REPUBBLICA ITALIANA        N.5668/05 REG. DEC.         

          IN NOME DEL POPOLO ITALIANO       N. 8536      REG.RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale, (Quinta Sezione)         ANNO 2004

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 8536/2004 del 01/10/2004, proposto dalla Soc. AIPA S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Davide Moscuzza, Giuseppe Bianco e Mario Righetti, con domicilio eletto in Roma, via Oslavia, 39/F presso l’avv. Giuseppe Bianco;

contro

il Comune di Corsico, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Locati, con domicilio eletto in Roma, Piazza Capo di Ferro 13, presso la Segreteria della Sezione;

la Soc. DI.GE.P. S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. Luca Righi, con domicilio eletto in Roma, viale Angelico 45, presso l’avv. Fausto Buccellato;

e nei confronti della

Soc. CUSTER S.r.l., in persona del legale rappresentante, non costituitasi;

    per la riforma

della sentenza del TAR Lombardia - Milano: Sezione III n. 2676/2004, resa tra le parti;

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Corsico e della DI.GE.P. S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Vista l’ordinanza n. 5350/04 di questa Sezione con cui è stata respinta l’istanza di sospensione della efficacia della sentenza appellata;

Visto il dispositivo di decisione n. 977/2005;

Alla pubblica udienza del 03 Maggio 2005, relatore il Consigliere Goffredo Zaccardi ed uditi, altresì, gli avvocati G. Bianco, A. Clarizia per delega dell’avv. M. Locati, F. Buccellato per delega dell’avv. L. Righi;

FATTO E DIRITTO

1) I fatti di causa possono essere dati per conosciuti così come rappresentati nella parte espositiva in fatto della sentenza appellata e negli scritti difensivi delle parti.

2) L’appello è, a giudizio del Collegio, infondato.

2.1) In primo luogo va disattesa l’impostazione di fondo della difesa dell’AIPA secondo cui l’esame del ricorso incidentale di primo grado non avrebbe avuto carattere pregiudiziale rispetto alle questioni di legittimità poste con i motivi del ricorso principale.

Il ricorso incidentale di cui trattasi era diretto, infatti, all’annullamento della clausola  del bando di gara contenuta nel paragrafo 4, lettera b), secondo cui i partecipanti alla procedura concorsuale per l’affidamento del servizio di concessione di accertamento, liquidazione e riscossione dell’imposta sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni del Comune di Corsico avrebbero dovuto possedere uno specifico requisito di idoneità tecnica, segnatamente aver gestito con regolarità e puntualità un servizio avente lo stesso oggetto di quello da affidare “da almeno tre anni ed in almeno tre comuni appartenenti alla classe terza”.

E’ evidente che l’eventuale rimozione, è bene ricordare con effetto “ex tunc”, di tale prescrizione assumeva un rilievo decisivo ai fini della definizione della controversia sorta in primo grado, posto che la DIGEP s.r.l., risultata poi aggiudicataria come da deliberazione di Giunta n. 409 del 23 dicembre 2003, non era in possesso di tale requisito ed era stata ammessa alla gara (con atto della Giunta comunale dell’undici novembre 2003 n. 353) solo con riserva e  ferma” restando la valutazione sul merito successivamente all’espletamento della gara”.

Era stata la stessa DIGEP a sollecitare l’ammissione segnalando la illegittimità della clausola suddetta con una nota del 5 novembre 2003 diretta al Sindaco del Comune di Corsico.

2.2) Ancora in via preliminare si deve precisare che non poteva chiedersi ragionevolmente alla DIGEP di impugnare immediatamente il bando di gara che era stato seguito da atti applicativi che, oltre che richiesti specificamente con la nota cui si è fatto cenno,avevano comunque portato prima alla sua ammissione alla gara e, quindi, alla successiva aggiudicazione nei suoi confronti del servizio.

Tale ricorso sarebbe stato dichiarato inammissibile per difetto di un interesse concreto ed attuale alla sua proposizione ed oggi, per converso, non si può opporre alla DIGEP la tardività della impugnazione del bando stesso effettuata fuori termine e solo  in occasione della presentazione del ricorso incidentale in primo grado.

Correttamente il primo giudice ha osservato che l’interesse a ricorrere nasceva con la proposizione del ricorso principale ed ha giudicato ammissibile l’impugnazione della DIGEP.

2.3) L’eventuale annullamento della clausola del bando, poi decretato dal primo giudice, avrebbe avuto come conseguenza di legittimare sia l’atto di ammissione alla gara che la successiva aggiudicazione alla DIGEP rendendo il ricorso principale privo di ogni interesse posto che anche la seconda graduata, Custer s.r.l. era priva del requisito in parola e la attuale appellante, solo terza nella graduatoria di merito, non avrebbe conseguito alcun vantaggio dall’annullamento degli atti impugnati in primo grado: l’ammissione con riserva della DIGEP, i verbali della Commissione di gara recanti l’aggiudicazione a suo favore, l’aggiudicazione definitiva ed ogni altro atto connesso.

La tesi di parte appellante è che cionondimeno persistesse un suo interesse alla definizione del ricorso principale, di qui il vizio logico della sentenza appellata, perché la fondatezza dei vizi propri degli atti impugnati avrebbe dovuto comportare, se pronunciata dal primo giudice, l’annullamento degli stessi e la soddisfazione della posizione dell’ AIPA che avrebbe conseguito un risultato utile anche nel caso di accoglimento del ricorso incidentale: il rinnovo della procedura concorsuale.

La tesi difensiva qui sintetizzata cede di fronte alla considerazione della infondatezza delle censure autonome cui si è fatto cenno.

In primo luogo il vizio di incompetenza lamentato in ordine al provvedimento emesso dalla Giunta comunale di ammissione con riserva della DIGEP appare infondato.

La materia degli appalti pubblici è riservata al Consiglio comunale solo se si tratta di gare non previste in atti fondamentali del Consiglio ovvero non rientranti nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza di altri organi (articolo 42, lettera l) del D. Lvo 18 agosto 2000 n. 267) per le implicazioni di carattere finanziario ed organizzativo che nuovi impegni contrattuali non previsti e programmati possono comportare per l’Ente locale. Non si estende alla normale ed ordinaria attività diretta a consentire al Comune lo svolgimento delle proprie funzioni acquistando beni, realizzando opere e lavori ovvero assicurandosi la prestazione di servizi.

Il richiamo alle lettere e) ed f) della norma qui richiamata effettuato da parte appellante nel motivo qui in esame non è pertinente perché la concessione dei servizi pubblici e l’istituzione ed ordinamento dei tributi costituiscono attribuzioni proprie del Consiglio comunale non per lo svolgimento della attività contrattuale che possono richiedere ma per quel che attiene agli aspetti organizzativi dei servizi pubblici locali o dell’ordinamento tributario, aspetti che riguardano compiti non meramente attuativi delle scelte di fondo degli Enti locali bensì la concreta determinazione delle stesse.

Per queste ragioni è, altresì, inconferente il richiamo alle disposizioni contenute nel D. Lvo n. 507 del 15 novembre 1993 che in materia di imposta di pubblicità e di diritti sulle pubbliche affissioni, coerentemente con quanto si è ora affermato, demandano al Consiglio comunale, quale organo rappresentativo della comunità locale insediata in un certo territorio, le scelte di fondo del regime fiscale di livello locale.

2.4) Da altra angolazione non si può sostenere con successo che un bando di gara che contiene una clausola limitativa della partecipazione dei concorrenti, ingiustificata e contraria ai principi di libera concorrenza e di eguaglianza di tutti i soggetti nella libera organizzazione della propria attività imprenditoriale da svolgersi nella gare pubbliche e, quindi, nei rapporti con le Amministrazioni pubbliche, che, è utile ricordarlo, distribuiscono fondi pubblici derivanti per larga parte dal prelievo fiscale effettuato nei confronti di tutti i cittadini e di tutti gli operatori economici ed imprenditoriali, debba essere portato ad esecuzione senza che sussista un potere di congelarne gli effetti contrari all’ordinamento da parte della stessa Amministrazione che lo ha adottato in via di autotutela.

Non integra, pertanto, alcuna violazione del principio della parità di condizioni il comportamento dell’Amministrazione che prendendo atto della illegittimità di una clausola del bando di una procedura concorsuale che abbia l’effetto di  favorire oggettivamente solo alcuni operatori ne rettifica la portata ed, in linea con i principi qui richiamati, amplia la sfera dei possibili partecipanti alla procedura stessa.

Corrisponde inoltre, con specifico riguardo al caso qui in esame, ad una apprezzabile esigenza di economia delle attività e di urgenza di garantire l’espletamento del servizio (dalla pubblicazione del bando di gara risalente al 3 novembre 2003 alla aggiudicazione, del 23 dicembre 2003, sono trascorsi meno di due mesi) che la rettifica di cui trattasi sia stata apportata in concreto senza procedere all’annullamento del bando di gara ed una sua nuova edizione nella forma compatibile con i principi qui richiamati.

2.5) Dalla effettuazione di tale procedura non è possibile trarre la conseguenza, come tenta di fare parte appellante, che vi sia stata una alterazione delle regole di gara ciò in quanto AIPA, non essendo a conoscenza dei requisiti effettivi richiesti ai partecipanti, avrebbe orientato la sua offerta su valori in grado di superare una concorrenza più qualificata ma senza tener conto della possibilità di partecipare da parte di operatori di dimensioni organizzative più ridotte e, quindi, in grado di offrire condizioni più favorevoli.

E’ sufficiente al riguardo osservare, a confutazione della tesi difensiva dell’appellante, che l’affidamento del servizio è stato effettuato con il sistema dei pubblici incanti in cui ciascun partecipante, presentando la propria offerta direttamente e senza alcuna fase preselettiva, non conosce il numero e la qualità dei partecipanti e deve autonomamente valutare le condizioni di economicità dell’offerta stessa e la sua rispondenza a quanto definito come oggetto contrattuale nel bando di gara e nel capitolato speciale, rimanendo ininfluente ogni altra considerazione che non attenga agli aspetti tecnici ed economici della propria migliore offerta.

Semmai c’è da dire che l’interesse, di cui parte appellante chiede tutela, quello di far valere la possibilità di presentare una offerta più remunerativa in relazione ad una minore partecipazione di concorrenti ed alla loro minor qualificazione, è interesse di mero fatto che non merita alcuna considerazione  perchè in contrasto con la necessità di assicurare nelle gare pubbliche, in linea con i principi costituzionali dell’efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, il servizio richiesto con determinate caratteristiche qualitative con il minor aggravio possibile per l’Amministrazione aggiudicatrice.

3) Nel merito della questione relativa alla illegittimità della clausola di cui si discute è sufficiente richiamare il consolidato indirizzo giurisprudenziale della Sezione (cfr. tra le altre la sentenza n. 9305 del 31 dicembre 2003 e la giurisprudenza ivi richiamata) secondo cui è ammessa la facoltà di indicare tra i requisiti soggettivi necessari per la partecipazione a gare pubbliche per l’affidamento di lavori, forniture e servizi pubblici anche requisiti specifici ed ulteriori rispetto a quelli fissati a livello normativo solo se l’accesso alla procedura non è indebitamente ristretto, se vi sono esigenze concrete imposte dalla natura dell’affidamento che giustificano tale eccezione e se le previsioni particolari sono proporzionali alla scopo da perseguire e ragionevoli nella loro configurazione .

Nel caso di specie nulla è stato detto per motivare un requisito ulteriore che appare al Collegio palesemente eccessivo per la regolare esecuzione del servizio in questione presso il Comune di Corsico e che avrebbe comunque determinato, se l’Amministrazione non avesse proceduto in via di autotutela ad emettere gli atti impugnati con il ricorso principale in primo grado, la partecipazione di un solo concorrente idoneo : l’AIPA.

4) Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello va respinto con conferma della sentenza appellata.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe lo rigetta con conferma della sentenza appellata.

Condanna la Società appellante al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi  € 3.000 a favore del Comune di Corsico e della Società DI.GE.P. s.r.l. in parti uguali.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 03 Maggio 2005 con l’intervento dei Sigg.ri:

    Raffaele Iannotta Presidente

    Raffaele Carboni  Consigliere

    Goffredo Zaccardi  Consigliere Est.

    Claudio Marchitiello Consigliere

    Nicola Russo Consigliere 

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

F.to Goffredo Zaccardi F.to Raffaele Iannotta

IL SEGRETARIO

F.to Gaetano Navarra 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13 ottobre 2005

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

PER IL  DIRIGENTE

    f.to Livia Patroni Griffi 
 

  N°. RIC. 8536/04

  N°. RIC. 8536/04

SC