REPUBBLICA ITALIANA   N.4471/05  REG.DEC.

               IN NOME DEL POPOLO ITALIANO   N. 10517 REG.RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale, Quinta  Sezione   ANNO  2004

ha pronunciato la seguente

decisione

sul ricorso in appello n. 10517 del 2004 proposto dal COMUNE DI VERNOLE, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Roberto G. Marra ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via L.Mantegazza n. 24, presso lo studio del cav. Luigi Gardin;

contro

il signor MARIO MANGIONE,

non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza n. 1694 del 18.2.2004/5.3.2004, pronunciata tra le parti dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede staccata di Lecce, Sez. prima;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il consigliere Gabriele Carlotti;

Uditi nella camera di consiglio del 5.4.2005 l’avv. R. Marra per l’ente civico appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. Viene in decisione l’appello interposto dal Comune di Vernole avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui il T.a.r. della Puglia, sedente in Lecce, accolse il ricorso proposto dal signor Mangione onde ottenere l’annullamento della determinazione del Responsabile del Servizio Lavori Pubblici ed Assetto del Territorio, recante la reiezione delle richieste di accesso e di rilascio di copie di atti detenuti dall’amministrazione comunale, presentate nel mese di ottobre dell’anno 2003.

2. L’appello del Comune è affidato alle censure di cui al ricorso emarginato.

3. Nella camera di consiglio del 5.4.2003 parti e causa sono stati assegnate in decisione.

4. Per un corretto inquadramento delle questioni sottoposte all’esame della Sezione occorre premettere alla successiva esposizione una breve ricostruzione della complessa vicenda procedimentale sulla quale s’innesta la presente controversia.

4.1. Con nota del 14.10.2003 il signor Mario Mangione, componente del Consiglio comunale di Vernole, chiese al Responsabile dell’U.T.C. l’ostensione ed il rilascio di copia dei seguenti documenti, detenuti dall’amministrazione civica, riguardanti il procedimento finalizzato al finanziamento del  progetto di recupero del Palazzo Esperti-Saraceno in Strudà:

- la deliberazione consiliare n. 17 del 10.4.2001;

- il verbale della relativa seduta consiliare;

- una lettera del signor Gianfranco Avveduto;

- la missiva recante la risposta del Sindaco;

- la corrispondenza intercorsa tra il Comune di Vernole,  il liquidatore ed il commissario giudiziale della procedura di  concordato preventivo dell’«Impresa Geom. Avveduto»;

- gli atti istruttori e di quelli approvativi del progetto di consolidamento statico, restauro conservativo e recupero funzionale del Palazzo Esperti-Saraceno;

- la richiesta di finanziamento avanzata alla Regione Puglia nell’ambito del P.O.R. 2000-2006 – Asse 2, misura 2.1..

4.2. Con successiva nota del 16.10.2003 il signor Mangione, ad integrazione della precedente richiesta, chiese anche copia della deliberazione di G.M. di impegno della somma necessaria al cofinanziamento dell’intervento in questione (pari al 50% del valore del progetto).

4.3. Con un primo riscontro del 23.10.2003 il Segretario comunale ed il Responsabile del Servizio interessato, rilevato che gli atti richiesti si riferivano ad un procedimento ormai concluso, invitarono il signor Mangione a precisare quale collegamento intercorresse tra la richiesta di documenti e l’espletamento del mandato consiliare.

4.4. Il consigliere Mangione ribadì che l’istanza di accesso era attinente all’espletamento della funzione connessa alla carica rivestita e che l’art. 43, comma 2, del D.Lgs n. 267 del 2000 non contemplava alcuna ulteriore limitazione del suo diritto di informazione.

4.5. Con atto del 3.11.2003 il Responsabile del servizio confermò la necessità di specificare quale fosse il collegamento esistente tra la richiesta inoltrata e le allegate esigenze di svolgimento del munus di consigliere, per aver l’accesso investito gli atti ed i documenti di un procedimento definito in una passata consiliatura.

4.6. Con risposta del 10.11.2003 il signor Mangione precisò di aver ricoperto la carica di consigliere comunale anche all’epoca di adozione degli atti suddetti.

4.7. Con nota del 19.11.2003, indirizzata al suddetto consigliere,  il Sindaco di Vernole osservò che il Palazzo Esperti-Saraceni, essendo stato acquistato da un privato, non rientrava più nell’ambito dell’attività istituzionale del Comune.

4.8. Infine il Responsabile del Servizio Lavori Pubblici,  con determinazione n. 1010 del 9.12.2003 – impugnata in prime cure - rigettò definitivamente le domande di accesso, non avendo l’istante fornito alcuna indicazione in ordine al collegamento tra le richieste  e l’espletamento del mandato consiliare. 

4.9. Avverso tale diniego il signor Mangione insorse avanti il T.a.r. sedente in Lecce.

5. Tanto premesso, è a dirsi che il primo giudice, disattese le eccezioni d’inammissibilità dedotte dal Comune di Vernole,  ha accolto integralmente il ricorso sul rilievo che gli artt. 43, comma 2, del D.Lgs. 18.8.2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) e 24 della L. 27.12.1985, n. 816 riconoscono ai consiglieri comunali un ampio diritto all’informazione (avente ad oggetto tutte le notizie in possesso degli uffici dell’ente locale amministrato) ed un altrettanto esteso diritto di prendere visione e di estrarre copia degli atti dell’amministrazione comunale, diritti entrambi strumentali al migliore esercizio delle funzioni pubbliche connesse allo svolgimento del carica ricoperta.

5.1. Il T.a.r. ha poi aggiunto che anche gli artt. 18, comma 3°, dello Statuto del Comune di Vergole e 5, comma 2, del “Regolamento in materia di responsabile del procedimento e del diritto di accesso ai documenti amministrativi”, prevedevano un analogo diritto funzionale di accesso; osservò altresì che l’art. 36 del predetto Regolamento stabiliva finanche la presunzione che ogni richiesta di accesso dei consiglieri comunali fosse effettuata per i fini dell’espletamento del relativo mandato, così esonerando i richiedenti dall’onere di giustificare in alcun modo le rispettive istanze.

5.2. Muovendo dall’interpretazione teleologica del quadro normativo così delineato, il Tribunale è poi giunto alla conclusione che la pretesa degli uffici comunali interpellati dal ricorrente di conoscere le ragioni della domanda di accesso si risolvesse, a ben vedere, in un surrettizio ed indebito sindacato sulle forme di esercizio, da parte del consigliere Mangione, dei propri compiti istituzionali, sicuramente implicanti anche il controllo e la vigilanza sul buon andamento e sulla corretta gestione amministrativa dell’ente.

6. Contro la sentenza è insorto il Comune di Vernole il cui appello è stato affidato a plurime censure, fondamentalmente riconducibili alle seguenti tre:

I) i principi affermati dal T.a.r. pugliese, quantunque condivisibili in astratto, non si attagliano alla peculiare fattispecie dedotta in contenzioso, dal momento che il procedimento investito dall’istanza di accesso si era definitivamente concluso in epoca antecedente all’elezione del signor Mangione alla carica di  consigliere comunale e, dunque, era ragionevole la pretesa di verificare quale fosse il collegamento fra la conoscenza degli atti in parola e l’espletamento del mandato connesso all’ufficio pubblico rivestito dal richiedente;

II) il T.a.r. ha erroneamente disatteso l’eccezione di inammissibilità del primitivo ricorso, in quanto non diretto nei confronti della circolare n. 50 del 15.6.1998, n. 50, con cui il Ministero dell’Interno stabilì che «gli atti dell’amministrazione comunale, adottati in epoca anteriore all’elezione dei consiglieri comunali che ne richiedono la visione, sono dagli stessi accessibili purché l’accesso sia motivato da esigenze relative all’espletamento del mandato»; il contenuto precettivo di siffatta circolare, oltre a costituire parte integrante del provvedimento di diniego, non poteva stimarsi superato dal rilievo che il signor Mangione fosse stato eletto anche nella precedente consiliatura;

III) vieppiù il T.a.r. avrebbe dovuto rilevare l’inammissibilità del ricorso in quanto non notificato ai controinteressati, avendo il signor Mangione domandato, tra l’altro, anche l’ostensione di corrispondenza privata.

7. L’appello è infondato e merita integrale reiezione.

8. In primo luogo la sentenza impugnata è pienamente condivisibile nella parte in cui afferma l’inesistenza di un potere degli uffici comunali di sindacare il nesso intercorrente tra l’oggetto delle richieste di informazione avanzate da un consigliere comunale e le modalità di esercizio del munus da questi espletato. Ed invero, l’art. 43 del D.Lgs. n. 267/2000 riconosce ai consiglieri comunali (e provinciali), per l’utile espletamento del loro mandato, un latissimo “diritto all’informazione” a cui si contrappone il puntuale obbligo degli uffici «rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti» di fornire ai richiedenti «tutte le notizie e le informazioni in loro possesso».

8.1. Siffatta situazione giuridica, quantunque individualizzata in capo a ciascun consigliere, presenta la sostanza di un diritto soggettivo pubblico funzionalizzato, ovverosia implica l’esercizio di facoltà finalizzate al pieno ed effettivo svolgimento delle funzioni assegnate direttamente al Consiglio comunale; l’informazione in discorso è, dunque, strumentale all’attuazione del generale potere di indirizzo e di controllo politico-amministrativo ascritto a tale supremo organo di governo dell’ente locale.

8.2. Da queste premesse discende a mo’ di corollario la conclusione che ogni limitazione all’esercizio del diritto sancito dall’art. 43 interferisce inevitabilmente con la potestà istituzionale del Consiglio comunale di sindacare la gestione dell’ente, onde assicurarne – in uno con la trasparenza e la piena  democraticità – anche il buon andamento. 

8.3. Sul consigliere comunale, pertanto, non grava, né può gravare, alcun onere di motivare le proprie richieste d’informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle ed conoscerle ancorché l’esercizio del diritto in questione si diriga verso atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote.

      Diversamente opinando, infatti, la struttura burocratica comunale, da oggetto del controllo riservato al Consiglio, si ergerebbe paradossalmente ad “arbitro” - per di più, senza alcuna  investitura democratica - delle forme di esercizio della potestà pubbliche proprie dell’organo deputato all’individuazione ed al miglior perseguimento dei fini della collettività civica.

      L’esistenza e l’«attualità» dell’interesse che sostanzia la speciale actio ad exhibendum devono quindi ritenersi presunte juris et de jure dalla legge, in ragione della natura politica e dei fini generali connessi allo svolgimento del mandato affidato dai cittadini elettori ai componenti del Consiglio comunale.

8.4. Occorre, d’altronde, soggiungere che l’attualità dell’interesse all’accesso non può essere confusa - siccome di converso adombrato nelle difese dell’ente appellante - con la “attualità” dei documenti chiesti in visione, non potendo revocarsi in dubbio che sovente i consiglieri comunali possano avvertire l’esigenza di conoscere approfonditamente pregresse vicende gestionali: tanto si verifica, ad esempio, qualora le fattispecie relative ad affari già definiti  siano tuttavia ancora in grado di spiegare i loro effetti sul presente o allorquando la loro conoscenza si riveli semplicemente utile alla più lata estrinsecazione del generale diritto d’iniziativa dei consiglieri comunali o, ancora, alla formulazione, da parte di costoro, di eventuali interrogazioni od altre istanze di sindacato ispettivo.

      È, del resto, dirimente il rilievo che l’obbligo di una pubblica amministrazione di permettere l’accesso agli atti permane per tutto il tempo durante il quale essa continui a possedere i documenti richiesti.

8.5. L’interesse del consigliere comunale ad ottenere determinate informazioni o copia di specifici atti detenuti dall’amministrazione civica non si presta, pertanto, ad alcun  scrutinio di merito da parte degli uffici interpellati in quanto, sul piano oggettivo, esso ha la medesima latitudine dei compiti di indirizzo e controllo riservati al Consiglio comunale (al cui svolgimento è funzionale).

8.6. Quanto appena considerato non esclude tuttavia che anche il “diritto all’informazione” del consigliere comunale sia soggetto al rispetto di alcune forme e modalità: in effetti, oltre alla necessità che l’interessato alleghi la sua qualità, permane l’esigenza che le istanze siano comunque formulate in maniera specifica e dettagliata, recando l’esatta indicazione degli estremi identificativi degli atti e dei documenti o, qualora siano ignoti tali estremi, almeno degli elementi che consentano l’individuazione dell’oggetto dell’accesso (tra le molte, v. Cons. St., sez. V, 13.11.2002, n. 6293).

      D’altra parte, il consigliere comunale non può abusare del diritto all’informazione riconosciutogli dall’ordinamento, piegandone le alte finalità a scopi meramente emulativi od aggravando eccessivamente, con richieste non contenute entro gli immanenti limiti della proporzionalità e della ragionevolezza, la corretta funzionalità amministrativa dell’ente civico (si veda, da ultimo, l’art. 24, terzo comma della L. 241 del 1990, come sostituito dall’art. 16 della L. 11 febbraio 2005 n. 15).

9. L’ultimo rilievo introduce un aspetto della controversia che merita approfondito scrutinio.

9.1. L’ente appellante ha, infatti, eccepito l’irritualità del contraddittorio instaurato in prime cure sotto il profilo della mancata evocazione in giudizio degli autori della corrispondenza privata richiesta in copia dal signor Mangione.

9.2. Al riguardo, giova aggiungere in fatto che l’appellato non si limitò a pretendere copia di atti pubblici (delibere, verbali, ecc.), ma domandò altresì di accedere a talune missive: in particolare, oltre a richiedere copia di carteggi intercorsi tra pubblici ufficiali (Sindaco e commissario giudiziale), il signor Mangione chiese altresì copia di una lettera – dal contenuto ignoto - spedita da certo geom. Gianfranco Avveduto, titolare dell’omonima impresa in concordato preventivo, già proprietario del palazzo Esperti-Saraceno.

9.3. L’eccezione è infondata.

9.4. L’argomentare dal Comune muove dal rilievo, assolutamente pacifico, che ai controinteressati all’accesso debba riconoscersi una legittimazione passiva, sia procedimentale sia processuale, ogniqualvolta l’actio ad exhibendum intrapresa concerna documenti meritevoli di rimanere riservati (e, nel novero, di tali atti rientra sicuramente la corrispondenza privata, bene-interesse finanche protetto a livello costituzionale; art. 15 Cost.).

9.5. Sennonché il Collegio dissente dall’impostazione dogmatica sulla quale poggia tale ricostruzione; in particolare, il postulato teorico che va recisamente ripudiato è l’equazione tra il “diritto all’informazione” del consigliere comunale ed il diritto di accesso disciplinato dalla L. n. 241/1990.

9.6. In realtà, il primo – pur talora estrinsecandosi nelle tipiche facoltà della visione e dell’estrazione di copia di documenti – differisce dal secondo per finalità ed oggetto.

9.7. Si è già accennato alla natura funzionale della peculiare situazione soggettiva; con riguardo all’oggetto della stessa deve soggiungersi che il “diritto all’informazione” del consigliere comunale - oltre ad poter in astratto indirizzarsi verso qualunque documento o atto, pubblico o privato, detenuto dall’amministrazione - può anche concretarsi nella mera richiesta di informazioni non contenute in documenti e, fermo restando i surrichiamati limiti della proporzionalità e della ragionevolezza, può anche consistere nella pretesa che gli uffici interpellati eseguano delle elaborazioni dei dati e delle informazioni in loro possesso.

9.8. Dalle considerazioni fin qui svolte discende che alla fattispecie normativa delineata dall’art. 43 del D.P.R. n. 267/2000 non sono applicabili le regole procedimentali (e tanto meno i limiti contenutistici) dettate per l’accesso previsto dalla L. n. 241/1990.

9.9. A fronte di tale diritto soggettivo pubblico recede, pertanto, ogni altro interesse, ivi inclusa la riservatezza di eventuali controinteressati, sopravvivendo soltanto l’impenetrabilità di taluni “segreti reali” rispetto ai quali la segretezza connessa alla qualifica rivestita dal consigliere comunale (alla quale si riferisce l’ultimo periodo dell’art. 43, comma 2, T.U.E.L.) non costituisca un’idonea garanzia di non divulgazione della relativa informazione.

      Non vi è chi non veda, infatti, come l’ipotetica tutela dell’interesse partecipativo di ideali controinteressati al diritto all’informazione del consigliere comunale finirebbe per confliggere, frustrandola, con la stessa ratio primaria della norma in esame.

10. Vanno infine confermate le ulteriori statuizioni della decisione del Tribunale pugliese sul punto dell’assenza di un onere del signor Mangione di impugnare la circolare ministeriale  richiamata nel diniego di accesso, trattandosi di una mera risoluzione interpretativa, non legata da alcun nesso procedimentale di presupposizione in senso tecnico con il provvedimento comunale avversato e, per di più, nemmeno ostativa all’accoglimento delle richieste del ricorrente.

11. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

12. Il Comune di Vernole, ancorché soccombente, non incorre nella condanna alla rifusione delle spese del grado, in ragione della mancata costituzione in giudizio del consigliere Mangione.    

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 5.4.2005, con l'intervento dei signori magistrati:

Sergio Santoro   - Presidente

Cesare Lamberti   - Consigliere

Goffredo Zaccardi   - Consigliere

Marzio Branca   - Consigliere

Gabriele Carlotti   - Consigliere estensore.

L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE

f.to Gabriele Carlotti  f.to Sergio Santoro 

                              IL SEGRETARIO

f.to Francesco Cutrupi

                

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 2 settembre 2005

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) 

p. IL  DIRIGENTE

f.to Luciana Franchini

 
  N°. RIC. 10517-04