REPUBBLICA ITALIANA N.5318/05 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 4546 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 2004
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. r.g. 4546/2004, proposto dalla società per azioni SESAM in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’avvocato Ernesto Sticchi Damani con domicilio eletto in Roma, via L. Mantegazza 24 presso il Sig. Luigi Gardin
contro
la società a responsabilità limitata GESAP – Gestione Servizio Affissioni-Pubblicità e Tributi Minori – Servizi comunali in genere, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio Mescia ed elettivamente domiciliata in Roma, via G. Paisiello 55 presso lo studio dell’avvocato Franco Gaetano Scoca;
e nei confronti del
Comune di PARABITA non costituitosi in giudizio;
della sentenza del TAR Puglia-sede- di Lecce: Sezione II, n. 2484, del 16 aprile 2004, resa tra le parti e non notificata;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Gesap s.r.l.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza n. 2896 del 22 giugno 2004;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l’art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;
Visto il dispositivo n. 107/2004;
Alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2005, relatore il Consigliere Nicola Russo ed uditi, altresì, gli avvocati A. Caggiula e G. Notarnicola per delega, rispettivamente degli avvocati E. Sticchi Damiani e A. Mescia;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
Con ricorso dinanzi al TAR per la Puglia, sezione staccata di Lecce, la GESAP s.r.l. chiese l’annullamento, previa sospensione, dei seguenti atti:
- del bando di pubblico incanto indetto dal comune di Parabita per la concessione in appalto della gestione dei tributi comunali (pubblicato il 15/01/2004), nella parte in cui richiede, ai fini della partecipazione alla gara, la presentazione di “… dichiarazione autenticata, successivamente verificabile, resa in conformità degli artt. 46 e 47 del DPR n. 445/2000, con cui la ditta attesti … c) di aver conseguito complessivamente nell’ultimo triennio (2000/2002), un fatturato complessivo pari almeno ad euro 1.500.000,00; in caso di raggruppamento di imprese, almeno il 70% del requisito dovrà essere posseduto dall’impresa capogruppo…”;
- del Capitolato d’oneri per la concessione in appalto della gestione dei tributi comunali – approvato con deliberazione del C.C. n. 61 del 22/12/2003 – nella parte in cui dispone che: ” è requisito essenziale, inoltre, a pena di esclusione, l’esperienza maturata nel settore e più specificatamente: - di aver conseguito complessivamente nell’ultimo triennio (2000/2002), un fatturato complessivo pari almeno ad euro 1.500.000,00; in caso di raggruppamento di imprese, almeno il 70% del requisito dovrà essere posseduto dall’impresa capogruppo…”;
- del verbale della Commissione per la valutazione delle offerte relative alla gara “Tributi comunali” n. 3 del 01/03/2004, nella parte in cui è stata disposta “la non ammissione della GESAP S.r.l. alla gara in quanto la ditta non ha espressamente dichiarato il possesso del requisito prescritto alla lettera c) della dichiarazione autenticata di cui al punto C) del bando, e precisamente “di aver conseguito complessivamente nell’ultimo triennio un fatturato complessivo pari ad almeno euro 1.500.000,00”, verbale comunicato con nota prot. n. 3161 del 08/03/2004;
- ove occorra, della nota del presidente della Commissione di gara, prot. n. 2424 del 18/02/2004, a mezzo della quale fu richiesto di “chiarire: - se il volume di affari è pari al fatturato; - se con il termine di volume di affari si intende fatturato; - in caso i due termini non coincidano, indicare l’importo del fatturato”;
- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente, anche se non conosciuto.
- Nel ricorso furono dedotti i seguenti motivi di censura:
- violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 31 e 65 della Direttiva CEE 92/52/CEE – Illegittimità;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 17 del D. Lgs. n. 157 del 1995 – Illegittimità;
- eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza ed ingiustizia manifesta – Illegittimità;
- violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 31, comma 3, della Direttiva CEE 92/52/CEE – Illegittimità;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 3, del D. Lgs. n. 157/95 – Illegittimità;
- violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 32, comma 4, della Direttiva CEE 92/52/CEE – Illegittimità;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 3, del D. Lgs. n. 157/95 – Illegittimità.
- Si costituiva il Comune di Parabita, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto inammissibile, improcedibile e comunque infondato nel merito.
Tralasciando la questione relativa al secondo requisito - ossia avere gestito il servizio in almeno 10 Comuni – ritenuto non decisivo nel giudizio de quo, avendo la GESAP attestato il possesso di tale requisito, il TAR rilevò che nella precedente sentenza n. 2216/04 aveva ritenuto non conforme al principio di proporzionalità l’aver richiesto ai partecipanti alla gara in questione il possesso, ai soli fini della partecipazione, di requisiti ulteriori rispetto a quelli stabiliti dal citato D.M. n. 289/00 per l’iscrizione all’Albo, che già di per sé avrebbero garantito circa l’affidabilità finanziaria e la competenza tecnica delle imprese iscritte e che, attesa la rilevanza anche nel giudizio in esame di una questione relativa al mancato possesso di un requisito ulteriore rispetto a quelli previsti dal D.M. n. 289/00 (ossia il fatturato minimo di € 1.500.000,00 nell’ultimo triennio), non ravvisò ragioni particolari per discostarsi da quanto sostenuto nella più volte citata sentenza n. 2216/04.
In via di fatto si evidenzia che, con delibera di G.C. n. 237 dell’8 luglio 2004 (seguita dalla determina di aggiudicazione n. 577 del 26 luglio 2004), prendendo atto della ordinanza n. 2896/2004 di questa Sezione, di accoglimento della domanda cautelare di sospensione della sentenza impugnata, l’Amministrazione comunale di Parabita ha proceduto all’aggiudicazione definitiva del servizio in argomento alla Sesam, odierna appellante, la cui posizione di aggiudicataria del servizio medesimo si è pertanto consolidata in via definitiva.
Quanto alla presunta carenza di legittimazione e di interesse dell’appellante, su cui si appuntano le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità formulate dall’appellata Gesap, deve rammentarsi, con specifico riguardo alla posizione dell’aggiudicatario provvisorio (acquisita dalla Sesam nelle more del giudizio di primo grado), che l’annullamento in sede giurisdizionale del bando di gara radica una posizione legittimante alla proposizione dell’appello anche nel semplice aggiudicatario provvisorio (fattispecie del controinteressato c.d. successivo); quest’ultimo, infatti, a fronte dell’annullamento della lex specialis della gara, viene posto in una posizione di interesse giuridicamente differenziato, tale da radicare l’interesse alla proposizione dell’appello per soddisfare la sua aspettativa alla riforma della sentenza di annullamento e di conseguente favorevole definizione delle operazioni di gara che lo hanno già visto in posizione premiante, seppure provvisoria (cfr. Cons. St., sez. V, 21 novembre 2003, n. 7620; Cons. Stato, sez. VI, 10 ottobre 2002, n. 5453).
In tal senso, al momento della proposizione dell’odierno gravame, la Sesam era titolare dell’interesse, concreto ed attuale, a rimuovere gli ostacoli che si frapponevano alla possibilità di addivenire aggiudicataria definitiva del servizio, ostacoli che (come risulta dalla nota prot. n. 5152 del 7 aprile 2004) erano espressamente individuati dall’Amministrazione comunale di Parabita nell’esistenza del contenzioso pendente presso il TAR Puglia-Sezione di Lecce e, in particolare, nelle pronunce da questo adottate medio tempore sulla vicenda.
Tuttavia, in disparte quanto sin qui detto, è ormai un dato di fatto che l’aggiudicazione definitiva del servizio, pronunciata in favore della Sesam in data 8 luglio 2004, con la delibera di G.C. n. 237/2004, ha ormai consolidato e definitivamente sancito l’interesse dell’appellante alla proposizione dell’odierno gravame.
Tanto premesso e venendo ad esaminare il merito, deve dirsi che le questioni implicate dal giudizio in esame attengono, da un lato, alla possibilità o meno per l’Amministrazione aggiudicatrice di richiedere, negli atti di indizione delle gare d’appalto, requisiti di ammissione o di partecipazione diversi ed ulteriori rispetto a quelli fissati ex lege, dall’altro, ai limiti entro i quali tale facoltà può essere esercitata dall’Amministrazione medesima.
Preliminarmente, tuttavia, si impone il corretto inquadramento della fattispecie concreta che, lungi dall’avere riguardo ad un mero appalto di servizi, ha ad oggetto una concessione di pubblico servizio, ossia un modulo organizzativo/procedimentale in cui viene in considerazione l’esercizio di attività che implicano l’espletamento di pubblici poteri.
Nella fattispecie in esame, infatti, l’oggetto della concessione messa a gara dal Comune di Parabita inerisce ad un complesso di attività che comprende non solo la gestione di tutti i tributi e di tutte le entrate locali in ognuna delle fasi del relativo procedimento (accertamento, liquidazione e riscossione), ma anche la “gestione dell’attività di competenza dell’ufficio tributi comunali” unitamente a tutta una serie di attività accessorie.
Dalla corretta sussunzione della fattispecie all’esame nell’ambito della concessione di servizi, con relativo trasferimento di poteri e funzioni pubblicistiche al concessionario, discende che il concessionario di questo specifico servizio - ossia il servizio di gestione dei tributi comunali - in relazione ai compiti ed ai poteri anche autoritativi attribuitigli, non agisce in un mercato liberalizzato e ciò comporta, a livello comunitario, che gli artt. 49, 50 e 51 del Trattato non si applichino alla fattispecie, in base al tenore dell’art. 45 (ex 55), riferibile ai servizi per il rinvio dell’art. 55 (ex 66) Trattato CE («sono escluse dall’applicazione delle disposizioni del presente capo, per quanto riguarda lo Stato membro interessato, le attività che in tale Stato partecipano, sia pure occasionalmente, dell’esercizio dei pubblici poteri »).
In tal senso, essendo, dunque, la fattispecie in esame ascrivibile non già al novero degli appalti pubblici di servizi ma a quello dei pubblici servizi il cui espletamento implica l’esercizio di particolari prerogative tipiche dei pubblici poteri, il parametro di legittimità dell’azione amministrativa viene ad essere costituito non già dalle norme della legislazione sugli appalti pubblici di servizi, bensì dalle norme e dai principi del Trattato (Corte di Giustizia, 7 dicembre 2000, in C-324/98 - Teleaustria).
Conseguentemente, il parametro della legittimità o meno del potere dell’Amministrazione aggiudicatrice di richiedere, ai fini della partecipazione, requisiti ulteriori e diversi rispetto a quelli fissati ex lege non può, nel caso di specie, essere ricercato solo ed esclusivamente nelle norme di cui al D. Lgs. n. 157/95.
Individuata e qualificata la fattispecie all’esame, è possibile ora passare ad affrontare la questione relativa alla possibilità o meno per la stazione appaltante di richiedere, nei bandi di gara, requisiti di ammissione o di partecipazione diversi ed ulteriori rispetto a quelli fissati ex lege, nonché ai limiti entro i quali tale facoltà può essere esercitata dall’Amministrazione medesima.
Collegata a tale questione è quella relativa alla portata e al valore da riconoscere all’iscrizione delle imprese esercenti l’attività di gestione tributi all’«albo per l’accertamento e la riscossione delle entrate degli enti locali» di cui all’art. 53 del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
In tal senso, l’esistenza di un “albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle Province e dei Comuni” (art. 53 del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446) impone di accertare e valutare il significato dell’iscrizione allo stesso sulla scorta del dato normativo rappresentato dall’art. 17 del D. Lgs. 17 marzo 1995, n. 157.
Tale ultima disposizione, rubricata come “Elenchi ufficiali di prestatori di servizi”, dopo avere sancito, al primo comma, che “i concorrenti iscritti in elenchi ufficiali di prestatori di servizi possono presentare all’Amministrazione aggiudicatrice, per ogni appalto, un certificato di iscrizione indicante le referenze che hanno permesso l’iscrizione dell’impresa e la relativa classificazione”, statuisce, al secondo comma, che “del prestatore di servizi in uno degli elenchi di cui al comma 1, certificata dall’Autorità che ha istituito l’elenco, costituisce, per le Amministrazioni aggiudicatici, presunzione di idoneità alla prestazione dei servizi, corrispondente alla classificazione del concorrente iscritto...”.
Ora, contrariamente ai rilievi formulati dall’appellata Gesap, l’iscrizione dell’impresa in un elenco o albo ufficiale, costituisce, dunque, solo “presunzione di idoneità” allo svolgimento del servizio, ma non impedisce all’Amministrazione aggiudicatrice di ricercare sul mercato prestatori di servizi ulteriormente qualificati alla stregua di particolari requisiti di partecipazione autonomamente individuati dalla stazione appaltante.
A questo riguardo, la giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato che sulla base della lettura sistematica del secondo e del terzo comma dell’art. 17 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, deve ritenersi che, in materia di appalti di servizi, l’Amministrazione aggiudicatrice abbia il potere discrezionale di fissare requisiti di partecipazione ad una singola gara anche molto rigorosi e superiori a quelli previsti dalla legge e che possa, pertanto, pretendere l’attestazione di requisiti di capacità diversi ed ulteriori rispetto alla semplice iscrizione nell’elenco ufficiale dei prestatori di servizi (cfr. Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6972).
A giustificazione di tale assunto, la giurisprudenza in esame ha espressamente ribadito che, secondo quanto si desume dal comma 2 dell’art. 17 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, l’iscrizione di un concorrente in uno degli elenchi di prestatori di servizi costituisce per l’Amministrazione aggiudicatrice presunzione di idoneità alla prestazione di servizi, ed ha aggiunto che i requisiti di cui è in tal modo presunto il possesso si atteggiano a requisiti minimi di partecipazione ad una gara, essendo stabiliti in modo astratto dalla legge, indipendentemente dal valore di una concreta procedura concorsuale e dalle capacità tecniche, organizzative e finanziarie di cui l’aggiudicatario deve essere effettivamente in possesso per poter espletare in modo completo ed esauriente il servizio oggetto di appalto.
Del resto, diversamente opinando, la normativa in esame sarebbe irragionevole nella misura in cui pretenderebbe di disciplinare in maniera standard, fissa, identica ed immutabile, situazioni (ovverosia gare d’appalto) diverse tra di loro quanto a valore economico e difficoltà tecnico-organizzative.
La richiamata giurisprudenza ha, al riguardo, inoltre affermato che detto potere discrezionale, lungi dall’essere espressione di mero arbitrio dell’Amministrazione aggiudicatrice, costituisce in realtà precipua attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’art. 97 della Costituzione, e si sostanzia nel potere-dovere dell’Amministrazione di apprestare (proprio attraverso la individuazione degli specifici requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare.
La scelta di fissare specifici e più stringenti requisiti di ammissione e/o di partecipazione ad una gara pubblica (rispetto a quelli minimi stabiliti dalla legge e/o a quelli presuntivamente risultanti dalla certificazione di iscrizione in un elenco ufficiale di prestatori di servizi) ai fini della dimostrazione del possesso dell’adeguata (rispetto alla specifica gara in questione) capacità economico-finanziaria (ma lo stesso potrebbe dirsi per quel che concerne la capacità tecnico-organizzativa), secondo la citata giurisprudenza, è ampiamente discrezionale, impinge nel merito dell’azione amministrativa e si sottrae, pertanto, al sindacato del Giudice amministrativo, salvo che essa non sia ictu oculi manifestamente irragionevole, irrazionale, arbitraria, sproporzionata, illogica e contraddittoria (la citata pronuncia, lungi dal costituire un precedente isolato, rappresenta, ormai, espressione di un orientamento consolidato: cfr. Cons. St., sez. V, 31 dicembre 2003, n. 9305; Cons. St., sez. VI, 29 ottobre 2002, n. 5942).
In virtù di tale indirizzo giurisprudenziale, pertanto, appare consentito affermare che, nel caso di specie, l’Amministrazione comunale ben poteva richiedere, con riferimento al peculiare oggetto della concessione messa a gara, il possesso di requisiti ulteriori e diversi rispetto alla semplice iscrizione all’albo di cui all’art. 53 del D. Lgs. n. 446/1997
Tale ultima “iscrizione”, lungi dal rivestire valore asseverante iuris et de iure circa il possesso in capo ai soggetti iscritti delle capacità effettivamente richieste, introduce, invece, una semplice presunzione di possesso dei requisiti minimi per la partecipazione alla gara, requisiti che, pertanto, non soltanto possono essere oggetto di effettivo accertamento e scrutinio da parte della stazione appaltante ma, altresì, possono essere incrementati, sotto l’aspetto qualitativo e quantitativo, dalla stazione appaltante in relazione alle peculiari caratteristiche del servizio da mettere in gara.
A tale proposito, deve dirsi che alcun rilievo, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellata Gesap, appare potersi riconoscere alla previsione di cui all’art. 13, comma 3, del D. Lgs. n. 157/95, che stabilisce che “se il concorrente non è in grado, per giustificati motivi, di presentare le referenze richieste, può provare la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dall’Amministrazione aggiudicatrice”.
L’appellata, sulla scorta ditale previsione normativa, ha affermato che “il Comune di Parabita, non solo ha richiesto, ai soli fini della partecipazione alla gara pubblica, il possesso di requisiti ulteriori rispetto a quelli stabiliti dal citato D.M. n. 289/00 per l’iscrizione all’albo, ma non ha neppure consentito che le Società concorrenti fossero abilitate a comprovare la propria capacità finanziaria ed economica nei modi previsti dalla legge” (pag. 20 della memoria).
L’erroneità di tale argomentazione risiede essenzialmente nell’avere addotto, con riferimento alla questione del potere della stazione appaltante di richiedere requisiti di partecipazione diversi ed ulteriori rispetto a quelli stabiliti dalla legge, una norma chiaramente rivolta a disciplinare, in senso agevolativo per la massima partecipazione, la diversa questione relativa alla documentazione dei requisiti concretamente richiesti, norma che consente alle imprese impossibilitate, per giustificati motivi, ad adoperare delle modalità indicate dalla lex specialis (e, prima ancora, dal Legislatore, con l’art. 13, comma 1, del D. Lgs. n. 157/1995 cit.), di provare la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento ritenuto idoneo dall’amministrazione aggiudicatrice, ma che non può certo consentire che un’impresa sia tout court esonerata dalla dimostrazione del possesso del medesimo requisito.
Ora, nella specie l’appellata Gesap nello svolgimento delle sue difese ha espressamente ammesso di non essere riuscita negli ultimi tre anni “a conseguire il fatturato complessivo di € 1.500.000,00 richiesto dall’Amministrazione aggiudicatrice per l’ammissione all’indetta procedura concorsuale” (v. pag. 26 della memoria di costituzione e risposta).
L’applicazione dei predetti principi generali alla fattispecie concreta in esame conduce, pertanto, a concludere nel senso che è assolutamente erroneo ritenere che l’iscrizione all’albo di cui all’art. 53 del D. Lgs. n. 446/1997 comprenda e riassuma in sé tutti i requisiti necessari e sufficienti all’espletamento del servizio oggetto di pubblica concessione.
Come si è detto, l’iscrizione all’albo predetto implica, in favore del soggetto interessato, una semplice abilitazione all’esercizio delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi e delle entrate locali, requisito indispensabile ma non sufficiente all’espletamento di servizi come quello oggetto della concessione di cui si tratta (che, perseguendo una generale funzione sostitutiva del concessionario al Comune relativamente a tutte le funzioni di competenza dell’Ufficio tributi del Comune, appare caratterizzato, invero, da contenuti più ampi del normale).
E’ emblematico, in tal senso, che tanto l’art. 52, comma 5, lett. b), quanto l’art. 53 del D. Lgs. n. 446/1997, operano un preciso riferimento all’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle Province e dei Comuni.
Le norme in questione, per l’ipotesi in cui l’Amministrazione intenda esternalizzare il servizio inerente la gestione dei tributi locali, non avvalendosi del modulo gestionale dell’azienda speciale ovvero delle società miste ma, al contrario, rivolgendosi al mercato degli operatori privati, impone e richiede, quale condicio sine qua non per l’esercizio dell’attività l’iscrizione all’albo, ossia l’abilitazione all’esercizio delle predette attività, il cui possesso delimita e individua la platea dei soggetti che possono aspirare a concorrere per la gestione dei tributi e delle entrate locali.
Tale iscrizione, alla stregua di qualsiasi altra abilitazione all’esercizio di una certa attività, se vale a rimuovere in favore del soggetto iscritto un ostacolo giuridico all’esercizio della attività di accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi e delle entrate locali, non può valere certo ad impedire all’Amministrazione di ricercare, all’interno della platea dei soggetti abilitati, il possesso di requisiti specifici e ulteriori.
E’ appena il caso di osservare che l’istituzione dell’albo dei soggetti abilitati di cui all’art. 53 D. Lgs. n. 446/97, lungi dall’aver creato una figura professionale imprenditoriale prima sconosciuta, ha solo regolamentato ex novo un’attività già prevista dall’ordinamento (cfr. in tal senso quanto previsto dall’ultima parte dell’art. 53, comma 3, del D. Lgs. n. 446/97: “Per i soggetti affidatari di servizi di liquidazione, accertamento e riscossione di tributi ed altre entrate degli enti locali, che svolgano i predetti servizi almeno dal 1° Gennaio 1997, può essere stabilito un periodo transitorio, non superiore a due anni, per l’adeguamento alle condizioni e ai requisiti per l’iscrizione nell’albo suddetto”).
Conseguentemente, richiedendo gli specifici requisiti di partecipazione in concreto richiesti, l’Amministrazione comunale di Parabita ha fatto sicuro riferimento ad una platea di operatori già presente al momento dell’istituzione dell’albo con l’effetto che - il rilievo anticipa quanto verrà detto nel prosieguo circa la congruità dei requisiti richiesti - la ragionevolezza delle richieste dell’Amministrazione aggiudicatrice trova riscontro e misura nella oggettiva e risalente presenza di un mercato di operatori già avviato, in cui non era difficile trovare i requisiti di specifica esperienza nel settore in concreto richiesti.
Né, d’altra parte, a smentire quanto fin qui sostenuto (iscrizione all’albo come requisito necessario ma non di per sé sufficiente a concorrere all’aggiudicazione del servizio), vale allegare comparativamente il dato concernente le attestazioni S.O.A. e la ritenuta sufficienza delle stesse a compendiare i requisiti tecnici e finanziari necessari a concorrere alla gara d’appalto di lavori pubblici.
Ciò perché, anche con riferimento a tali ultimi requisiti, la giurisprudenza amministrativa ha affermato posto che le norme in materia di appalto di lavori pubblici si preoccupano di assicurare i requisiti minimi che i concorrenti devono possedere per l’ammissione alla che gara, non è precluso alle Amministrazioni di valutare, caso per caso, se ricorra l’esigenza di chiedere requisiti tecnici o economici superiori a quelli previsti dalla legge, senza che, peraltro, occorra una specifica indicazione delle ragioni dell’aggravamento delle condizioni di gara, qualora esso venga mantenuto nei limiti della ragionevolezza e sia comunque assicurata la par condicio (cfr. Cons. St., sez. V, 22 gennaio 2003, n. 241).
D’altra parte, un qualsiasi riferimento alle attestazioni S.O.A. appare inconferente.
L’attestazione S.O.A., infatti, a differenza dell’iscrizione all’albo ex art. 53 del D. Lgs. n. 446/97, certifica tra l’altro la «adeguata capacità economica e finanziaria» e la <<adeguata idoneità tecnica e organizzativa» attraverso, rispettivamente, «la cifra d’affari ... realizzata con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta non inferiore al 100% degli importi delle qualificazioni richieste nelle varie categorie» (art. 18, comma 1, lett. b, DPR n. 34/2000) e mediante l’avvenuta esecuzione di lavori, documentata dai certificati di esecuzione lavori, realizzati in ciascuna delle categorie oggetto della richiesta di qualificazione (art. 18, comma 5, DPR n. 34/2000), ossia attraverso la positiva dimostrazione di dati inerenti tanto al fatturato maturato, che all’esperienza conseguita alla luce dei lavori concretamente eseguiti, dati questi che, al contrario, non si rinvengono affatto nell’iscrizione all’albo ex art. 53 D.Lgs n. 446/1997.
Fermo restando, pertanto, il dato della titolarità, in capo alla stazione appaltante, del potere di richiedere, ai fini della partecipazione, requisiti più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge - nonché del valore meramente presuntivo che possiede l’iscrizione dell’impresa concorrente in un elenco o albo ufficiale di prestatori di servizi si pone il problema dei limiti ravvisabili in capo a tale potere, limiti che, come anticipato in precedenza, sono stati individuati dalla giurisprudenza nei principi di logicità, ragionevolezza e proporzionalità, a garanzia a presidio di un accesso ragionevolmente ampio alla procedura concorsuale.
Trattasi dei limiti “esterni” alla discrezionalità amministrativa il cui accertamento rifiuta, in linea di principio, un sindacato giurisdizionale penetrante (cfr. Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6972).
Nella vicenda in esame, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, le scelte dell’Amministrazione hanno pienamente riscontrato i canoni della logicità, della coerenza e della proporzionalità.
A conferma di tale assunto, sovviene il semplice esame dei caratteri e della natura del servizio affidato, il quale ha ad oggetto la devoluzione all’affidatario di tutto il complesso delle funzioni di competenza dell’Ufficio tributi comunale, con integrale subentro a questo del concessionario in tutti gli obblighi e in tutte le responsabilità facenti capo al primo, anche agli effetti processuali, in uno con l’attività di assistenza legale a supporto della gestione del contenzioso.
Ciò in quanto il capitolato d’oneri, approvato con delibera di C.C. n. 61 del 22 dicembre 2003, individua, all’art. 1, l’oggetto dell’affidamento in maniera ampia e articolata.
La previsione in esame, infatti, comprende, prima ancora dell’ordinaria gestione delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali, più in generale la “gestione dell’attività di competenza dell’ufficio Tributi comunali”, non disgiunta da una “attività di assistenza legale a supporto della gestione del contenzioso ed ai rapporti con i cittadini”, nonché delle ulteriori attività di “manutenzione e sviluppo delle banche dati tributarie e territoriali”, necessarie al controllo delle posizioni contributive ed alla loro relazione con gli oggetti di imposizione, e di “fornitura nei confronti dell’ente di servizi nel campo dell’elaborazione e trasmissione dati”.
Il capitolato d’oneri prefigura cioè l’esternalizzazione di un complesso di pubbliche funzioni ben più ampio della semplice attività di accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi locali, implicando appunto l’esercizio di una più lata funzione di gestione delle attività di competenza dell’Ufficio Tributi del Comune di Parabita, concepita fino al punto di prefigurare, all’art. 18, una più generale sostituzione e subentro del concessionario al Comune “in tutti i diritti e obblighi”, assumendo altresì “la veste di Funzionario responsabile ai sensi dell’art. 1 del D.lgs. 507/903, anche ai fini dello svolgimento del processo tributario”.
Del tutto coerentemente, pertanto, lo stesso capitolato, dopo avere posto a carico dell’affidatario la “perfetta funzionalità del sistema entrate” nella prospettiva di assicurare la “necessaria efficacia del servizio”, “in ogni ambito e fase” (art.1) ha previsto, all’art. 5, quali requisiti per la partecipazione alla gara, oltre alla iscrizione all’Albo nazionale dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrare delle Province e dei comuni, “l’esperienza maturata nel settore” concepita quale “requisito essenziale” da evincersi, in particolare, da tutta una serie di indici, tra cui, il conseguimento nell’ultimo triennio (2000/ 2002) di un fatturato complessivo pari ad almeno 1.500.000,00 Euro; lo svolgimento di servizi di gestione di tributi e, più in generale, di entrate locali, per almeno 10 Comuni; la presenza, all’interno della struttura organizzativa del concessionario di un ufficio legale.
Alla luce di tale quadro di insieme, appare chiaro come l’Amministrazione comunale di Parabita abbia individuato requisiti di accesso alla procedura perfettamente logici, congruenti e per nulla sproporzionati: trattasi di requisiti di esperienza che, anche in ragione della preesistenza del mercato degli operatori in questione rispetto all’istituzione dell’albo ex art. 53 del D. Lgs n. 446/97 non era irragionevole richiedere, trovando giustificazione da un lato nella durata novennale del contratto e nell’entità dell’importo del medesimo, dall’altro nella circostanza che il contratto medesimo, lungi dal limitarsi soltanto ad alcuni tributi, ha riguardo alla gestione della totalità dei tributi e delle entrate del Comune di Parabita, in tutte le fasi procedimentali (accertamento, liquidazione e riscossione).
L’appello, pertanto, deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere riformata la sentenza impugnata.
Le spese seguono, come di regola, il principio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello n. 4546/2004, lo accoglie e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna l’appellata Gesap s.r.l. al pagamento delle spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio in favore dell’appellante, liquidandole complessivamente in euro 3.500,00, al netto di I.V.A. e C.A.P.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 8 Febbraio 2005 con l’intervento dei Sigg.ri:
Raffaele Carboni Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Claudio Marchitiello Consigliere
Nicola
Russo
Consigliere Est.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Nicola
Russo f.to Raffaele
Iannotta
IL SEGRETARIO
f.to Rosi
Graziano
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 5 ottobre 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982,
n. 186)
PER IL DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi
N°. RIC 4546/2004 |
FDG