R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

N.4836/2005

Reg. Dec.

N. 10180 Reg. Ric.

Anno 2004

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul ricorso in appello n. 10180/2004, proposto da

COMUNE DI CAIVANO
rappresentato e difeso da:

Avv. CORRADO DIACO

con domicilio eletto in Roma

VIA EMILIA N. 88  

presso

STEFANO VINTI

contro

MOTTOLA ANGELO

rappresentato e difeso da:

Avv. ELISEO LAURENZA

con domicilio  eletto in Roma

VIALE DEI PARIOLI 67 presso

ELISEO LAURENZA

e nei confronti di

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

rappresentato e difeso da:

  AVVOCATURA GEN. STATO

con domicilio  in Roma 

VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

  AVVOCATURA GEN.   STATO 

MINISTERO DELLA DIFESA

rappresentato e difeso da:

  AVVOCATURA GEN. STATO

con domicilio  in Roma 

VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

  AVVOCATURA GEN.   STATO 

per la riforma

della sentenza del TAR CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE V, n.14180/2004, resa tra le parti, concernente APPROVAZIONE PROGETTO PRELIMINARE DI AMPLIAMENTO E  TRASFORMAZIONE CASERMA CARABINIERI;

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

MOTTOLA ANGELO

MINISTERO DELLA DIFESA

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Visto il Dispositivo di Sentenza n. 401/2005;

Alla pubblica udienza del 21 Giugno 2005, relatore il Consigliere Carlo Deodato ed uditi, altresì, gli avvocati Aleni, su delega dell’avv. Diaco, l’avv. Laurenza e l’Avvocato dello Stato Palmieri;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con la sentenza appellata venivano annullati, in accoglimento del ricorso proposto da Don Angelo Mottola, le delibere del Comune di Caivano di approvazione dei progetti preliminare, definitivo ed esecutivo di ampliamento e di trasformazione di un immobile di proprietà comunale adibito a caserma dei Carabinieri ed il decreto dispositivo dell’occupazione d’urgenza di un terreno di proprietà del ricorrente, sulla base del rilievo della violazione delle garanzie partecipative assicurate dalla legge a quest’ultimo e dell’incompetenza del Comune, in favore dell’amministrazione militare, ad approvare progetti relativi ad opere destinate alla sicurezza ed alla difesa dello Stato.

Avverso tale decisione proponeva rituale appello il Comune di Caivano, reiterando le eccezioni pregiudiziali (già disattese dal T.A.R.) formulate in primo grado, contestando la correttezza del gravato giudizio di illegittimità, sotto entrambi i profili rilevati dai primi giudici, e concludendo per la riforma della decisione appellata e per la conseguente declaratoria dell’inammissibilità o dell’improcedibilità ovvero, ancora, per la reiezione nel merito del ricorso di primo grado.

Resisteva Don Mottola, difendendo la correttezza della pronuncia appellata, della quale domandava la conferma, ed invocando, con impugnazione incidentale, l’accertamento della propria titolarità del dritto dominicale sul terreno colpito dall’occupazione d’urgenza.

Si costituivano anche i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e della difesa, che aderivano all’appello del Comune, domandandone l’accoglimento.

Le parti illustravano ulteriormente le loro tesi mediante il deposito di memorie difensive.

Alla pubblica udienza del 21 giugno 2005 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.- Le parti controvertono in merito alla legittimità delle delibere comunali di approvazione dei progetti (preliminare e definitivo) relativi ai lavori di ampliamento di un immobile destinato a caserma dei Carabinieri e del decreto di occupazione d’urgenza del terreno dell’originario ricorrente, sotto il duplice profilo del rispetto, nei confronti di quest’ultimo, delle garanzie procedimentali partecipative e della competenza del Comune a deliberare l’esecuzione di opere destinate ad attività di sicurezza interna dello Stato.

Come già rilevato, i primi giudici, dopo aver disatteso le eccezioni pregiudiziali relative alla inammissibilità (per l’asserito difetto, in capo all’originario ricorrente, di un titolo legittimante l’iniziativa giudiziaria) ed alla improcedibilità (per l’affermata, omessa impugnazione della delibera approvativa del progetto esecutivo e del decreto regionale di approvazione della variante urbanistica) del ricorso di primo grado, hanno annullato i provvedimenti impugnati, sulla base del duplice rilievo dell’omessa, valida notificazione a Don Mottola dell’avviso pertinente alla dichiarazione di pubblica utilità e dell’incompetenza del Comune a provvedere in ordine alla realizzazione di opere finalizzate ad ospitare una caserma dei Carabinieri.

L’appellante Comune, con l’adesione dei Ministeri delle infrastrutture e della difesa, ribadisce l’irritualità (sotto i profili sopra descritti) del ricorso di primo grado, nonché dei pertinenti motivi aggiunti, e contesta, nel merito, la sussistenza dei vizi riscontrati dai primi giudici, concludendo conformemente.

L’appellato Don Mottola difende, di contro, la correttezza del convincimento espresso dal T.A.R. circa l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in prima istanza, contesta la fondatezza delle eccezioni di rito reiterate dal Comune di Caivano, invoca, con appello incidentale, l’accertamento della sua proprietà del terreno occupato in via d’urgenza e conclude per la reiezione dell’appello e per la conferma della decisione impugnata.

2.- Il necessario rispetto dell’ordine logico nella trattazione delle questioni dedotte dalle parti impone la preliminare disamina delle eccezioni di rito, reiterate dal Comune appellante, e dell’appello incidentale (pure pertinente ad una di esse) proposto da Don Mottola.

2.1- In merito a quest’ultimo, con il quale si impugna il capo di decisione con il quale è stata disattesa l’eccezione relativa all’inammissibilità, per difetto di interesse e di legittimazione, del ricorso di primo grado (nel dubbio che con essa sia stata disconosciuta la titolarità dell’immobile in capo all’originario ricorrente), risulta agevole rilevarne l’inammissibilità, siccome rivolto contro una statuizione, relativamente alla quale l’odierno appellante incidentale non risulta soccombente.

Posto, invero, che l’unico titolo legittimante l’appello (principale o incidentale), oltre alla qualità di parte nel giudizio di primo grado, è la soccombenza in ordine alla decisione che si intende impugnare, nel capo gravato da Don Mottola, con il quale è stata disattesa senza riserve l’eccezione formulata dal Comune contro la ritualità del gravame introdotto dall’odierno appellante incidentale, non è dato ravvisare alcun profilo di soccombenza a carico di quest’ultimo che ne radichi la legittimazione ad appellarla.   

2.2- Con la prima delle questioni processuali dedotte dall’appellante Comune si insiste, peraltro, nel sostenere l’inammissibilità del ricorso di primo grado, siccome proposto da soggetto sprovvisto della necessaria legittimazione (per non essere proprietario dell’area interessata dall’esecuzione dell’opera e colpita dall’occupazione d’urgenza).

L’eccezione è infondata e va disattesa.

E’ sufficiente, al riguardo, rilevare che l’appellato Don Mottola ha allegato il titolo d’acquisto mortis causa del terreno inciso dal procedimento ablatorio (e cioè il testamento olografo in data 15 aprile 1969 - ritualmente prodotto - con il quale l’originario proprietario, Angelo Massaro, lo ha istituito erede universale), per riconoscere in capo allo stesso sicuri legittimazione ed interesse ad impugnare gli atti amministrativi che ne pregiudicano il relativo diritto dominicale.

Resta, solo, da rilevare che, a fronte della documentazione del titolo di provenienza dell’immobile, la circostanza dell’omessa sua trascrizione nei registri immobiliari (che risulta, peraltro, puntualmente richiesta dall’interessato) è del tutto irrilevante, ai fini che qui interessano, in considerazione della nota assenza di qualsiasi efficacia costituiva nell’annotazione degli acquisiti degli immobili nei relativi registri.

2.3- Con la seconda eccezione riproposta dal Comune si insiste, invece, nel sostenere l’improcedibilità del ricorso di primo grado, per non essere stati impugnati i provvedimenti approvativi del progetto esecutivo e della variante al p.r.g.

Anche tale eccezione si rivela destituita di fondamento.

Al contrario di quanto sostenuto dal Comune, invero, la delibera di G.M. n.237/03 (con la quale era stato approvato il progetto esecutivo) risulta gravata con l’atto di motivi aggiunti notificato alle controparti in data 1 e 2 luglio 2004, mentre il decreto con cui il Presidente della Regione Campania (n.736/03) ha approvato la variante al p.r.g. di Caivano risulta impugnata con l’atto di motivi aggiunti notificato alla Regione Campania in data 1 luglio 2004, sicchè l’eccezione risulta fondata su un assunto (l’omessa impugnazione delle predette determinazioni) smentito dalle risultanze degli atti di causa.

Se, invece, l’eccezione dev’essere decifrata nel senso che il Comune ha inteso, con essa, negare che i motivi aggiunti fossero intesi ad impugnare i provvedimenti asseritamente rimasti inoppugnati, si deve osservare che, nonostante l’omessa formale indicazione di quegli atti - nell’epigrafe e nelle conclusioni dei relativi ricorsi - come oggetto delle ulteriori contestazioni introdotte con i motivi aggiunti, dall’esame del corpo di questi ultimi (nel quale la delibera comunale ed il decreto regionale risultano espressamente menzionati come materia dei relativi gravami) e dall’esplicito riferimento, negli stessi, a quelli depositati in giudizio dal Comune in data 1 giugno 2004 si ricava univocamente e senza incertezze la volontà dell’originario ricorrente di estendere l’oggetto del giudizio ai provvedimenti approvativi (rispettivamente) del progetto esecutivo e della variante al p.r.g.

Se poi, ancora, deve intendersi contestata, con l’eccezione in esame, la tempestività delle anzidette impugnazioni, si deve rilevare che il dies a quo per il ricorso avverso le determinazioni in oggetto dev’essere individuato in quello (1 giugno 2004) del loro deposito in giudizio da parte del Comune, e non in quello della loro pubblicazione, trattandosi di atti che esigevano, per la loro natura e per la loro portata dispositiva, una specifica comunicazione all’interessato (nella specie omessa dall’amministrazione oneratavi).

In ossequio al recepito principio per cui il termine di impugnazione della delibera di approvazione di un progetto di opera pubblica, come del provvedimento regionale approvativo della relativa variante (nella parte in cui integra la dichiarazione di pubblica utilità), decorre dalla cognizione individuale che ne abbia il proprietario e non dalla data della sua pubblicazione (Cons. St., sez.IV, 14 giugno 2001, n.3169), deve, quindi, riconoscersi la tempestività dell’impugnazione, con i motivi aggiunti, della delibera comunale n.237 del 2003 e del decreto regionale n.736 del 2003, non constando una formale acquisizione, da parte dell’originario ricorrente, della conoscenza del contenuto delle relative determinazioni in data anteriore a quella del loro deposito in giudizio.           

3.- Così riconosciuta la ritualità delle impugnazioni proposte in prima istanza, si deve esaminare il merito dell’appello del Comune, principiando dall’esame della questione della sussistenza della violazione dell’art.7 della legge n.241 del 1990.

3.1- Come già rilevato, il T.A.R., in accoglimento del primo motivo di ricorso, ha giudicato viziate le delibere approvative del progetto preliminare e di quello definitivo (contenenti - segnatamente la seconda - la dichiarazione implicita di pubblica utilità), siccome adottate in difetto della previa notifica al proprietario interessato dell’avviso di avvio del procedimento (ritenuta necessaria in ossequio, tra l’altro, alla nota pronuncia dell’Adunanza Plenaria 15 settembre 1999, n.14).

3.2- L’appellante Comune, unitamente ai Ministeri delle infrastrutture e della difesa, contesta la sussistenza di tale vizio ed insiste nell’assumere l’avvenuto rispetto delle garanzie partecipative sancite dall’art.7 l. n.241/90, senza negare, peraltro, la necessità (quantomeno in astratto) della comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento. 

3.3- La disamina di tale questione esige una preliminare ricognizione della ratio e dello scopo dell’adempimento procedimentale della cui osservanza si discute.

La finalità della regola procedimentale stabilita dall’art.7 L. n.241/90 dev’essere, in particolare, individuata nell’esigenza di assicurare piena visibilità all’azione amministrativa nel momento della sua formazione e di garantire al contempo la partecipazione del destinatario dell’atto finale alla fase istruttoria preordinata alla sua adozione (Cons. St., sez. V, 22 maggio 2001, n.2823), sicchè la verifica circa la sussistenza del vizio nella specie denunciato non va compiuta con esclusivo e rigido riferimento all’adempimento formale della notifica all’interessato dell’avviso di avvio del procedimento, ma con riguardo alla realizzazione sostanziale degli interessi sottesi alla disposizione della cui osservanza si discute.  

3.4- Premesso che il Comune rappresenta di aver comunicato a Don Mottola l’avviso di avvio del procedimento finalizzato alla dichiarazione di pubblica utilità, con nota n.580 U.T.C. del 10 maggio 2002, e che l’interessato contesta l’idoneità di quella notifica ad integrare il rispetto delle garanzie partecipative, non avendogli, in concreto, permesso di acquisire conoscenza dell’iniziativa procedimentale, la questione si risolve nella disamina della validità delle modalità di instaurazione del contraddittorio sostanziale (nella specie seguìte dal Comune) con il destinatario dell’atto finale, al fine dell’assicurazione a quest’ultimo della concreta opportunità di interloquire con l’amministrazione e di offrire un effettivo contributo all’acquisizione istruttoria delle informazioni e degli elementi pertinenti ai presupposti dell’esercizio della potestà ablatoria ed al contenuto delle relative scelte.       

Risulta, al riguardo, agevole rilevare che la documentazione da parte dell’appellato Don Mottola della sua residenza in luogo diverso (e, in particolare, a Roma, ovvero presso la Rappresentanza Pontificia a Theran, quale Nunzio Apostolico in Iran) da quello dove è stato notificato l’avviso in questione (coincidente con la residenza della sorella dell’interessato) impone di escludere l’idoneità della comunicazione eseguita dal Comune (siccome indirizzata ad una destinazione diversa da quella, unicamente utile, della residenza dell’interessato) ad integrare gli estremi dell’adempimento imposto dall’art.7 l. n.241/90.

3.5- Né vale obiettare che Don Mottola ha avuto la concreta opportunità di interloquire con l’amministrazione comunale prima della formalizzazione della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, non potendosi, certo, desumere l’avvenuto conseguimento dello scopo della comunicazione in questione dall’iniziativa giudiziaria assunta dall’interessato (come pare sostenere il Comune appellante).

Non è dato, invero, comprendere come possa ritenersi integrato il contraddittorio sostanziale con l’amministrazione procedente, nel chè si sostanzia la garanzia partecipativa in questione, per effetto della reazione giurisdizionale avverso gli atti che si denunciano come adottati in violazione della regola che impone il coinvolgimento del privato nella fase istruttoria che precede l’adozione del provvedimento finale.

3.6- E non serve, ancora, assumere (come, in particolare, dedotto dai Ministeri appellati) l’irrilevanza dell’omessa partecipazione dell’interessato al procedimento, in ragione della inutilità di ogni suo apporto collaborativo, in vista della vincolata approvazione del progetto di ampliamento della caserma dei Carabinieri, ed in applicazione del relativo principio di diritto, adesso consacrato dall’art.21-octies della l. n.241/90 (come introdotto dalla legge n.15 del 2005).  

Anche prescindendo dal rilievo della inapplicabilità alla fattispecie di tale ultima disposizione (in quanto entrata in vigore dopo la conclusione del procedimento controverso), si deve rilevare che l’argomento della inutilità dell’avviso va, innanzitutto, disatteso per l’assorbente considerazione che la stessa amministrazione comunale ha, evidentemente, riconosciuto la necessità di assicurare la partecipazione al procedimento dell’interessato (comunicandogli, seppur inutilmente, il prescritto avviso), sicchè, non solo la difesa in sede processuale (seppur da parte di un’amministrazione diversa) si rivela incompatibile con la condotta tenuta in via sostanziale dal Comune, ma quest’ultimo atteggiamento va ritenuto - esso stesso - un limite all’azione amministrativa, nel senso che la comunicazione al destinatario dell’attivazione del procedimento in questione implica la soggezione dell’amministrazione alla regola dalla stessa formalmente osservata e ritenuta, quindi, vincolante.

Ma, anche prescindendo da tali rilievi, si deve osservare che l’art.7 L. n.241/90, per come letto da un orientamento prevalente (Cons. St., sez. V, 22 maggio 2001, n.2823), esprime un principio generale dell’ordinamento giuridico, per cui le limitazioni espresse alla sua osservanza vanno intese in modo rigoroso e restrittivo e le interpretazioni che ne escludono l’applicazione vanno, di conseguenza, rifiutate se non autorizzate da specifiche norme d’eccezione.

In coerenza con tale valenza assegnata alla disposizione in esame, è stata, quindi, affermata la necessità dell’avviso di avvio del procedimento sia nei casi di procedimenti preordinati all’adozione di atti vincolati (Cons. St., sez. IV, 7 novembre 2001, n.5718), sia nelle ipotesi in cui il provvedimento conclusivo produca, comunque, effetti pregiudizievoli nella sfera del destinatario (Cons. St., Sez. VI, 9 maggio 2002, n.2516).

Premesso, quindi, che anche nel caso di attività vincolata (e, a maggior ragione, ove questa incida sfavorevolmente sulla posizione del destinatario) la partecipazione dell’interessato si rivela necessaria, al fine di garantire allo stesso il titolo a rappresentare all’amministrazione circostanze od elementi, da quella ignorati o non acquisibili direttamente, relativi alla situazione destinata ad essere regolata dall’atto finale e, quindi, ad evitare i paventati suoi effetti negativi, non può dubitarsi della necessità, nel caso di specie, del rispetto della regola procedimentale controversa, non risultando alcuna disposizione normativa o caratteristica dell’atto che esimano dalla sua osservanza ed emergendo, anzi, l’esigenza del contraddittorio, in considerazione degli effetti evidentemente sfavorevoli della dichiarazione di pubblica utilità.

3.7- La riscontrata sussistenza del vizio di violazione dell’art.7 l. n.241/90 risulta, peraltro, di per sé idonea a determinare l’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità ed a viziare in via derivata, quali atti legati ad essa da un vincolo di necessaria ed immediata consequenzialità (logico-procedimentale), la delibera approvativa del progetto esecutivo, il decreto di approvazione della variante al p.r.g. e quello disposizione dell’occupazione d’urgenza.

4.- Tale conclusione esime, inoltre, il Collegio dalla disamina della questione relativa all’individuazione dell’amministrazione competente a deliberare l’approvazione dell’opera in questione, in quanto assorbita dall’accertamento del predetto vizio procedimentale, siccome idoneo ad inficiare, in radice, l’intera azione amministrativa controversa, e da ritenersi, dunque, impregiudicata.

5.- Alle considerazioni che precedono, conseguono, in definitiva la reiezione dell’appello principale del Comune, nei limiti appena precisati, e la declaratoria dell’inammissibilità di quello incidentale di Don Mottola.

6.- La soccombenza reciproca e la peculiarità della situazione sostanziale principalmente controversa giustificano la compensazione tra tutte le parti delle spese di giudizio. 

P.Q.M.

 

      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, respinge l’appello principale e dichiara inammissibile quello incidentale; compensa fra tutte le parti le spese processuali.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 21 Giugno 2005, con l’intervento dei Sigg.ri:

    Filippo Patroni Griffi    Presidente, FF.

    Antonino Anastasi    Consigliere

    Aldo Scola   Consigliere

    Anna Leoni   Consigliere

    Carlo Deodato Est.   Consigliere

L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE F.F.

      Carlo Deodato   Filippo Patroni Griffi 

     IL SEGRETARIO

Rosario Giorgio Carnabuci

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

20 settembre 2005

(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)

     Il Dirigente

     Giuseppe Testa

- - 

N.R.G.  10180/2004


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