R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

N.537/2005

Reg. Dec.

N. 3309 Reg. Ric.

Anno 2004

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale  (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello N. 3309/04 proposto dalla Provincia di Lecce, rappresentata e difesa dagli avvocati Alfredo Bruni e Maria Giovanna Capoccia, elettivamente domiciliata presso l’avv. Rodolfo Franco in Roma, via Fulcieri Paulucci de Calboli n. 9:

     contro

Associazione industriali della provincia di Lecce e Consorzio stabile costruttori (CSC), rappresentati e difesi dall’avv. Riccardo Barberis, presso lo stesso domiciliati in Roma, via Valdagno n. 22;

e nei confronti di

LEGACOOP PUGLIA rappresentata e difesa dall’Avv. Roberto G. Marra e domciliata in Roma, Via L. Mantegazza, 24 presso Luigi Gardin;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Puglia- sez. II di Lecce, n. 1555 del 2004;

       Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’ atto di costituzione in giudizio della Associazione industriale della Provincia di Lecce  ed il Consorzio stabile costruttori (CSC);

Visto l’intervento ad adiuvandum della Legacoop Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Marra ed elettivamente domiciliata presso l’avv. Luigi Gardin in Roma, via Mantegazza n. 24;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

       Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 19 ottobre 2004    il Consigliere Anna Leoni; uditi l'Avv. Capoccia, l’Avv. Barberis e l’Avv. Marra.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

    FATTO

1. La Provincia di Lecce ha bandito una gara relativa ad appalto di servizi per l’affidamento per nove anni della gestione e manutenzione di beni immobili in proprietà della Provincia, lotti A e B, per complessivi Euro 20665, 584 con il sistema dell’appalto- concorso ex art. 6, comma 1, lett.c) del D.Lgs. n. 157/95 e D.Lgs. n. 65/2000.

2. L’Associazione industriali della Provincia di Lecce ha impugnato il bando de quo  (approvato con determinazione dirigenziale n. 5558 del 3/12/03) in quanto avente oggetto diverso rispetto al bando approvato con determinazione dirigenziale n. 4041 del 16/9/03 e pubblicato in G.U. del 22/9/93.

Con il secondo bando, infatti, l’appalto è stato suddiviso in due lotti, con possibilità di partecipare ad uno solo di essi.

3. Il Tribunale amministrativo regionale di Lecce, con sentenza semplificata n. 1555/04 ha accolto il ricorso, nella considerazione che i lavori di manutenzione vanno ricondotti nell’ambito dei lavori pubblici e non in quello dei servizi  pubblici  ( D.lgs. n. 157/95), come ha fatto la Provincia con il bando impugnato.

4. La Provincia di Lecce ha appellato la indicata sentenza, deducendo i seguenti motivi:

4.1. Erroneità della sentenza nella parte in cui ha disatteso la preliminare eccezione di inammissibilità per tardività, ritenendo che il bando impugnato avesse un oggetto diverso dal bando approvato con D.D. 4041 del 16/9/03  (G.U. del 22/9/93), in quanto con il secondo bando l’appalto era stato diviso in due lotti, con possibilità di partecipazione alla gara per uno solo dei due.

L’appellante sostiene l’infondatezza di tale assunto, avendo tutte le imprese presentato, a seguito della pubblicazione del bando, richiesto di partecipare ad entrambi i lotti.

Inoltre, sarebbe il primo bando a disciplinare il procedimento di gara  (durata ed importo dell’appalto, oggetto del servizio, requisiti di prequalificazione, qualificazione come appalto di servizi).

Il secondo bando costituirebbe solo una integrazione del primo, limitandosi a distinguere i servizi oggetto dell’appalto e riducendo in proporzione a ciascun lotto i requisiti di prequalificazione.

Pertanto, il ricorso prodotto in primo grado sarebbe tardivo e strumentale la completa obliterazione del primo bando.

Invero, le censure dedotte attengono ad una presunta illegittima attrazione della procedura di gara nell’ambito del D.Lgs. n. 157/95, il che presupporrebbe la impugnazione del primo bando, le cui clausole erano dotate di immediata lesività.

4.2. Erroneità della sentenza nella parte in cui ha disatteso la preliminare eccezione di carenza d’interesse, sollevata nei confronti dell’Associazione industriali della Provincia di Lecce e Consorzio stabile costruttori, non potendosi ritenere per quest’ultimo che la lesione sia condizionata alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara. L’affermazione si porrebbe, infatti, in contrasto con i consolidati principi giurisprudenziali in materia  (AP n. 1/2003), che condizionano alla domanda di partecipazione alla gara la ammissibilità a censurare le clausole del bando.

4.3. Circa la fondatezza del ricorso, si ripropongono le argomentazioni già svolte in primo grado.

In particolare:

Erroneità della sentenza nella parte in cui, in base al criterio di prevalenza, ha ritenuto la riconducibilità dell’appalto in questione all’area lavori pubblici e non all’area servizi  (DPR n. 34/2000).

Invero, l’appalto de quo sarebbe caratterizzato, nel quadro complessivo richiesto alle imprese concorrenti, dall’organizzazione offerta dall’impresa, con ciò consentendone la riconduzione alla prestazione di servizi  (art. 1665 c.c.) e alla qualificazione di contratto d’appalto per servizi manutentivi  (cd. global service di manutenzione), consistente nel trasferimento unitario a terzi, in possesso di specifica qualificazione, della realizzazione di una pluralità di prestazioni miranti alla cauzione e manutenzione di un bene.

A ciò si associa una specifica responsabilizzazione dell’assuntore in ordine alla scelta del “come” effettuare il servizio, attraverso l’individuazione, mediante progetto, delle soluzioni operative più idonee.

In tal senso la norma UNI 10685 del marzo 1998 fornisce i criteri di stesura di un contratto di manutenzione definito “global service di manutenzione”.

E’ per tali motivi che un’impresa di lavoro, anche se fornita di attestazione SOA, secondo l’appellante non potrebbe fornire l’organizzazione di mezzi e risorse necessarie per garantire una prestazione funzionale alla gestione di immobili.

Né la prevalenza economica di una prestazione rispetto ad un’altra basterebbe a caratterizzare l’oggetto di un appalto.

5. Si è costituita in giudizio l’Associazione industriali della Provincia di Lecce eccependo, con articolata memoria:

a) che il peso economico delle prestazioni deporrebbe a favore dell’ipotesi di appalto di lavori  (Euro 17.742.955 per manutenzione; Euro 2472 per lavori di pulizia e via via a decrescere) e che la prestazione per la progettazione e gestione di flusso informativo  (Euro 50000) sarebbe irrilevante, perché strumentale all’attività di manutenzione.

Da ciò l’illegittima attrazione della gara nell’area di applicazione del D.Lgs. n. 157/95 e una serie di innumerevoli violazioni relative a errata qualificazione delle imprese concorrenti; a errata disciplina della partecipazione dell’ATI; a errata individuazione del criterio di aggiudicazione dell’appalto; a errata individuazione delle cause di esclusione.

Trattandosi di violazioni che precludono la partecipazione alle imprese edili, ne deriverebbe la legittimazione dell’azione associativa.

b) Inoltre, anche volendo accedere alla tesi della P.A. appaltante secondo cui si tratterebbe di un affidamento “misto”, l’affidamento in questione violerebbe comunque l’artt.8, comma 11 septies, della L.n. 109/94 e sue modificazioni, che prevede in presenza di affidamenti misti comprendenti quota minoritaria di lavori l’obbligo di chiedere adeguate qualificazioni SOA.

Da qui l’illegittimità per violazione di legge del bando di gara  (violazione del DPR n. 34/2000).

c) Ha eccepito, altresì, in conseguenza della errata qualificazione come appalto di servizi, la violazione della normativa in materia di affidamento di lavori pubblici  (art.2, comma1, L.n. 109/94 e art. 154 DPR n. 554/99).

Inconferente, poi, sarebbe il richiamo in bando di gara alla tab. allegata al D.lgs. n. 157/95, perché l’elenco relativo non è derogabile .

Le altre attività previste nel bando, oltre ad essere minoritarie, non avrebbero dignità di prestazioni autonome, avendo carattere strumentale rispetto all’attività manutentiva.

6. E’ intervenuta, ad adiuvandum, la Legacoop Puglia, producendo apposita articolata memoria, con la quale ha qualificato il proprio interesse alla riforma della sentenza in una prospettiva di tutela dei suoi associati, che vantano probabilità di operare nel servizio oggetto del ricorso.

Ha, poi, eccepito l’erroneità della sentenza circa la tardività del ricorso, essendo il secondo bando del 15/12/03 una mera integrazione del primo e non essendo corrispondente alla realtà che col secondo bando i concorrenti avrebbero potuto concorrere per solo uno dei due lotti, dal momento che erano state fatte salve le prequalificazioni.

Ha, poi, sostenuto la erroneità della sentenza là dove non ha ritenuto l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse.

Ha, infine, censurato le ragioni di merito che hanno condotto all’accoglimento del ricorso.

7. La Provincia di Lecce ha depositato memoria difensiva.

8. L’appello è stato inserito nei ruoli d’udienza del 19/10/04 e trattenuto per la decisione.

    DIRITTO

 1. La questione sottoposta all’attenzione del Collegio verte essenzialmente sulla qualificazione da attribuirsi all’appalto in argomento, avente ad oggetto ”affidamento dei servizi di progettazione e gestione del servizio tecnico manutentivo, del servizio pulizie, del servizio di manutenzione aree verdi, del servizio di riscaldamento e climatizzazione, nonché del servizio costante flusso informatico dei servizi in gara, per immobili di proprietà della Provincia, avente la durata di nove anni, per un importo complessivo pari a euro 20.655.584,00 IVA esclusa”.

Il relativo bando di gara è stato pubblicato sulla GUCE in data 11/9/03 (con fissazione della data di scadenza per la presentazione delle offerte al 13/10/03 e della data di apertura delle offerte per il 15/12/03) e successivamente integrato con un supplemento in data 11/12/03, pubblicato il 15/12/03, con il quale si suddivideva il servizio distinguendolo in due lotti, A) e B), il primo relativo agli immobili del Nord della Provincia di Lecce ed il secondo relativo agli immobili del Sud della Provincia.

I giudici di prime cure, con la sentenza impugnata, disattese le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità, hanno accolto il ricorso proposto dalla Associazione industriali della Provincia di Lecce unitamente al Consorzio stabile costruttori avverso il bando di gara pubblicato il 15/12703, nonché ogni altro provvedimento connesso, preliminare o consequenziale, ivi compreso l’aggiudicazione ed il contratto qualora nel frattempo intervenuti.

In proposito il Tribunale ha rilevato che l’appalto in esame deve essere qualificato di lavori e non di servizi, sulla base della consolidata giurisprudenza secondo cui la reale natura dei rapporti contrattuali e la ricostruzione della disciplina ad essi conseguentemente applicabile deve essere effettuata in virtù dell’accertamento degli effettivi contenuti sostanziali del rapporto stesso, prescindendo da ogni eventuale difforme nomenclatura o definizione fornita dalle parti (cfr. C.S., V sez., n.2518/01).

Di conseguenza, ad avviso del T.A.R., la netta prevalenza nell’oggetto dell’appalto in esame dell’attività di manutenzione ordinaria delle strutture edili e dei relativi impianti elettrici, idrico-sanitari, di sollevamento, antincendio, di sicurezza e di riscaldamento e raffrescamento, attività tutte appartenenti alla categoria dei lavori pubblici e non dei servizi pubblici ex art. 2, comma 1 della l.n. 109/94, renderebbe erronea la riconduzione della disciplina dell’appalto alla normativa in materia di appalto di servizi pubblici (D.l.vo n. 157/95) in quanto esso avrebbe dovuto essere disciplinato ai sensi della normativa in materia di lavori pubblici.

2. Le censure al riguardo dedotte dalla parte appellante si appalesano infondate.

2.1. Va anzitutto affrontata la censura avverso la sentenza impugnata nella parte in cui ha disatteso l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per tardività, in quanto, secondo l’appellante, il procedimento di gara risulterebbe disciplinato dal bando di gara dell’11/9/03, dove è individuato l’appalto nella sua durata e nel suo importo, l’oggetto del servizio e i requisiti di prequalificazione.  Disposizioni tutte dotate di immediata e definitiva lesività e pertanto immediatamente impugnabili.

Il successivo bando del 15/12/03 costituirebbe un mero atto integrativo del primo, in nulla modificativo della procedura di gara, limitandosi a distinguere l’oggetto dell’appalto nei due lotti A) e B) e riducendo in proporzione a ciascun lotto i requisiti di prequalificazione.

L’obliterazione da parte delle società appellate del primo bando sancirebbe la tardività del ricorso dalle stesse promosso, in quanto notificato oltre il termine decadenziale decorrente dalla data di pubblicazione del bando originario (11/09/03) al quale risalirebbe la lamentata lesione.

La censura non può essere condivisa.

Invero, il primo avviso di gara, pubblicato l’11/09/03, prevedeva, fra l’altro, che all’appalto in questione, disciplinato ex art.6 comma 1 lett.c) con il criterio di cui all’art. 23, comma 1, lett.b) D.Lgs. n. 157/95, potessero partecipare tutti i candidati risultati idonei ex artt. 11 e 12 D.lgs. n. 157/95, che l’appalto avrebbe avuto inizio il 1/1/2004 e sarebbe terminato il 31/12/2012; che il termine ultimo perentorio per la presentazione delle domande era il 13/10/2003; che il termine ultimo per gli inviti era il 24/10/2003.

Il secondo avviso di gara, qualificato come supplemento al precedente, prevedeva che l’appalto fosse diviso in due lotti, A) e B); che fossero ammesse a partecipare alla gara relativa ad entrambi i lotti le imprese già qualificate a seguito della pubblicazione del primo avviso, nonché le imprese che avessero presentato domanda di partecipazione entro il termine assegnato con il supplemento di bando ed in possesso dei requisiti fissati con il bando originario; che sarebbero state ammesse a partecipare alternativamente al lotto A) o al lotto B) le imprese in possesso dei requisiti di cui al supplemento di bando e che nella richiesta di invito i concorrenti avrebbero dovuto indicare il lotto per il quale intendevano partecipare; che l’appalto avrebbe avuto inizio il 1/4/2004 e sarebbe terminato il 31/3/2012.; che il termine ultimo perentorio era il 30/12/2003 e la data per la spedizione degli inviti il 7/1/2004.

Appare evidente, già dal parziale confronto dei due bandi, che con il secondo (denominato supplemento)viene operato un mutamento nei requisiti di partecipazione alla gara, sia pure con salvezza delle imprese già qualificate, di talchè non può condividersi la tesi dell’Amministrazione che vede nel primo bando la unica fonte disciplinatrice dell’appalto in questione, essendosi il secondo bando limitato, secondo la P.A., alla suddivisione dell’appalto in due lotti.

Costituisce, invero, principio acquisito quello che vede nei bandi di gara e di concorso (e più ampiamente negli atti generali) dei provvedimenti destinati (a differenza degli atti normativi) alla cura concreta degli interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti dei destinatari. Le clausole che identificano requisiti soggettivi di partecipazione degli interessati provvedono esse stesse direttamente alla cura dell’interesse pubblico per la realizzazione del quale il bando è stato emanato, escludendo direttamente dalla platea dei partecipanti quei soggetti il cui esito positivo nella procedura concorsuale non sembra realizzare, con una valutazione formulata direttamente con il bando, l’interesse pubblico perseguito (AP n. 1/2003).

Delle clausole di bando riguardanti i requisiti soggettivi degli aspiranti partecipanti al concorso si afferma la immediata impugnabilità, in quanto immediatamente e direttamente incidenti sugli stessi (cfr.A.P. cit.), sicchè il mutamento della situazione soggettiva riguardante i partecipanti alla gara, condizionando la possibilità degli stessi di conseguire l’aggiudicazione, ovverosia il bene della vita che si intende conseguire attraverso la gara, non può dirsi ininfluente rispetto alla configurazione del bando stesso.

A ciò si aggiunga che il cd. supplemento di bando modifica i tempi della gara, con ciò incidendo, indirettamente, sulla capacità a parteciparvi delle singole imprese, che, almeno teoricamente, avrebbero potuto fruire dei termini inizialmente disposti, ma non di quelli successivi.

Il tutto contribuisce ad avvalorare la tesi degli originari ricorrenti che si trattava di bandi diversi e che, pertanto, ben potevano essere impugnate le sole disposizioni ritenute lesive, nella fattispecie quelle contenute nel secondo bando.

Da qui la tempestività del ricorso e la conseguente correttezza della reiezione delle eccezione di tardività da parte del T.A.R.

2.2. Va respinta anche la censura tendente ad affermare la erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che l’impugnazione da parte del Consorzio stabile costruttori non fosse condizionata dalla domanda di partecipazione alla gara.

Invero, se, come ha affermato l’A.P. n. 1/2003, non può essere escluso il dovere di immediata impugnazione delle clausole del bando in quei limitati casi in cui gli oneri imposti all’interessato ai fini della partecipazione risultino manifestamente incomprensibili o implicanti oneri per la partecipazione del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della gara o della procedura concorsuale, non può ritenersi la carenza di legittimazione ad impugnare da parte dell’Associazione industriali della Provincia di Lecce e del Consorzio stabile costruttori, per non aver presentato domanda di partecipazione alla gara.

La lesione derivante dal bando e fatta valere, quella della misura della cauzione provvisoria superiore a quella indicata dall’art. 30, comma 1, L.n. 109/94, incide, invero, direttamente sull’interesse della parte di allegare all’offerta una cauzione di minore importo e tale interesse, come ha correttamente ritenuto il T.A.R. preesiste alla gara e non è condizionato dalla svolgimento della stessa.

2.3. Nel merito, l’appellante ha contestato l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui la disciplina dell’appalto de quo deve essere ricondotta all’interno della normativa in materia di lavori pubblici, anziché in quella dell’appalto di servizi, come ha ritenuto la stessa Amministrazione.

La sentenza avrebbe dato risalto alla prevalenza, nell’appalto, dell’attività di manutenzione ordinaria delle strutture edili e dei relativi impiegati tecnici, senza dedicare attenzione alle argomentazioni svolte dalla difesa dell’Amministrazione a giustificazione del ricorso alla disciplina dettata dal D.lgs. n. 157/95.

L’appalto, invero, sarebbe stato correttamente strutturato come servizio, in quanto assolutamente privilegiata, nel quadro complessivo dell’attività richiesta alle ditte concorrenti, sarebbe l’organizzazione offerta dall’impresa.

Il cd. global service di manutenzione rappresenterebbe una figura contrattuale, ancorché non propriamente codificata, sicuramente lecita in virtù del principio generale di cui all’art. 1322 c.c., la cui applicazione maggiore è stata riscontrata nel campo delle manutenzioni, specialmente immobiliari.

Il suo scopo è quello di trasferire unitariamente a terzi, in possesso di specifica qualificazione professionale e organizzazione aziendale, la realizzazione di una pluralità di prestazioni miranti, nel loro insieme, alla conduzione e manutenzione di un bene.

A ciò si associa una specifica responsabilizzazione dell’assuntore in ordine alla scelta del “come” espletare l’attività affidatagli, con conseguente obbligo di individuazione di accorgimenti e avanzate soluzioni operative in grado di realizzare risparmi di spesa e innalzamento del livello di prestazioni rese dal bene.

Secondo l’appellante, quindi, non sarebbe la prevalenza economica di una prestazione rispetto ad un’altra a caratterizzare l’oggetto di un appalto, bensì la prevalenza qualitativa delle prestazioni richieste.

La tesi dell’appellante non può essere condivisa.

Invero, ai fini della definizione della questione in esame occorre fare riferimento all’art. 2 comma 1 della L.n. 109/94, che annovera espressamente tra i lavori pubblici le attività di “restauro e manutenzione di opere ed impianti”, nonché all’all.1 del D.L.vo n. 157 del 1995 in materia di appalti pubblici di servizi, il quale, per quanto concerne i servizi di manutenzione e riparazione, fa riferimento a voci della C.P.C. (Central product classification), corrispondenti ai nn. 6112, 6122, 633, 886 aventi ad oggetto veicoli a motore, motocicli e gatto delle nevi, articoli personali e domestici, prodotti metallici, macchinari ed attrezzature. Tutte voci che, almeno nella loro immediatezza, non sembrano poter trovare applicazione nella fattispecie in argomento e che paiono rispondere ad una logica di tassatività, portando ad escludere che possano considerarsi manutenzioni rientranti tra gli appalti di servizi attività relative ad impianti non compresi nei numeri indicati (si veda, in proposito, la decisione della V Sezione n. 2518/2001, nella quale si afferma che appare verosimile che il Legislatore, alla stregue del dettato comunitario, abbia optato per un’elencazione tassativa proprio al malcelato fine di evitare, nei limiti del possibile, questioni sulla qualificazione delle innumerevoli attività di carattere manutentivo e, quindi, i connessi problemi in ordine alla normativa applicabile).

La complessa attività di cui si discute va, ad avviso del Collegio, ricompresa nella nozione di lavori pubblici, di cui all’art. 2 della L.n. 109 del 1994 per una serie di considerazioni.

Va anzitutto ricordato come l’art.3 del D.l.vo n. 157/95, nella versione aggiornata con l’art. 3 del D.L.vo n. 65/2000 ha disposto che nei contratti misti di lavori e servizi e nei contratti di servizi, quando comprendono lavori accessori, si applicano le norme della L.n. 109/94 qualora i lavori assumano rilievo economico superiore al 50%.

Già nel vigore della precedente versione dell’art. 3 del D.L.vo n. 157/95 ai fini della qualificazione come appalto di servizi era prevista la concomitanza di tutte e tre le condizioni indicate dalla norma (funzione accessoria dei lavori rispetto ai servizi; importo dei lavori inferiore al 50% del totale; non costituzione di oggetto principale dell’appalto). Di talchè veniva affermato, in dottrina, che la funzione principale dei lavori comportava l’applicazione della disciplina sui lavori anche in caso di subvalenza economica degli stessi.

A maggior ragione nella fattispecie in esame, dove il criterio della prevalenza economica per la voce manutenzione appare indubbiamente preponderante e, comunque, certamente superiore al 50% (su un importo complessivo di Euro 20.665.000 circa per i due lotti,  sono previsti Euro 17.950.000 circa per prestazioni contrattuali di manutenzione edile e di impianti di riscaldamento e raffreddamento, che non appaiono in posizione accessoria o strumentale, né economicamente, né funzionalmente con le altre attività oggetto dell’appalto, quali servizio di pulizie, manutenzione del verde, progettazione, creazione  e gestione di un costante flusso informativo sulle attività di manutenzione e di servizi) e, in ogni caso, tale da non creare dubbi su quale sia l’oggetto principale del contratto (si veda, al riguardo, la circolare 18 dicembre 2003 n. 2316 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in merito alla disciplina dei contratti misti negli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi).

Appare, quindi, verificata, al di là del nomen iuris attribuito alle tipologie di attività contemplate nell’appalto, la riconducibilità delle prestazioni ai lavori pubblici, sia per prevalenza economica, sia perché costituenti l’oggetto principale del contratto, atteso che il concetto di “manutenzione” va fatto rientrare negli stessi qualora l’attività dell’appaltatore comporti, come nel caso di specie, un’attività prevalente ed essenziale di modificazione della realtà fisica, on l’utilizzazione, la manipolazione e l’installazione di materiali aggiuntivi e sostitutivi non inconsistenti sul piano strutturale e funzionale (cfr. Cons. St., V Sez., n. 2518/01; VI Sez., n. 1680/98).

Giova alla interpretazione indicata la previsione dell’art. 2 comma 1 lett.l) del D.P.R. n. 554 del 1999, contenente regolamento di esecuzione della legge quadro sui lavori pubblici, che, in sede di definizione del concetto di manutenzione, parla di “combinazione di tutte le azioni tecniche, specialistiche e amministrative, incluse le azioni di supervisione, volte a mantenere o a riportare un’opera o un impianto nella condizione di svolgere la funzione prevista dal provvedimento di approvazione del progetto”, con ciò individuando nel contratto di manutenzione un’attività intesa prima a definire le esigenze del committente e, poi, ad eseguire gli interventi necessari a restituire funzionalità all’immobile e agli impianti.

3. Le riportate considerazioni portano a concludere che l’appalto in questione ha la natura di appalto di lavori pubblici ai sensi della L.n. 109/94 e successive modificazioni e che non vale a mutare tale conclusione la presenza all’interno dell’appalto di prestazioni di segno diverso, aventi rilievo quantitativo o funzionale minoritario rispetto alle prestazioni qualificabili come lavori ovvero natura strumentale rispetto all’attività manutentiva vera e propria.

Ciò impone l’applicazione esclusiva delle regole di qualificazione dettate dalla L.n. 109/94 e s.m. e dai relativi regolamenti di attuazione (D.P.R. n. 554/99 e 34/00).

Né giova alla tesi dell’appellante richiamare la figura contrattuale del cd. “global service” e la relativa indicazione contenuta nelle norme UNI di livello europeo, in quanto la richiamata disciplina vigente in tema di appalti di natura mista impone, come si è visto, l’applicazione della normativa sull’affidamento dei lavori pubblici nell’ipotesi di prevalenza quantitative a funzionale delle prestazioni contrattuali qualificabili come lavori.

4. L’appello va, in conclusione, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

La complessità delle questioni trattate impone la compensazione delle spese di lite tra le parti costituite con riferimento al presente grado di giudizio.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV- rigetta il ricorso in appello indicato in epigrafe e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2004 dal Consiglio di Stato in sede   giurisdizionale,   Sezione   Quarta, nella Camera   di  

Consiglio con l'intervento dei Signori:

Paolo   SALVATORE   - Presidente

Aldo     SCOLA    - Consigliere

Anna    LEONI    - Consigliere, est.

Carlo    SALTELLI    - Consigliere

Sergio   DE FELICE   - Consigliere 

     L'ESTENSORE    IL PRESIDENTE

     Anna Leoni     Paolo Salvatore 

IL SEGRETARIO

Rosario Giorgio Carnabuci 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

21/02/2005

(art. 55, L. 27.4.1982, 186)

      per Il Dirigente

   dott. Antonio Serrao

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N.R.G. 3309/2004


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