Risulta dunque documentalmente accertata la fattispecie descritta dai ricorrenti, i quali sostengono che, conseguentemente, le due liste avrebbero dovuto essere escluse per violazione dell'articolo 1, comma 8, della legge n. 43/1995.

Tuttavia, tale circostanza non inficia la validità della ammissione della lista provinciale il Movimento nelle due circoscrizioni considerate, per le considerazioni che seguono.

Osserva innanzitutto il Collegio che la norma invocata dai ricorrenti dispone: "La presentazione delle liste provinciali dei candidati di cui all'articolo 9 della legge 17 febbraio 1968 n. 108, e successive modificazioni, deve, a pena di nullità, essere accompagnata dalla dichiarazione di collegamento con una delle liste regionali di cui al comma 5; tale dichiarazione è efficace solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati alla presentazione della lista regionale predetta. Le liste provinciali e la lista regionale collegate sono contrassegnate dal medesimo simbolo".

Per quanto qui interessa, la norma impone, a pena di nullità, che la presentazione delle liste provinciali dei candidati sia accompagnata da una dichiarazione di collegamento con una lista regionale, ma non richiede che tale collegamento risulti anche dai moduli recanti le firme dei sottoscrittori necessarie per la presentazione della lista.

Inoltre, il comma 3 del medesimo articolo 1 della legge n. 43/1995 precisa che la dichiarazione di collegamento della lista regionale "è efficace solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati alla presentazione delle liste provinciali interessate"; la norma chiarisce senza ombra di dubbio che la dichiarazione di collegamento delle liste provinciali alla lista regionale deve essere resa dai delegati e non dai sottoscrittori delle liste dei candidati.

D'altronde, lo stesso articolo 9 della legge n. 108/1968, al comma 3, (richiamato dall'articolo 1, comma 11, della legge n. 43/1995) indicando il contenuto dei moduli di presentazione delle liste dei candidati, prevede che: "La firma degli elettori deve avvenire su apposito modulo recante il contrassegno di lista, il nome e cognome, il luogo e la data di nascita dei candidati, nonché il nome, cognome, luogo e data di nascita del sottoscrittore e deve essere autenticata da uno dei soggetti di cui all'art. 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53; deve essere indicato il comune nelle cui liste l'elettore dichiara di essere iscritto"; anche da tale disposizione, dunque, risulta che la dichiarazione di collegamento della lista provinciale a quella regionale non è elemento necessariamente ricompreso nei moduli di presentazione delle liste dei candidati.

Accertato che le disposizioni in esame non prevedono che la dichiarazione di collegamento sia effettuata dai sottoscrittori delle liste provinciali, resta da stabilire se possa essere considerata, quale elemento viziante l’ammissione di una lista, la circostanza che i moduli di presentazione dei candidati di tale lista contenessero la definitiva dichiarazione di collegamento con una lista regionale diversa da quella originariamente indicata nei moduli predisposti per la sottoscrizione, a causa peraltro della circostanza contingente che quest’ultima lista non si sarebbe più presentata per il maggioritario.

La soluzione si rinviene una volta chiarita quale sia la natura e la finalità della dichiarazione di collegamento e la sua relazione con la fase di raccolta delle sottoscrizioni per la presentazione di un determinato gruppo di candidati.

E’ pacifico che il legislatore, dapprima in sede di elezioni amministrative comunali e provinciali e poi in sede regionale, ha concepito la dichiarazione di collegamento come strumento diretto a garantire l’effettiva governabilità dell’ente. I candidati di una lista provinciale e il candidato della lista regionale, attraverso i rispettivi delegati, stipulano un accordo finalizzato, per un verso, a consentire la rispettiva partecipazione (si vedano le norme che prescrivono il collegamento a pena di nullità) e, per altro verso, a formalizzare una affinità ed un patto di carattere politico.

La giurisprudenza formatasi in materia, con specifico riferimento alle elezioni comunali, comprende, ad avviso del Collegio correttamente, l’atto tra quelli aventi natura negoziale (Cons Giust. Sicilia sez giurisd. 19 marzo 2002, n.149; Tar Molise, Campobasso 26 marzo 2004 n. 177). Il rapporto di collegamento tra candidato e lista o gruppi di liste ha natura bilaterale e  rappresenta un fatto interno al gruppo politico; alla relativa espressione di volontà convergente, proveniente dai candidati, sono state ritenute applicabili le  regole sul potere rappresentativo, sia avuto riguardo alla revoca (TAR Sicilia Catania, sez. II 6/4/2001, n. 812), che in ordine alla ratifica (Tar Molise  n. 177/2004).

E’ noto che nella specie il procedimento elettorale è stato disciplinato da una  frammentaria e complessa legislazione, applicabile in via transitoria, poiché la Regione - ente dotato di autonomia speciale, cui l’ordinamento costituzionale conferisce competenza legislativa primaria quanto a legge elettorale interna, competenza ribadita di recente dall’art. 3 della legge costituzionale n. 2 del 31 gennaio 2001, nel riformare l’art. 15 dello Statuto -  non ha ancora esplicato la propria autonomia  in materia. In tale contesto normativo non si rinvengono né elementi testuali, né logici che inducano a discostarsi dall’orientamento costante della giurisprudenza, secondo il quale deve essere esaltata, nello specifico subprocedimento parallelo a quello di  indicazione dei candidati, la convergenza- condizione di efficacia- delle dichiarazioni “all’atto della presentazione delle liste”. Anzi, la circostanza che sia sanzionata con la nullità la mancanza delle dichiarazioni di collegamento convergenti al momento della presentazione delle liste ( art. 1, comma 3 ed 8 L. 43/95) sta a dimostrare che gli elementi essenziali dell’accordo devono sussistere ed  essere verificati solo all’atto della presentazione, con gli effetti che saranno meglio specificati nell’esaminare il quindicesimo motivo. 

Invece, la sottoscrizione degli elettori nei moduli di presentazione delle liste provinciali ha la finalità di limitare la partecipazione alla competizione elettorale solo ai gruppi di candidati che abbiano un certo livello di rappresentatività nell'ambito locale; a tal fine, viene richiesto un determinato numero di sottoscrizioni, in misura proporzionale al numero di abitanti compresi nella circoscrizione elettorale in cui le liste si presentano (articolo 9, comma 2, della legge n. 108/1968).

Perciò, l'unica espressione di volontà rilevante da parte dei sottoscrittori è quella diretta ad assicurare  la partecipazione alle elezioni di quella determinata lista di candidati aderenti ad un orientamento politico sintetizzato nel contrassegno.

Conseguentemente, il fatto che i moduli di presentazione della lista contenessero anche la previsione di collegamento con una lista regionale che successivamente non ha partecipato alla competizione  non può ritenersi elemento idoneo ad incidere sulla distinta espressione della volontà di sostenere alcuni candidati, stante la distinzione, di procedimento e  di finalità,  della sottoscrizione da parte degli elettori rispetto alla volontà di collegamento dei candidati.

D'altronde, il fatto che la norma non preveda che i moduli utilizzati per la sottoscrizione delle liste contengano anche la dichiarazione di collegamento può anche essere letto come una conferma del fatto che il legislatore ha ritenuto non determinante la coesistenza di tale dichiarazione, posto che in caso contrario il legislatore ben avrebbe potuto modificare la formulazione dell’art. 9 contestualmente alla introduzione del procedimento di collegamento.

In definitiva, la circostanza che nel caso di specie la dichiarazione di collegamento effettuata dai delegati della lista il Movimento nelle due circoscrizioni provinciali sia riferita, all’atto della presentazione,  ad una lista regionale diversa da quella in un primo momento indicata nei moduli sottoscritti dagli elettori non è elemento idoneo ad incidere sull’ammissibilità della lista provinciale e, perciò, la censura risulta infondata.

MOTIVO N. 12

(12) Con il dodicesimo motivo si sostiene che i vizi denunciati con i motivi che precedono relativamente alle liste provinciali presentate da PSd’AZ, Sardigna Natzione e IRS-Indipendentia si rifletterebbero sui provvedimenti espressi o taciti dell'Ufficio elettorale centrale regionale di ammissione delle rispettive liste regionali collegate ai sensi dell'articolo 1, commi 3, 8 e 9 della legge n. 43/1995, anche in relazione alla comminatoria di nullità della lista regionale che non sia collegata con almeno un gruppo di liste provinciali presentate in almeno quattro delle otto province sarde.

Pertanto, in conseguenza dei collegamenti reciprocamente dichiarati, come risultanti dagli atti del procedimento elettorale, le illegittime ammissioni delle liste provinciali del PSd’AZ e di Sardigna Natzione travolgerebbero l'ammissione della lista regionale Sardigna Libera, mentre le illegittime ammissioni delle liste provinciali di IRS-Indipendentia travolgerebbero l'ammissione della omonima lista regionale.

Al fine di decidere sul gravame occorre ricordare le decisioni assunte in relazione alle precedenti censure dedotte dai ricorrenti relativamente alle liste in esame.

Con riferimento a IRS-Indipendentia, le censure di cui ai motivi sub 4 e 5 sono state dichiarate inammissibili e infondate.

Con riferimento al PSd’AZ sono state giudicate inammissibili e infondate le censure di cui ai motivi sub 3 e 4; è stata invece giudicata fondata la censura dedotta al motivo sub 6, con cui si sosteneva la illegittima ammissione di tale lista nelle circoscrizioni provinciali del Medio Campidano e Carbonia-Iglesias.

Per quanto riguarda Sardigna Natzione sono state giudicate inammissibili e infondate le censure di cui ai motivi sub 3 e 4; è stata invece giudicata fondata la censura dedotta al motivo sub 8, con riferimento a tutte le sei circoscrizioni provinciali in cui la lista è stata presentata.

La acclarata inammissibilità/infondatezza delle censure dedotte nei confronti della lista IRS-Indipendentia conduce conseguentemente ad una pronuncia di infondatezza della censura di illegittimità derivata nei confronti della omonima lista regionale.

Per quanto riguarda la lista regionale Sardigna Libera, occorre rilevare che, come risulta dalle copie delle schede elettorali utilizzate nelle otto circoscrizioni provinciali (depositate in giudizio dai ricorrenti), essa era collegata con la lista provinciale PSd’AZ in tutte le otto circoscrizioni e con la lista provinciale Sardigna Natzione in tutte le sei circoscrizioni in cui si è presentata.

Venuta meno la legittimità di tutte le liste provinciali presentate da Sardigna Natzione e di due liste provinciali (Medio Campidano e Carbonia-Iglesias) presentate dal PSd’AZ, risultano legittime solo le ammissioni di tale ultima lista in sei circoscrizioni provinciali elettorali.

A questo punto va richiamato il terzo comma dell'articolo 1 della legge n. 43/1995 secondo cui "la presentazione della lista regionale deve, a pena di nullità, essere accompagnata dalla dichiarazione di collegamento con almeno un gruppo di liste provinciali presentate in non meno della metà delle province della regione".

Poiché, escludendo le liste provinciali illegittimamente ammesse, la lista regionale Sardigna Libera è comunque correttamente collegata con la lista PSd’AZ in sei circoscrizioni sulle otto presenti nella regione, risulta osservato il requisito minimo richiesto dalla legge per la valida partecipazione di una lista regionale, consistente nel suo collegamento con almeno un gruppo di liste provinciali presentate in non meno della metà delle province della regione; pertanto, si appalesa infondata la pretesa dei ricorrenti di travolgerne la ammissione e la censura deve essere rigettata (Tar Calabria Catanzaro 17 luglio 2000 n. 971).

MOTIVO N. 13

(13) Con il tredicesimo motivo si sostiene che le illegittime ammissioni delle liste provinciali presentate da il Movimento nelle circoscrizioni provinciali di Cagliari e Sassari (motivo sub 11) travolgerebbero l'ammissione della lista regionale UDS-NAT-Il Movimento.

La circostanza violerebbe anche la disposizione dettata "dall'ultima parte della seconda frase del comma 9° dell'articolo 1 della legge n. 43 del 1995".

Di conseguenza, anche tutte le altre liste provinciali collegate con la lista regionale in questione sarebbero irrimediabilmente travolte dalla sanzione di nullità di cui al comma 8° del già citato articolo 1 della legge n. 43/1995, in quanto prive di un collegamento con una lista regionale validamente ammessa.

La censura viene ripresa anche con i quarti motivi aggiunti che, sostanzialmente, confermano la pretesa illegittimità della scheda elettorale nella parte in cui la lista regionale UDS-NAT-Il Movimento contiene appunto anche il simbolo il Movimento. I ricorrenti hanno anche depositato ulteriori atti per provare documentalmente la violazione contestata.

Si tratta, come si vede, di una pretesa violazione derivante dalla illegittima ammissione della lista il Movimento nelle circoscrizioni provinciali di Sassari e Cagliari; la accertata infondatezza della censura sub 11, conduce inevitabilmente alla infondatezza del motivo in esame.

MOTIVO N. 14

(14) Con il quattordicesimo motivo si sostiene che tutte le numerose illegittimità dedotte con i precedenti motivi contro le altrettanto numerose liste provinciali ivi precisate travolgono irrimediabilmente la validità delle votazioni e, quindi, minano in radice l'attendibilità dell'intero risultato elettorale.

Tali illegittimità infatti avrebbero determinato l'illegittima presenza sull'unica scheda elettorale di cui all'articolo 2 della legge n. 43/1995, dei simboli di AP-UDEUR, La Margherita, DS-Sinistra federalista sarda, Verdi, SDI-Socialisti democratici italiani, come simboli provinciali collegati al simbolo ed alla lista regionale Sardegna Insieme, risultata vincitrice delle elezioni.

Inoltre, il collegamento delle suddette liste con quella regionale avrebbe anche verosimilmente comportato, in virtù della disposizione di cui all'ultima frase dell'articolo 2 della legge n. 43/1995, l'attribuzione anche a favore della stessa lista regionale di tutti i voti espressi soltanto per una delle predette liste provinciali ad essa collegate.

Così pure, la circostanza che la lista regionale UDS-NAT-Il Movimento fosse contrassegnata, sulle schede elettorali utilizzate nell'intera Sardegna, anche dal simbolo de il Movimento, avrebbe verosimilmente indotto un notevole numero di elettori a votare per tale lista regionale.

Per quanto riguarda il primo punto, i ricorrenti affermano che a causa della avvenuta rappresentazione dei simboli di liste illegittimamente ammesse  nelle schede elettorali, queste stesse sarebbero a loro volta illegittime  e sembrano voler sostenere che, di conseguenza,  tutti i voti espressi in tali schede sarebbero invalidi.

Se questo è il significato da attribuire alla censura dedotta, essa è senz'altro infondata in quanto non si può ragionevolmente ritenere che anche gli elettori che non hanno votato per una delle liste illegittimamente ammesse siano stati condizionati, nella propria valutazione, dalla presenza nella scheda elettorale di tali liste. Inoltre occorre ricordare che nella valutazione dei ricorsi avverso i procedimenti elettorali trova applicazione il principio di salvaguardia dell’espressione della volontà degli elettori, perciò la presenza in una scheda elettorale del simbolo di una lista ammessa illegittimamente a causa di vizi formali non comporta, di per sé, l'invalidità di tutti i voti espressi utilizzando quella scheda, ove sia mancata la dimostrazione o la deduzione di un principio di prova della rilevanza del vizio sul risultato elettorale.

Peraltro, nella seconda parte del motivo, i ricorrenti sembrano sostenere che la presenza dei simboli di alcune liste illegittimamente ammesse avrebbe verosimilmente comportato l'attribuzione a favore della lista regionale dei voti espressi per tali liste provinciali, con specifico riferimento  all'articolo 2 della legge n. 43/1995 ove si prevede che "qualora l'elettore esprima il suo voto soltanto per una lista provinciale il voto si intende validamente espresso anche a favore della lista regionale collegata".

In sostanza, i ricorrenti ritengono illegittimi i  voti attribuiti alla lista regionale quando tale attribuzione sia derivata – in applicazione della disposizione sopra trascritta - dalla espressione di voto per la sola lista provinciale illegittimamente ammessa e in mancanza di una espressa indicazione di voto per la lista regionale.

Osserva innanzitutto il Collegio che la censura così come prospettata è priva di concretezza, fondata su mere supposizioni ed implicherebbe una inammissibile revisione generalizzata delle operazioni elettorali, posto che, allo stato, non è possibile individuare il numero dei voti attribuiti alla lista regionale Sardegna Insieme in applicazione dell'ultima parte dell'articolo 2 della legge n. 43/1995, rispetto al numero dei voti direttamente attribuiti alla lista regionale in quanto espressamente indicati dall'elettore. D'altronde, l'istanza istruttoria non conteneva specifiche richieste in proposito.

Tuttavia il Collegio, anche alla luce delle argomentazioni svolte dalla difesa dei ricorrenti in sede di discussione nell'ultima udienza pubblica, ritiene di dover ipotizzare l'eventualità che la illegittima presenza di alcune liste provinciali abbia indotto i rispettivi potenziali elettori ad esprimersi (implicitamente o esplicitamente) anche a favore della lista regionale collegata, mentre, in caso di assenza di tali liste provinciali, gli stessi elettori avrebbero potuto dirottare il proprio voto su un'altra lista regionale.

Ma la valutazione di tale tesi, impone la previa verifica della specifica rilevanza delle illegittimità riscontrate rispetto agli atti di cui si chiede l'annullamento, in ossequio a quel generale principio proprio del processo elettorale secondo cui non tutte le illegittimità comportano l'annullamento delle risultanze del procedimento elettorale ma solo quelle che possono considerarsi incidenti in misura determinante sul contenuto di dette risultanze.

La questione da ultimo prospettata rappresenta lo sviluppo della richiesta, contenuta nel ricorso e nelle memorie successive, avente ad oggetto l'annullamento dell'intero procedimento elettorale, sul presupposto che questa sia l’unica possibile conseguenza derivante dalla illegittima ammissione di alcune liste provinciali e della lista regionale risultata vincitrice, Sardegna Insieme.

Perciò, il Collegio, per economicità, rinvia l’esame della questione  alla fase delle conclusioni.

MOTIVO N. 15

(15a)  Con il quindicesimo motivo il ricorrenti sostengono che il provvedimento della Commissione centrale regionale con cui è stata ammessa la lista regionale Sardegna Insieme sarebbe illegittimo perché tutte le dichiarazioni, ad essa allegate, di collegamento alla predetta lista regionale effettuate dalle liste provinciali sarebbero state rilasciate da persone che, alle date in cui le stesse dichiarazioni sono state rese, non erano state designate dai rispettivi presentatori delle liste provinciali. Affermano in proposito i ricorrenti:"Risulta, invero, che tali designazioni erano contenute soltanto nel corpo degli atti principali di presentazione delle liste provinciali di cui si tratta, atti che portano date successive".

(15b) Inoltre, ed in particolare, i ricorrenti deducono che:

1) la dichiarazione di collegamento della lista AP-UDEUR per la circoscrizione provinciale di Sassari firmata dal signor Canu Giovanni Maria è priva di indicazione della data, così come l’autenticazione della firma dello stesso signor Canu eseguita dal Consigliere Comunale di Sassari signora Maria Teresa Bazzu, risulta anch’essa priva di data, ciò che comporterebbe mancanza di uno degli elementi essenziali imposti sia dal comma 3 dell’art. 20 della L. n. 15 del 1968, sia dal comma 2° dell’art. 21 del D.P.R. n. 445 del 2000;

2) la dichiarazione di collegamento della lista AP-UDEUR per la circoscrizione provinciale di Olbia – Tempio, firmata ad Olbia dal signor Cesare Lorenzo Cadeddu, è seguita da una autenticazione della sua firma eseguita dalla dott.ssa Elena Burrai, Consigliere Provinciale della Provincia di Sassari e, quindi, al di fuori della competenza territoriale dell’Ufficiale autenticante;

3) la dichiarazione di collegamento della lista PROGETTO SARDEGNA per la circoscrizione provinciale di Cagliari risulta firmata dal signor Maurizio Piras in data 11 maggio 2004, ma è seguita da una autentica della firma eseguita il giorno successivo e, cioè, il 12 maggio 2004, ciò che comporterebbe, evidentemente, la radicale nullità dell’autenticazione;

4) la dichiarazione di collegamento della lista LA MARGHERITA per la circoscrizione provinciale Carbonia–Iglesias, firmata dal signor Pierfranco Gaviano, è seguita da una (presunta) autenticazione di un non meglio precisato funzionario comunale di Carbonia e da una firma del tutto illeggibile:

5) la dichiarazione di collegamento della lista DS–SINISTRA FEDERALISTA SARDA per la circoscrizione provinciale di Oristano risulta firmata ad Oristano dal signor Raimondo Ignazio Cadeddu ed autenticata a Solarussa da un impiegato del Comune di Solarussa che, quindi, non avrebbe avuto competenza territoriale ad autenticare una firma apposta ad Oristano e, per di più, non in sua presenza;

6) la dichiarazione di collegamento della lista DS–SINISTRA FEDERALISTA SARDA per la circoscrizione provinciale di Sassari risulta firmata a Sassari dalla signora Giovanna Vargiu e seguita da una autenticazione della firma eseguita ad Ossi da un impiegato incaricato del Comune di Ossi, che quindi non avrebbe avuto competenza territoriale ad autenticare una firma apposta a Sassari e, per di più, non in sua presenza;

7) la dichiarazione di collegamento delle liste LA MARGHERITA per le circoscrizioni provinciali di Olbia – Tempio, di Nuoro, di Sassari e di Cagliari, e le dichiarazioni di collegamento delle lista DS-SINISTRA FEDERALISTA SARDA per le circoscrizioni provinciali di Carbonia – Iglesias, del Medio Campidano e di Sassari recano in calce autenticazioni tutte effettuate da funzionari amministrativi, che si limitano a dichiarare di ritenere certe le identità dei sottoscrittori senza peraltro indicare alcuna modalità di identificazione.

(15c) Infine, l'invalidità delle predette dichiarazioni, da parte dei presentatori delle liste provinciali, di collegamento alla lista regionale travolgerebbe tutti i provvedimenti degli Uffici centrali circoscrizionali con i quali sono state ammesse le corrispondenti liste provinciali, in quanto prive di alcun valido collegamento ad una lista regionale, come prescritto, a pena di nullità, dall'articolo 1, comma 8°, della legge n. 43/1995.

Motivi aggiunti al 15° motivo

(15ma-1) Con il primo atto di motivi aggiunti, i ricorrenti presentano ulteriori censure, che qualificano come integrative di quelle già dedotte con il ricorso, con le quali contestano le modalità di autenticazione delle dichiarazioni di collegamento per le seguenti liste:

1) la dichiarazione di collegamento della lista DS-SINISTRA FEDERALISTA SARDA per la circoscrizione provinciale di Cagliari, firmata dal signor Efisio Demuru, porta in calce una autenticazione della sua firma priva di qualsiasi indicazione del luogo in cui l’autentica è stata eseguita, ed inoltre priva di valida indicazione della data, in quanto è indicato soltanto l’anno 2004, senza, quindi, nessuna precisazione del giorno e del mese, ciò che concreterebbe mancanza di uno degli elementi essenziali imposti sia dal comma 3 dell’art. 20 della L. n. 15 del 1968, sia dal comma 2° dell’art. 21 del D.P.R. n. 445 del 2000. Tra l’altro, poiché l’ufficiale autenticante si qualifica come vice Sindaco del Comune di Capoterra, l’omessa indicazione del luogo in cui l’autentica è stata effettuata impedirebbe di verificare se il pubblico ufficiale abbia, o meno, compiuto l’atto nell’ambito della sua competenza territoriale.

2) la dichiarazione di collegamento della lista COMUNISTI ITALIANI per la circoscrizione provinciale di Cagliari, firmata dalla signora Annarella Casu, reca in calce una formula di autenticazione priva della firma dell’ufficiale autenticante, ciò che concreterebbe mancanza di uno degli elementi essenziali imposti sia dal comma 3 dell’art. 20 della L. n. 15 del 1968, sia dal comma 2° dell’art. 21 del D.P.R. n. 445 del 2000.

3) la dichiarazione di collegamento della lista AP–UDEUR per la circoscrizione provinciale dell’Ogliastra, firmata dalla signora Anna Rita Stochino, è seguita da una autenticazione della sua firma eseguita dalla signora Giannina Pili – ufficiale amministrativo incaricato del Comune di Ilbono – priva della completa indicazione della data, in quanto è indicato soltanto l’anno 2004, senza, quindi, nessuna precisazione del giorno e del mese, ciò che concreterebbe mancanza di uno degli elementi essenziali imposti sia dal comma 3 dell’art. 20 della L. n. 15 del 1968, sia dal comma 2° dell’art. 21 del D.P.R. n. 445 del 2000.

(15ma-2) Con i secondi e terzi motivi aggiunti i ricorrenti affermano di aver dedotto, con il quindicesimo motivo, una duplice censura con la quale hanno denunciato che le dichiarazioni di collegamento delle varie liste circoscrizionali provinciali allegate alla lista regionale Sardegna Insieme sono state rilasciate da persone che non erano state designate dai presentatori delle rispettive liste provinciali, sia perché tali designazioni erano contenute soltanto nel corpo degli atti principali di presentazione delle stesse liste provinciali (e quindi non ha anche nei rispettivi allegati "atti separati"), sia perché gli atti principali di presentazione delle liste provinciali portano date successive.

(15ma-3) Inoltre, sempre ad integrazione della censura dedotta sub 15a nel ricorso, viene precisata, con riferimento a ciascuna lista provinciale presentata nelle diverse circoscrizioni, la data in cui è stata rilasciata la dichiarazione di collegamento allegata alla lista regionale Sardegna Insieme, che risulta di qualche giorno precedente alla dichiarazione di presentazione (atto principale) della lista circoscrizionale provinciale.

A tal fine, segue un elenco dettagliato contenente le due diverse date come sopra indicate, riguardante le seguenti liste provinciali nelle diverse circoscrizioni:

1) DS- Sinistra federalista sarda, nelle otto circoscrizioni;

2) Di Pietro-Occhetto, nelle circoscrizioni di Sassari, Cagliari, Nuoro e Ogliastra;

3) Comunisti italiani, nelle circoscrizioni di Oristano, Medio Campidano, Carbonia-Iglesias, Sassari, Cagliari e Ogliastra;

4) Progetto Sardegna, nelle circoscrizioni di Oristano, Olbia-Tempio, Carbonia-Iglesias, Sassari e Nuoro;

5) Rifondazione comunista, nelle circoscrizioni di Oristano, Olbia-Tempio, Sassari, Cagliari, Carbonia-Iglesias, Nuoro e Ogliastra;

6) Verdi, nelle circoscrizioni di Cagliari, Sassari, Nuoro;

7) SDI-Socialisti democratici italiani, nelle circoscrizioni di Cagliari, Carbonia-Iglesias, Sassari, Nuoro e Medio Campidano;

8) AP-UDEUR, nelle circoscrizioni di Nuoro, Sassari, Olbia-Tempio, Cagliari, Medio Campidano e Ogliastra.

(15ma-4) Infine, nel secondo atto di motivi aggiunti, si deduce, quale ulteriore illegittimità che sarebbe emersa solo dai documenti successivamente rilasciati dalle competenti Cancellerie, la circostanza che tutte le liste circoscrizionali provinciali di cui si tratta sono state presentate corredate da altrettante dichiarazioni della lista regionale di collegamento alle stesse liste provinciali, dichiarazioni tutte portanti la data del 12 maggio 2004, rilasciate da persona che non era stata designata dai presentatori della lista regionale, in quanto tale designazione era contenuta soltanto nel corpo dell'atto principale di presentazione della lista regionale, che porta la data del 15 maggio 2004.

Il motivo 15, come si vede, contiene molte ipotesi di illegittimità diverse tra loro, dedotte in parte nel ricorso originario e in parte nei motivi aggiunti; occorre perciò, in via preliminare, esaminare quelle contenute nei motivi aggiunti, alla luce del pacifico principio secondo cui questi sono ammissibili soltanto quando si possano considerare quale mera integrazione e sviluppo delle censure già dedotte nell'atto introduttivo.

Per quanto riguarda le censure sub 15ma-1, si deduce le illegittimità della dichiarazione di collegamento di DS-Sinistra federalista sarda nella circoscrizione di Cagliari, Comunisti italiani nella circoscrizione di Cagliari e AP-UDEUR nella circoscrizione Ogliastra a causa di illegittimità connesse alle modalità di autenticazione.

Tale violazione, in relazione alle tre liste suddette nelle indicate circoscrizioni, non era stata dedotta nel ricorso originario nella parte sub 15b, ove si contestavano le modalità di autenticazione riferite però ad altre liste; pertanto la censura si configura come un motivo nuovo perché pretende di coinvolgere atti diversi da quelli originariamente impugnati ed è perciò inammissibile in quanto presentato il 4 ottobre 2004, oltre il termine per la presentazione del ricorso.

D'altronde è del tutto irrilevante l'affermazione dei ricorrenti secondo cui essi avrebbero avuto conoscenza di tali violazioni soltanto dalla documentazione depositata in giudizio il 2 agosto 2004, trattandosi invece di atti che potevano essere esaminati dagli interessati ben prima di tale data, come analiticamente spiegato nell'esame del primo motivo.

Con la censura sub 15ma-2, i ricorrenti si riferiscono ad una duplice censura che sarebbe stata prospettata nel ricorso originario:  la prima, secondo la quale, le designazioni sarebbero contenute soltanto nel corpo degli atti principali di presentazione delle liste e non anche nei rispettivi allegati atti separati; la seconda secondo la quale  gli atti principali di presentazione (contenente le designazioni) avrebbero portato date successive alla dichiarazione di collegamento.

Al riguardo il Collegio non può che confermare, invece, che la censura originaria, testualmente riportata sub 15a, si limitava a dedurre l'illegittimità delle dichiarazioni di collegamento in quanto portanti una data precedente a quella della designazione dei delegati, mentre nulla era specificato circa la necessità che la designazione dovesse risultare sia nell'atto principale di presentazione della lista sia anche nei rispettivi allegati atti separati. Conseguentemente,  la prima parte della censura  sub 15ma-2 contenuta nei secondi e terzi motivi aggiunti  si configura come un nuovo motivo e va perciò dichiarata inammissibile in quanto dedotta oltre il termine per l'impugnazione.

Per quanto riguarda l'elenco contenuto sub 15ma-3, si tratta in effetti di una integrazione e dimostrazione della originaria censura sub 15a con la quale, appunto, si sosteneva che tutte le dichiarazioni di collegamento delle liste provinciali alla lista regionale Sardegna Insieme erano state effettuate prima delle designazioni dei delegati ad opera dei presentatori delle rispettive liste provinciali.

Con la censura sub 15ma-4 si deduce la circostanza che le dichiarazioni di collegamento della lista regionale Sardegna Insieme, effettuate dai delegati e tutte portanti data 12 maggio 2004, sono precedenti alla designazione dei delegati medesimi, contenuta nell'atto principale di presentazione della lista regionale, portante data 15 maggio 2004.

In sostanza si tratta di una censura che contesta la validità della dichiarazione, resa dai delegati, di collegamento della lista regionale alle varie liste circoscrizionali. Invece, nel ricorso originario si censuravano le dichiarazioni, rese dai rispettivi delegati, di collegamento delle varie liste circoscrizionali alla lista regionale.

Conseguentemente si tratta di un motivo nuovo riferito ad atti non contestati in sede di ricorso originario e, perciò, inammissibile per le ragioni già dette.

In definitiva, l'esame del motivo sub 15 va circoscritto alla censura sub 15a, integrata dalle precisazioni sub 15ma-3, con cui si sostiene l'invalidità delle dichiarazioni di collegamento effettuate dai soggetti delegati da parte dei presentatori delle liste provinciali in quanto tali soggetti sono stati designati, negli atti principali di presentazione delle stesse liste, in data successiva alla dichiarazione di collegamento.

Inoltre occorre esaminare la censura sub 15b, avverso le dichiarazioni di collegamento indicate nel ricorso originario, ove si deducono varie cause di invalidità della autenticazione della sottoscrizione.

Per quanto riguarda la censura sub 15a, il Collegio osserva che i ricorrenti non hanno indicato quale sarebbe la norma o il principio violati. Tale considerazione, se pure non si voglia ritenere sufficiente a determinare la inammissibilità del motivo per mancanza della necessaria specificità, induce comunque ad interrogarsi sulla rilevanza della circostanza descritta.

Innanzitutto occorre precisare che la norma regolante la fattispecie (articolo 1, comma 8 della legge n. 43/1995) si limita a prevedere che la presentazione delle liste provinciali deve essere accompagnata, a pena di nullità, dalla dichiarazione di collegamento con una lista regionale.

Nulla dice la disposizione in ordine ad ulteriori requisiti che debbano accompagnare la dichiarazione di collegamento e, in particolare, nessuna sanzione viene prevista nel caso in cui tale dichiarazione sia effettuata da soggetti la cui designazione risulti da atto avente data successiva. È sufficiente dunque l'esistenza di tale dichiarazione di collegamento, la cui efficacia è subordinata solo alla convergente analoga dichiarazione di collegamento resa dal delegato della lista regionale.

Non sfugge al Collegio l'esistenza di una regola generale in virtù della quale chi emette una dichiarazione giuridicamente rilevante deve essere munito della necessaria legittimazione a renderla, ma la designazione in data successiva può bene essere considerata come una ratifica implicita che attribuisce ex post la legittimazione originariamente carente. Si deve sottolineare inoltre che la dichiarazione di collegamento assume un effettivo rilievo e significato solo nel momento in cui avviene la presentazione della lista; in tale momento, risulta perfezionata anche la designazione.

In realtà la laconicità della norma sopra richiamata dimostra che il legislatore si è preoccupato esclusivamente dall'aspetto sostanziale, l'esternazione di una volontà di collegamento reciproco tra la lista provinciale e la lista regionale, una volontà che ha evidentemente natura meramente politica, le cui modalità di perfezionamento sono lasciate, dunque, al di là di formalismi inutili in tale contesto e materia, alla iniziativa dei protagonisti.

Quindi, la circostanza che la designazione del soggetto incaricato di effettuare la dichiarazione di collegamento sia contenuta in un atto avente data successiva rispetto alla dichiarazione stessa è da ritenersi ininfluente ai fini della  ammissione della lista provinciale, posto che ciò che rileva è l'esistenza della dichiarazione, effettuata da un soggetto che, nel momento in cui la lista viene presentata agli uffici competenti, può dimostrare di essere stato designato a tale scopo.

In definitiva, la presentazione della lista provinciale entro il termine di legge, accompagnata, per quanto qui interessa, dalla dichiarazione di collegamento alla lista regionale da parte dei soggetti a ciò designati, come risulta dalla documentazione ivi allegata, è sufficiente a far considerare realizzata la fattispecie voluta dalla legge ai fini della ammissione della lista provinciale; conseguentemente, poiché le liste provinciali contestate hanno tutte osservato tale adempimento, la censura dedotta sub 15a risulta infondata.

Con la censura sub 15b i ricorrenti sostengono l'invalidità delle autenticazioni effettuate per le sottoscrizioni relative alle dichiarazioni di collegamento delle seguenti liste: AP-UDEUR, nelle circoscrizioni provinciali di Sassari e Olbia-Tempio; Progetto Sardegna, nella circoscrizione provinciale di Cagliari; la Margherita, nelle circoscrizioni provinciali di Carbonia-Iglesias, Olbia-Tempio, Nuoro, Sassari e Cagliari; DS- Sinistra federalista sarda, nelle circoscrizioni di Oristano, Sassari, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano.

Secondo i ricorrenti, tutte le predette autenticazioni violerebbero, sotto diversi aspetti come sopra descritti sub 15b, l'articolo 20 della legge n. 15/1968, nonché l'articolo 21 del D.P.R. 445/2000, che dettano le modalità sostanziali e formali, tutte necessarie per la validità dell'autentica.

Il Collegio ritiene che tali dedotte invalidità siano ininfluenti in quanto, come si dirà, l'autenticazione delle dichiarazioni di collegamento non è necessaria ai fini della ammissione delle liste alla competizione elettorale.

In proposito si osserva che i commi 3 e 8, dell’art. 1 della legge n. 43/1995, riguardanti le dichiarazioni di collegamento da parte dei delegati alla presentazione delle liste provinciali e di quella regionale, non prevedono che le relative sottoscrizioni vengano autenticate.

La mancata previsione normativa di tale formalità conduce a considerare inesistente l'obbligo di autenticare le firme in questione; quando il legislatore ha ritenuto necessaria l'autenticazione nell'ambito del procedimento elettorale, lo ha disposto infatti in maniera espressa, come accade per le firme degli elettori sui moduli di presentazione della lista (articolo 9 comma 3, della legge n. 108/1968), ovvero per le sottoscrizioni relative alla dichiarazione di accettazione della candidatura da parte di ogni candidato (articolo 9, comma 8, lettera 2 della stessa legge) o ancora per le dichiarazioni con le quali i delegati autorizzano altri soggetti a designare i rappresentanti della lista (articolo 9, comma 9 della stessa legge).

Considerate le molteplici formalità necessarie per una valida autenticazione e le gravi conseguenze che discendono da un’eventuale invalidità della stessa, non si può ragionevolmente ritenere che, ove manchi una specifica previsione normativa che espressamente la contempli, la necessità dell'autentica delle sottoscrizioni in esame possa essere ritenuta sulla base di una applicazione analogica delle disposizioni che la richiedono per altre fattispecie.

Resta dunque confermato che, per quanto qui interessa, il presupposto richiesto dall'articolo 1 della legge n. 43/1995 consiste nella esistenza di una formale dichiarazione di collegamento, essendo irrilevante la autenticazione della sottoscrizione relativa.

D'altronde, nel caso di specie, i ricorrenti non hanno neppure sostenuto, e tanto meno dimostrato, che le dichiarazioni di collegamento contestate non corrispondessero alla reale volontà dei dichiaranti; perciò non possono contestarne la validità neppure sotto questo profilo. 

L'accertata irrilevanza della autenticazione della dichiarazione in esame conduce - come già detto sopra - alla infondatezza della censura; tuttavia il Collegio ritiene utile pronunciarsi su alcune delle censure specificatamente dedotte avverso le modalità di autenticazione, per rilevarne comunque l’infondatezza.

Riprendendo perciò l'elenco delle censure analiticamente indicate al punto 15b, si osserva:

- La censura n. 2, con cui si sostiene che il consigliere provinciale della Provincia di Sassari non potesse autenticare una sottoscrizione a Olbia, in quanto fuori dalla sua competenza territoriale, è infondata in quanto, in quel momento, la costituzione della nuova Provincia di Olbia-Tempio non era stata ancora perfezionata con le relative elezioni provinciali, perciò la città di Olbia risultava ancora nell'ambito della circoscrizione provinciale di Sassari.

In ogni caso, considerato che la norma speciale attributiva del potere di eseguire le autenticazioni in materia elettorale ai consiglieri comunali e provinciali (articolo 14 della legge n. 53/1990) non prevede un limite di competenza territoriale per tali soggetti, si può ritenere che essi siano autorizzati ad autenticare le sottoscrizioni anche fuori dall'ambito comunale o provinciale, non ostando in proposito alcuna particolare esigenza che induca a ritenere la necessità di una limitazione non espressamente prevista, ed anzi considerando l’importanza della opposta esigenza di facilitare, per quanto possibile, le formalità necessarie per la più ampia partecipazione alla competizione elettorale (Cassazione, Ufficio centrale referendum, ordinanza 13 dicembre 1986).

-  La censura n. 3, con cui si sostiene l'illegittimità della autentica in quanto portante la data di un giorno successivo rispetto a quella risultante a fianco della sottoscrizione del soggetto che esprime la volontà di collegamento è infondata perché ciò che rileva è la data in cui l'ufficiale autenticante (in questo caso era un notaio) attesta di aver proceduto all'autenticazione della firma "apposta, in mia presenza”; tale attestazione non può essere contestata se non attraverso la querela di falso.

- Parimenti infondata è la censura n. 5, con cui si lamenta la circostanza che la dichiarazione di collegamento risulti firmata ad Oristano ed autenticata a Solarussa da un impiegato del comune di Solarussa che, quindi, non avrebbe avuto competenza territoriale ad autenticare una firma apposta ad Oristano e, per di più, non in sua presenza.

Infatti, come detto, ciò che conta è la formale attestazione dell'ufficiale autenticante di aver ricevuto la sottoscrizione apposta in sua presenza, perciò, nel caso in esame, l'autenticazione risulta eseguita dal soggetto nella propria sede.

-  La censura n. 6, analoga a quella di cui al n 5, è infondata per le ragioni dette in relazione a quella deduzione.

-  Quanto alle censura n. 7, con cui si sostiene che le dichiarazioni di collegamento di sette liste circoscrizionali in diverse circoscrizioni recano autenticazioni in cui il funzionario si limita a dichiarare di ritenere certe le identità dei sottoscrittori, senza indicare alcuna modalità di identificazione, occorre rilevare che, invece, l'autenticazione della dichiarazione di collegamento della lista La Margherita per la circoscrizione provinciale di Olbia-Tempio e quella dei DS per la circoscrizione provinciale di Sassari contengono la precisa indicazione del documento di identità del dichiarante, perciò la censura è infondata in fatto.

Resta comunque ribadita la infondatezza dell'intera censura sub 15b, per le ragioni indicate.

************

Esaurito l'esame dei motivi addotti dai ricorrenti, resta da verificare l'incidenza del risultato di tale esame in ordine alla domanda contenuta nell'atto introduttivo del ricorso, mirante ad ottenere l'annullamento di tutti gli atti ed operazioni del procedimento elettorale in questione e segnatamente di tutti i verbali di proclamazione degli eletti dell'Ufficio centrale regionale e degli otto Uffici centrali circoscrizionali nonché di tutti i provvedimenti di ammissione delle liste regionali e provinciali contestate.

Il Collegio rileva innanzitutto che, a fronte di 11 motivi (1/11) che deducevano la illegittima ammissione di numerose liste nelle diverse circoscrizioni provinciali, di tre motivi (12-13-14) che deducevano la illegittimità derivata delle liste regionali collegate, di un motivo (15) che deduceva l'illegittimità della ammissione della lista regionale Sardegna Insieme, è stata riscontrata la fondatezza delle seguenti censure:

- la censura sub 1b, che contestava la ammissione della lista AP-UDEUR nella circoscrizione provinciale di Nuoro;

- le censure sub 6 e sub 8, che contestavano la ammissione della lista PSdAZ nelle circoscrizioni Medio Campidano e Carbonia-Iglesias, nonché della lista Sardigna Natzione in tutte le sei circoscrizioni in cui era stata presentata;

- la censura sub 10, che contestava la ammissione della lista dei Verdi nella circoscrizione provinciale di Sassari.

L'accertata inammissibilità ed infondatezza di gran parte delle censure presentate, in particolare anche quella riferita all'ammissione della lista regionale Sardegna Insieme, pone il problema delle conseguenze derivanti dalla fondatezza delle censure residue sopra richiamate, tutte riferite alla ammissione di singole liste circoscrizionali.

Nell'ultima memoria difensiva, i ricorrenti rilevano che, trattandosi di elezioni che si svolgono per espressa disposizione di legge apponendo il voto su un'unica scheda, ed essendo quindi indissolubilmente legate l'elezione del presidente della Regione e l'elezione dei consiglieri regionali, non si potrebbe neppure ipotizzare, “per la stretta ed impenetrabile concatenazione di tutti i complicatissimi conteggi previsti dalla legge, alcuna esatta correzione del risultato elettorale a seguito dell'annullamento dell'ammissione di anche una sola lista che abbia riportato voti validi, essendo radicalmente impossibile, com’è ovvio,  ricostruire o anche soltanto congetturare i numeri esatti dei voti che avrebbero riportato le altre liste, ove la competizione elettorale si fosse svolta in assenza della lista illegittimamente ammessa”. Da tali premesse deducono che, anche in caso di parziale fondatezza delle censure, il Tribunale non potrebbe effettuare alcuna correzione, ma dovrebbe senz'altro annullare l'intero procedimento elettorale.

Deve darsi altresì conto, per completezza, che nel corso della discussione svoltasi all’udienza pubblica dell’8 giugno 2005, la difesa dei ricorrenti, pur ribadendo il proprio convincimento circa la impossibilità di una pronuncia di parziale correzione dei risultati elettorali, ha comunque chiesto in via subordinata tale correzione, affermando che la domanda doveva intendersi compresa in quella principale prospettata nell'atto introduttivo del ricorso "in virtù del principio pacifico in giurisprudenza che la domanda maggiore comprende la domanda minore”.

Osserva il Collegio che fra la domanda di annullamento e la domanda di correzione parziale non corre un rapporto di sostanziale uguaglianza qualitativa e di mera differenza quantitativa, logico presupposto perché si possa parlare di domanda minore compresa nella domanda maggiore. L'annullamento del procedimento elettorale e la correzione dei risultati elettorali, pur entrambi conseguenti all'accertamento di vizi di legittimità del procedimento, sono due attività ontologicamente diverse l'una dall'altra.

Infatti, con l'annullamento si eliminano dal mondo giuridico atti amministrativi o parti di essi; con la correzione invece il giudice svolge un'attività di sostituzione del contenuto di uno o più atti in modo che il risultato sia conforme a legittimità. La manipolazione dei risultati elettorali in tanto si giustifica in quanto non imponga al giudice attività diverse da un mero ricalcolo dei voti.

Peraltro tale attività si può svolgere solo nei limiti delle censure dedotte dai ricorrenti nel ricorso e ritenute fondate e purché sia superata la prova di resistenza.

Da tali considerazioni deriva che la domanda di correzione dei risultati elettorali, ontologicamente distinta da quella di annullamento, essendo stata  proposta per la prima volta durante la discussione in udienza pubblica, va qualificata come domanda nuova, diretta a modificare il petitum originario, prospettato dai ricorrenti in relazione all’interesse fatto valere,  e deve essere dichiarata inammissibile.

Sempre nell’intento di delineare i limiti del giudizio, devono essere precisate le richieste avanzate dai controinteressati, tali in quanto membri eletti nel Consiglio appartenenti sia alla maggioranza che all’opposizione.

Tutti, in via principale, hanno chiesto la reiezione del ricorso e della domanda di annullamento totale dei risultati elettorali; alcuni peraltro, in via subordinata, e solo se alcune censure fossero ritenute fondate e direttamente incidenti sui risultati elettorali, hanno chiesto che si procedesse alla correzione dei risultati, senza tuttavia specificare in che misura la ipotizzata correzione avrebbe inciso sulla personale posizione fatta valere.

La richiesta in via subordinata dei controinteressati verrà esaminata dopo avere deciso sulla domanda dei ricorrenti.

Tali essendo i termini della questione, devono essere ora verificate specificamente le conseguenze della illegittima ammissione di una o più liste circoscrizionali. Problema di non immediata soluzione, in presenza di un sistema elettorale complesso quale quello risultante dalla legge 23 febbraio 1995 n. 43 e dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2; sistema che, da un lato, prevede la necessaria presenza e collegamento di liste provinciali e liste regionali nonché un meccanismo di attribuzione dei seggi completamente differenziato per le due liste (uno proporzionale l'altro maggioritario) e, d'altro lato, considera assolutamente preminente il risultato conseguito dalle liste regionali, al quale sono subordinati, per effetto del meccanismo introdotto dall’art. 15 della legge n. 108/78, i risultati conseguiti dalle liste circoscrizionali.

Infatti, ai sensi dell'articolo 3, comma 3 della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, viene proclamato eletto presidente della regione il candidato capolista (della lista regionale) che ha conseguito il maggior numero di voti validi in ambito regionale. A tale proclamazione consegue anche l'attribuzione di un numero di consiglieri che consente comunque, a prescindere dai risultati delle liste circoscrizionali, una forte maggioranza della lista regionale vincitrice nell'ambito del Consiglio regionale.

Va poi ricordato il sistema di votazione, che prevede un’unica scheda in cui sono presenti, sia le singole liste ammesse alla competizione nelle varie circoscrizioni, sia le liste regionali che, ai sensi dell'articolo 1, comma 9, della legge n. 43/1995, possono essere contrassegnate da un unico specifico simbolo, ovvero dai simboli di tutte le liste ad essa collegate.

Infine, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 43/1995, l'elettore può esprimere il suo voto per una delle liste regionali “anche non collegata alla lista provinciale prescelta” e “qualora l'elettore esprima il suo voto soltanto per una lista provinciale il voto si intende validamente espresso anche a favore della lista regionale collegata”.

Il combinato disposto delle norme sopra richiamate conduce a ritenere che l'attribuzione del voto alla lista regionale, essendo comunque espressione di una autonoma e specifica volontà, esplicita o implicita, disgiunta da quella diretta ad indicare la preferenza per la lista provinciale, può non essere inficiata dall'eventuale illegittima presenza di una o più liste tra quelle partecipanti alla competizione nell'ambito provinciale.

In base al meccanismo delineato dall’art. 2, ultimo periodo, è infatti lo stesso legislatore che considera sempre espresso il voto alla lista regionale e che, per presunzione legale, dichiara validamente manifestata la espressione del voto anche a favore della lista regionale collegata, qualora l’elettore abbia votato solo per la lista provinciale.  In linea di principio non può quindi escludersi che l’elettore, pur avendo votato per una lista illegittimamente ammessa,  abbia voluto esprimere anche la scelta di votare autonomamente la lista regionale, optando per la modalità prevista dal legislatore come implicita manifestazione di volontà (Cons. St. sez. V, 2 maggio 2002, n. 2333). 

Oltretutto, nel caso di specie, la  individuazione delle due principali liste regionali in competizione (Sardegna Insieme e Sardegna Unita) rispetto alle liste provinciali ad esse collegate risultava ancora più evidente, posto che nella scheda elettorale ciascuna delle due liste regionali era contrassegnata da un unico simbolo diverso rispetto a quello delle liste provinciali ad essa collegate, con ciò evidenziandosi ancor più la specificità della lista regionale rispetto alle liste provinciali collegate.

Sulla base di queste considerazioni - posto che le censure dedotte per vizi propri della ammissione della lista regionale Sardegna Insieme e delle altre liste regionali minori sono state rigettate - il Collegio ritiene che la fondatezza delle censure nei confronti della ammissione di alcune liste provinciali non possa comportare, automaticamente, il travolgimento dei risultati ottenuti dalle liste regionali, senza una previa concreta verifica degli effetti indotti dagli accertati vizi.

La difesa dei ricorrenti ha rilevato, nel corso della discussione svoltasi all'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2005, che il sistema elettorale previsto dal legislatore configurerebbe le liste regionali come un fenomeno associativo che deriva dall'apparentamento delle diverse liste, avente quindi una propria soggettività e riconoscibilità, ribadendo che per tale ragione anche la illegittima ammissione di una sola lista che abbia ottenuto voti validi in una circoscrizione provinciale inficerebbe la validità della lista regionale ad essa collegata perché questa assumerebbe una connotazione diversa da quella che è stata sottoposta alla valutazione degli elettori.

Non si può disconoscere che, nonostante la descritta autonomia tra le due diverse manifestazioni di volontà espresse per la lista provinciale e quella regionale, ciascun elettore possa, in via teorica, aver scelto una lista regionale solo in considerazione del fatto che ad essa era collegato il proprio partito di riferimento, mentre la mancanza di quel partito avrebbe potuto indurre ad una votazione diversa anche per la lista regionale.

A questo proposito giova ricordare che, in relazione ad altre elezioni svoltesi con lo stesso sistema elettorale, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la illegittima ammissione di due liste nelle circoscrizioni provinciali comportasse l'annullamento dell'intera competizione elettorale (Cons. St. sez. V, 18 giugno 2001, n. 3212).

Tale precedente giurisprudenziale non può essere utilizzato per sostenere senz'altro la necessaria conseguenza dell'annullamento delle elezioni ogni qualvolta si sia in presenza di liste ammesse illegittimamente nei collegi circoscrizionali.

Qualora infatti l'illegittimità riscontrata non sia in grado di alterare in modo rilevante il risultato conseguito dalle liste che hanno partecipato legittimamente alle elezioni, non si devono annullare le operazioni di voto,  ma si deve verificare se le illegittimità riscontrate siano tali da far ritenere che la volontà popolare sia stata completamente travisata, e, in caso di risposta negativa, non si potrà procedere all'annullamento delle intere elezioni.

A ben vedere, anche il precedente del Consiglio di Stato, invocato dai ricorrenti a sostegno della propria richiesta, richiama espressamente il principio di una giusta composizione tra l'esigenza di salvaguardia della volontà dell'elettore da possibili cause perturbatrici e quella di conservazione degli effetti delle elezioni, indicando nella valutazione della consistenza numerica dei voti espressi a favore delle liste illegittimamente ammesse la chiave per stabilire se le elezioni debbano essere o meno annullate nella loro interezza. Nell’ipotesi esaminata dal giudice d’appello è stata confermata la sentenza di primo grado che aveva annullato l'intera competizione elettorale, per la decisiva considerazione che la illegittima presenza di due liste poteva essere stata determinante ai fini del risultato a causa dello scarto minimo di voti tra le due principali liste antagoniste.

In applicazione dunque del necessario bilanciamento tra il principio di conservazione degli atti giuridici, il principio del favor voti e l’interesse pubblico alla legalità della competizione elettorale, all’illegittima ammissione di alcune liste nei collegi circoscrizionali, la cui presenza non sia stata determinante nei termini sopraddetti, si potrebbe ovviare, ove ritualmente richiesto dai ricorrenti e corrispondente alla realizzazione dell’interesse dedotto,  attraverso la correzione parziale dei risultati elettorali e la ripetizione dei conteggi per l'attribuzione dei seggi senza considerare i voti attribuiti a quelle liste, in applicazione dell'articolo 84, primo comma del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, espressamente richiamato dall'articolo 6 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Consiglio Stato, sez. V, 23 agosto 2000, n. 4586); peraltro, a tale correzione parziale non si può procedere in questo caso, per la mancanza della rituale domanda, come sopra detto.

In applicazione dei principi sopra esposti, ivi compreso  quello già richiamato della prova di resistenza, occorre dunque verificare se la illegittima presenza di alcune liste circoscrizionali possa aver inciso, in maniera determinante, sul risultato finale ottenuto dalla lista regionale vincitrice, Sardegna Insieme.

In proposito, va senz'altro esclusa la rilevanza delle liste Sardigna Nazione e PSdAZ, posto che esse erano collegate ad un’altra lista regionale, Sardigna Libera; perciò evidentemente i voti illegittimamente conseguiti da tali liste potrebbero semmai ritenersi in grado di incidere sulla lista regionale collegata e non su quella di Sardegna Insieme.

Comunque, dal verbale di proclamazione degli eletti dell'Ufficio centrale regionale risulta che la lista Sardigna Libera ha ottenuto soltanto 36.720 voti; perciò è da ritenere che l'illegittima presenza delle liste provinciali di Sardigna Natzione e di due liste del PSd’AZ possa avere tutt'al più provocato un lieve scarto di voti che, nel computo generale dei voti ottenuti da tutte le altre liste regionali, non può incidere in maniera significativamente rilevante.

Considerando poi gli effetti della illegittima ammissione delle liste provinciali collegate alla lista regionale vincitrice, risulta dal medesimo verbale che, su un totale di 972.781 voti validi, la lista regionale vincitrice Sardegna Insieme ha ottenuto 487.692 voti, mentre la seconda lista regionale Sardegna Unita ha ottenuto 394.271 voti, con una differenza a favore della prima di 93.421 voti.

I voti attribuiti alle liste AP-UDEUR e Verdi, illegittimamente ammesse nelle circoscrizioni provinciali e collegate alla lista regionale Sardegna Insieme, ammontano a soli 2.444; pertanto, a fronte del notevole vantaggio della lista regionale vincitrice, anche volendo ipotizzare (ma non è scontato, considerata la possibilità del voto disgiunto) che tutti coloro i quali hanno votato  per tali liste non avrebbero espresso la propria preferenza per la lista regionale collegata se fosse mancato il proprio partito di riferimento, il vantaggio della lista regionale Sardegna Insieme verrebbe ridotto in misura talmente insignificante da far considerare assolutamente impensabile l'ipotesi di annullare per tale motivo le elezioni dell'intero Consiglio regionale e del suo presidente.

Ciò conduce ad affermare che le illegittimità accertate nella competizione elettorale contestata non sono di entità tale da comportare uno stravolgimento del risultato raggiunto dalla lista regionale vincitrice e, pertanto, sotto questo aspetto non si può giungere all’annullamento delle intere operazioni elettorali, come richiesto dai ricorrenti.

Anche con riferimento ai risultati elettorali nelle circoscrizioni provinciali, occorre verificare se la illegittima presenza di alcune liste nelle diverse circoscrizioni abbia potuto incidere sul risultato complessivo in modo tale da determinarne il totale stravolgimento.

Considerando, ovviamente, solo le censure risultate fondate, si rileva che:

- la lista Sardigna Natzione ha conseguito un risultato elettorale talmente esiguo da essere esclusa dalla  attribuzione di qualsiasi seggio, ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 43/1995, non avendo ottenuto, nell'intera regione, almeno il 3% dei voti validi, come risulta dal verbale-comunicazione dell'Ufficio centrale regionale, depositato in giudizio dagli stessi ricorrenti (doc. n. 165).

-  la lista AP-UDEUR nella circoscrizione provinciale di Nuoro ha ottenuto 914 voti, ponendosi ben al di sotto del quoziente elettorale circoscrizionale pari a 11.288; inoltre la stessa  non ha ottenuto comunque alcun seggio neppure dalla successiva distribuzione dei seggi attribuiti alla circoscrizione conteggiando i resti (i tre seggi attribuiti con i resti riguardano diverse circoscrizioni);

- la lista PSdAZ nella circoscrizione provinciale Medio Campidano ha ottenuto 1271 voti, nessun seggio a quoziente pieno e nessun seggio tra quelli attribuiti alla circoscrizione con i resti;

- la lista PSdAZ nella circoscrizione provinciale Carbonia-Iglesias ha ottenuto 622 voti, nessun seggio a quoziente pieno e nessun seggio tra quelli attribuiti alla circoscrizione con i resti; (gli unici due seggi attribuiti al PSdAZ riguardano circoscrizioni diverse da quelle interessate da ricorso);

- la lista Verdi nella circoscrizione provinciale di Sassari ha ottenuto 1530 voti, nessun seggio a quoziente pieno e nessun seggio tra quelli attribuiti alla circoscrizione con i resti.

Alla luce dei risultati conseguiti dalle liste illegittimamente ammesse, il Collegio ritiene che la loro presenza non abbia gravemente falsato il risultato delle elezioni nelle diverse circoscrizioni; conseguentemente,  anche sotto questo aspetto, la richiesta di annullamento delle elezioni deve essere rigettata.

In definitiva, tutte le domande proposte dai ricorrenti risultano infondate o inammissibili , pertanto, il ricorso deve essere rigettato.

Ne consegue che la domanda di correzione avanzata in via subordinata dai controinteressati va dichiarata inammissibile per difetto di interesse.

Sussistono ragioni di opportunità per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA

SEZIONE SECONDA

rigetta il ricorso in epigrafe .

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio, il giorno 8 giugno 2005 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna con l' intervento dei signori:

Lucia Tosti,    Presidente,

Rosa Panunzio,   Consigliere,

Silvio Ignazio Silvestri,  Consigliere –estensore. 
 

Pubblicata nei modi di legge all’udienza del 8 giugno 2005 mediante lettura del dispositivo da parte del Presidente (art. 2 sub. 83/11 comma 4° della Legge 23/12/1966 n. 1187).

                                          Il Segretario

Depositata in segreteria oggi 1 luglio 2005

Il Segretario generale f.f.