REPUBBLICA ITALIANA          N.1079/05REG.DEC.

          IN NOME DEL POPOLO ITALIANO         N. 1351  REG.RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale - Quinta  Sezione       ANNO  2004

ha pronunciato la seguente

                                            DECISIONE

sul ricorso in appello n. 1351 del 2004,  proposto dalla soc. S.O.S. Servizi organizzati di Sicurezza s.r.l., in proprio e nella qualità di mandataria del R.T.I. costituito con l’Istituto di vigilanza Dicura s.r.l. e l’Istituto di Vigilanza “Apulia” di  Paglialonga Claudio, in persona del suo amministratore unico e legale rappresentante in carica, Sig. Matteo Vigilante, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Prof. Federico Tedeschini e Piero Lo Russo, con domicilio eletto in Roma, Largo Messico n. 7

contro

il Comune di Foggia, in persona del Sindaco in carica, Avv. Paolo Agostinacchio, rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. Francesco Paparella, con domicilio eletto preso lo studio dell’Avv. Prof. Giorgio Recchia, in Roma, Corso Trieste n. 88;

e nei confronti

della Società cooperativa a r.l. Vigilantes Notturna e Diurna “LA CENTOTRENTATRE”, CORRENTE IN Foggia, in persona del legale rappresentante in carica, Sig. Rosario Maria Lancetti, rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. Enrico Follieri, con domicilio eletto in Roma, Viale Mazzini n. 6, presso lo studio Lupis

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sez. I. n. 4253/2003 del 21 novembre 2002, concernente la procedura concorsuale per l’affidamento del servizio di vigilanza su beni immobili comunali;

      Visto il ricorso con i relativi allegati;

      Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Foggia e della controinteressata;

      Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

      Visti gli atti tutti della causa;

      Relatore, alla pubblica udienza del 26 novembre 2004, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; uditi!Fine dell'espressione imprevista, altresì, l’Avv. A. Abbamonte per delega dell’Avv. Tedeschini, l’Avv. Lesti, per delega dell’Avv. Paparella e l’Avv. Police per delega dell’Avv. Follieri;!Fine dell'espressione imprevista

 Pubblicato il dispositivo n. 5002/04;

      Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F  A  T  T  O

      1. Con bando del 28 marzo 2001, il Comune di Foggia ha indetto una gara pubblica per l’affidamento, mediante pubblici incanti, del servizio di vigilanza di durata triennale sui beni immobili di proprietà e di pertinenza dell’Amministrazione comunale, con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di cui all’art. 23, comma 1, lett. b) del decreto legislativo n. 157 del 1995.

      Alla gara hanno presentato offerte soltanto l’attuale appellante e la controinteressata in epigrafe; la Commissione appositamente costituita, con verbale 30 maggio 2002 ha aggiudicato il servizio alla Società cooperativa  a r.l. Vigilante notturna e diurna “La Centotrentatre” con punti 90,80, contro i punti 88,81 assegnati al raggruppamento temporaneo Società Servizi Organizzati di Sicurezza  s.r.l. ed altri, attuale appellante..

      Ha fatto poi seguito l’aggiudicazione definitiva, con dirigenziale n. 664 del 4 giugno 2002, e, in data 15 luglio 2002, è stato alfine stipulato il contratto di appalto tra l’Amministrazione comunale e l’aggiudicataria.

      2. La seconda classificata, con ricorso notificato il 21 giugno 2002, ha impugnato il verbale di aggiudicazione provvisoria, il bando di gara ed il capitolato speciale di appalto, l’atto (di cui al tempo la ricorrente non conosceva gli estremi) con il quale era stata proclamata l’aggiudicazione definitiva, nonché, con clausola di stile, ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, altresì avanzando domanda per il risarcimento del danno conseguente alla adozione dei provvedimenti impugnati.

     Con articolati motivi di impugnazione – volti a denunciare sotto vari profili, la violazione di legge (specificamente dell’art. 23 del decreto legislativo n. 157 del 1995 e dell’allegato 4-bB dello stesso decreto), la violazione dei principi relativi alla par condicio, alla trasparenza negli appalti pubblici, al buon andamento ed alla imparzialità della Pubblica amministrazione, e l’ eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche - il raggruppamento ricorrente ha denunciato:

     - l’illegittima commistione dei requisiti di ammissione e degli elementi di valutazione ai fini della attribuzione del punteggio; la mancata previsione di punteggi differenziati per i diversi elementi individuati ai fini della qualificazione della capacità tecnica, in base ad un ordine decrescente di importanza; la mancata indicazione dei requisiti minimi di partecipazione alla gara;

     - l’illegittima composizione della Commissione di gara;

     - l’omessa indicazione della data di trasmissione del bando all’Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee;

     - la contraddittoria indicazione dei termini di decorrenza del servizio di vigilanza fissati rispettivamente nel bando e nel capitolato speciale di appalto;

     - l’illegittima attribuzione del punteggio, in particolare per ciò che concerne il punteggio assegnato per le frequenze radio;

     - il tempo eccessivamente breve in cui la Commissione ha effettuato le sue valutazioni;

     - ed infine (con motivi aggiunti) l’inosservanza dei termini prescritti per la comunicazione dell’esito della procedura.

     3. Con sentenza n. 4253 del 21 novembre 2003, la Sezione Prima del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia ha dichiarato irricevibili il complesso delle censure relative alle regole della procedura alla pubblicità ed alla composizione della commissione giudicatrice, ed ha respinto, per il resto, il ricorso.

     4. Con l’appello in esame, il procedimento logico giuridico attraverso cui il giudice di primo grado è pervenuto alle proprie conclusione è sottoposto a censura in primo luogo per la parte in cui la sentenza impugnata assume la tardività della impugnazione delle regole concorsuali viziate.

     Le relative censure (contenute nei motivi primo, terzo e quarto del ricorso di primo grado)sono dunque riproposte in questa sede.

     Il raggruppamento appellante ripropone poi le censure dedotte avverso l’operato della Commissione di gara (secondo motivo del ricorso originario), sottoponendo a sindacato la decisione, sul punto, del giudice di primo grado e le considerazioni logico giuridiche che le sorreggono, chiedendo, in conclusione, con l’integrale riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso di primo grado, e, dunque, l’annullamento degli atti impugnati e la condanna del Comune al risarcimento del danno.

     5. Costituitisi  il Comune e la controinteressata per resistere all’appello, la causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 26 novembre 2004 e trattenuta in decisione.

D  I  R  I  T  T  O

      1.1. Si può prescindere dalla eccepita tardività del deposito dell’appello, in quanto deve farsi applicazione dell’istituto dell’errore scusabile, con riguardo al superamento del termine dimezzato di quindici giorni, dalla consegna dell’atto all’Ufficiale giudiziario per la notificazione a mezzo del servizio postale.

     Non possono, infatti, essere negate talune difficoltà interpretative conseguenti alla sentenza della Corte costituzionale n. 377 del 2002, ed a successive pronunce della Corte Suprema di cassazione (citate dalla stessa parte appellante nei suoi scritti difensivi) che, mentre non lasciano dubbi sulla efficacia interruttiva della consegna dell’atto all’Ufficiale giudiziario, possono avere dato adito al convincimento che i termini per il deposito inizino a decorrere dall’effettivo recapito al destinatario.

      1.2. Deve essere, inoltre, disattesa, in quanto infondata, l’eccezione ulteriore secondo cui l’esame delle questioni dichiarate inammissibili dal giudice di primo grado resterebbe precluso da giudicato interno (che, stando alla relativa eccezione, si sarebbe verificato perché il Tribunale Amministrativo Regionale adito avrebbe anche esaminato, nel merito, le relative censure, evidenziandone la mancanza di fondamento).

     Invero, in caso di impugnazione di una sentenza che dichiara inammissibile il ricorso giurisdizionale, l’appellante non ha l’onere di sottoporre a sindacato le considerazioni di merito espresse dal giudice di legittimità, in quanto le stesse non si risolvono in un “giudizio” sulla legittimità dell’atto e non sono idonee, in nessun modo, ad assumere forza ed autorità di giudicato, avendo natura di mere proposizioni incidentali, che non esprimono valutazioni vincolanti, né nei rapporti fra le parti in causa, né tanto meno per il giudice investito del riesame giurisdizionale.

     Invero, il solo onere gravante sul ricorrente originario, nella ipotesi considerata, è quello di riproporre - con le censure che propriamente investono la declaratoria di inammissibilità – quelle originariamente dedotte per l’impugnazione del provvedimento lesivo.

     2.1. Deve essere, invece, condiviso quanto in appello a carico della dichiarata tardività dell’azione proposta contro clausole del bando asseritamene illegittime e lesive ed avverso la composizione della Commissione di gara.

      2.2. Sulla questione ha fatto chiarezza l’Adunanza Plenaria, con la decisione n. 1 del 29 gennaio 2003, con la quale è stato escluso, che in tema di gara d’appalto per l’aggiudicazione dei contratti delle Pubbliche amministrazioni, debbano essere immediatamente impugnate le clausole del bando o della lettera di invito che non incidano direttamente ed immediatamente sull’interesse del soggetto a partecipare alla gara, e, dunque non determinino, per lo stesso, un immediato arresto procedimentale, specificamente negando, inoltre, che siano suscettibili di impugnazione immediata, le clausole relative alle modalità di valutazione delle offerte ed attribuzione dei punteggi ed in generale alle modalità di svolgimento della gara nonché alla composizione della Commissione giudicatrice.

      Da tale insegnamento la Sezione non ha ragione di discostarsi; pertanto, per tale profilo, l’appello deve essere accolto, peraltro senza pratica utilità per l’appellante.

      3.. Le censure che, in primo grado, sono state dichiarate inammissibili per la tardività, sono, infatti, in parte infondate ed in parte inammissibili sotto differente profilo.

      3. A) L’art. 23, comma 2 del decreto legislativo n. 157 del 1995 - nella parte in cui dispone che, nelle aggiudicazione sulla base dell’offerta più vantaggiosa (e cioè ai sensi del comma 1, lett. b del citato articolo) “le amministrazioni aggiudicatici devono menzionare, nel capitolato d’oneri o nel bando di gara i criteri di aggiudicazione di cui si prevede l’applicazione, possibilmente nell’ordine decrescente di importanza” – stabilisce una regola di azione che vincola l’Amministrazione alla predeterminazione e trasparenza dei criteri per l’individuazione della offerta più vantaggiosa, ma non esige affatto che i vari elementi di valutazione siano fissati secondo un decrescente ordine ponderale, non essendo escluso, dalla norma, che gli elementi ritenuti significativi in relazione dell’oggetto del contratto siano considerati, dalla stazione appaltante, ponderalmente equivalenti nella distribuzione del punteggio totale.

      Come fatto osservare dai resistenti (ed in particolare dalla difesa del Comune) il rapporto fra i vari elementi di valutazione ed il valore ponderale in astratto attribuito a ciascuno, appartiene alla valutazione discrezionale della stazione appaltante.

      In tal senso é l’art. 23, ultimo comma, del decreto legislativo n. 157 del 1995 (del quale l’Amministrazione comunale ha fatto applicazione), che lascia alle singole amministrazione di stabilire i parametri di valutazione e di ponderazione degli elementi di cui al comma 1, lettera b), purché gli stessi appaiono volti “a garantire il corretto rapporto prezzo-qualità in relazione al servizio da affidare”.

     Entro tali limiti, pertanto, la scelta dell’Amministrazione si sottrae al sindacato di legittimità, se non sotto il profilo della irragionevolezza o dello sviamento; ciò si verifica, per il primo aspetto, quando l’elemento individuato non sia oggettivamente idoneo a qualificare la convenienza della prestazione richiesta, e per il secondo, allorché risulti palese che il valore attribuito ad uno o più elementi sia tale da precostituire, nei riguardi di taluni possibili concorrenti, illegittime posizioni di vantaggio.

      Di nessuna di tali evenienze rende ragione l’impugnazione in esame, se non attraverso l’apodittica e non verificabile affermazione secondo cui “organico del personale ed organizzazione”, “numero e tipi di automezzi” e frequenze radio” meriterebbero l’attribuzione di un valore ponderale superiore di quanto previsto per gli elementi “centro operativo nel Comune di Foggia, “piano di impresa”, “servizi di vigilanza negli ultimi tre anni e “capacità economico finanziaria riferita al volume di affari dell’ultimo triennio”.

      Non sorretta da ragioni logicamente apprezzabili è anche il rilievo secondo cui, attraverso l’equivalente paramentrazione dei punteggi, per i sette elementi individuati, si sarebbe conferita alla commissione di gara la possibilità di adoperare i parametri di valutazione in maniera tale da poter favorire, a suo arbitrio, taluni dei concorrenti, a discapito di altri.

      Al contrario, non può essere negata, in linea di principio, la garanzia dell’equilibrato rapporto qualità-prezzo, nel caso in esame, in cui è stata prevista l’assegnazione, al prezzo, di punti 30 su cento (non destinati, dunque, aprioristicamente, a fare prevalere il prezzo offerto, sulla qualità) ed, alla capacità tecnica delle imprese concorrenti, punti 70 su cento, paramentrati su sette elementi di valutazione, tutti oggettivamente (e nel loro complesso, compiutamente) sufficientemente significativi e ragionevolmente equivalenti.

      L’equivalenza dei diversi elementi concorrenti a rappresentare la capacità tecnica, non evidenzia precostituiti favoritismi, ma piuttosto la possibilità, per ciascuna delle imprese concorrenti, di compensare le carenze relative ad uno dei parametri, con il maggior peso ponderale di altri elementi.

     Questa è però una condizione comune a tutti i possibili concorrenti e la circostanza che poi, in concreto, ciascuno dei partecipanti riceva una differente valutazione, con riferimento alle specificità dei requisiti di cui è in possesso, é fisiologico e coessenziale alla natura concorsuale della procedura ed appartiene alla fase delle concreta attuazione e non alle regole in astratto fissate dall’amministrazione con il capitolato e con il bando di gara. che, nella specie, non appaiono inficiati da alcuno dei vizi denunciati dalla ATI appellante, neppure, per ciò che riguarda l’illegittima commistione dei requisiti di partecipazione al concorso e degli elementi di valutazione.

     Ed invero, i requisiti minimi di partecipazione alla gara, che parte appellante afferma non essere stati prescritti negli atti generali, al contrario risultano ben evidenziati nell’attestato cumulativo che i concorrenti erano tenuti a presentare con la domanda.

     Sono dunque infondati sia il primo motivo, e, per quanto da ultimo considerato, il quarto motivo del ricorso di primo grado (quest’ultimo, per la parte in cui denuncia la mancata indicazione, nel bando, delle condizioni minime di partecipazione al concorso).

      3.B) Con il terzo motivo del ricorso di primo grado è stata denunciata “violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione e dei principi di trasparenza e di par condicio; eccesso di potere per grave sviamento” con riferimento alla composizione della Commissione di gara, che l’appellante sostiene essere costituita da componenti non dotati di specifiche competenze tecniche e professionali nell’ambito del settore della vigilanza.

      Anche tali cesure sono infondate.

      La commissione della quale si discute risulta costituita dal Dirigente del Servizio finanziario (con funzioni di Presidente), dal Dirigente della Ripartizione tecnica e dal Dirigente del Servizio legale, del medesimo Ente che ha indetto la gara.

     Si tratta di una pubblica gara, indetta da un Comune per il servizio di vigilanza sui beni immobili dell’Ente, per il cui espletamento sono stati chiamati a fare parte della Commissione giudicatrice il Responsabile del settore titolare della gestione del bene pubblico cui deve rivolersi il servizio (Dirigente del Settore finanziario), con funzione di presidente della Commissione ed i responsabili dell’area tecnica e di quella legale.

     Opera, nei confronti di costoro, una presunzione di conoscenze e qualificazioni professionali che soltanto specifiche e probanti censure potrebbero scalfire, e non già la generica affermazione della mancanza di conoscenze “tecnologiche”.

      E’ appena il caso di precisare che l’insegnamento derivante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 452 del 1990 (invocata dall’appellante) non significa affatto che delle Commissioni (di concorso o di gara, come quella di specie) le amministrazioni debbano chiamare a far parte “esperti” esterni all’Amministrazione medesima.

     I principi desunti dalla sentenza citata devono essere relazionati alla normativa del cui controllo di di legittimità costituzionale la Corte stessa era stata, nel caso, investita, e che (contenuta in una legge della Regione siciliana) prevedeva che le commissione giudicatrice di pubblici concorsi (per l’assunzione all’impiego in ambito provinciale e comunale) fossero costituite, in maniera esclusiva o decisamente prevalente (previsione di un solo commissario esperto) da componenti designati dall’organo rappresentativo sulla base del loro gradimento da parte dell’organo di rappresentanza politica dell’ente, con la sola garanzia della tutela delle minoranze consiliari.

     E’ del tutto ovvio che una commissione così costituita non sia per nulla idonea a garantire, almeno in via maggioritaria e prevalente, la competenza tecnica dei suoi componenti.

      Differente é il caso su cui la Sezione è chiamata a decidere.

     Nel vigente assetto organizzativo degli Enti locali e della Dirigenza, allorché siano chiamati a fare parte di una Commissione giudicatrice i Dirigenti stessi dell’Ente che ha indetto il concorso - da svolgersi fra soggetti tutti estranei all’assetto organizzativo dell’Ente - la posizione funzionale posseduta dai commissari costituisce di per sé garanzia di qualificazione professionale ed esperienza sufficienti a soddisfare quella conoscenza tecnica sulla quale ha posto l’accento la Corte costituzionale con la sentenza citata.

      3.C) Maggior pregio non più essere riconosciuto al quarto motivo del ricorso di primo grado,già esaminato in parte sub A).

     Invero:

     a) la censura relativa a pretesi vizi della pubblicità del bando non trova l’attuale appellante in una posizione meritevole di tutela, dal momento che le carenze denunciate non hanno inciso né sulla sua personale tempestiva conoscenza del bando e delle sue regole, né hanno in qualche modo impedito la sua partecipazione alla gara;

      c) la pretesa contraddittorietà fra la decorrenza del servizio fissata dal bando (dalla data del verbale di consegna) e quella fissata nel capitolato speciale (dal primo giorno del mese successivo a quello dell’aggiudicazione definitiva); viene, al più ad incidere sugli interessi del concorrente aggiudicatario e non su quelli del secondo classificato; 3. D) Infine deve confermarsi che, sulla legittimità degli atti impugnati, è irrilevante l’omessa comunicazione dell’esito della gara nel termine di 10 giorni dal suo espletamento.

     Come affermato dal giudice di primo grado, si tratta di disposizione (art. 23, comma 5, decreto  legislativo n. 157 del 1995) la cui inosservanza assume rilievo ai soli fini della decorrenza dei termini di decadenza, per esercitare i mezzi di tutela giurisdizionale sui risultati della procedura e può giustificare la proposizione di motivi aggiunti, ma non implica di per sé l’illegittimità dell’aggiudicazione.

      4.1. Chiariti gli aspetti che precedono, la sentenza appellata deve essere interamente confermata per la parte in cui respinge il secondo motivo del ricorso di primo grado.

      4.2. La clausola del bando che disciplina l’attribuzione dei punteggi per le singole voci di valutazione, stabilendo che “i punteggi di cui alle elencate voci, ad eccezione del punto 2, saranno attribuiti con il seguente criterio: il punteggio massimo all’impresa che presenta il dato più alto; il punteggio zero per il valore più basso, con calcolo proporzionale riferito al valore più alto per i valori intermedi”, trova la sua ragione di essere nella previsione di una affluenza concorsuale superiore alle due unità.

     Essa non incide sulla valutazione ponderale dei singoli elementi, che richiede, in ogni caso, dapprima l’individuazione del punteggio da attribuirsi in concreto, al singolo elemento posseduto da ciascun concorrente e, in un tratto successivo, il calcolo proporzionale dei punteggi spettanti alle imprese con valori intermedi, conseguente alla conversione in punti “10” all’impresa che presenta il valore più alto ed in punti “0” a quella con valore più basso.

     La circostanza che, in presenza di un numero di concorrenti corrispondenti alle due unità (e in assenza, dunque, di concorrenti intermedi) la Commissione non abbia applicato la regola sopra menzionata, non costituisce violazione dei criteri di valutazione né in alcun modo incide sulle singole posizioni, al contrario consentendo ai concorrenti una conoscenza maggiormente puntuale della valutazione espressa nei loro confronti.

     4.3. D’altre parte, il raggruppamento ricorrente non offre alcun dato concreto, dal quale possa desumersi l’illegittimità della valutazione.

     La possibilità offerta alle imprese di costituirsi in ATI per la partecipazione alle gare indette dalle Pubbliche amministrazione, non precostituisce, di per sé valori aggiuntivi che facciano ritenere oggettivamente improbabile che operatori presentatisi singolarmente possano conseguire punteggi maggiormente favorevoli, in relazione al piano di impresa, ai servizi prestati negli ultimi tre anni ed alla capacità economica e finanziaria riferita al volume di affari nell’ultimo triennio.

     Cosicché il rilievo, non si presta in alcun modo ad avvalorare la denuncia di eccesso di potere nelle figure sintomatiche indicate nel mezzo avverso l’operato della Commissione.

     4.4. L’attribuzione in favore della aggiudicataria di punti 8 , per le “frequenze radio” dalla stessa possedute (punto 7, art. 2 del Capitolato speciale) non può ritenersi incongruo sulla base dell’art. 6 del disciplinare di gara, che obbliga “l’appaltatore” fra l’altro “a fornire, se richiesto, copia dell’autorizzazione Ministeriale per l’esercizio dei ponti radio, quella dei mezzi mobili e degli altri impianti od attrezzi che, dalla competente Autorità prefettizia fossero richiesti per la gestione del servizio”.

     La norma in parola, infatti, non prescrive affatto l’autorizzazione ministeriale, al di fuori dei casi in cui essa sia richiesta dall’Autorità prefettizia per la gestione del servizio.

     Essa, pertanto, ove non richiesta dall’Autorità prefettizia che ha rilasciato l’autorizzazione, giustifica l’attribuzione di un punteggio superiore in favore del concorrente che ne è in possesso (come in effetti verificatosi in favore della attuale appellante, che ha conseguito per la voce “frequenza radio” il massimo punteggio) ma non esclude, per chi non ne è in possesso, la valutazione degli ulteriori elementi concorrenti alla verificazione del parametro astrattamente previsto dalla norma concorsuale nell’ambito della “capacità tecnica”, alla voce “frequenze radio”.

     In concreto, il decreto prefettizio, in possesso della concorrente che si è aggiudicato il servizio, non richiedeva affatto il possesso della licenza d’uso di ponte radio ed il punteggio attribuito alla aggiudicataria trova piena giustificazione nella dettagliata elencazione delle frequenze possedute e della strumentazione tecnica della quale dispone.

     4.5. Infine, il segmento temporale nel cui ambito si sono svolte le valutazioni della Commissione giudicatrice (90 minuti) correttamente è stato ritenuto congruo dal giudice di primo grado con riguardo alla qualificazione professionale e competenza dei componenti della commissione ed al numero dei concorrenti i cui requisiti dovevano essere valutati.

     5. In conclusione, l’appello deve essere respinto, per quanto di regione, secondo quanto specificato nella motivazione che precede; conseguentemente, la sentenza appellata deve essere riformata in parte, nel senso della integrale reiezione del ricorso di primo grado.

     Le spese di questo grado del giudizio possono essere interamente compensate fra le parti.

P.   Q.   M.

      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando, respinge l’appello per quanto di ragione e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, respinge interamente il ricorso di primo grado;

      Compensa interamente fra le parti le spese del presente grado del giudizio;

      Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

      Così deciso in Roma, adì 26 novembre 2004, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:

Emidio FRASCIONE                         PRESIDENTE

Rosalia BELLAVIA               CONSIGLIERE

Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Est.!Fine dell'espressione imprevista            CONSIGLIERE

Cesare LAMBERTI!Fine dell'espressione imprevista                                                  CONSIGLIERE

Claudio MARCHITIELLO                                      CONSIGLIERE

L’ESTENSORE                                        IL PRESIDENTE

F.to Chiarenza Millemaggi Cogliani      F.to Emidio Frascione 

IL SEGRETARIO

F.to Francesco Cutrupi 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16 Marzo 2005

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL  DIRIGENTE

F.to Antonio Natale

  N°. RIC 1351/2004

MGR.