REPUBBLICA ITALIANA    N. 1038/05 REG.DEC.

         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO      N. 4809 REG.RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,  Sezione Quinta          ANNO  2004 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

- sul ricorso in appello n. 4809/2004, proposto dal dott. Maurizio Mucedola, rappresentato e difesa dall’avv.to M. Dentale, domiciliato ex lege presso la Segreteria della Sezione;

 CONTRO

Comune di Lesina, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv.to N. Matassa, elettivamente domiciliato in Roma, via Cosseria n. 2 (presso il dott. Alfredo Placidi);

e nei confronti

della dott.ssa Marisa Maiorano, non costituitasi;

 per la riforma

 della sentenza tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione 1,° n. 97 del 13.1.2004, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dal dott. Mucedola;

Visto l’atto di appello e relativi allegati;

 Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune;

 Alla pubblica udienza del 30.11.2004, relatore il consigliere Aniello Cerreto ed uditi altresì per le parti gli avv.ti Dentale e A. Manzi per delega dell’avv. Matassa;

 Ritenuto e considerato in fatto e diritto:

FATTO

Con l’appello in epigrafe, il dott. Mucedola ha fatto presente che il comune di Lesina, con nota del 21.1.2003, aveva provveduto a comunicare ai 4 gruppi consiliari ed alle 13 associazioni presenti sul territorio l’inizio del procedimento per la nomina del difensore civico, secondo quanto previsto dallo Statuto comunale; che, pervenute le relative designazioni nelle persone dei dottori Mucedola e Maiorano, si procedeva alla relativa elezione, ma nelle prime due votazioni non veniva raggiunto il quorum prescritto; che nella terza votazione, con la presenza di 14 consiglieri su 17 e con il voto di 12 consiglieri a favore della dott.ssa Maiorano e di 2 a favore dell’istante, il Consiglio comunale eleggeva a difensore civico la dott.ssa Maiorano con deliberazione n. 61 del 15.10.2003; che insorgeva avverso tale delibera prima con diffida e poi con ricorso proposto al TAR Puglia, rilevando che tra i consiglieri partecipanti alla votazione vi era anche il sig. Paolo Ricci (zio materno della dott.ssa Maiorano) che avrebbe dovuto astenersi, con violazione dell’art. 19, comma 8°, dello Statuto, e che senza il voto del consigliere Ricci i voti favorevoli alla dott.ssa Maiorano sarebbero stati 11 e non avrebbero quindi raggiunto il quorum rcichiesto dei 2/3 (pari a 12) dei 17 consiglieri componenti il Consiglio comunale; che il TAR, chiamato a pronunciarsi sull’istanza cautelare, con sentenza in forma semplificata  respingeva il ricorso.

Ha quindi dedotto:

- il TAR non avrebbe potuto adottare una sentenza in forma semplificata per mancanza dei presupposti di cui all’art. 9 L. n. 205/2000;

- il TAR aveva erroneamente ritenuto applicabile l’art. 84, 2° comma dello Statuto, mentre la fattispecie era regolata dall’art. 19, comma 8° e tra le due disposizioni non vi era alcun rapporto di specialità, in quanto esse regolavano ipotesi diverse, per cui la partecipazione del consigliere Ricci alla votazione non era solo fatto riprovevole, come riconosciuto dal TAR, ma invalidava la delibera stessa.

Costituitosi in giudizio, il Comune ha chiesto il rigetto dell’appello.

Ha rilevato l’inammissibilità della censura di violazione dell’art. 9 L. n. 205/2000 in quanto formulata in modo generico e comunque perché i difensori delle parti erano stati avvisati della possibilità di assumere una decisione in forma semplificata. Ha inoltre evidenziato che il rapporto di specialità tra le due menzionate disposizioni era sussistente, come precisato dal TAR; che peraltro il ricorrente non aveva provato l’asserito rapporto di parentela, che in ogni caso i 2/3 di 17 corrispondevano al numero matematico di 11,3 che doveva arrotondarsi a 11 secondo le regole generali, essendo la frazione inferiore a 5, per cui anche non considerando il voto del consigliere Ricci, la dott.ssa Maiorana raggiungeva gli undici voti necessari per l’elezione.

Alla pubblica udienza del 30.11.2004, i ricorsi sono passati in decisione.

DIRITTO

1. Con delibera del consiglio comunale del comune di Lesina n.61 del 15.10.2003, con la partecipazione di 14 componenti su 17, era stata eletta alla terza votazione, con 12 voti favorevoli, la dott.ssa Maiorano alla carica di difensore civico comunale; mentre il dott. Mucedola aveva ottenuto 2 voti.

Il ricorso proposto dal dott. Mucedola avverso detta deliberazione è stato respinto dal TAR Puglia, Bari, Sez. 1°, con la sentenza in forma semplificata  n. 97 del 13.1.2004.

Avverso detta sentenza ha proposto appello il dott. Mucedola.

2. L’appello è fondato nei limiti appresso indicati.

2.1. Inammissibile per genericità è il rilievo dell’appellante secondo cui il TAR avrebbe proceduto alla sentenza di forma semplificata di cui all’art. 9 L. 21.7.2000 n. 205 in mancanza dei relativi presupposti, atteso che poi non vengono precisati i presupposti che nella specie difetterebbero.

2.2. Il TAR, a fronte della censura di violazione dell’obbligo di astensione da parte del consigliere comunale Ricci, in quanto fratello della madre della dott.ssa Maiorano, ha precisato che il parametro normativo al quale occorreva fare riferimento non era l’art. 19, comma. 8, dello Statuto comunale, ma il successivo art. 84, co. 2, che dettava una disciplina speciale in relazione ai requisiti di eleggibilità a difensore civico, escludendo che potessero accedere a detta carica i parenti e gli affini fino al terzo grado del Sindaco, degli Assessori, dei Capi Settore e del Segretario comunale, nonché “dei componenti degli organi di gestione del Comune”. Per cui, ad avviso del TAR, doveva ritenersi infondata la menzionata censura in quanto dopo la riforma  introdotta dal D.L.vo n. 267 del 18 agosto 2000, in tale ultima categoria non potevano farsi rientrare i consiglieri comunali, in quanto appartenenti ad un organo al quale la legge di riforma aveva attribuito funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo (art. 42), e non anche di gestione attiva, sulle quali il difensore civico era in effetti chiamato a svolgere attività di controllo.

2.3. In tal modo però il TAR è incorso in un evidente equivoco, atteso che il menzionato art. 84 stabilisce i requisiti di ineleggibilità ed incompatibilità a ricoprire la carica di difensore civico, in altri termini precisa quali soggetti non possono essere nominati difensore civico, ma non concerne i casi in cui il consigliere comunale deve astenersi dal prendere parte alle relative deliberazioni, ipotesi questa disciplinata dall’art. 19, comma 8, dello Statuto, ove si statuisce che “i consiglieri comunali hanno il dovere di astenersi alle deliberazioni riguardanti liti e contabilità proprie verso il Comune e verso le Aziende, Istituzioni, Consorzi o Enti da esso dipendenti, amministrati o soggetti a suo controllo o vigilanza, nonché nel caso in cui si tratta di interesse proprio o di interessi, liti o contabilità dei loro parenti ed affini fino al 4° grado”.

Nella specie sussisteva senz’altro tale dovere di astensione dalla votazione da parte del consigliere Ricci Paolo, atteso che si trattava di eleggere il difensore civico comunale, con la designazione di due candidati, tra cui la dott.ssa Maiorana, parente di terzo grado del cons. Ricci, in quanto figlia della sorella Ricci Nunzia.

2.4. Né può accogliersi l’eccezione del Comune in ordine alla mancata prova della suddetta parentela, atteso che è stato prodotto dall’appellante lo stato di famiglia integrale di Ricci Salvatore e di Maiorano Rocco, attestante il rapporto di zio-nipote tra Paolo Ricci e Maiorana Marisa.

2.5. Parimenti priva di fondamento è l’altra eccezione del Comune secondo cui, pur in mancanza del voto del Cons. Ricci, la dott.ssa Maiorana avrebbe comunque conseguito il quorum prescritto di 11 voti.

Il quorum prescritto alla terza votazione di 2/3 di 17 non era di 11 ma di 12 voti, come del resto indicato nella stessa delibera impugnata n. 61/2003. Invero, i 2/3 di 17 (componenti del consiglio comunale) è pari a 11,33 e quindi, non potendosi ovviamente computare le frazioni di voto ed essendo 11 inferiore ai 2/3 di 17, la maggioranza richiesta è di 12.

3. Per quanto considerato, l’appello deve essere accolto.

Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate a carico del Comune come in dispositivo.

P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. V) accoglie l’appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR, accoglie il ricorso originario con l’annullamento della delibera impugnata, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

    Condanna il Comune al pagamento a favore dell’appellante delle spese di entrambi i gradi di giudizio, che vengono complessivamente liquidate nella somma di euro 3.000 (tremila), di cui euro 1.400 per il primo grado ed euro 1.600 per il secondo grado:

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 30.11.2004 con l’intervento dei Signori:

 Raffaele Carboni            Presidente

 Giuseppe Farina               Consigliere

 Aniello Cerreto             Consigliere estensore

 Nicolina Pullano               Consigliere

 Michele Corradino           Consigliere 

   L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

   f.to Aniello Cerreto         f.to Raffaele Carboni 
 

IL SEGRETARIO

f.to Gaetano Navarra

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11 marzo 2005

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) 

IL  DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

  N°. RIC .4809/2004.

FDG