REPUBBLICA ITALIANA N.1334/05 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 3639 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2001
ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 3639/2001, proposto dalla Provincia di Milano, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Bassano Baroni ed Eugenio Merlino ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, Via A. Gramsci, n. 3,
CONTRO
Il Sig. Adriano Amadeo, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Enrico Romanelli e Sergio Pandolfi con i quali è elettivamente domiciliato in Roma, Via Cosseria, n. 5,
e nei confronti del Sig. Giovanni Cacchi, non costituito,
per l'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, II Sezione, del 24.11.2000, n. 6602;
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie depositate dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 26.11.2004, il Consigliere Claudio Marchitiello;
Uditi gli avv.ti Baroni e Pafundi su delega dell’avv. Romanelli. come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Il Sig. Adriano Amadeo, dipendente della Provincia di Milano impugnava al T.A.R. della Lombardia le deliberazioni della Giunta del 17.6.1997, n. 46552 e n. 57582 nella parte in cui è stato collocato nella 1^ fascia dei dirigenti con attribuzione dell’indennità di posizione stabilita dagli artt. 39 e ss. del Contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti degli enti locali approvato con decreto del P.C.M. del 1.12.1995, nella misura minima di Lire 10.000.000.
La Provincia di Milano si costituiva in giudizio opponendosi all’accoglimento del ricorso.
Il Sig. Giovanni Cacchi, al quale il ricorso era stato notificato, non si costituiva.
Il T.A.R. della Lombardia, II Sezione, con la sentenza del 24.11.2000, n. 6602, accoglieva il ricorso.
La Provincia di Milano propone appello deducendo la erroneità della sentenza e domandandone la riforma.
Il ricorrente in primo grado si è costituito in appello chiedendo la conferma della sentenza appellata.
Il Sig. Giovanni Cacchi non si è costituito neppure in appello.
Alla pubblica udienza del 26.11.2004, il ricorso in appello è stato ritenuto per la decisione.
DIRITTO
La Provincia di Milano propone appello avverso la sentenza della II Sezione del T.A.R. della Lombardia in epigrafe indicata, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal Sig. Adriano Amadeo, dipendente dell’ente, e sono state annullate le deliberazioni della Giunta del 17.6.1997, n. 46552 e n. 57582.
Tali deliberazioni, con le quali la Provincia di Milano ha applicato ai propri dipendenti gli artt. 39 e seguenti del Contratto collettivo di lavoro dei dirigenti degli enti locali, approvato con provvedimento del P.C.M. del 1.12.1995, erano state impugnate in relazione al collocamento del Sig. Amadeo nella 1^ fascia dei dirigenti.
L’appello è fondato nel merito.
La Sezione non si sofferma, pertanto, a riesaminare le eccezioni in rito respinte dal T.A.R. e riproposte dall’ente appellante.
Per l’esame del merito, è utile riportare la normativa di riferimento.
Il citato art. 39 del Contratto collettivo di lavoro dei dirigenti degli enti locali, al secondo e al terzo comma, prevede: “2. Le amministrazioni determinano la graduazione delle funzioni dirigenziali, cui è correlato il trattamento economico di posizione, ai sensi dell’art. 24 del D.Lgs. n. 29 del 1993. Le funzioni sono graduate tenendo conto di parametri connessi alla collocazione della struttura, alla complessità organizzativa, alle responsabilità gestionali interne ed esterne. 3. Le Amministrazioni attribuiscono un valore economico ad ogni posizione dirigenziale prevista nell’assetto organizzativo dell’ente, in base alle risultanze della graduazione di cui al comma precedente e secondo i criteri indicati negli artt. 40, 41 e 42 che non prefigurano alcun modello organizzativo”.
L’art. 40, comma 1, per le Province, stabilisce a sua volta che, nei limiti della consistenza di un fondo appositamente costituito ai sensi del precedente art. 37, la retribuzione di posizione, alla quale fa riferimento l’art. 39, “è definita entro i seguenti valori annui lordi per tredici mensilità:
a)fino ad un massimo di lire 70.000.000, per le posizioni dirigenziali che prevedono autonomia gestionale nell’ambito degli indirizzi politici e la responsabilità di impostare e seguire politiche o funzioni pubbliche di ampio raggio, curando il funzionamento di distinte e complesse tipologie di servizi ed interventi; b) fino ad un massimo di Lire 38.500.000, per le posizioni dirigenziali che prevedono responsabilità di raggiungimento di obiettivi riferiti al funzionamento di strutture e alla gestione di importanti risorse economiche e umane; c) da un minimo di Lire 10.000.000 ad un massimo di 26.000.000, per le posizioni dirigenziali che prevedono responsabilità gestionali per ambiti definiti per quantità e qualità di prestazioni”.
Le norme ora riportate stabiliscono, quindi, che l’amministrazione deve individuare le “posizioni dirigenziali” e inserire queste, in relazione alla tipologia delle funzioni che vi sono collegate e al loro livello di responsabilità (“collocazione della struttura, complessità organizzativa, responsabilità gestionali interne ed esterne della relativa funzione”), in una delle tre fasce di valori in cui la normativa ripartisce la cd. indennità di posizione (a,b,c).
L’indennità, pertanto, secondo la norma in esame, può essere corrisposta in misura diversa per le varie posizioni dirigenziali anche di una stessa fascia. La normativa in esame ha considerato che alcune posizioni, pur avendo funzioni genericamente caratterizzate da uno stesso ambito di responsabilità, potessero essere ulteriormente specificate e graduate e ha di conseguenza diversificato anche la corresponsione della relativa indennità. La norma ha pertanto stabilito per la concreta attribuzione di tale indennità un limite minimo ed un limite massimo entro i quali collocare concretamente le singole posizioni dirigenziali. Ciò emerge con tutta evidenza dal fatto che la norma, disponendo che la indennità di posizione di ciascuna fascia possa essere di valore “fino ad un massimo di Lire 70.000.000“ ovvero “da un minimo di Lire 10.000.000 ad un massimo di 26.000.000” chiaramente autorizza l’amministrazione a differenziare l’indennità di posizione in relazione alla specifica posizione che il dirigente occupa “nella struttura organizzativa dell’ente”.
Ciò stante, la Sezione non condivide le conclusioni alle quali è pervenuto il T.A.R. che, in accoglimento della tesi dell’appellato, ha affermato che la Provincia di Milano non avrebbe potuto ulteriormente suddividere le tre fasce previste dall’art. 40 della normativa in esame, realizzando due fasce per ciascuna di esse. E’ evidente che, con tale suddivisione, la Provincia ha inteso esercitare quella facoltà di graduazione delle posizioni che la normativa del contratto nazionale le consentiva di effettuare e che, invece, di riferirla alle singole posizioni l’ha operata per gruppi, inserendo le singole posizioni dirigenziali, ai fini della indennità di posizione, in due ulteriori fasce per ciascuna delle fasce previste dalla normativa esaminata, ritenendo omogenee o quanto meno analoghe le funzioni collegate a ciascuna di dette posizioni.
Le argomentazioni del T.A.R. secondo cui la Provincia di Milano, così operando, non avrebbe tenuto in alcun conto l’impegno e la qualità delle prestazioni dai singoli dirigenti (“omettendo di valutare in concreto la qualità dell’attività svolta, così sottraendosi ad ogni valutazione individuale”) è evidentemente erronea. Tali parametri non sono attinenti alla cd. indennità di posizione, che si riferisce, come si può rilevare dalle considerazioni che precedono, alla rilevanza oggettiva del posto occupato dal dirigente nella organizzazione dell’ente (dalla “posizione”), ma dalla diversa indennità cd. di risultato che rappresenta altra voce retributiva per i dirigenti, commisurata, appunto, alla qualità delle prestazioni e all’impegno effettivamente profusi.
L’appello della Provincia di Milano, in conclusione, deve essere accolto, risultando dalle considerazioni che precedono la piena legittimità delle deliberazioni impugnate in primo grado. Le ulteriori argomentazioni dedotte con il ricorso originario dall’appellato, anche quelle prospettate con i motivi assorbiti dal giudice di primo grado, non sono assolutamente idonee a modificare le conclusioni che precedono che, del resto, sono meramente descrittive del contenuto delle norme del contratto collettivo di lavoro alle quali si riferiscono.
In riforma della sentenza appellata, pertanto, deve essere respinto il ricorso originario.
Sussistono, peraltro, giusti motivi per procedere alla integrale compensazione fra le parti delle spese dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, accoglie l’appello della Provincia di Milano e, per l’effetto, respinge il ricorso originario proposto dal Sig. Adriano Amadeo.
Compensa le spese dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso, in Roma,in
Camera di Consiglio, il 26.11.2004, con l'intervento dei
signori:
Emidio Frascione Presidente
Rosalia Maria Pietronilla Bellavia Consigliere
Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere
Cesare Lamberti Consigliere
Claudio Marchitiello Consigliere est.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudio Marchitiello Emidio
Frascione
IL SEGRETARIO
Francesco Cutrupi
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30 marzo 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
Antonio Natale
N°. RIC. 3639/01 |
cdp