REPUBBLICA ITALIANA N.3166/05 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 8579 e 8739
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2004
ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 8579 del 2004 proposto dalla WASTE MANAGEMENT ITALIA S.P.A., in persona dell’amministratore delegato, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marcello Vignolo ed Andrea Abbamonte, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla via degli Avignonesi n. 5;
contro
il COMUNE DI CAGLIARI, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ovidio Marras, Francesca Frau e Filippo Castellani, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’ultimo difensore in Roma, al Lungotevere dei Mellini n. 10;
e nei confronti
della DE VIZIA TRANSFER S.P.A., in persona del l.r. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Contu, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla via Massimi n. 154;
e della CAGLIARI AMBIENTE S.C.A.R.L.,
non costituitasi in giudizio;
con intervento
della SERVIZI AMBIENTALI MUNICIPALI – S.A.M. S.P.A., in persona del Presidente del Consiglio di amministrazione l.r. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Macciotta, elettivamente domiciliata in Roma, alla via San Marcello Pistoiese nn. 73-75, presso lo studio dell’avv. Paola Fiecchi;
nonché sul ricorso in appello n. 8739 del 2004 proposto dalla CAGLIARI AMBIENTE S.C.A.R.L., in persona dell’amministratore delegato, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Sanino, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in Roma, al viale Parioli n. 180;
contro
la DE VIZIA TRANSFER S.P.A., in persona del l.r. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Contu, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla via Massimi n. 154;
e nei confronti
del COMUNE DI CAGLIARI,
non costituitosi in giudizio;
della SERVIZI AMBIENTALI MUNICIPALI – SAM S.P.A.,
non costituitasi in giudizio;
e della WASTE MANAGEMENT ITALIA S.P.A., in proprio e quale capogruppo mandataria dell’a.t.i. costituita con TERMOMECCANICA S.P.A. ed ITALIA INVESTIMENTI S.P.A.,
non costituitasi in giudizio;
per la riforma
della sentenza n. 1316, depositata il 12.8.2004, pronunciata tra le parti dal Tribunale amministrativo regionale della Sardegna, sez. I;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della De Vizia Transfer, della Servizi Ambientali Municipali e del Comune di Cagliari;
Visto il ricorso incidentale in appello interposto dal Comune di Cagliari;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Viste le ordinanze nn. 5621 e 5622 del 5.11.2004 con le quali è stata respinta la domanda di sospensione in via cautelare della sentenza impugnata;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il consigliere Gabriele Carlotti;
Uditi alla pubblica udienza del 28.1.2005 l’avv. A. Abbamonte per la Waste Management Italia S.p.a., l’avv. M. Sanino per la Cagliari Ambiente S.c.a.r.l., l’avv. O. Marras per il Comune di Cagliari e l’avv. G. Contu per la De Vizia Transfer;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
1. Vengono in decisione due appelli interposti, rispettivamente dalla Waste Management Itali S.p.a. (d’ora innanzi, “Waste”) e dalla Cagliari Ambiente S.c.a.r.l. (di seguito, “Cagliari Ambiente”), contro la sentenza, specificata in epigrafe, con cui il T.a.r. della Sardegna, in accoglimento del ricorso promosso dalla De Vizia Transfer S.p.a. (in prosieguo, “De Vizia”), ha annullato il provvedimento di approvazione degli atti del procedimento per la selezione del socio di minoranza della costituenda società di gestione dei servizi di igiene urbana della città di Cagliari, nonché l’art. 11 del Regolamento per la disciplina dei contratti dello stesso comune.
2. Nei giudizi così promossi si è costituita la De Vizia contestando tutte le deduzioni avversarie e concludendo per la reiezione dei gravami.
3. All’udienza pubblica del 28.1.2004 parti e cause sono state assegnate in decisione.
4. In via assolutamente preliminare è doverosa la riunione degli appelli emarginati ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto diretti contro la medesima sentenza.
5. Per un corretto inquadramento delle ragioni del decidere, occorre inoltre dar conto della vicenda processuale svoltasi in primo grado.
5.1. La De Vizia, dopo aver partecipato - classificandosi al secondo posto - ad una procedura di gara assimilata all’appalto-concorso, bandita dal Comune di Cagliari per la selezione del socio di minoranza di una costituenda società mista di gestione dei servizi di igiene urbana, impugnò avanti al T.a.r. della Sardegna la determinazione del dirigente responsabile del procedimento n. 626 del 30.6.2000, recante:
- l’approvazione delle risultanze del procedimento;
- l’individuazione del socio di minoranza nel raggruppamento Waste Management, Italia Investimenti e Termomeccanica;
- nonché l’approvazione contestuale del progetto tecnico presentato dal suddetto raggruppamento con la relativa offerta economica.
5.2. La De Vizia impugnò altresì, tutti gli atti della procedura presupposti e, segnatamente:
- la determinazione di ammettere alla gara il raggruppamento Waste Management, Italia Investimenti e Termomeccanica;
- la delibera del consiglio comunale n. 261 del 24.9.96;
- la delibera di Giunta n. 3272 del 30.12.96;
- la delibera consiliare n. 1 del 12.1.98;
- le delibere di Giunta n. 2056 del 24.9.98, nn. 2710 e 2711 del 2.12.98 e n. 1987 del 16.11.99;
- la determinazione dirigenziale n. 226 del 1.12.99 ed il regolamento del Comune di Cagliari, approvato con delibera del Commissario Straordinario n. 966 del 27.4.94;
nonché, con motivi aggiunti depositati in data 12.10.2000, la determinazione dirigenziale n. 747/AD del 23.8.2000.
5.3. In dettaglio, è a dirsi che il Comune di Cagliari, con deliberazione consiliare del 24.9.1996, n. 261, adottata ai sensi dell’articolo 22, lett. e) della L. 8.6.1990, n. 142, decise di costituire una società mista a prevalente capitale pubblico, per la gestione dei servizi di igiene urbana della città di Cagliari, e di sceglierne il socio di minoranza attraverso una procedura di selezione assimilata all’appalto-concorso, di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 157/1995.
5.4. Alla gara parteciparono quattro imprese ed, al termine della procedura, la De Vizia si classificò al secondo posto, essendo risultata migliore l’offerta presentata dal raggruppamento capeggiato dalla Waste.
5.5. Con determinazione dirigenziale n. 626 del 30.6.2000 il raggruppamento sunnominato venne quindi scelto come socio privato di minoranza della costituenda società mista.
5.6. Avverso tale provvedimento, unitamente agli atti della procedura selettiva sopra indicati, insorse la De Vizia, deducendo contro l’intera procedura di gara ben nove motivi di censura (così rubricati: violazione dei principi di pubblicità delle operazioni di gara e di trasparenza dell’attività amministrativa; eccesso di potere per sviamento; incompetenza; violazione dell’articolo 51, terzo comma, della L. n. 142/1990; violazione dei principi generali di imparzialità, trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere per sviamento e per irragionevolezza ed illogicità; incompetenza; violazione degli artt. 35 e 51, terzo comma, della L. n. 142/1990 e degli artt. 6 e 8 del regolamento per la disciplina dei contratti del comune di Cagliari; incompetenza; violazione dell’ultimo comma dell’art. 11 del regolamento dei contratti del comune di Cagliari; incompetenza e violazione dell’art. 11 del regolamento del comune di Cagliari e dell’articolo 51, terzo comma, lettera a) della L. n. 142/1990; eccesso di potere per sviamento; violazione dell’art. 11, primo comma, lett. d) del regolamento per gli appalti-concorso; violazione del principio di buon andamento; eccesso di potere per sviamento, irragionevolezza, illogicità e contraddittorietà dell’azione amministrativa; difetto di istruttoria; violazione art. 11, punto 2), del regolamento contratti del comune; violazione del principio di trasparenza della procedura di gara, nonché del principio di indipendenza ed autonomia di azione della commissione giudicatrice) ed ulteriori sei doglianze contro il provvedimento di aggiudicazione alla controinteressata (eccesso di potere per sviamento, illogicità, violazione del principio d’imparzialità, buon andamento e trasparenza dell’attività amministrativa, nonché violazione del principio di par condicio tra i concorrenti e dei principi generali in materia di aggiudicazione nelle procedure ad evidenza pubblica; violazione del bando, della lettera di invito e del principio della par condicio dei concorrenti nelle procedure di gara; violazione della lettera d’invito e del principio della par condicio dei concorrenti nelle procedure di gara; violazione del bando della selezione pubblica, nonché della lettera d’invito; illegittimità dell’aggiudicazione della selezione; violazione della par condicio, nonché del principio di segretezza delle offerte).
5.7. La De Vizia integrò poi le sue difese, proponendo successivamente alcuni motivi aggiunti (violazione del bando, della lettera di invito e del disciplinare tecnico; illogicità ed irragionevolezza; violazione dell’art. 3, primo comma, della L. 7.8.1990, n. 241; eccesso di potere per difetto e o contraddittorietà della motivazione; travisamento dei fatti; falsità del presupposto; illogicità ed ingiustizia manifesta, violazione del bando, della lettera di invito e del disciplinare; violazione dei principi di trasparenza delle operazioni di gara, nonché del principio di buon andamento e imparzialità dell’attività amministrativa) diretti contro la determinazione dirigenziale n. 747/AD del 23 agosto 2000, recante la duplice presa atto della sopravvenuta estinzione della Italia Investimenti S.p.a., società membro del raggruppamento aggiudicatario, a seguito dell’intervenuta incorporazione nella Sviluppo Italia S.p.a., nonché della sostituzione, nel corso del procedimento selettivo, alla Termomeccanica S.p.a., altro componente del r.t.i. succitato, della T.M.E. S.p.a.-Termomeccanica Ecologica.
5.8. Si costituirono in giudizio l’amministrazione intimata ed il raggruppamento controinteressato: quest’ultimo propose ricorso incidentale contro la medesima determinazione impugnata dalla De Vizia (ossia quella del dirigente responsabile del Comune di Cagliari n. 626 del 30.6.2000), nella parte relativa all’approvazione dei verbali di gara sul punto dell’ammissione alla procedura concorsuale della ricorrente, ed altresì contro l’art. 6 della lettera d’invito alla selezione, qualora suscettibile di interpretarsi nel senso prospettato dalla ricorrente principale.
5.9. Il ricorso incidentale della Waste fu affidato ai seguenti motivi: violazione di legge, violazione e falsa applicazione dell’articolo 11 del D. Lgs. n. 352/1998; violazione del bando di gara e della lettera di invito; eccesso di potere per violazione del principio dell’autovincolo; contraddittorietà dell’azione amministrativa; violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 della L. n. 241/1990; violazione e falsa applicazione del D. Lgs. n. 157/1995, nonché del D.Lgs. n. 352/1998; violazione del bando di gara e della lettera di invito; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; violazione del giusto procedimento; violazione dell’art. 12 del D.Lgs. n. 157/1995, in riferimento all’art. 11 del D.Lgs. n. 358/1992; eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà; violazione del bando di gara.
5.10. Il T.a.r., dopo aver respinto tutte le eccezioni di inammissibilità del ricorso promosso dalla De Vizia, disattese anche le censure di merito dedotte, sia con il ricorso principale sia con i motivi aggiunti, avverso l’aggiudicazione della gara alla controinteressata Waste.
5.11. Di converso, il Tribunale accolse il ricorso della De Vizia nella parte diretta contro l’intera procedura di gara.
Più in particolare è a dirsi che l’odierna appellata dedusse la violazione dei principi di pubblicità delle sedute di gara e di trasparenza dell’attività amministrativa, in quanto tutte le operazioni della commissione di gara, ivi incluse quelle relative all’apertura dei plichi contenenti la documentazione e le offerte, si erano svolte in seduta riservata, precludendo così ai partecipanti di assistere alle operazioni di verifica della regolarità e dell’ammissibilità dei documenti di gara e delle dichiarazioni di offerta degli altri concorrenti.
A tal riguardo il Collegio cagliaritano, richiamando la decisione n. 1427/2004 di questa Sezione, statuì nel senso dell’applicabilità del principio di pubblicità delle sedute di gara anche nel caso dell’appalto-concorso.
Aggiunse poi che detto principio - quantunque superabile nella fase della valutazione tecnico-qualitativa dell’offerta (da effettuarsi necessariamente in via riservata onde evitare influenze esterne sui giudizi dei membri della Commissione giudicatrice) - si presentava, di converso, come assolutamente inderogabile nella fase di verifica dell’integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica, a nulla rilevando l’assenza di una prescrizione specifica in tal senso per le procedure “ristrette” e “negoziate”.
5.12. In coerenza con siffatto divisare, il T.a.r. della Sardegna accolse pure il mezzo di gravame diretto contro l’art. 11, comma 3, del Regolamento per la disciplina dei contratti del Comune di Cagliari, approvato con deliberazione n. 966 del 27.04.1994, nel punto in cui la norma prevede che «le sedute delle commissioni non sono pubbliche», ravvisatone il contrasto con il principio sunnominato.
5.13. Il primo giudice annullò quindi, per invalidità derivata, tutti gli atti di gara, compreso il provvedimento finale di approvazione della scelta del socio di minoranza della società per la gestione dei servizi di igiene urbana della città di Cagliari.
5.14. Nonostante l’annullamento dell’intera selezione, il T.a.r. ritenne opportuno esaminare un ulteriore motivo proposto dalla De Vizia, attinente ad una fase precedente a quella di apertura dei plichi, al dichiarato fine di rivolgere all’amministrazione comunale un indirizzo conformativo riguardo agli atti da rinnovare, in caso di futura ripetizione della operazioni di gara.
In dettaglio, il Collegio esaminò ed accolse il motivo afferente alla denunciata incompetenza - per violazione degli artt. 35 e 51, terzo comma, della L. 8.6.1990, n. 142, nonché degli artt. 6 e 8 del Regolamento per la disciplina dei contratti del comune di Cagliari - della Giunta comunale ad adottare, in luogo del dirigente preposto, gli atti di “gestione” amministrativa (bando e lettera di invito), attuativi della delibera consiliare recante l’indizione della procedura di selezione.
5.15. Infine il T.a.r. giudicò inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla Waste per difetto d’interesse, in ragione dell’intervenuto accoglimento delle censure dirette contro l’intera gara, in quanto asseritamente idonee ad assorbire ogni altro profilo della controversia.
6. Avverso la decisione del Tribunale sardo sono insorte, con due distinti appelli, sia la Waste sia la Cagliari Ambiente; quest’ultima – intervenuta ad opponendum in primo grado – è la società consortile a r.l., inizialmente partecipata (per le susseguenti vicende societarie v. il § 14.) dalle imprese appartenenti all’a.t.i. aggiudicataria, con cui il Comune di Cagliari ha costituito la S.a.m. S.p.a., ossia la società mista di gestione dei servizi di igiene urbana oggetto della selezione comparativa.
6.1. La Waste ha innanzitutto censurato la sentenza impugnata nella parte recante la dichiarazione dell’inammissibilità del ricorso incidentale per violazione degli artt. 21 e ss. della L. n. 1034/1971, 100 c.p.c., nonché per motivazione erronea e contraddittoria, riproponendo tutti i motivi, ivi compresi quelli aggiunti, dedotti in prime cure in via incidentale.
6.2. Inoltre la Waste ha criticato il rigetto delle eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso della De Vizia, del pari riformulate.
6.3. Infine ha contestato l’accoglimento dei due motivi di merito (violazione del principio della pubblicità delle gare ed incompetenza della Giunta).
6.4. Anche l’appello della Cagliari Ambiente, oltre a riproporre le eccezioni di inammissibilità respinte dal T.a.r., si dirige contro i motivi accolti nella sentenza appellata.
6.5. Il Comune di Cagliari ha proposto appello mediante un ricorso incidentale, analogamente articolato.
6.6. Va altresì registrato l’intervento della Società Servizi Ambientali Municipali – S.A.M. S.p.a., adesivo e dipendente rispetto al ricorso incidentale proposto dal Comune di Cagliari.
7. Gli appelli sono infondati e meritano reiezione, seppure per motivazioni parzialmente differenti da quelle indicate dal primo giudice.
8. Non può infatti condividersi la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso incidentale proposto in prime cure dalla Waste.
8.1. Al riguardo il T.a.r. ha sostenuto che l’accoglimento delle censure dirette contro lo svolgimento dell’intera procedura di gara privasse la Waste dell’interesse alla coltivazione del ricorso incidentale.
8.2. L’argomentare del Collegio cagliaritano non convince, apparendo piuttosto l’esito di un paralogismo.
Invero l’ipotetica fondatezza e l’eventuale accoglimento del ricorso incidentale promosso dalla Waste, mirante a contestare la legittimazione della De Vizia a partecipare alla gara, avrebbe idealmente determinato sul piano strettamente processuale – una volta accertata l’illegittimità dell’ammissione di quest’ultima alla selezione competitiva - la conseguente cessazione di ogni interesse, ancorché strumentale, della stessa alla coltivazione dell’impugnativa proposta sia con riguardo ai motivi dedotti contro l’aggiudicazione alla Waste sia con riferimento a quelli esclusivamente diretti contro lo svolgimento della procedura, giacchè il partecipante, legittimamente escluso o non ammesso ad una pubblica gara, non conserva alcun interesse a contestare il successivo esito del procedimento ed il relativo esito provvedimentale.
Il T.a.r., pertanto, non avrebbe potuto astenersi dallo scrutinare la fondatezza del ricorso incidentale, onde verificare la regolarità della partecipazione della De Vizia, incidendo tale disamina sulla sorte dell’intero ricorso dalla stessa promosso.
9. Alla stregua di tali premesse diviene quindi compito del Collegio accordare priorità all’esame dei motivi a suo tempo dedotti dalla Waste in via incidentale, ora devoluti in appello.
9.1. Con una prima censura la Waste protesta l’illegittimità dell’ammissione alla procedura del costituendo consorzio De Vizia, in ragione della pendenza, a carico dell’amministratore delegato di quest’ultima società, di ben cinque procedimenti per reati in materia di smaltimento di rifiuti, oltre ad una condanna inflitta con decreto penale.
La Commissione giudicatrice – deduce l’appellata – avrebbe pertanto violato le vincolanti regole stabilite dalla stessa amministrazione indicente, avendo consentito alla De Vizia di superare indenne la fase di prequalificazione, pur in presenza di circostanze espressamente sanzionate dalla lettera d’invito con la misura espulsiva.
9.2. La doglianza si fonda su di un’erronea lettura della lex specialis.
A ben vedere la lettera d’invito non collega affatto la sanzione dell’esclusione dalla procedura alla mera esistenza di procedimenti penali a carico di taluno degli amministratori delle imprese concorrenti. Invero, in disparte il principio esegetico che impone sempre la preferenza per un’interpretazione costituzionalmente orientata degli atti amministrativi (art. 27, secondo comma, Cost.), è sufficiente rilevare nella fattispecie che la normativa di gara non dispone nel senso prospettato dalla ricorrente.
9.3. Il bando, infatti, recita: «L’Amministrazione escluderà le imprese il cui titolare e soci amministratori o i cui amministratori, in atto e negli ultimi 5 anni, si trovino in una delle condizioni soggettive di cui al D.M. 07.09.94 n° 614 e relativo allegato». Ebbene, l’Allegato al D.M. in parola, recante il Regolamento per l’iscrizione delle associazioni ed organizzazioni di assistenza e di solidarietà a soggetti danneggiati da attività estorsive in apposito elenco presso le prefetture, menziona, tra i casi di legittimo diniego dell’iscrizione, soltanto le ipotesi di intervenuta condanna, anche non definitiva, o quanto meno di rinvio o di citazione a giudizio, per delitti gravissimi (ossia, a titolo d’esempio, per i reati previsti e punti dagli artt. 416-bis, 314, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 320 c.p., per quelli in materia di stupefacenti o di armi, munizioni e materie esplodenti e via dicendo).
Dalla documentazione invocata dalla Waste non si evince tuttavia la ricorrenza di alcuna condanna (e, a dire il vero, nemmeno il rinvio o la citazione a giudizio, fatto salvo quanto si dirà nel paragrafo, immediatamente successivo, a proposito del decreto penale) per uno dei reati indicati dal citato decreto ministeriale.
La lettera d’invito, del resto, imponeva esclusivamente alle imprese partecipanti di rendere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in ordine all’inesistenza delle condizioni di esclusione stabilite dal suddetto D.M., nonché dall’art. 12 del D.Lgs. n. 157/1995 (che, per quel che interessa la presente controversia, esige - ai fini della valida partecipazione ad una pubblica gara - l’assenza di condanne passate in giudicato, ovvero di sentenze di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per qualsiasi reato idoneo ad incidere sulla moralità professionale o per delitti finanziari) e dall’art. 11 del D.Lgs. n. 358/1992 (di tenore analogo alla previsione appena citata).
Essendosi già rilevata la non ricorrenza nella specie di alcuna di siffatte condizioni ostative, occorre soltanto aggiungere che la lex specialis commina l’esclusione auspicata dalla Waste nei soli casi di mancanza o di irregolarità delle dichiarazione e non alla semplice sussistenza di pendenze giudiziarie.
9.4. Connesso al precedente motivo è anche quello “aggiunto” rivolto a stigmatizzare l’ammissione alla gara della De Vizia, nonostante il successivo accertamento dell’esistenza, sempre a carico del suddetto amministratore delegato, di un procedimento penale ulteriore rispetto a quelli già dichiarati in sede di presentazione dell’offerta.
Ad avviso del Collegio il motivo si rammostra destituito di fondamento. Invero, considerati i numeri identificativi del procedimento in questione, deve concludersi nel senso che il carico giudiziario ulteriore, pretesamente individuato dalla Waste, altro non sia che il procedimento conclusosi con il decreto penale di condanna, già dichiarato dall’amministratore della De Vizia: non v’è stata dunque alcuna omissione.
Il titolo del reato sanzionato con tale decreto penale era poi l’art. 88, comma 3, del D.Lgs. n. 285/1992, non contemplato dal D.M. n. 614/1994 e comunque depenalizzato dal D.Lgs. 30.12.1999, n. 507 (si veda, in argomento, la sentenza pronunciata ex art. 129 c.p.p. dal G.i.p. del Tribunale di Benevento in data 2.10.2000).
9.5. L’infondatezza dei precedenti motivi travolge anche la censura fondata sull’assunto che la mera pendenza dei procedimenti in questione avrebbe dovuto condurre all’esclusione della De Vizia.
9.6. Non meritevole di accoglimento appare anche la doglianza sul difetto di istruttoria e di motivazione in ordine all’ammissione dell’appellata alla gara: secondo la Waste, infatti, la sussistenza di numerosi carichi pendenti avrebbe dovuto indurre la Commissione a svolgere un’adeguata istruttoria finalizzata alla verifica della sussistenza, in capo alla De Vizia, dei requisiti soggettivi atti a garantirne l’affidabilità; aggiunge inoltre la ricorrente che l’amministrazione avrebbe altresì dovuto motivare congruamente le determinazioni assunte in seguito a tali accertamenti.
Le affermazioni di principio della Waste, pur pienamente condivisibili in linea teorica, risultano tuttavia mal calibrate rispetto alla vicenda in esame, emergendo dagli atti di causa che la Commissione giudicatrice effettuò il supplemento d’indagine invocato dalla ricorrente incidentale ed, all’esito, illustrò, con adeguata motivazione, le ragioni del mantenimento in gara della De Vizia (come risulta testualmente dal verbale del 7.2.2000: «[…] la Commissione riesamina le riserve relative a consorzio costituendo … e prende atto dei risultati degli accertamenti effettuati presso le Procure della Repubblica di Ariano Irpino e di Benevento. Poiché non sono risultate a carico del soggetto interessato condanne passate in giudicato ex art. 11 D.Lgs. n. 358/92 …, la Commissione scioglie la riserva e ammette il consorzio […]»).
10. L’infondatezza dei motivi proposti in primo grado dalla Waste in via incidentale preclude la riforma in questa parte della decisione appellata ancorchè ne sia stata integrata la motivazione con le considerazioni fin qui svolte; il Collegio può dunque esaminare le altre lagnanze formulate con l’appello.
11. Ragioni di priorità logica impongono lo scrutinio delle eccezioni di inammissibilità del primitivo ricorso.
12. La Waste ebbe a contestare la ritualità dell’impugnativa principale della De Vizia, per omessa notifica del ricorso e dei motivi aggiunti a tutti i soggetti facenti parte del raggruppamento Waste (ossia, alle imprese Termomeccanica e Italia Investimenti).
12.1. Il T.a.r. respinse il motivo ritenendolo infondato in fatto.
12.2. Le critiche della Waste alla decisione del Tribunale non si sostanziano nella contestazione dell’avvenuta notifica del ricorso a tutti i controinteressati, piuttosto l’appellante si duole dell’irrituale instaurazione del contraddittorio processuale, in quanto unicamente perfezionatasi in corso di causa.
L’eccezione va respinta dal momento che ad almeno uno dei controinteressati il ricorso principale venne notificato tempestivamente.
Non può certamente convenirsi, difatti, sulla tesi, pur adombrata nelle difese della società appellante, dell’esigenza di una contemporanea notifica del ricorso a tutti i componenti di un raggruppamento d’imprese; queste infatti, sebbene temporaneamente associate ai fini della partecipazione alla gara, non perdono le loro distinte legittimazioni processuali, giacché il rapporto di mandato che le tiene avvinte non dà vita ad un organismo dotato di autonoma soggettività: da ciò consegue che la legittimazione passiva va riferita alle singole imprese associate che conservano, pertanto, la veste di differenti controinteressati nei cui riguardi non v’è ragione di derogare alle normali regole sull’instaurazione del contraddittorio processuale nel giudizio amministrativo.
13. Con altra eccezione la Waste aveva invocato la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso sotto il profilo del sopravvenuto scioglimento (in data 15.2.2000) e della conseguente messa in liquidazione di una delle ditte del costituendo consorzio De Vizia.
Dalla circostanza la Waste traeva la conclusione che l’a.t.i. De Vizia giammai avrebbe potuto partecipare nuovamente alla gara nella precedente formazione, incidendo il venir meno di una delle società partecipanti sulla qualificazione dell’intero raggruppamento.
13.1. Il Ta.r., nel rigettare l’eccezione, aveva obiettato come l’annullamento dell’intera gara offrisse, di contro, alla De Vizia l’opportunità di partecipare nuovamente alla selezione con un differente aggregato.
13.2. A questo riguardo la Waste invoca tuttavia il principio di conservazione degli atti amministrativi, la cui applicazione nel caso di specie avrebbe unicamente comportato – a dire della ricorrente - non già l’indizione di una nuova gara, ma al più l’eventuale rinnovazione dei soli atti della procedura giudicati illegittimi.
13.3. La tesi non è condivisibile. Pur volendo prescindere dal rilievo che la liquidazione di regola prelude all’estinzione della società, ma certamente non ne segna in maniera irreversibile la fine della soggettività, è comunque assorbente osservare che la pronuncia del T.a.r. della Sardegna reca un’invalidazione radicale della procedura sotto il profilo della dichiarata incompetenza dell’organo che ebbe ad indire la gara (ossia la Giunta invece del Dirigente del Servizio competente) e non si vede, pertanto, quale atto del procedimento possa sopravvivere alla caducazione integrale della selezione.
Ne consegue che il Comune di Cagliari, nel conformarsi alla presente decisione, non potrà far altro che rinnovare l’intera procedura a partire dalla riedizione della lex specialis, senza che possano permanere effetti preclusivi alla partecipazione di chicchessia in forza dell’annullamento giurisdizionale degli atti di gara.
14. In prime cure la Waste sollevò anche una diversa eccezione d’inammissibilità.
In particolare, la società negò che la De Vizia coltivasse un reale interesse strumentale alla rinnovazione della procedura.
L’obiezione richiede una precisazione in fatto.
Una volta conclusa la gara di cui si controverte, subentrò all’a.t.i. aggiudicataria, nella gestione provvisoria del servizio esitato, la Cagliari Ambiente S.c.a.r.l., costituita tra i componenti dell’a.t.i. suddetta, in qualità di socio privato di minoranza della costituenda società mista con il Comune di Cagliari.
Tale società fu poi costituita ed assunse la denominazione di S.a.m., odierna intervenuta.
Sennonché anche la De Vizia divenne socia della Cagliari Ambiente per averne medio tempore acquisita una quota.
Al riguardo va tuttavia osservato che la narrativa premessa dalla Waste all’esposizione delle ragioni giuridiche dell’eccezione è parzialmente inesatta per difetto: non soltanto la De Vizia, infatti, entrò a far parte, dopo la conclusione della gara, della Cagliari Ambiente, ma pure due delle imprese appartenenti al raggruppamento terzo classificatosi (sul punto, è sufficiente porre a confronto l’estratto del libro soci – in data 9.1.2002 - della Cagliari Ambiente S.c.ar.l. con la graduatoria finale recata dal verbale del 13.6.2000).
Orbene, la Waste porta a sostegno dell’eccepita inammissibilità l’argomento del conflitto, in capo alla De Vizia, tra interessi disomogenei, posto che il definitivo accoglimento del gravame comporterebbe in via consequenziale la perdita di una sicura partecipazione della stessa nella compagine societaria della Cagliari Ambiente, a fronte della prospettiva assolutamente aleatoria della rinnovazione di una gara dagli esiti incerti per l’appellata.
14.1. L’eccezione va respinta. Invero, quantunque le circostanze surriferite sollevino obiettivamente serie perplessità circa i reali contorni della presente controversia, nondimeno il Collegio ritiene che le obiezioni della Waste mal si accordino con le finalità proprie del sindacato giurisdizionale sulla sussistenza dell’interesse a ricorrere.
14.2. La specifica condizione dell’azione è strumentale alla selezione, nell’ambito di tutte le controversie amministrative instaurate, di quelle idonee a far conseguire ai rispettivi ricorrenti un’utilità, anche puramente morale, non altrimenti conseguibile se non attraverso il vittorioso superamento del vaglio giurisdizionale.
Da siffatte premesse discende che il giudice ha la potestà di impedire la celebrazione di processi dei cui esiti sia ex ante pronosticabile l’inidoneità ad incidere sugli assetti d’interessi prospettati dai litiganti; di converso, ogniqualvolta emerga l’utilità, nel senso sopra precisato, della pronuncia invocata dal ricorrente, il giudicante deve limitarsi a considerare sussistente il requisito di procedibilità, senza spingere oltre la sua indagine nel territorio delle opinabili valutazioni di tipo comparativo tra l’interesse processuale e la convenienza economica, per taluno dei litiganti, di un’ipotetica vittoria in giudizio.
Tanto è quanto avverrebbe, invece, nel caso in esame, laddove il Collegio si impegnasse in una autonoma (ed arbitraria) comparazione tra l’interesse della De Vizia alla rinnovazione della gara e quello contrario al mantenimento della sua partecipazione in Cagliari Ambiente.
A prescindere pertanto da quelli che potranno essere i futuri esiti conformativi della decisione, è certo che allo stato la De Vizia ha un interesse, quanto meno potenziale, alla ripetizione della gara (onde cercare di ottenere la titolarità del 49% del capitale della società mista, in luogo della minore partecipazione ora detenuta) e che essa, anche in mancanza di siffatta rinnovazione, conserva in ogni caso un interesse di natura patrimoniale a veder riconosciuta l’illegittimità della condotta amministrativa tenuta dal Comune di Cagliari: al cospetto di tali evidenze, il filtro giudiziario deve pertanto arrestarsi.
15. Né vale addurre che l’acquisizione da parte della De Vizia di una quota della Cagliari Ambiente rivesta il significato obiettivo di un’acquiescenza alla gara, dal momento che, stanti le considerazioni fin qui svolte, non sussistono i presupposti per dichiarare inammissibile il ricorso promosso in prime cure dalla appellata: l’acquiescenza infatti postula un comportamento chiaro ed inequivocabile, liberamente posto in essere dalla parte prima della proposizione del ricorso, dal quale possa evincersi l’irrefutabile volontà di accettare gli effetti di determinazioni amministrative sfavorevoli, rinunciando a far valere contro di esse eventuali motivi di impugnativa.
L’acquiescenza pertanto non è mai configurabile sulla base di mere presunzioni, difettando in tal caso un univoco riscontro della volontà di accettare tutte le conseguenze derivanti dagli atti gravati.
16. Negli appelli si rinviene inoltre la riproposizione di alcune ulteriori eccezioni d’inammissibilità, disattese dal primo decidente.
16.1. In primo grado si era infatti dedotta la tardività del ricorso promosso dalla De Vizia in ordine all’impugnativa dell’art. 11 del Regolamento dei Contratti del Comune di Cagliari, trattandosi di atto pubblicato nel 1994.
È evidente, di contro, che l’interesse dell’appellata ad impugnare il Regolamento, tipica volizione-preliminare non direttamente lesiva all’epoca della sua risalente emanazione, sorse per la prima volta in occasione dell’adozione dei conformi atti del procedimento di gara.
Non sussiste pertanto alcuna irricevibilità dell’originario ricorso, né rileva che la De Vizia avesse probabilmente avuto pregressa contezza del tenore precettivo dell’art. 11 del Regolamento in parola per essersi aggiudicata altri contratti affidati dal Comune di Cagliari con procedure di evidenza pubblica.
Infondata in fatto è poi l’eccezione di inammissibilità del ricorso della De Vizia per genericità, non avendo l’appellata formulato alcuna censura «avverso il bando di gara nella parte in cui lo stesso richiama il Regolamento comunale» (così a pag. 23 dell’appello della Cagliari Ambiente): l’appellante omette però di considerare che la normativa di gara non conteneva alcuna specifica ed esplicita prescrizione sul punto della pubblicità o della segretezza delle sedute di gara, tanto che la decisione di applicare l’art. 11 del Regolamento succitato scaturì da un’apposita ed autonoma scelta della Commissione (come risulta chiaramente dalla lettura del verbale della prima seduta tenutasi in data 7.12.1999; cfr. infra al §§. 21 e ss.).
16.2. Si eccepisce tuttavia l’irricevibilità del primitivo ricorso anche sotto il distinto, e speculare, profilo della mancata impugnazione della lex specialis nella parte in cui essa implicava una norma – quella appunto sulla segretezza di tutte le sedute della Commissione giudicatrice, ivi incluse quelle dedicate all’apertura dei plichi fatti pervenire dalle imprese partecipanti – ritenuta direttamente ed immediatamente lesiva degli interessi poi dedotti in giudizio dalla De Vizia.
La tesi è errata. Giova premettere che la regola pretoria sull’immediato onere d’impugnazione della normativa di gara, siccome precisata dalla giurisprudenza successiva alla pronuncia dell’Adunanza plenaria del 29.1.2003, n. 1, riguarda unicamente le clausole che obiettivamente impediscano la partecipazione formale alla selezione pubblica o che rendano impossibile, o eccessivamente difficile, per alcuni concorrenti, pur astrattamente legittimati a partecipare alla procedura, la presentazione di un’offerta competitiva (per i fini della presente decisione può tralasciarsi l’esame della controversa questione, peraltro apparentemente risolta in senso negativo dalla Corte di Giustizia nell’arresto «Stadt Halle» 11.1.2005, in causa C-26/03, in ordine alla necessità, o meno, della presentazione di un’offerta quale requisito di legittimazione processuale delle imprese escluse, di fatto o di diritto, dalla competizione); per ogni altra evenienza vale invece il generale principio per cui il pregiudizio, derivante dall’applicazione di una particolare norma di gara, si attualizza unicamente con il provvedimento finale del procedimento.
Orbene, non v’è dubbio che la vicenda in esame non sia in alcun modo riconducibile alle ipotesi che impongono un onere di immediata impugnativa della lex specialis: invero, le appellanti non si avvedono che la regola della segretezza di tutte le sedute della Commissione giudicatrice non avrebbe di certo impedito alla De Vizia di aggiudicarsi ugualmente la gara.
In altre parole, la De Vizia non è insorta direttamente contro la previsione della segretezza, ma contro la mancata aggiudicazione, ossia contro l’atto, ancorchè asseritamente viziato per violazione del principio di pubblicità delle sedute, dal quale ha tratto origine l’interesse dell’appellata ad ottenere una rinnovazione della gara (e, comunque, una riparazione patrimoniale per lesione di interessi legittimi).
A torto si ritiene poi che la mancata prova da parte della De Vizia di un effettivo sviamento delle procedura di gara, direttamente ascrivibile al censurato difetto di pubblicità delle sedute, costituirebbe dimostrazione eloquente dell’assenza di una lesività della previsione.
Anticipando quanto si chiarirà infra nei §§. 21 e ss., è a dirsi fin d’ora che il ragionamento si mostra fallace, fondandosi su un’evidente inversione logica: a quanto dedotto deve infatti obiettarsi che il vizio in questione poteva e doveva esser valutato dal T.a.r. soltanto in astratto, a prescindere cioè dalle sue ricadute concrete sullo svolgimento della procedura, proprio perché alla dimostrazione di siffatti specifici episodi di sviamento si opponeva la circostanza fattuale della mantenuta segretezza delle sedute. In altre parole, la regola in contestazione, giacché congegnata in modo da minare alla base la necessaria trasparenza delle fase iniziale della procedura, obiettivamente precludeva finanche la conoscibilità di ipotetici sviamenti della funzione amministrativa svolta e, quindi, potenzialmente legittimava i dubbi sull’effettivo svolgimento imparziale della gara, a nulla rilevando se vi fosse stato o no - circostanza, peraltro, impossibile da dimostrare - un reale vulnus della par condicio tra i concorrenti.
16.3. Privo di pregio è poi l’argomento secondo cui la Commissione si sarebbe esclusivamente limitata ad applicare una norma di regolamento vigente e non disapplicabile.
La circostanza che, nella fattispecie in esame, l’illegittimità degli atti di gara promanasse direttamente dall’invalidità dell’art. 11 del Regolamento comunale sui contratti (proprio in quanto fedelmente applicato dalla Commissione giudicatrice), non vale certamente a “sanare” i vizi riscontrati dal T.a.r..
17. Del tutto destituita di fondamento è, infine, l’eccezione d’inammissibilità – peraltro, argomentata dalla Waste sulla base di un isolato precedente giurisprudenziale (finanche antecedente all’entrata in vigore della L. n. 205/2000) – incentrata sul preteso difetto della legittimazione a ricorrere della De Vizia, per aver essa agito in proprio e non quale mandataria dell’a.t.i. costituenda: le singole imprese costituite in raggruppamento temporaneo, ivi inclusa la capogruppo, sono infatti legittimate ad impugnare anche in via autonoma gli atti della gara alla quale abbiano comunque preso parte.
18. La reiezione di tutte le eccezioni d’inammissibilità del ricorso di primo grado, in parte comuni sia alla Waste, sia alla Cagliari Ambiente, consente di procedere all’esame delle censure di merito.
18.1. S’impone tuttavia un’inversione dell’ordine con cui gli appellanti, seguendo il medesimo sentiero argomentativo percorso dal Tribunale sardo, hanno proposto i motivi d’impugnazione.
18.2. Invero il T.a.r. ha dapprima scrutinato ed accolto la doglianza relativa alla dedotta violazione del principio dell’obbligatoria pubblicità (di talune) delle sedute di gara e poi ha ritenuto «opportuno» verificare anche la fondatezza della denunciata incompetenza della Giunta municipale.
18.3. Il Collegio opina, di converso, che l’esame di questo secondo motivo, più che “opportuno” a fini conformativi, fosse assolutamente doveroso e, soprattutto, logicamente preliminare rispetto al sindacato su ogni altro aspetto della controversia, siccome stabilito dall’art. 26, secondo comma, della L. n. 1034/1971.
19. Il Tribunale cagliaritano ha accolto il terzo motivo del ricorso De Vizia, censurando l’incompetenza della Giunta ad emanare la delibera n. 2056 del 24.9.1998, di approvazione del bando di gara e della lettera d’invito.
Secondo il primo giudice, infatti, tale approvazione rientrerebbe nel tipico ambito della gestione amministrativa, riservata alla dirigenza e non agli organi di indirizzo politico; in questo senso d’altronde – ha aggiunto il T.a.r. – deporrebbe anche l’art. 8 del Regolamento comunale dei Contratti di Cagliari, recante l’attribuzione ai dirigenti di ogni competenza in ordine all’attuazione delle procedure concorsuali.
19.1. Tutti gli appellanti contestano siffatta ricostruzione sulla base dei seguenti argomenti:
I) fino all’entrata in vigore dell’art. 14 della L. 3.8.1999, n. 265 la “deliberazione” a contrattare, prevista dall’art. 56 della L. n. 142/1990, spettava alla competenza residuale della Giunta comunale (ex art. 35 della L. n. 142/1990) e non a quella dei dirigenti;
II) il termine «attuazione» utilizzato nell’art. 8 del Regolamento dei Contratti sottende che i poteri gestori riconosciuti ai dirigenti possono unicamente dispiegarsi nella fase esecutiva della gara, per nulla interferendo con la competenza della Giunta comunale all’indizione della procedura;
III) peraltro, la delibera giuntale di approvazione del bando di gara venne adottata su parere e proposta del dirigente del settore Divisione Appalti del Comune di Cagliari;
IV) l’art. 6 del citato Regolamento prevede altresì che la Giunta comunale emani tutti gli atti di amministrazione destinati ad attuare i programmi e gli indirizzi del Consiglio comunale e, dunque, la delibera di approvazione del bando di gara era conforme a detta previsione in quanto “attuazione” della deliberazione consiliare n. 261 del 24.9.1996 (con la quale si era espresso l’orientamento favorevole a gestire il servizio di igiene urbana tramite il modello societario di cui alla lett. e) del terzo comma dell’art. 22 della L. n. 142/1990).
19.2. Nessuna delle riferite argomentazioni coglie nel segno. Invero, una volta sgombrato il campo da quella, manifestamente inconferente, riportata sub III, del precedente paragrafo (la circostanza che un atto annoveri tra i suoi antecedenti procedimentali una proposta ed un parere di un organo non significa che a tale organo vada ascritta anche la paternità del provvedimento), occorre muovere dal rilievo che tutte le ricostruzioni esegetiche in parola obliterano un dato essenziale per la corretta ricostruzione del quadro normativo vigente all’epoca dei fatti: la competenza dei dirigenti degli enti locali in ordine all’adozione dei bandi di gara deve farsi risalire, non già alla legge n. 265/1999, ma alla precedente legge Bassanini-bis (L. 15.5.1997, n. 127) il cui art. 6, nel modificare il terzo comma dell’art. 51 della L. n. 142/1990, ebbe ad attribuire loro: «tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dall'organo politico, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente:
a) la presidenza delle commissioni di gara e di concorso;
b) la responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso;
c) la stipulazione dei contratti;
d) gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione di impegni di spesa; … ».
Orbene, è difficilmente contestabile che l’adozione della normativa di una gara rientri a pieno titolo nelle previsioni di cui alle precedenti lett. b) e d).
L’art. 6 in discorso, nel novellare, con norma immediatamente applicabile, l’art. 51 della L. n. 142/1990 attribuì infatti all’esclusiva competenza dei dirigenti comunali non solo la presidenza delle commissioni di gara, ma ogni responsabilità in tema di procedure d’appalto e dei relativi contratti, a partire dall’adozione del bando di gara fino alla fase dell’approvazione di questi ultimi (v. in argomento, le decisioni della Sezione 12.4.2001, n. 2293, 26.9.2002, n. 4938 e 18.9.2003, n. 5322); soltanto ipotizzando l’assegnazione al medesimo dirigente dell’ente locale della gestione unitaria di tutto il complessivo procedimento di gara acquista, del resto, pieno significato la connessa previsione legislativa di una sua diretta responsabilità, con conseguente esclusione di ogni concorrente interferenza dell’organo di indirizzo politico sull’esercizio di compiti di amministrazione attiva.
19.3. L’esegesi proposta non collide, d’altra parte, con il tenore letterale – sopravvalutato nelle difese degli appellanti - del successivo art. 56, nella versione antecedente alle modifiche introdotte dalla L. n. 265/1999.
Invero il criterio d’interpretazione logico-sistematica consente (e consentiva ancor prima della L. n. 265/1999) un’ermeneutica evolutiva del dettato normativo tale da relegare al rango di mera improprietà lessicale o, al più, di un irrilevante difetto del drafting legislativo, l’uso di un vocabolo (“deliberazione”, in luogo di “determinazione”), non più rispondente alla modifiche intervenute nella distribuzione delle competenze all’interno dell’ente locale tra il livello politico e quello della struttura burocratica investita dei poteri di gestione.
19.4. In armonia con le precedenti considerazioni devono e dovevano leggersi, pertanto, anche le norme (e, segnatamente, l’art. 8) contenute nel Regolamento dei Contratti del Comune di Cagliari.
20. La reiezione del precedente motivo apre all’esame dell’ultima doglianza.
21. Tutti gli appellanti criticano la sentenza impugnata nella parte in cui viene stigmatizzata la violazione del principio di pubblicità delle sedute di gara.
21.1. Sul punto è preliminarmente necessario integrare la narrativa del fatto.
Va detto che, nella prima seduta, tenutasi il 7.12.1999, la Commissione nominata dal Comune di Cagliari per l’individuazione del socio di minoranza della costituenda società per azioni mista di gestione dei servizi di igiene urbana, s’interrogò sulla obbligatorietà, o no, della pubblicità delle proprie sedute, quanto meno per quelle dedicate alle operazioni di apertura dei plichi e di verifica dei documenti ai fini dell’ammissione dei partecipanti; dopo aver discusso i termini della questione, l’organo giunse a ritenere che gli orientamenti giurisprudenziali in materia non fossero univoci e che, di conseguenza, rendere o meno pubblici i lavori della Commissione fosse una decisione da assumersi alla stregua dell’art. 11 del Regolamento dei Contratti (il cui terzo comma, primo periodo, afferma in maniera categorica, senza operare distinzioni di sorta, che tutte le sedute delle Commissioni per gli appalti concorso - al cui genere va assimilata quella oggetto del contendere - «… non sono pubbliche…»).
21.2. Si è già detto dell’opinione dissenziente espressa dal primo giudice.
21.3. Contro le motivazioni della decisione appellata le ricorrenti deducono, oltre a quanto già rilevato in sede di esame delle riproposte eccezione d’inammissibilità del primo ricorso:
a) che era legittima l’apertura, in seduta non pubblica, dei plichi contenenti tutta la documentazione prodotta dalle imprese partecipanti, dal momento che la Commissione aveva in concreto adottato tutta una serie di accorgimenti volti a garantire l’integrità degli stessi (analitica elencazione del contenuto, sigillatura e verbalizzazione facente fede fino a querela di falso);
b) che né il D.lgs n. 157/1995 né il superiore formante comunitario (la Direttiva n. 92/50 CEE), disciplina rilevante nel caso di specie, imponevano che l’apertura dei plichi contenenti le offerte si svolgesse, anche per le procedure ristrette e negoziate, in seduta pubblica.
21.4. Il motivo è infondato.
21.5. Come correttamente segnalato dal Tribunale sardo, la Sezione ha già avuto modo di pronunciarsi sul punto controverso.
Eloquente è la decisione n. 5421/2002 con la quale si è statuito, con riferimento ad un appalto concorso ed in una fattispecie simile a quella in esame, che il principio della pubblicità delle sedute della commissione preposta alla scelta del contraente dell’amministrazione è inderogabile in ogni tipo di gara (compreso, dunque, l’appalto concorso) con riguardo alla fase di verifica dell'integrità dei plichi contenenti la documentazione presentata.
Al fine di chiarire esattamente la portata del principio, la decisione ha correttamente distinto le “procedure di aggiudicazione automatica” dalle altre che, invece, postulano una preventiva ed articolata valutazione tecnico-discrezionale delle offerte pervenute onde scegliere quella più vantaggiosa per l'amministrazione: mentre per il primo genere di procedure la pubblicità delle sedute della commissione va sempre assicurata, non altrettanto avviene negli altri casi (appalto concorso e licitazione privata ) in cui, una volta esaurite le fasi preliminari di verifica e riscontro dei plichi presentati e dei documenti in essi contenuti, la commissione giudicatrice sia chiamata a compiere delle valutazioni tecnico-discrezionali, di natura comparativa, sulla qualità delle offerte ricevute.
In queste evenienze la riservatezza delle sedute è imposta dall’esigenza di tutelare la libera espressione del giudizio rimesso ai componenti della commissione da possibili, indebite interferenze esterne.
La Sezione ha altresì negato che il silenzio serbato sul punto dalla normativa nazionale dovesse interpretarsi in senso sfavorevole al pieno operare principio della pubblicità delle sedute non dedicate alla valutazione delle offerte, valorizzando di converso il nitido nesso di derivazione della regola in parola dai canoni costituzionali di buon andamento e di imparzialità dell’intera attività amministrativa.
Si è, del pari, esclusa l’esistenza di alcun conflitto con la normativa comunitaria, parimenti orientata a privilegiare i principi di concorrenza, di pubblicità e di trasparenza nella scelta dei contraenti delle pubbliche amministrazioni.
Avendo presenti i riferiti obiettivi-valori perseguiti dal diritto sopranazionale, la Sezione ha anche avuto modo di chiarire che il D.Lgs. 17.3.1995, n. 157, nel disciplinare nell’allegato 4 i modelli di bando (e le relative indicazioni), prevede per il solo caso delle procedure aperte l’indicazione delle persone autorizzate a presenziare all’apertura delle offerte (lettera B, 10.a)), poiché soltanto in tali procedure può presentarsi la necessità di contenere il numero delle persone da invitare; una limitazione del genere non avrebbe invece alcun senso nella diversa situazione delle procedure ristrette (licitazioni private ed appalti concorso) in cui è normalmente esiguo il numero dei partecipanti.
21.6. L’orientamento è stato poi confermato dalla Sezione con la decisione n. 1427 del 18.3.2004, citata dal T.a.r. della Sardegna.
In particolare, con questa seconda pronuncia, oltre a ribadire punto per punto le considerazioni già esposte, si è altresì precisato che la mancata pubblicità delle sedute di gara rileva sempre come vizio della procedura, senza che occorra dimostrare un’effettiva lesione della trasparenza della gara e della par condicio tra i concorrenti, trattandosi di un aspetto della selezione posto a tutela non solo della parità di trattamento dei partecipanti alla competizione, ma ancor prima dell’interesse pubblico all’imparzialità dell'azione amministrativa.
21.7. Le appellanti non offrono argomenti idonei a giustificare un mutamento del riferito indirizzo giurisprudenziale, essendosi limitate ad invocare un isolato precedente con cui la Quarta Sezione (la decisione n. 6004 del 2002) diede sì atto dell’esigenza di stemperare il rigore del principio di pubblicità per le procedure diverse da quelle “aperte”, ma – si noti bene – in una vicenda nella quale si discuteva della legittimità di una procedura negoziata nei settori speciali. Mancano pertanto finanche gli estremi per rimettere la questione all’Adunanza plenaria, attesa l’unicità del precedente invocato dagli appellanti a fronte, di contro, del consolidato orientamento di questa Sezione e considerata, soprattutto, la diversità tra le fattispecie esaminate (che, tra l’altro, induce a configurare i riferimenti all’appalto-concorso contenuti nella decisione n. 6004/2002 alla stregua di meri obiter dicta).
21.8. Nemmeno convince l’argomento secondo cui l’analitica verbalizzazione, facente fede fino a querela di falso, sia del contenuto delle buste recanti la documentazione amministrativa sia dell’effettuato controllo sulla corretta sigillatura di quelle relative all’offerta economica renderebbe superflua la seduta pubblica a ciò finalizzata.
L’obiezione rivela infatti un’inammissibile sovrapposizione di piani: la verbalizzazione, da un lato, e, dall’altro, l’apertura in seduta pubblica dei plichi contenenti la documentazione presentata dalle imprese concorrenti sono adempimenti procedurali distinti e tali devono rimanere rispondendo essi ad esigenze ed a finalità disomogenee; non convince, quindi, la ricostruzione del rapporto tra la verbalizzazione e la pubblicità delle sedute in termini di fungibilità, invece che di complementarietà.
La verbalizzazione delle sedute della commissione (ivi incluse quelle riservate), oltre a costituire la forma necessaria di tutti gli atti collegiali (che, in mancanza, non potrebbero dirsi giuridicamente esistenti), opera sul piano della “prova” e rappresenta una “tutela” anche per l’amministrazione procedente, impedendo a chi intenda contestarne le risultanze di allegare – salvo l’esperimento vittorioso della querela di falso avanti al giudice ordinario – come non avvenuti un fatto, un atto o un’operazione positivamente documentati.
La pubblicità delle sedute è la principale manifestazione della trasparenza amministrativa, ma soprattutto rappresenta un’essenziale garanzia partecipativa dei concorrenti e contribuisce a qualificare come “giusto” e rispettoso della par condicio un procedimento di evidenza pubblica.
I due adempimenti dunque si sommano, ma sicuramente non sono fungibili: è evidente infatti l’irragionevolezza di ogni altro argomentare, giacché la sola pubblicità della seduta destinata all’apertura dei plichi sunnominati non varrebbe a “sanare” l’eventuale assenza della relativa verbalizzazione delle operazioni di gara.
22. Le tesi, qui ribadite, in tema d’inderogabilità della verifica in seduta pubblica dell’integrità dei plichi presentati dalle imprese partecipanti non obbligano il Collegio a sottoporre la questione al Giudice di Lussemburgo a norma dell’art. 234 del TrCe, siccome invece adombra la Waste.
22.1. Innanzitutto va ricordato che la Corte di Giustizia ha chiarito, fin dal lontano caso «Cilfit» (6.10.1982, n. 283/81), che il giudice di ultima istanza non è tenuto a rimettere gli atti a quello sovranazionale, ogniqualvolta la soluzione della controversia al lume del diritto comunitario, s’imponga con un’evidenza tale da non lasciare adito a ragionevoli dubbi.
22.2. In linea di massima non è poi impedita la vigenza all’interno degli ordinamenti dei singoli Stati membri di regole più rigorose di quelle comunitarie, purché di quest’ultime condividano la medesima ratio assicurandone un maggiore effetto utile.
22.3. Orbene, è difficilmente revocabile in dubbio che l’interpretazione del dato normativo propugnata dalla Sezione (e condivisa anche dal Giudice contabile; si veda, tra le altre, Corte dei conti, sez. contr. St., 9.12.1999, n. 108, secondo cui, onde stabilire la necessità o meno di rendere pubbliche le operazioni compiute in determinate fasi di un procedimento amministrativo finalizzato alla scelta di un contraente, occorre distinguere il momento inderogabile, costituito dall’apertura dei plichi contenenti le offerte, che è operazione preliminare, rispetto alla diversa operazione costituita dalla valutazione delle offerte stesse che, invece, a certe condizioni, può svolgersi senza la presenza delle parti) – a differenza del favor per la “riservatezza” manifestato dagli appellanti - sia perfettamente coerente ed, anzi, accresca il valore cogente dei principi di pubblicità e di trasparenza dell’azione amministrativa, costituenti due principi cardine dell’intero diritto comunitario degli appalti.
23. In conclusione, la sentenza resiste all’urto dialettico di tutte le censure proposte con i ricorsi indicati in epigrafe, principali ed incidentali, e pertanto merita conferma, sia pure con motivazione parzialmente differente.
24. Sussistono giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, riuniti i ricorsi in epigrafe, li respinge.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del grado.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 28.1.2005, con l'intervento dei signori magistrati:
Sergio Santoro - Presidente
Giuseppe Farina - Consigliere
Corrado Allegretta - Consigliere
Claudio Marchitiello - Consigliere
Gabriele Carlotti - Consigliere estensore.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Gabriele
Carlotti f.to Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
f.to Francesco
Cutrupi
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16 giugno 2005
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
p. IL DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi
N°. RIC. 8579-04+8739-04 |
RA