N.5368/2005
Reg. Dec.
N. 6639 Reg. Ric.
Anno
2004
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello N. 6639/04, proposto da SAPONARA Vito, rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Galante, elettivamente domiciliato presso l’avv. Leonardo Di Marco in Roma, via Gallia n. 86,
contro
Ministero dell’interno e Ufficio territoriale di Governo di Potenza, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la stessa domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Comune di Tolve, rappresentato e difeso dagli avv.ti Aldo Loiodice e Luciano Petrullo, elettivamente domiciliato presso il primo in Roma, via Ombrone n. 12, pal.B);
e nei confronti di
Pepe Pasquale, n.c.;
Abruzzese Nicoletta, n.c.;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Basilicata n. 321/04;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visto il dispositivo di sentenza n. 131 del 02/03/2005;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 1 marzo 2005 il Consigliere Anna Leoni; uditi gli Avv.ti Piselli su delega dell’Avv. Galante, Rossi su delega dell’Avv. Loiodice e l’Avvocato dello Stato Elefante;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
3. Si sono costituiti in giudizio per resistere alla impugnativa, producendo memorie difensive, il Ministero dell’interno e l’Ufficio territoriale di Governo di Potenza. Si è, altresì, costituito in giudizio il Comune di Tolve, che ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza del proposto gravame.
4. Con memoria conclusiva il ricorrente ha contestato, in particolare, la natura interpretativa della l. 28/5/2004 n. 140, di conversione del D.L. 29/3/2004 n. 80, che ha apportato modifiche all’art. 38, comma 8, del D.Lgs. n. 267/2000.
1. Il ricorso pone il problema, già noto alla giurisprudenza, concernente la fattispecie dissolutiva dei consigli comunali per dimissioni dei componenti prevista dal D.l.vo 18 agosto 2000 n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).
2. Sembra opportuno riassumere, per sommi capi, la vicenda per la quale è causa. In data 11 luglio 2003 i consiglieri comunali Fronzuto Maria, Moliterni Rosanna, Moles Rocco Giuseppe, Venezia Lucia, Montesano Nicola, Stigliani Nicola, Postiglione Raffaele, Balsamo Rocco Giuseppe e Saponara Vito (costituenti la metà più uno dei consiglieri assegnati al Comune di Tolve) rassegnavano al Comune indicato le proprie dimissioni dalla carica al fine di provocare lo scioglimento del Consiglio comunale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 141, comma 1, lett.b) n. 3)del D. L.vo 18 agosto 2000 n. 267(Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).
La volontà dimissoria dei nove consiglieri veniva raccolta in un unico plico, composto da nove distinte note spillate insieme ed insieme acquisite, in data 11/7/03, al n. 5867 di protocollo del Comune di Tolve.
In pari data, con nota di trasmissione n. prot. 5873, l’addetta al protocollo del Comune di Tolve dichiarava all’Ufficio territoriale di Governo di Potenza di aver acquisito al n. 5867 di protocollo n. 9 dimissioni dei consiglieri comunali, precisando che quattro di essi (Moliterni Rosanna, Moles Rocco Giuseppe, Venezia Lucia e Postiglione Raffaele) non erano presenti alla consegna delle dimissioni.
Con nota dell’11 luglio 2003 il Sindaco del Comune di Tolve chiedeva al Prefetto di Potenza quali adempimenti adottare a seguito delle suddette dimissioni e, in riscontro alla predetta richiesta, il Prefetto di Potenza, con nota del 12/2/2003, precisava che, ai sensi del D.l.vo n. 267/00 e alla luce dei pareri del Consiglio di Stato, I sez. n. 3049/00 e 4269/00, essendo produttive di effetti giuridici esclusivamente le dimissioni dei cinque amministratori sopracitati, non sussistevano i presupposti per l’avvio del procedimento di scioglimento dell’organo consiliare.
Con successiva nota del 15/7/03, sempre a firma del Prefetto, l’Ufficio territoriale di Governo di Potenza chiedeva chiarimenti in merito alla personale presenza al protocollo di cinque dei nove consiglieri dimissionari, precisando che, nel caso in cui nessuno dei dimissionari fosse stato presente all’atto della presentazione delle dimissioni stesse, anche in base al contenuto della circolare prefettizia n. 4762/13/12 Gab. del 13 gennaio 2003, il Consiglio comunale di Tolve doveva considerarsi nella sua interezza validamente in carica.
A riscontro della suddetta richiesta di chiarimenti seguiva la nota dell’addetta al protocollo del comune di Tolve n. 5975 del 15 luglio 2003, con la quale si precisava che, all’atto della presentazione delle dimissioni, erano personalmente presenti cinque consiglieri comunali (Fronzuto Maria, Montesano Nicola, Stigliani Nicola, Balsamo Rocco Giuseppe e Saponara Vito).
Con nota n. prot. 5984 del 16 luglio 2003, indirizzata al Sindaco ed al Consiglio comunale di Tolve, nonché per conoscenza al Prefetto di Potenza, sottoscritta da tutti i consiglieri dimissionari, questi ultimi ribadivano la volontà di rassegnare formali dimissioni dalla carica di consigliere comunale, chiedendo di dare corso all’iter per lo scioglimento del Consiglio comunale di Tolve ai sensi dell’art. 141, comma 1, lett.b), n.3) del D.l.vo 18 agosto 2000 n. 267.
Con nota di pari data indirizzata al Prefetto di Potenza i suddetti nove consiglieri dimissionari, premesso che era stato convocato con urgenza il Consiglio comunale di Tolve per procedere alla surroga dei cinque consiglieri che avevano personalmente presentato le dimissioni dalla carica, richiedevano un intervento urgente di detta autorità al fine di sospendere la menzionata procedura di surroga.
In riscontro a tale richiesta, il Prefetto di Potenza, con nota del 17 luglio 2003, dichiarava in sostanza che non rientrava fra i propri poteri quello di sospendere l’avviato procedimento di surroga, precisando nuovamente che nella fattispecie cinque dei nove dimissionari erano presenti nell’Ufficio protocollo del Comune di Tolve al momento della presentazione delle dimissioni.
Con delibera del Consiglio comunale n. 27 del 17 luglio 2003, il Comune di Tolve deliberava di surrogare al seggio di consigliere comunale rimasto vacante per le dimissioni del consigliere Saponara Vito la sig.ra Abruzzese Nicoletta e di convalidare l’elezione della predetta alla carica di consigliere comunale.
Da ciò il gravame di primo grado, proposto dal sig. Vito Saponara, respinto dal T.A.R. della Basilicata con la sentenza n. 321 del 2004.
3. Si può prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità avanzate dalla difesa del Comune di Tolve, rivelandosi il ricorso in appello infondato nel merito.
Invero, la questione sottoposta all’esame del Collegio si inserisce in un quadro complesso nel quale a pareri resi in sede consultiva dal Consiglio di Stato (nn. 3049/02; 4269/02; 2575/03)si contrappongono pronunce rese in sede giurisdizionale dallo stesso Consiglio (decisioni della V Sezione n. 2975/03 e n. 29/05), con l’intervento di modifiche normative apportate all’art. 38, comma 8, del D.lgs. n. 267/00 dall’art. 3 del D.L. 29 marzo 2004 n. 80, convertito in L. 28 maggio 2004 n. 140.
In sede consultiva, questo Consiglio (Sez. I. par. n. 3049/02) ha sostanzialmente condiviso la tesi dell’Amministrazione dell’Interno, secondo cui la materiale e personale consegna del documento al protocollo da parte dell’interessato, con la connessa identificazione da parte del personale addetto, è stata individuata dal legislatore come l’unica modalità ammissibile per dare giuridica rilevanza alla volontà di dimettere il mandato, con la conseguenza di dover ritenere le dimissioni eventualmente presentate per interposta persona o inoltrata per posta o con altri mezzi improcedibili e comunque prive di efficacia. Tale ricostruzione viene ricondotta alla “ratio legis” che impone di ritenere che la normativa di settore intenda rispettare l’esigenza (riferibile al principio costituzionale della salvaguardia della volontà dell’elettorato), di assicurare la massima garanzia alla certezza e alla veridicità dell’atto di dimissioni in questione, tenuto conto del suo irreversibile riflesso sull’esercizio delle pubbliche funzioni, nonché la sua possibile incidenza sullo scioglimento della rappresentanza elettiva dell’ente e sul conseguente affidamento temporaneo della amministrazione ad un commissario straordinario.
Diversamente opinando, infatti, l’incidenza di eventuali accertamenti giurisdizionali “a posteriori” in ordine ad una reale diversa volontà dell’agente (o alla presenza di pur possibili falsificazioni) non potrebbe non riflettersi negativamente sulla funzionalità dell’ente locale e- in definitiva- sul principio costituzionale del “buon andamento” desumibile ex art. 97 della Costituzione, con evidente danno per la collettività interessata.
La tesi interpretativa esposta non è stata condivisa dalla V Sezione di questo Consiglio che, con le decisioni n. 2975/2003 e n. 5157/2004, non ha avallato la posizione assunta dalla prima Sezione nel parere n. 4269 dell’11 dicembre 2002. In esso, modificando il già ricordato precedente orientamento espresso dalla medesima Sezione (parere n. 3049 del 10 ottobre 2002) in cui si era ritenuta necessaria la materiale e personale consegna del documento al protocollo da parte dell’interessato, con la connessa identificazione da parte del personale addetto, con la conseguenza di dover ritenere le dimissioni eventualmente presentate per interposta persona o inoltrate per posta o con altri mezzi improcedibili e comunque prive di efficacia, è stato affermato che, ferma restando la necessità, in via generale, della presenza fisica del consigliere al momento delle dimissioni, sono da ritenersi valide le dimissioni presentate dal consigliere impedito purchè previamente autenticate ed in data certa e con l’indicazione (contestuale o, a sua volta, separatamente autenticata) delle generalità di quest’ultimo. E’ stato, in particolare, escluso che in tale materia trovi applicazione il principio della libertà delle forme ritenuto non idoneo a garantire le esigenza legale della certezza e della veridicità dell’atto di dimissioni.
E’ stato, altresì, ritenuto che l’interpretazione della vigente normativa di settore non possa prescindere dalla considerazione della effettiva volontà degli interessati al riguardo, ove questa, anche in ragione della sua definitività e delle sue conseguenze, si manifesti comunque con un’adeguata e sufficiente garanzia della certezza e veridicità delle dimissioni pur in mancanza della materiale presentazione delle medesime da parte dei predetti.
La tesi esposta in detto parere è stata, da ultimo, criticata anche da un’altra recentissima decisione della V Sezione, la n. 29 del 2005, che, esclusa anzitutto “ratione temporis” l’applicabilità alla fattispecie delle modifiche normative recate all’art. 38, comma 8, del Testo unico degli enti locali di cui al D.Lgs. n. 267/00, recate dalla L. 28 maggio 2004 n. 140, di conversione del D.L. 29 marzo 2004 n.80 (disposizioni urgenti in materia di enti locali), cui non è stata riconosciuta la natura di normativa di interpretazione autentica, ha ritenuto che l’inclusione fra i presupposti previsti dalla legge dell’elemento alternativo della presenza fisica del consigliere dimissionario e dell’autenticazione della sua sottoscrizione non sia in alcun modo prevista dalla legge, che si limita a richiedere la contestualità delle dimissioni presentate dalla maggioranza dei consiglieri e il loro essere rivolte al Consiglio quali unici requisiti per il determinarsi dello scioglimento comunale.
Con la suddetta decisione si è, altresì, affermato che anche l’onere formale dell’autenticazione della firma, individuato quale strumento necessario per garantire la veridicità delle dichiarazioni di dimissioni, risulta, in assenza di espressa richiesta normativa quale quella introdotta dall’art. 3 della richiamata L. 28 maggio 2004 n. 140, al tempo stesso superfluo ed insufficiente.
Si è, in particolare, ritenuto che “nel silenzio della legge, dalla natura politica dell’atto di dimissioni, che è atto di esercizio, sia pure in negativo, di un diritto politico costituzionalmente garantito, non possono trarsi conseguenze sugli oneri formali da rispettare” e che ”in conclusione, non può l’interprete introdurre oneri formali che il legislatore non aveva, al momento dei fatti, previsto o che disposizioni sublegislative non avevano allo stesso momento fissato con certezza, ciò indipendentemente dalla verifica sulla legittimità di tali disposizioni”.
Il Collegio ritiene di doversi discostare dal suddetto orientamento interpretativo, non condividendolo per il profilo di ritenuta inapplicabilità delle modifiche legislative introdotte all’art. 38, comma 8, del T.U. degli enti locali di cui al D.lgs. n. 267/00 dal D.L. 29 marzo 2004 n. 80, conv. in L. n. 140 del 2004, attesa la natura non interpretativa delle norme in questione.
Invero, ad avviso del Collegio, alle disposizioni applicabili alla fattispecie, quali risultano dalle integrazioni recate dal D.L. n. 80 del 2004 cit., non può disconoscersi natura interpretativa e, conseguentemente, portata retroattiva.
Tale natura, che trova conforto nei lavori preparatori, nonché nell’analisi degli accadimenti storico giuridici che hanno preceduto l’approvazione delle norme de quibus, assume rilievo per le ragioni che verranno di seguito illustrate.
Nel caso all’esame vengono in contrapposto rilievo valori primari che l’ordinamento protegge: l’esigenza di salvaguardia della trasparente gestione degli Enti locali e il diritto allo svolgimento del mandato elettivo.
La conseguente necessità del bilanciamento di tali valori indica all’operatore la necessità di attenersi a criteri che consentano di contenersi nei limiti di quanto è necessario a soddisfare le esigenze di pubblico interesse cui le norme in questione sono preordinate e a tale criterio si deve attenere il giudice nell’interpretare dizioni normative complesse quali quelle in esame.
Procedendo all’esame alla stregua dell’indicato criterio metodologico e richiamato il tormentato succedersi di interpretazioni normative diversamente orientate, sembra al Collegio di poter ritenere che le modifiche apportate al T.U. degli Enti locali non abbiano recato innovazioni sul punto in discussione, limitandosi a delineare e chiarire le coordinate all’interno delle quali il Legislatore si è originariamente trovato ad operare, dovendo disciplinare per lo scioglimento dei Consigli comunali un regime non nuovo ( in quanto già delineato nell’art.39 della L. 8/6/90 n. 140, nel testo modificato dall’art.5 della L. 15/5/97 n. 127), ma tuttavia più perfezionato, fondato sulle dimissioni contestuali della metà più uno dei membri assegnati.
Da qui la scelta, nell’art. 141 del T.U. sugli Enti locali, dello scioglimento per cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purchè contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia.
Per quel che deve intendersi per presentazione di dimissioni individuali, il riferimento normativo va fatto all’art.38 del medesimo T.U. che, all’ottavo comma, la disciplina prevedendo che alle stesse consegua la surrogazione dei dimissionari.
Sulle modalità di presentazione delle dimissioni non avanzate personalmente il comma, come modificato dall’art. 3 del D.L. 29 marzo 2004 n. 80, prevede che esse debbano essere autenticate ed inoltrate al protocollo per il tramite di persona delegata con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni; che sono irrevocabili, non necessitano di presa d’atto e che sono immediatamente efficaci; che il consiglio, entro e non oltre 10 giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l’ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo; che non si fa luogo alla surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere alla scioglimento del consiglio a norma dell’art. 141.
Sembra al Collegio che alla nuova formulazione del comma ottavo dell’art. 38 cit. non possa che attribuirsi portata interpretativa della precedente, senza con ciò incorrere in violazioni del principio di irretroattività della norma ed in conseguente lesione del principio di ragionevolezza.
La Corte costituzionale ha, invero, più volte affermato (cfr. sentt. n- 374/02; 374/00; 229/99) che non è decisivo verificare se la norma censurata abbia carattere effettivamente interpretativo ( e sia perciò retroattiva) ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva. Infatti, il divieto di retroattività della legge-pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale dell’ordinamento, cui il Legislatore ordinario deve in principio attenersi- non è stato elevato a dignità costituzionale, salva per la materia penale la previsione dell’art. 25 della Costituzione. Quindi il Legislatore, nel rispetto di tale previsione, può emanare norme con efficacia retroattiva – interpretative o innovative che siano- purchè la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti.
La Corte ha anche affermato (sent. n. 525/00) che il Legislatore può porre norme che precisino il significato di altre norme non solo ove sussistano situazioni di incertezza nell’applicazione del diritto o siano insorti contrasti giurisprudenziali, ma anche in presenza di indirizzi omogenei, se la scelta imposta per vincolare il significato ascrivibile alla legge anteriore rientri fra le possibili varianti di senso del testo originario: in tali casi il problema da affrontare riguarda non la natura della legge, ma i limiti che incontra la sua portata retroattiva, alla luce del principio della ragionevolezza (cfr. sent. n. 525 cit.).
Nella specie, il principio di scioglimento per dimissioni ultra dimidium dei consigli comunali e provinciali era ben presente ed accettato nell’ordinamento e confortato dagli apporti giurisprudenziali al riguardo.
Ma è anche vero che la prevista modalità di presentazione contestuale delle dimissioni ovvero rese anche con atti separati purchè contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente aveva dato luogo ad oscillazioni interpretative, inducendo incertezza per quanto attiene alla gestione degli enti locali.
Considerando non più tollerabile la delicata situazione venutasi a creare e aderendo alle sollecitazioni provenienti anche da questo Consiglio in sede consultiva, il Legislatore è intervenuto stabilendo cosa dovesse intendersi per dimissioni non presentate personalmente, onde chiarirne le inevitabili conseguenze anche sullo scioglimento per dimissioni ultra dimidium dei consigli comunali o provinciali. Il carattere interpretativo- retroattivo di tale intervento corrisponde, ad avviso del Collegio, alla esigenza di evitare il prolungamento dell’incertezza in un settore di fondamentale importanza quale è l’attività degli Enti locali e di scongiurare la gravità dei suoi riflessi sul regolare svolgimento della vita democratica del Paese.
4. Le suesposte considerazioni consentono al Collegio di ritenere tutte infondate le ragioni di appello dedotte, ivi compresi i riproposti motivi di censura di I grado.
Invero, una volta definita la natura interpretativa della normativa sopravvenuta, è alla luce della stessa che vanno verificati i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale di Tolve e tali presupposti, per quanto già esposto, non appaiono sussistenti, mancando la contemporaneità della presentazione delle istanze di dimissione rese con atti separati dai consiglieri dimissionari.
Dette istanze appaiono, quindi, valide e produttive degli effetti previsti solo per quel che riguarda il singolo consigliere, sicchè correttamente il Comune ha proceduto alla surroga dei consiglieri dimissionari.
5. Per le suesposte considerazioni, l’appello va rigettato.
Le spese della presente fase di giudizio possono trovare equa compensazione tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV- respinge il ricorso indicato in epigrafe.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 1/03/2005 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV, con l'intervento dei Signori:
Lucio Venturini - Presidente
Costantino Salvatore - Consigliere
Pierluigi Lodi - Consigliere
Aldo Scola - Consigliere
Anna Leoni - Consigliere, est.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Anna Leoni Lucio Venturini
IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci
5 ottobre 2005
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
Il Dirigente
Antonio Serrao
- -
N.R.G. 6639/2004
MA