REPUBBLICA ITALIANA    N. 944/05 REG.DEC.

         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO    N. 11194 REG.RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,  Sezione Quinta          ANNO  2003 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 11194/2003, proposto dalla dott.ssa Fiorella Palermo, rappresentata e difesa dall’avv. Maria Alessandra Sandulli, elettivamente domiciliata in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 349;

 CONTRO

Provincia di Cosenza, rappresentata e difesa dall’avv. Antonella Gentile, elettivamente domiciciliata in Roma, via Magliano Sabina n. 24, presso avv. Maria Gentile;

e nei confronti

della sig.ra Loretta Maccagnan, non costituitasi;

 per la riforma

della sentenza TAR Calabria, Catanzaro, sez. 2°, n. 2020 del 12.6.2003, con la quale, previa riunione, è stato dichiarato improcedibile il primo ricorso (n. 1782/1999) ed è stato respinto il secondo (n. 698/2000);

Visto il ricorso in appello e relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Cosenza;

Visti gli atti tutti della causa;

 Alla pubblica udienza del 29.10.2004, relatore il consigliere Aniello Cerreto ed udito altresì per la parte l’avv. M.A. Sandulli;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:

FATTO

Con l’appello in epigrafe, la dott.ssa Palermo ha fatto presente che con decreto del Presidente della G. P. di Cosenza in data 23.7.1999 era stata nominata assessore per il quinquennio 1999-2004, ma senza il conferimento di alcuna delega, come invece era stato disposto per gli altri assessori; che tale discriminazione era riconducibile alle notevoli pressioni indotte sul Presidente della Provincia affinché la prevalente corrente dell’Udeur potesse avere un proprio assessore, mentre lei era ritenuta collegata al Segretario provinciale del partito già estromesso; che in tal modo venivano poste le premesse per la revoca della sua nomina ad assessore, poi puntualmente intervenuta con decreto presidenziale n. 8 del 17.9.1999 in quanto la nomina “non risulta ad una più puntuale verifica …rispondente agli indirizzi di natura politica sia in termini di obiettivi che di risultati che la giunta intende perseguire nella sua attività amministrativa e di gestione, con rischio di compromissione della stessa unitarietà di azione che deve contraddistinguere il lavoro della giunta nella sua unitarietà”; che con decreto n. 9 in pari data veniva poi nominato assessore la sig.ra Maccagnan; che avverso detti decreti proponeva ricorso al TAR Calabria, chiedendone la sospensione; che il TAR respingeva l’istanza cautelare, che poi veniva accolta in appello con ordinanza sez. V n. 539/2000, disponendosi che l’amministrazione provinciale procedesse ad una più puntuale specificazione delle cause che avevano fatto venir meno il rapporto di carattere fiduciario con il Presidente della stessa Amministrazione, con incidenza quindi sull’attività tipica della G.P.; che a seguito di detta ordinanza cautelare, il Presidente della G.P. riproduceva la revoca con decreto n. 3 del 9.2.2000, adducendo una pretesa inerzia nell’attività di assessore; che anche tale decreto veniva impugnato davanti al TAR Calabria, il quale con la sentenza in epigrafe respingeva il nuovo ricorso.

Ha dedotto quanto segue:

- contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, nella specie occorreva la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 L. n. 241/1990, essendo irrilevante l’asserita natura fiduciaria dell’incarico di assessore provinciale; né ricorrevano particolari motivi di urgenza che peraltro non erano stati indicati; nella specie peraltro l’avviso di avvio del procedimento rispondeva anche ad una precisa esigenza partecipativa in considerazione del fatto che le motivazioni addotte nel secondo provvedimento di revoca si basavano su una pretesa volontà non collaborativa dell’assessore;

- contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, il provvedimento di nomina ad assessore provinciale non ha carattere fiduciario, per cui non ne potrebbe conseguire l’assoluta insindacabilità delle ragioni giustificatrici della revoca dell’incarico;

- il TAR non aveva tenuto conto del dovere funzionale a carico del Consiglio provinciale di verificare se la revoca della nomina di un assessore, con la sostituzione di un altro, non comportasse il mutamento degli indirizzi generali di governo, con conferma della necessità di una congrua motivazione del provvedimento di revoca, come confermato dalla motivata comunicazione da effettuare al Consiglio e dalla stessa ordinanza sez. V n. 539/2000;

- il TAR aveva erroneamente esclusa la denunciata contraddittorietà tra la motivazione del primo provvedimento di revoca e quella del secondo, essendo stata evidenziata solo in quest’ultimo un’asserita ed indimostrata posizione non partecipativa;

- il TAR non aveva tenuto conto del fatto che occorreva indicare puntualmente le omissioni a lei imputabili, anche perché che non le era stato conferito alcun specifico incarico, con la conseguenza che il provvedimento di revoca doveva ritenersi insufficientemente motivato.

Ha infine chiesto il risarcimento del danno per la mancata percezione delle relative indennità e per il pregiudizio arrecato alla sua immagine sociale.

Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione ha chiesto il rigetto dell’appello, rilevando quanto segue:

- la comunicazione di avvio del procedimento comunque non occorreva in quanto il punto di vista del soggetto inciso era stato esposto nel precedente provvedimento di revoca;

- la nomina ad assessore provinciale era indubbiamente basata su una scelta fiduciaria, non essendo prescritti specifici requisiti;

- la relativa normativa certamente non imponeva che, dopo la comunicazione della revoca della nomina di un assessore, il Consiglio procedesse ad una verifica politica della situazione;

- la revoca era adeguatamente motivata con riferimento alla posizione non collaborativa assunta dall’interessata, né sussisteva contraddittorietà con la precedente revoca;

- incombeva semmai all’interessata la prova del contrario.

Con memoria conclusiva, l’appellante ha ulteriormente illustrato le proprie doglianze, rilevando in particolare che in effetti sarebbe mancata per la seconda revoca la comunicazione motivata al consiglio.

Alla pubblica udienza del 29.10.2004, il ricorso è statto trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Con sentenza TAR Calabria, Catanzaro, sez. 2°, n. 2020 del 12.6.2003, sono stati riuniti due ricorsi proposti dalla dott.ssa Palermo nei confronti della Provincia di Catanzaro per l’annullamento di due successivi decreti di revoca dell’incarico di assessore provinciale, di cui il secondo adottato a seguito dello accoglimento nella prima causa dell’istanza cautelare da parte di questa Sezione con ordinanza n. 259/2000.

Con detta sentenza, il primo ricorso (n. 1782/1999) è stato dichiarato improcedibile, mentre il secondo (n. 698/2000) è stato respinto.

Ha proposto appello l’interessata contestando solo la statuizione del TAR di rigetto del secondo ricorso.

2. L’appello è infondato.

2.1. Priva di pregio è la prima doglianza, con la quale si sostiene che il secondo provvedimento di revoca doveva essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.

Il Collegio non ha motivo per definire la questione in astratto, in quanto nella specie il secondo provvedimento di revoca è stato adottato a seguito di un primo ricorso dell’istante ed in accoglimento della relativa istanza cautelare da parte di questa Sezione, che invitava il Presidente della Provincia ad una più puntuale specificazione delle cause che ne avevano fatto venir meno il rapporto fiduciario. Per cui, la sostanziale partecipazione intervenuta rendeva comunque inutile nella fattispecie una formale comunicazione di avvio del nuovo procedimento di revoca.

2.2. Le ulteriori doglianze possono essere esaminate congiuntamente in quanto attengono alla sussistenza o meno dell’obbligo di motivare il provvedimento di revoca dell’incarico di assessore ed in caso positivo la sufficienza o meno delle ragioni addotte nel caso concreto.

2.2.1. Il Collegio ritiene che in materia di revoca di assessori comunali e provinciali, pur sussistendo una lata discrezionalità, sussista comunque il dovere di giustificare l’esercizio del relativo potere, che non può certamente essere arbitrario, dovendo essere rivolto a curare gli interessi della comunità locale secondo il programma politico-amministrativo sulla cui base è intervenuto il voto popolare, anche se non manca qualche sentenza di primo grado che ha escluso del tutto l’obbligo di motivazione (cfr. TAR Abruzzo-L’Aquila n. 805 del 1°.7.2004).

Nella specie peraltro una certa giustificazione dell’esercizio del potere di revoca dell’incarico di assessore è stata fornita sia nel primo che nel secondo provvedimento (come si preciserà di seguito), per cui al più il problema è quello di stabilire la rilevanza o meno di essa ai fini della tutela giurisdizionale dell’interessato ed in caso positivo la sufficienza o meno della motivazione addotta in concreto.

2.2.2. Al riguardo occorre tener presente l’evoluzione normativa che è intervenuta in tema di elezione del Sindaco e del Presidente della Provincia e degli ampi poteri ad essi conferiti per il governo degli Enti locali.

Il testo unico approvato con r.d. 4 febbraio 1915, n. 148, rimasto parzialmente in vigore sino al 1990, con l’introduzione della L. 8.3.1951 n. 122 (sulla elezione dei consigli provinciali), stabiliva che ciascun componente della giunta comunale (sindaco e assessori) e della deputazione provinciale (presidente e deputati provinciali) fosse individualmente eletto dal consiglio, senza prevedere la revoca del relativo incarico. La L. 8 giugno 1990, n. 142, nel testo originario prima della riforma di cui alla L. 25.3.1993 n. 81, confermava al consiglio il potere di eleggere il sindaco o il presidente della provincia e gli assessori (art. 34), peraltro approvando nel suo insieme la lista dei futuri componenti della giunta sulla base di apposito documento programmatico. Inoltre, il sindaco o il presidente della provincia poteva proporre al consiglio di revocare l'incarico a singoli assessori (art. 37, comma 6).

La disciplina introdotta con la L. n. 81/1993 puntualizza (art. 12, che premette un comma all’art. 36 L. n. 142/1990) che il sindaco ed il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell’amministrazione del comune o della provincia, propongono gli indirizzi generali di governo da approvare da parte del consiglio ed attribuisce (art. 16, che sostituisce l’art 34 L. n. 142/1990) esclusivamente al sindaco o al presidente della provincia, non più eletto dal consiglio, ma investito direttamente dal corpo elettorale, la potestà di nominare e revocare uno o più assessori, prevedendo solo di darne motivata comunicazione al consiglio (la disposizione si riferiva letteralmente solo al sindaco, ma era indubbiamente estensibile anche al presidente della provincia). Poi la L. 3.8.1999 n. 265 ha assegnato direttamente al sindaco o al presidente della provincia, sentita la giunta, il compito di formulare il programma di governo, senza prevedere una formale approvazione da parte del consiglio (art. 11, comma 10).

La materia è ora disciplinata dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267 del 18.8.2000) che, per quanto interessa, dispone che : «Il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della giunta (...). Il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio» (art. 46).

2.2.3. Al fine di interpretare correttamente quest’ultima norma nella parte in cui statuisce che : “Il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio,» appare opportuno richiamare altre disposizioni del T.U. n. 267/2000 che in qualche modo evidenziano la multiforme varietà del contenuto dell’obbligo di motivazione.

Talvolta è previsto che il Sindaco o il presidente della provincia debbano operare in conformità agli indirizzi stabiliti dal consiglio (art. 50, comma 8°: nomina e revoca dei rappresentanti del comune o della provincia presso enti, aziende ed istituzioni), in altri casi occorre una previa deliberazione della giunta comunale o provinciale (art. 108: nomina e revoca del direttore generale); in altri ancora si precisano le specifiche cause che possono giustificare il provvedimento (art. 100: revoca del segretario comunale o provinciale; art. 109: revoca degli incarichi dirigenziali). Peraltro, tutte queste disposizioni concernono direttamente la motivazione del provvedimento, in conformità a quanto disposto dall’art. 3 L. 7.8.1990 n. 241 ed alla costante giurisprudenza di questo Consiglio, che da tempo ha posto in luce la distinzione tra il provvedimento e la sua comunicazione o notificazione, precisando l’irrilevanza, ai fini della validità del provvedimento stesso, della mancanza di motivazione nella comunicazione  o notificazione (cfr., sez. IV n. 99 del 22.1.1974; sez. VI n. 428 del 3011.1976 e n. 470 del 7.4.1978) o della presenza di eventuali irregolarità intervenute in esse (sez. IV n. 740 del 1°.7.1980).

2.2.4. Il caso in esame è senz’altro anomalo rispetto all’enunciato principio generale, in quanto si prevede una comunicazione motivata al Consiglio per la revoca dell’incarico di assessore, senza preoccuparsi della giustificazione da rendere al diretto interessato e senza prevedere uno specifico voto di ratifica da parte del consiglio stesso.

Ma la relativa disposizione appare congruente nel contesto normativo illustrato, che tende a favorire la effettiva gestione dell’amministrazione locale da parte del sindaco o del presidente della provincia, senza curarsi eccessivamente dell’eventuale cessazione di singoli assessori nello svolgimento quinquennale del mandato, purchè ciò sia sostanzialmente condiviso dal consiglio, anche implicitamente. Ciò sta a significare che la revoca dell’incarico di assessore è posta essenzialmente nella disponibilità del sindaco o del presidente della provincia e che la comunicazione motivata è tendenzialmente diretta al mantenimento di un corretto rapporto collaborativo tra sindaco-giunta/ presidente provincia –giunta ed il consiglio comunale o provinciale, il quale potrebbe eventualmente opporsi ad un atto del genere, ma con l’estremo rimedio della mozione di sfiducia motivata (art. 37 L. n. 142/1990, come sostituito dall’art. 18 L. n. 81/1993 ed art. 52 D. L.vo n. 267/2000), che però comporta in caso di approvazione lo scioglimento del consiglio stesso.

2.2.5. In tale contesto normativo, va valutato l’obbligo di motivazione del provvedimento di revoca dell’incarico di un singolo assessore che può senz’altro basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrative, rimesse in via esclusiva al sindaco o al presidente della provincia, tenendo conto sia di esigenze di carattere generale, quali ad es. rapporti con l’opposizione o rapporti interni alla maggioranza consiliare, sia di particolari esigenze di maggiore operosità ed efficienza di specifici settori dell’amministrazione locale o per l’affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell’amministrazione e singolo assessore.

2.2.6. Nella specie, tale obbligo di motivazione deve ritenersi assolto nel secondo provvedimento di revoca, che sottolinea la posizione non collaborativa assunta dall’assessore nei confronti della giunta, senza l’apporto di alcun contributo propositivo sul programma della maggioranza, aspetto enfatizzato dalla stampa con polemiche dichiarazioni di esponenti politici con grave disagio all’intermo della giunta, per cui all’assessore in parola non era stata conferita alcuna delega.

Né occorreva specificare i singoli comportamenti addebitabili all’interessata, trattandosi non di un tipico procedimento sanzionatorio ma di revocare un incarico fiduciario difficilmente sindacabile in sede di legittimità se non sotto  i profili formali e l’aspetto dell’evidente arbitrarietà, in relazione all’ampia discrezionalità spettante al capo dell’amministrazione locale (Cfr., con riferimento alla revoca del presidente del consiglio comunale ed alla revoca di un consigliere comunale componente di una comunità montana, le recenti decisioni di questa sezione, rispettivamente, n. 1042 del 3.4.2004 e n. 5864 del 7.9.2004).

Neppure vale addurre le circostanze che la revoca fosse intervenuta solo due mesi dopo la nomina e che mancasse una delega in uno specifico settore, trattandosi di aspetti secondari che certamente non impedivano all’interessata di proporre qualche utile iniziativa per la realizzazione del programma della maggioranza.

2.2.7. Non è da condividere neppure la doglianza di contraddittorietà tra la motivazione addotta nel primo e nel secondo provvedimento di revoca.

A parte l’assorbente rilievo che il secondo provvedimento è stato adottato quando della prima revoca era stata sospesa l’esecuzione  a seguito di ordinanza cautelare di questa Sezione, sta di fatto che la prima revoca faceva riferimento ad una non rispondenza della nomina agli indirizzi di natura politica della giunta, che potevano essere certamente compromessi o ritardati dalla posizione non collaborativa della stessa, evidenziata nella seconda revoca.

2.2.8. Infine, è irrilevante il fatto che non vi fosse stata in consiglio una verifica per accertare se la revoca della nomina di un assessore, con la sostituzione di un altro, non comportasse il mutamento degli indirizzi generali di governo, trattandosi di ipotesi solo eventuale, che nella fattispecie il consiglio nella sua ampia discrezionalità non ha evidentemente ritenuto di praticare.

2.2.9. Nella memoria conclusiva, l’appellante sostiene che in effetti sarebbe mancata per la seconda revoca la comunicazione motivata al consiglio.

Trattasi di doglianza dedotta per la prima volta in appello e perciò inammissibile. In ogni caso, tale adempimento riguarda esclusivamente i rapporti tra presidente della provincia e consiglio e la sua mancanza o irregolarità non potrebbe di per sé comportare l’illegittimità del provvedimento di revoca. Inoltre, dalla documentazione in atti risulta che il consiglio provinciale si era occupato della vicenda in data 15.2.2000 e ciò è sufficiente per escludere anche in fatto la prospettata doglianza.

3. Per quanto considerato, l’appello deve essere respinto con integrazione della motivazione della sentenza del TAR.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. V) respinge l’appello indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 29.10.2004 con l’intervento dei signori:

Giuseppe Farina                     Presidente f.f.

Chiarenza Millemaggi Cogliani   Consigliere

Goffredo Zaccardi                    Consigliere

Aldo Fera                                Consigliere

Aniello Cerreto                         Consigliere estensore 

L'ESTENSORE    IL PRESIDENTE F.F.

f.to Aniello Cerreto       f.to Giuseppe Farina 
 

IL SEGRETARIO

f.to Francesco Cutrupi 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

L’8 Marzo 2005

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) 

IL  DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

  N°. RIC .11194/2003

FDG