REPUBBLICA ITALIANA    N.1563/05REG.DEC.

         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO       N. 12122 e 12126 REG.RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,  Sezione Quinta          ANNO  2003 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi in appello:

n. 12122 del 2003 proposto dalla IM.ECO s.r.l., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Giuseppe Franco Ferrari e Luigi Manzi, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via F. Confalonieri, n. 6,

contro

la Col.Ser soc. coop. a r.l., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alberto Bertora, Paolo Michiara e Mario Sanino, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Viale Parioli n. 180;

e l’Amministrazione delle II.PP.A.B. - Istituzioni pubbliche di Beneficienza ed Assistenza (ex ECA) di Milano, non costituita in giudizio;

e

n. 12126 del 2003 proposto dall’Azienda di Servizi alla Persona (A.S.P.) “Golgi - Radaelli” (già Amministrazione delle II.PP.A.B. ex ECA di Milano), in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Manzi e Giovanni Zucchini, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, Via F. Confalonieri, n. 5;

contro

la Col.Ser soc. coop. a r.l., come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;

e nei confronti

della IM.ECO s.r.l., non costituita in giudizio,

per l'annullamento

della sentenza n. 5491 del 1 dicembre 2003, pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Sezione III;

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione della Col.Ser soc. coop. a r.l.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore il cons. Corrado Allegretta;

Viste le ordinanze nn. 566 e 567 in data 3 febbraio 2004, con le quali è stata respinta la domanda di sospensione della sentenza appellata, avanzata contestualmente ai ricorsi;

Uditi alla pubblica udienza del giorno 11 giugno 2004 gli avv.ti Luigi ed Andrea Manzi e, su delega dell’avv. Sanino, l’avv. Braschi;

Visto il dispositivo di sentenza n. 343 pubblicato in data 14 giugno 2004;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

La Col.Ser s.c. a r.l. ha impugnato innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia gli atti della gara indetta con bando del 7 agosto 2002 dall’Amministrazione delle II.PP.A.B. - Istituzioni pubbliche di Assistenza e Beneficenza (ex E.C.A.) di Milano per l’affidamento del servizio di pulizia, suddiviso in tre lotti, relativo alle sedi dell’Istituto Radaelli di Milano e di Vimodrone e dell’Istituto Golgi di Abbiategrasso. Ha dedotto che l’offerta dell’aggiudicataria Im.Eco s.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa presentando livelli retributivi del personale inferiori a quelli previsti dalla contrattazione collettiva e, comunque, per la sua anomalia. Insieme all’annullamento degli atti impugnati, la ricorrente ha chiesto la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno in forma specifica e per equivalente.

Con sentenza n. 5491 del 1 dicembre 2003 il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso quanto ai lotti n. 1 e n. 3 e lo ha accolto quanto al lotto n. 2. Ha accolto anche la domanda di risarcimento, dichiarando l’obbligo dell’Amministrazione di far subentrare la ricorrente alla controinteressata nel rapporto contrattuale per la residua durata di questo e, per il periodo già trascorso, di risarcire il danno a norma dell’art. 35 del D.P.R. 31 marzo 1998 n. 80.

Contro siffatta sentenza, hanno proposto appello sia la Im.Eco s.r.l. con il ricorso n. 12122 del 2003, che l’Azienda Servizi alla Persona “Golgi - Radaelli”, subentrata all’Amministrazione delle II.PP.A.B., con il ricorso n. 12126 del 2003.

In entrambi i giudizi si è costituita la Col.Ser s.c. a r.l., che ha controdedotto agli appelli e ne ha chiesto la reiezione perché infondati.

Le cause sono state trattate congiuntamente e, sentiti i difensori presenti, riservate per la decisione all’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2004.

DIRITTO

1. Gli appelli sono rivolti contro la stessa sentenza e, pertanto, se ne dispone la riunione a norma dell'art. 335 cod. proc. civ..

2. La controversia riguarda gli atti della gara indetta con bando del 7 agosto 2002 dall’Amministrazione delle II.PP.A.B. - Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (ex E.C.A.) di Milano per l’affidamento del servizio di pulizia, suddiviso in tre lotti, relativo alle sedi degli istituti amministrati.

Con la sentenza oggetto d’impugnazione il T.A.R., sulla base di apposita perizia, ha accolto, quanto al secondo lotto, il ricorso della società cooperativa odierna appellata, la quale aveva dedotto che l’offerta dell’aggiudicataria, oggi appellante, avrebbe dovuto essere esclusa presentando livelli retributivi del personale inferiori a quelli previsti dalla contrattazione collettiva e, comunque, per la sua anomalia.

Il Tribunale ha accolto anche la domanda di risarcimento del danno, dichiarando l’obbligo dell’Amministrazione di far subentrare la ricorrente alla controinteressata nel rapporto contrattuale per la residua durata di questo e, per il periodo già trascorso, di risarcire il danno a norma dell’art. 35 del D.P.R. 31 marzo 1998 n. 80.

3. Entrambe le parti appellanti deducono che la sentenza è errata perché in essa, pur ammettendosi che il disciplinare di gara assumeva come parametro esclusivamente il contratto collettivo del 25 maggio 2001, si afferma che l’offerta risultata aggiudicataria - la quale rispettava i minimi retributivi e contributivi previsti da questo contratto - avrebbe dovuto essere esclusa risultando il costo del lavoro in essa indicato inferiore al costo medio orario, che la commissione di gara aveva calcolato sulla base delle tabelle, peraltro di valore meramente orientativo, approvate con il successivo accordo del 6 giugno 2002.

Anche quanto alla valutazione dell’anomalia dell’offerta in argomento, la sentenza sarebbe viziata, perché il giudice di primo grado ha ritenuto di poter sindacare il giudizio discrezionale della commissione di gara, che aveva considerato valide le giustificazioni addotte dall’aggiudicataria, sostituendo ad esso quello del consulente tecnico d’ufficio, acriticamente ed immotivatamente recepito.

Le censure fin qui esposte non sono fondate.

Diversamente da quanto si sostiene, il giudizio sull'anomalia delle offerte in una gara d’appalto non attiene al merito dell'azione amministrativa, in quanto non implica la diretta valutazione dell'interesse pubblico in concreto perseguito con l'atto impugnato, ma costituisce tipica valutazione tecnico-discrezionale che non sfugge, aprioristicamente, al sindacato del giudice amministrativo. In particolare, osserva correttamente il giudice di primo grado, anche quando l'applicazione di criteri, regole e parametri tecnici o scientifici è fatta allo scopo di compiere valutazioni od apprezzamenti non caratterizzati dalla certezza o, quanto meno, da elevata probabilità, l'esercizio della discrezionalità tecnica comporta necessariamente un rilevante profilo di ricostruzione del fatto che, come tale, attiene sempre alla legittimità del provvedimento e, pertanto, nell’ambito della valutazione di questa, non può essere sottratto alla cognizione del giudice, nell'esercizio dei suoi ordinari poteri istruttori. Cosicché, riguardo al sindacato sulle valutazioni amministrative in tema di anomalia delle offerte, compito primario del giudice è quello di verificare se l’utilizzo delle regole tecniche, da operare comunque in conformità a criteri di logicità, congruità e ragionevolezza, sia innanzitutto avvenuto sulla base di un corretto apprezzamento del fatto.

Nel caso in esame, l'illegittimità dell'operato della Commissione di gara consiste nel non aver rilevato che le giustificazioni prodotte dall'odierna appellante non erano idonee a superare il giudizio di anomalia già espresso. Esse, invero, come si evidenzia chiaramente dalla esperita consulenza tecnica d’ufficio, “non indicano una diminuzione del costo del lavoro in relazione a: A) benefici (contributivi, fiscali od altro) previsti da norme di legge di cui l'impresa può usufruire; B) specifici benefici e/o minori oneri derivanti dall'applicazione della contrattazione collettiva; C) oneri derivanti da interventi relativi ad infrastrutture, attrezzature, macchinari, mezzi connessi all'applicazione del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n 626 e successive modificazioni”, ma soltanto in relazione ad un costo orario calcolato in maniera errata rispetto ai parametri stabiliti dal disciplinare di gara e dalla legge (art. 25 D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 157; art. 1 L. 7 novembre 2000 n. 327; art. 2 D.M. 19 luglio 2002 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali).

Attenendo l’anomalia alla stessa composizione dell’offerta, del tutto inconferente si rivela la richiesta d’integrazione dell’accertamento istruttorio d’ufficio fondato su elementi successivi alla stessa costituzione del rapporto contrattuale.

Risolutiva, in ogni caso, è la considerazione che nessuna delle parti appellanti è riuscita a dimostrare la conformità dell’offerta in questione ai menzionati parametri.

Per questa parte - che quanto alla società appellante esaurisce l’impugnazione prodotta - il gravame va, pertanto, respinto siccome infondato.

4. L’Amministrazione appellante, peraltro, contesta la sua condanna al risarcimento del danno, assumendo, in primo luogo, la mancanza di colpa. Sostiene, in secondo luogo, che non è accettabile il criterio, dettato dal giudice di primo grado ai sensi dell’art. 35 del D.Lgs. n. 80 del 1998, di indicare nel 10% dell’importo a base d’asta previsto per l’appalto del secondo lotto la percentuale di utile presunto cui commisurare la somma da offrire a titolo di risarcimento per equivalente. Si duole, infine, del cumulo operato dal Tribunale tra risarcimento in forma specifica e quello per equivalente.

Riguardo all’elemento soggettivo della responsabilità, si ritiene che esso sussiste sicuramente, quanto meno, nella forma, ravvisata dal giudice di prima istanza, della negligenza e superficialità con cui la commissione di gara ha eseguito la verifica dell’anomalia dell’offerta. Tale profilo della censura in esame appare, pertanto, manifestamente infondato e va respinto.

Ad uguale conclusione si perviene in ordine al lamentato cumulo delle modalità di risarcimento del danno, essendo ciascuna di esse riferita alle differenti situazioni determinate dalla sopravvenienza della sentenza in pendenza del rapporto costituito a seguito dell’impugnata aggiudicazione.

La doglianza relativa ai criteri dettati ai sensi dell’art. 35, secondo comma, del D.Lgs. n. 80 del 1998 deve ritenersi, invece, fondata limitatamente alla base di calcolo da assumere per la determinazione della somma che l’Amministrazione è tenuta a proporre alla parte vittoriosa.

Non è all’importo stabilito come base d’asta, invero, che va applicata la percentuale di utile presunto, ma al prezzo indicato nella sua offerta dalla concorrente che avrebbe dovuto aggiudicarsi l’appalto. Si tratta, infatti, della liquidazione in via equitativa del “mancato guadagno” che questa concorrente avrebbe potuto ricavare se fosse stata essa ad eseguire l’appalto. Lo stesso art. 345 della L. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F, del quale si fa applicazione in via analogica nella determinazione del lucro cessante dell’appaltatore, si riferisce all’importo delle opere non eseguite e, dunque, all’importo della prestazione che in concreto avrebbe dovuto essere eseguita.

Dev’essere disatteso, di contro, il profilo di censura diretto a contestare la misura percentuale dell’utile presunto, considerato che la pronuncia del primo giudice è stata determinata e condizionata dall’incertezza circa il momento del subentro della parte vittoriosa all’impresa aggiudicataria nello svolgimento del servizio di cui si tratta.

In conclusione, per le considerazioni fin qui esposte, l’appello n. 12122 del 2003 proposto dalla IM.ECO s.r.l. va respinto; quello contrassegnato con il n. 12126 del 2003 proposto dall’Azienda di Servizi alla Persona (A.S.P.) “Golgi - Radaelli” va accolto nei limiti suddetti, con riforma della sentenza appellata nella parte in cui ordina all’Amministrazione di proporre il pagamento alla società originaria ricorrente, a titolo di risarcimento danni, di una somma da determinarsi tenendo conto, invece che del prezzo da quella offerto per l’appalto del secondo lotto, dell’importo previsto a base d’asta.

Ferma restando la statuizione sulle spese di causa relative al primo grado, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, previa loro riunione, respinge l’appello n. 12122 del 2003 ed accoglie in parte l’appello n. 12126 del 2003 e, per l’effetto, riforma la sentenza appellata nei termini di cui in motivazione.

Compensa spese e competenze del secondo grado di giudizio.

Ordina che la decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 11 giugno 2004 con l'intervento dei Signori:

Agostino Elefante - Presidente

Raffaele Carboni - Consigliere

Corrado Allegretta - Consigliere rel. est.

Aniello Cerreto - Consigliere

Gabriele Carlotti - Consigliere 

L'ESTENSORE    IL PRESIDENTE

f.to Corrado Allegretta        f.to Agostino Elefante 
 

IL SEGRETARIO

f.to Agatina Maria Vilardo 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 5 aprile 2005 

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) 

IL  DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

  N°. RIC .12122 e 12126/2003.

FDG