REPUBBLICA ITALIANA N.1638/05 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 2357 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2004
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso in appello n.
2357/2004, proposto dall’Azienda Ospedaliera Senese, in persona del
Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Domenico
Iaria ed elettivamente domiciliata presso lo studio del dott. Gian Marco Grez,
in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46;
CONTRO
La
società Pharmacia Italia S.p.A., con sede in Milano, in persona del
Presidente e Amministratore Delegato pro tempore, rappresentato e difeso dagli
avv.ti Paolo Vaiano e Diego Vaiano ed elettivamente domiciliato presso il loro
studio, in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3;
PER
L'ANNULLAMENTO
della
sentenza 15 gennaio 2004 n. 30 del Tar della Toscana, Sez.
II, che ha respinto il ricorso nei confronti della lettera di invito, a
procedura selettiva per la fornitura di medicinali, nella parte in cui impone,
a pena di esclusione, che l'offerta debba essere corredata da atto di
accettazione di determinate clausole;
Visto
il ricorso e la relativa documentazione;.
Visto
il ricorso con i relativi allegati;
Visto
l’atto di costituzione in giudizio degli intimati;
Viste
le memorie difensive;
Visti
gli atti tutti della causa;
Alla
Camera di consiglio del 16 novembre 2004, relatore il Consigliere Cesare
Lamberti e uditi, altresì, gli avvocati Mazzocco, per delega dell’avv.
Iaria, e Resta per delega dell’avv. P. Vaiano come specificato nel verbale d’udienza.
FATTO
La
società farmaceutica “Pharmacia Italia S.p.A.” è stata invitata a
presentare la migliore offerta per la fornitura di medicinali di sua
produzione, l’Aciclovir e la Benzilpenicillina nella procedura selettiva
indetta dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. Facendone preventiva
espressa riserva al momento dell’accettazione del bando, la società ha
impugnato le seguenti clausole contenute nella lettera d’invito: “i
pagamenti saranno effettuati, tramite il servizio di tesoreria, entro 90
(novanta) giorni dalla data di ricevimento delle fatture, fatto salvo il buon
esito del collaudo o l'attestazione di regolare esecuzione delle forniture, se
previsti dalle vigenti norme delle legge. Si precisa al riguardo che per la
decorrenza dei termine di pagamento fa fede l'apposizione da parte dell'ente
ricevente del timbro a calendario sulle fatture od altra documentazione di
addebito. Si precisa che l'Ente è in grado di provvedere al pagamento delle
somme dovute solo in presenza di risorse disponibili che derivano
dall'approvvigionamento attraverso le varie fonti di "finanza
derivata". Pertanto, l'impossibilità di provvedere tempestivamente al
pagamento delle fatture per le ragioni esposte rappresenta "causa di
forza maggiore e condizione di non imputabilità al debitore", ai sensi
dell'art. 3 del D.Lgs n. 231/2002, è normale clausola di fornitura come tale
valutata in termini di rischio dal fornitore nell'accertare il rapporto
commerciale di scambio e nel determinare il relativo prezzo. In caso di
anticipo del pagamento rispetto al termine previsto (entro 90 giorni dalla
data di ricevimento della fattura), la Ditta è tenuta a riconoscere uno
sconto non inferiore allo 0,85% mensile, mentre, in caso di ritardo non
ascrivibile alla suddetta causa di forza maggiore, l'Ente è tenuto a
riconoscere un tasso a remunerazione pari alla media del tasso Euribor 3 mesi
(360) del mese precedente a quello di cui si calcolano gli interessi aumentato
di 0,74 punti, in deroga all'art. 5 del D.Lgs n. 231/2002. Con due distinti
motivi di violazione degli artt. 3 e 7 D.Lgs. n. 231/2000, la ricorrente
deduceva la nullità delle clausole perché formulate con abuso di posizione
dominate e ad onta della libertà di autodeterminazione nel partecipare alla
gara, nel caso di nullità per la mancata accettazione. Nel giudizio di primo
grado si è costituta l’Azienda resistendo all’impugnativa ed eccependo il
difetto di giurisdizione del giudice adito. La società ha poi proposto le
medesime censure motivi con aggiunti avverso l’aggiudicazione della
fornitura relativamente al solo prodotto Aciclovir, ribadendo l’illegittimità
delle clausole. Con la decisione impugnata, il Tar della Toscana ha dichiarato
improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, nella parte
relativa alle censure in origine spiegate contro il bando prima dell’aggiudicazione.
Ha accolto il ricorso quanto ai motivi aggiunti. La sentenza è stata
appellata dall’Azienda Universitaria senese che ha ribadito il difetto di
giurisdizione e l’infondatezza del ricorso. Resiste la società ricorrente
con memoria e controricorso. All’odierna udienza la causa è stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
I.
La questione di cui è causa
impinge talune clausole della lettera d’invito alla procedura selettiva
indetta dall’Azienda Ospedaliera Universitaria di Siena, pervenuta alla
Pharmacia Italia S.p.A. a presentare la migliore offerta per la fornitura di
medicinali di sua produzione. In accoglimento del ricorso della società, le
clausole sono state ritenute contrarie al D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231
recante attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i
ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Nell’appello l’Azienda
ripropone la questione della giurisdizione del giudice adito e contesta, nel
merito, la fondatezza della decisione.
II.
L’eccezione di difetto di
giurisdizione viene riproposta sotto tre distinti aspetti: 1) gli istituti
ospedalieri, al pari delle unità sanitarie locali, hanno natura aziendale e
sono pertanto soggette alla giurisdizione ordinaria in quanto emettono atti di
natura privatistica; 2) la fornitura oggetto della lettera d’invito sfugge
alle regole pubblicistiche perché sotto la soglia comunitaria e trova
disciplina nel regolamento aziendale sull’attività contrattuale; 3) le
regole seguite dall’Azienda ospedaliera nell’invito a formulare la
migliore proposta sono quelle squisitamente privatistiche dell’offerta al
pubblico di cui all’art. 1336 c.c. L’eccezione è infondata sotto tutti e
tre i profili addotti.
II.1.
Sotto il primo aspetto non
può essere riconosciuta alcuna valenza all’evoluzione normativa subita
dalla struttura e natura delle unità sanitarie, che nella configurazione da
ultimo loro impressa dal D.Lgs. n. 229/1999 avrebbero perduto il carattere di
ente strumentale della regione per assumere quello di azienda con
organizzazione e funzionamento disciplinati dall’atto aziendale di diritto
privato. Anche nella formulazione della “riforma Bindi” l’autonomia
imprenditoriale è espressamente equiordinata alla personalità giuridica
pubblica di siffatti organismi, che operano nel rispetto dei principi e
criteri previsti da disposizioni delle regioni, cui spetta assicurare i
livelli essenziali di assistenza. Nell’art. 3 D.Lgs. n. 502/1992 come
modificato dall’art. 3, D.Lgs. n. 229/1999, l’aziendalizzazione assolve
alla funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali: ha pertanto
carattere strumentale, circoscritto al potere-dovere di individuare (con
l'atto aziendale) le strutture operative e di operare in base a contabilità
imprenditoriale e criteri di gestione improntati ad economicità attraverso l’equilibrio
di costi e ricavi. Tali conclusioni non sono suscettibili di modifica con
richiamo ai rapporti di lavori del personale anche a livello apicale: la
circostanza che il rapporto di lavoro dei dipedenti sia regolato di criteri
privatistici, anche per quanto riguarda la scelta del direttore generale e
degli altri organi di vertice non vale a svincolare il loro operato dagli
ordinari criteri che la legge impone, il cui sindacato è devoluto al giudice
ordinario o amministrativo in base agli ordinari criteri di giurisdizione. La
struttura aziendale delle Unità sanitarie non si riflette pertanto sul loro
agire nell’ambito del mercato che deve essere improntato, ove normativamente
previsto a criteri pubblicistici. L’assunto trova conferma nell’art. 33,
comma 1, lett. e) D.Lgs. n. 80/1998, che assoggetta alla giurisdizione del
giudice amministrativo la controversie sulle attività e prestazioni di ogni
genere rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese
nell'ambito del Servizio sanitario nazionale.
II.1.
Per quanto attiene al secondo
aspetto dell’eccezione, l’appellante richiama l’art. 3 comma 1 ter
D.Lgs. 502/1992, che nell’emendamento introdotto dal D.Lgs. n. 229/1999
prevede che i contratti di fornitura di valore
inferiore alla normativa comunitaria in materia siano appaltati o contrattati
direttamente secondo le norme di diritto privato indicate nell'atto aziendale.
Sotto il profilo della giurisdizione la norma è però derogata dall’art.
24, l. n. 289/2002, in vigore al momento in cui la gara è stata indetta, che
(come ribadito nella memoria della società Pharmacia Italia) assoggettava,
senza alcuna limitazione di soglia minima alle modalità previste dalla
normativa nazionale di recepimento di quella comunitaria le pubbliche
forniture e gli appalti pubblici di servizi delle amministrazioni
aggiudicatrici individuate nell'art. 1 D.Lgs. n. 358/1992 nell'art. 2 D.Lgs.
n. 157/1995. Il comma 1, lett. b) della disposizione annovera fra le
amministrazioni aggiudicatici gli organismi di diritto pubblico, dotati di
personalità giuridica, istituiti per soddisfare specifiche finalità
d'interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale, la cui
attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle regioni,
dagli enti locali o la cui gestione è sottoposta al loro controllo o i cui
organi d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sono costituiti, almeno
per la metà, da componenti designati dai medesimi: ambito nel quale rientrano
sicuramente le unità sanitarie locali (e le aziende ospedaliere), che
nonostante il loro carattere aziendale derivano la maggior parte dei loro
finanziamenti dalla regioni secondo il piano sanitario regionale, sono
sottoposte ai controlli finanziari ad opera delle medesime, che concorrono
altresì alla scelta degli organi di gestione.
III.3
Nulla prova, sotto il terzo
aspetto, il richiamo (pag. 7 dell’atto di appello) alla sentenza delle
Sezioni unite della Corte di cassazione n. 17635
del 20 novembre 2003, ricognitiva della giurisdizione ordinaria sugli appalti
pubblici di servizi di un’azienda (l'Azienda elettrica consorziale delle
città di Bolzano e Merano) priva del requisito del soddisfacimento di bisogni
di interesse generale e pertanto esclusa dall’ambito di amministrazione
aggiudicatrice ex art. 2 D.Lgs. n. 157/1995. Altrettanto inidoneo a sorreggere
nella specie la devoluzione della controversia all’A.G.O. è il precedente
delle Sezioni unite della Corte di cassazione (Cass. SS.UU. 30 marzo 2000, n. 71),
nella quale la giurisdizione ordinaria è affermata con riguardo al pagamento
di forniture di prodotti sanitari e farmaceutici effettuate da case
farmaceutiche all'unità sanitaria locale e non già alle
modalità di scelta del contraente, oggetto della presente causa.
II.4.
L’eccezione deve essere conclusivamente respinta ed affermata la
giurisdizione del giudice adito.
III.
Nel merito l’appello è infondato e va confermata la sentenza del Tar
della Toscana che ha annullato le clausole contenute nella “richiesta di
offerta per la gara per la fornitura di prodotti vari” bandita dall’Azienda
Ospedaliera sulla scorta del contrasto con il D.Lgs. n. 231/2002.
III.1.
La sentenza va anzitutto confermata per l’illegittimità dell’aumento
a novanta giorni del termine per pagare le forniture: la relativa clausola
introduce un indebito vantaggio per l’Amministrazione dato l’automatismo
della decorrenza degli interessi di mora stabilito dall’art. 4 del D.Lgs. n.
231/2002. Va precisato, al proposito, che il riferimento ivi contenuto al
termine di pagamento stabilito dal contratto concerne l’automatica
decorrenza degli interessi di mora e non al termine di pagamento in sé
considerato, la cui congruità va valutata parametrandolo con la corretta
prassi commerciale, con la natura dei beni o servizi, con la condizione dei
contraenti ed i rapporti commerciali tra i medesimi di cui al successivo art.
7 del D.Lgs., che stabilisce la nullità del relativo accordo se gravemente
iniquo perché ingiustificato da ragioni oggettive. Siffatte ragioni non
possono essere ravvisate nell’art. 50 della legge regionale Toscana n.
22/2000 che stabilisce in novanta giorni il termina massimo per la dilazione
nei pagamenti delle forniture. La legge ha infatti carattere cedevole rispetto
alla direttiva 2000/35/CE, di cui il decreto legislativo in esame rappresenta
attuazione e pertanto non giustifica l’imposizione di termini più lunghi
rispetto ai trenta giorni dal ricevimento della fattura o richiesta di
pagamento prescritto dall’art. 4, comma 2, lett. a) D.Lgs. n. 231/2002.
Oltre ad essere contrari al buon funzionamento del mercato interno
salvaguardato dall'art. 14 del Trattato, il ritardo nel pagamento del prezzo
rispetto ai trenta giorni non trova nessuna giustificazione nella circolare
del Ministero dell’economia e delle finanze 14 gennaio 2003, n. 1, la cui
salvaguardia delle amministrazioni dalle conseguenze dell’indisponibilità
della provvista finanziaria non si concilia con le regole del mercato che ai
fini della correttezza nei pagamenti parificano gli organismi pubblici a
quelli privati.
III.2.
La sentenza è corretta anche con riferimento alla dichiarata nullità
della riduzione del tasso di interesse dovuto dall’Azienda ospedaliera per
il ritardo nel pagamento della fornitura, e allo sconto imposto al creditore
in caso di pagamento anticipato da parte della Azienda. Ambedue le clausole
sono state riconosciute prive di giustificazione e sperequative fra le
posizioni delle parti in sede esecuzione del rapporto, da improntare alla
parità contrattuale. A fronte delle considerazioni dell’appellante in
merito alla parità contrattuale, alla possibilità di non presentare offerte
negli appalti non rimunerativi e al numerus clausus delle nullità negoziali, appaiono sicuramente più
congrue le considerazioni dell’appellata a sostegno della decisione, laddove
sottolineano la carenza di giustificazione della modifica, in caso di
responsabilità del debitore, del tasso d'interesse previsto dalla legge, che
viene ridotto notevolmente, e dello sconto dello 0,85%
mensile qualora il pagamento venga anticipato rispetto al termine di
novanta giorni. Rispetto alla portata generale dall’art. 1 D.Lgs. n.
231/2002 lo sconto qualora sia rispettato il termine di legge è di per sé
iniquo e ingiustificato al pari dello sconto sul tasso d’interesse dovuto in
caso d’inosservanza del termine, sicuramente indice di sperequazione tra le
parti in sede di esecuzione del rapporto. L’appellante sottolinea come anche
nei rapporti di carattere
paritetico tra privato e pubblica amministrazione, debba essere salvaguardato
il principio di parità contrattuale connesso ai canoni più
squisitamente cìvilìstici di correttezza ed equità tra tutti i
soggetti, oltre ai principi di
imparzialità, legalità ed efficienza, che debbono comunque
improntare i rapporti tra pubblici poteri e soggetti privati. Del tutto
incongrua è l’affermazione circa l’illegittimità della sentenza per non
avere rilevato che le ipotesi di nullità delle clausole contrattuale
costituiscono un numero clausus: nella specie infatti la nullità risale
espressamente alla legge e precisamente all’art. 7, comma 3, D.Lgs. n.
231/2002 , che attribuisce al giudice, anche d'ufficio, di dichiarare la
nullità dell'accordo e, avuto riguardo all'interesse del creditore, alla
corretta prassi commerciale ed alle altre circostanze di applicare i termini
legali e ricondurre ad equità il contenuto dell'accordo medesimo.
IV.
L’appello deve essere
conclusivamente respinto e confermata la prima decisione. Le spese del
presente grado sono a acarico del soccombente e vengono liquidate in € 2.500
complessivamente.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente
decidendo sull’appello in premesse, lo respinge. Spese del grado a carico
dell’appellante Azienda ad a favore della Società Pharmacia Italia S.p.A.
liquidate in € 2.500.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 16 novembre 2004 con l’intervento
dei Sigg.ri:
Agostino
Elefante
Presidente
Raffaele
Carboni
Consigliere
Rosalia
Maria Pietronilla Bellavia
Consigliere
Chiarenza
Millemaggi Cogliani
Consigliere
Cesare
Lamberti
Consigliere est.
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to Cesare Lamberti
f.to Agostino Elefante
IL SEGRETARIO
f.to Rosi Graziano
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
12 aprile 2005
(Art.
55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi