REPUBBLICA ITALIANA | N.4941/05 Reg.Sent. |
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO | Anno |
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE | N.745 Reg.Ric. |
Sezione Quinta | Anno 2005 |
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 745 del 2005, proposto dalla Banca Agricola Mantovana, rappresentata e difesa dall’avv. Alberto Arrigo Gianolio, elettivamente domiciliata presso l’avv. Orlando Sivieri in Roma, piazza della Libertà 13
contro
il Comune di Valeggio sul Mincio, non costituito in giudizio, e
Unicredit Banca s.p.a. rappresentato e difeso dall’avv. Maurizio Brizzolati, elettivamente domiciliato presso il medesimo in Roma, via della Conciliazione 44
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Venezia Sez. I, 20 dicembre 2004 n. 4443, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellata Unicredit Banca;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 27 maggio 2005 il consigliere Marzio Branca, e uditi l’avv. Sivieri per delega dell’avv. Gianolio e l’avv. Brizzolari.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe è stato accolto il ricorso proposto dalla UNICREDIT Banca avverso l’esclusione dalla gara per il servizio di tesoreria del Comune di Valeggio sul Mincio e la aggiudicazione dell’appalto alla concorrente Banca Agricola Mantovana.
Il TAR ha ritenuto illegittimo il motivo dell’esclusione, consistito nella mancata apposizione delle firme su tutti i lembi di chiusura della busta contenente la documentazione e l’offerta, in quanto il bando non prevedeva per tale irregolarità la sanzione di esclusione
La Banca Agricola Mantovana ha proposto appello avverso la decisione assumendone l’erroneità e chiedendone la riforma.
Unicredit Banca si è costituita in giudizio per resistere al gravame.
Alla pubblica udienza del 27 maggio 2005 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appellante, aggiudicataria del servizio, contesta la sentenza che ha ritenuto illegittima l’esclusione della controinteressata per mancata sottoscrizione dei plichi sui lembi di chiusura.
Il TAR ha osservato: a) che la lex specialis comminava l’esclusione solo se “manchi o risulti incompleta o irregolare la documentazione richiesta”, e quindi non poteva rientrare in tale previsione la mancata sottoscrizione dei lembi di chiusura dei plichi; b) che la mancata sottoscrizione non ha messo in pericolo la segretezza dell’offerta perché la stessa veniva garantita dalla “sigillatura” a ceralacca.
Con riguardo al motivo sub a) l’appellante tende a dimostrare che anche la irregolarità della confezione dei plichi poteva farsi rientrare in una lettura estensiva della norma relativa all’esclusione.
Il Collegio non condivide l’argomento perché la normativa relativa alla esclusione dalla gara, in considerazione del danno che provoca la massima delle sanzioni, non è suscettibile di interpretazione estensiva.
Circa l’argomento sub b), si sostiene che i primi giudici non hanno considerato che la norma del bando non prevedeva la “sigillatura” con ceralacca, bensì la semplice “chiusura” con ceralacca. La chiusura a ceralacca, infatti, quando reca impresso un “sigillo”, può assolvere alla funzione di rendere identificabile l’offerta, e per tanto la sottoscrizione sui lembi può essere considerata una formalità inutile.
Ma nella specie non si è proceduto alla “sigillatura”, bensì alla semplice chiusura dei plichi con ceralacca, senza sigillo, e quindi la sottoscrizione assumeva il ruolo di strumento indispensabile di identificazione dell’offerta, la cui omissione non poteva non essere sanzionata con l’esclusione.
La premessa da cui muove l’appellante, che la sottoscrizione sui lembi di chiusura abbia, in generale, e avesse, nella specie, la funzione di garantire l’identità dell’offerta, ossia la provenienza della stessa dalla Ditta che la presenta, è errata.
La provenienza della istanza di partecipazione e della offerta dalla Ditta che la presenta è garantita dalla autenticazione della firma del legale rappresentante che le sottoscrive, secondo le norme del bando (nella specie, vedi sub “Plico n. 1).
Lo stesso bando ha cura di precisare, punto 7, cosa debba essere scritto sull’esterno dei plichi n. 1 e n. 2 e sul contenitore generale, definito “plico d’invio”. Né questo contesto, né qualche specifica disposizione lascia intendere che la controfirma sui lembi di chiusura dovesse assolvere alla funzione di identificazione dell’offerta.
Ed infatti: 1) non è affatto precisato da parte di quale soggetto debba provenire la controfirma, come sarebbe necessario in vista della identificazione; 2) una firma per l’identificazione potrebbe essere apposta in qualunque spazio del plico, e non necessariamente sui lembi di chiusura.
Occorre concludere che la firma attraverso i lembi, apposta da qualunque impiegato confezionatore, non conta per il soggetto che la appone, anche non individuabile, ma perché la continuità del segno che è propria di una parola scritta a meno, e quindi è, allo stesso modo della chiusura a ceralacca, garanzia della integrità del plico e quindi dell’autenticità del contenuto.
E se è vero che l’Amministrazione ha la facoltà di richiedere il doppio sistema di garanzia (ceralacca e firma), è anche vero che, una volt osservata la formalità relativa alla ceralacca, la omissione della controfirma sui lembi, specie in assenza di una specifica comminatoria di esclusione, non è in grado di pregiudicare interessi pubblici essenziali, e quindi dà luogo ad una irregolarità innocua.
La verifica della regolarità della documentazione rispetto alle norme del bando e del capitolato, in una gara di appalto, non va condotta con lo spirito della caccia all’errore, ma tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento in favore della semplificazione e del divieto di aggravamento degli oneri burocratici (Cons. St. Sez. VI,15 gennaio 2004 n. 107).
In conclusione l’appello è infondato e va respinto.
Sussistono valide ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, rigetta l’appello in epigrafe;
dispone la compensazione delle spese;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 maggio 2005 con l'intervento dei magistrati:
Agostino Elefante Presidente
Giuseppe Farina Consigliere
Claudio Marchitiello Consigliere
Marzio Branca Consigliere est.
Aniello
Cerreto
Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Marzio
Branca F.to Agostino Elefante
IL SEGRETARIO
F.to Gaetano
Navarra
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
21 settembre
2005
(Art. 55, L. 27/4/1982,
n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to Antonio
Natale