REPUBBLICA ITALIANA N. 6638/05 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 10262 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2003
ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 10262 del 2003, proposto dalla società DELTA PETROLI s.p.a., in persona dellegale rappresentante in carica, Dott. Umberto Morpurgo, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Francesco Scanzano e Francesco Scacchi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via XXIX maggio n. 43 (studio legale Chiomenti);
contro
la Provincia di Roma, in persona del Presiente in carica, rappresentata e difesa dagli Avv. ti Antonio Fancellu e Riccardo Giovagnoli, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via IV novembre n. 119/A;
e nei confronti
della società MANUTENCOOP BOLOGNA s.c.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Prof. Stefano Vinti e Alberto Linguiti, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, Viale Mazzini, n. 55;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione II ter, n. 7435/2003, resa tra le parti, concernente aggiudicazione servizio integrato per la gestione rifiuti speciali pericolosi;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Roma e della società MANUTENCOOP BOLOGNA s.c.r.l.
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 24 maggio 2005, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; uditi!Fine dell'espressione imprevista, altresì, Avv.ti Lirosi in sostituzione dell’Avv. Scanzano per l’appellante, Giovagnoli per la Provincia di Roma e Vinti per la controinteressata;!Fine dell'espressione imprevista;
Pubblicato il dispositivo n. 325/2005;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
1. La soc. Delta Petroli s.p.a. - che ha partecipato (collocandosi al quarto posto) alla gara a procedura aperta, per pubblico incanto, indetta in data 20 agosto 2001 dalla Provincia di Roma, a norma del D. Lgs. 157/1995 e successive modificazioni ed integrazioni, per l’affidamento del “servizio per la gestione dei rifiuti speciali pericolosi e non e degli interventi di sanificazione ambientale e di derattizzazione comprendente la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, con fornitura di generi di consumo e disinfettante; igienizzazione del servizio igienico, disinfestazione e derattizzazione” - ha impugnato, davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con separati ricorsi, l’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva, in favore della concorrente soc. Manutencoop di Bologna.
Con il primo ricorso (n. 6428/2002 r.r.) l’interessata ha impugnato anche tutti gli atti connessi ed in particolare il verbale n. 12 del 13 febbraio 2002 della commissione di gara, nonché, limitatamente a taluni aspetti, il disciplinare di gara ed il bando; con il secondo ricorso (n. 13654/2002 r.r.), unitamente all’aggiudicazione definitiva, ha impugnato anche l’affidamento, in via anticipata, del servizio e tutti i provvedimenti connessi.
La Sezione II del TAR Lazio, davanti alla quali i ricorsi si sono incardinati, ha riunito i ricorsi e li ha respinti, con sentenza n. 6428/2002, con la quale ha in parte disatteso ed in parte assorbito le eccezioni di inammissibilità della Provincia e dell’aggiudicataria, costituitesi per resistere all’impugnazione.
2. Propone appello l’interessata, sottoponendo a censura il procedimento logico giuridico attraverso cui il giudice di primo grado è pervenuto alle proprie conclusioni e riproponendo il complesso delle censure formulate, con i ricorsi principali, in primo grado, ed i relativi motivi aggiunti
Esse possono essere così sinteticamente riassunte:
a) la commissione illegittimamente ha proceduto, in seduta riservata, alla apertura dei plichi contenenti l’offerta economica; se tale modo di procedere dovesse farsi risalire al disciplinare di gara, quest’ultimo sarebbe immediatamente viziato e vizierebbe a sua volta l’operato della commissione;
b) sarebbe viziata da eccesso di potere, sotto il profilo della illogicità, difetto di motivazione, difetto di istruttoria, violazione del disciplinare di gara, la scelta della commissione di attribuire indistintamente a tutti i concorrenti, il massimo punteggio per ben 15 delle 17 voci di cui si costituiva la griglia di valutazione in cui è stato distribuito il punteggio complessivo previsto per la valutazione tecnica, in concreto definendo il concorso sulla sola base della “potenzialità” e del “dimensionamento” delle imprese concorrenti;
c) per di più, le valutazioni afferenti alle due voci in questione (potenzialità e dimensionamento) sarebbero a loro volta viziate per eccesso di potere sotto i profili sopra specificati, oltre che per disparità di trattamento, in quanto la Commissione ha riferito i parametri di valutazione all’azienda in sé e non al servizio da svolgere;
d) illegittimamente non sono state escluse dalla gara le offerte presentate con modalità diverse da quelle indicate nel disciplinare (in particolare, per ciò che riguarda l’indicazione analitica degli immobili nei quali sarebbe stato espletato il servizio, dei materiali di consumo e delle strutture di supporto);
e) sarebbe viziata la valutazione favorevole delle giustificazioni addotte dalle concorrenti classificatesi al primo ed al secondo posto, in ordine alla anomalia delle loro offerte, in quanto, al contrario, nessuna accettabile giustificazione sarebbe stata fornita in ordine al costo del personale e sarebbero incomprensibili i riferimenti al “valore medio”, per i costi dei singoli contratti, con cui l’aggiudicataria ha sorretto la propria offerta.
Le affermazioni con le quali il giudice di primo grado ha respinto le censure in questione sarebbero per taluni aspetti in contrasto con gli orientamenti giurisprudenziali sulla materia, per altri versi apodittiche ed erronee.
3. Si sono costituite la Provincia e l’aggiudicatria, che resistono all’appello, nel merito, riproponendo le eccezioni dedotte in primo grado.
Infine, la causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 24 maggio 2005 e trattenuta in decisione.
D I R I T T O
1. Con il primo motivo, la società appellante – considerato criticamente il procedimento logico giuridico attraverso cui il giudice di primo grado è pervenuto alla decisione - torna a lamentare che la Commissione di gara non avrebbe garantito la pubblicità della seduta nelle quale sono state aperte le buste contenenti le offerte economiche, con conseguente incisione dei principi generali della pubblicità, del buon andamento, della trasparenza, dell'imparzialità e della par condicio che devono governare le procedure concorsuali ad evidenza pubblica; in particolare, sarebbe stato violato l’art. 89 del R.D. 23 maggio 1924 n. 827 e la censura investirebbe anche il disciplinare di gara, il quale (al punto 2 b) ha stabilito che:
- in seduta pubblica avvenisse soltanto l’apertura del plico contenente le tre buste (con, rispettivamente, la documentazione per l’ammissione alla gara, l’offerta tecnica e l’offerta economica) e l’apertura della busta n. 1 contenente la documentazione amministrativa per la valutazione dell’ammissione alla gara;
- ha rinviato invece alla commissione tecnica (in seduta non pubblica) l’esame della documentazione tecnica contenuta nella busta n. 2 e dell’offerta economica contenuta nella busta n. 3;
- in seduta pubblica fosse data lettura, successivamente, del verbale della commissione, con l’indicazione della graduatoria e l’aggiudicazione dell’appalto alla ditta che avesse presentato l’offerta più vantaggiosa.
L'infondatezza della censura esonera dall’esame delle eccezioni di inammissibilità, reiterate, al riguardo dalle resistenti.
L’invocato art. 89 del R.D. n. 827 del 1924 è norma che trova applicazione alle sole licitazioni private e non contiene un principio di ordine generale applicabile ad un tipo differente di procedura, quale è la procedura aperta, per pubblico incanto, della quale si discute.
Coglie, dunque, nel segno la sentenza appellata, allorché precisa che norme e principi invocati dalla ricorrente non possono desumersi dal citato art. 89, neppure tenendo conto del generico richiamo operato dalle norme concorsuali al regio decreto del 1924.
Come è stato rilevato in sentenza, in tale ambito normativo, la procedura di cui si tratta è accostabile, piuttosto, ad un appalto concorso, contemplato, nella fonte del 1924, all’art. 91, che nulla dispone in ordine alla pubblicità delle sedute.
Ciò non toglie che la regola di pubblicità, in quanto strettamente collegata a quella generale di trasparenza ed imparzialità che deve guidare l'attività amministrativa in tale delicata materia, debba considerarsi essenziale per ogni tipo di gara (in questi termini, Corte dei Conti, sez. controllo Stato, n.108 del 9.12.1999).
Di tale regola, occorre però stabilire la portata, che, contrariamente a quanto ritenuto dalla parte appellante, non è identica in tutti i casi.
La tesi sostenuta nel presente giudizio dalla ricorrente, secondo cui in nessun caso sarebbero ammesse deroghe alla pubblicità per le offerte economiche, non è avallata neppure dalla invocata decisone della Sezione n. 5421 del 9 ottobre 2002.
La massima, desunta isolatamente del testo della motivazione, tradisce il senso del convincimento espresso dalla Sezione nel citato precedente, che, al contrario, si muove su una linea esegetica del tutto conforme a quanto, con maggiore specificità, enunciato in altre decisioni di questa stessa Sezione (fra queste la decisione del 31 dicembre 1998 n. 1996 e quella del 14 aprile 2000 n. 2235 dalle quali, correttamente il giudice di primo grado ha tratto conferma del proprio orientamento e da cui la Sezione, in questa sede, non ha ragione di discostarsi).
In particolare, la prima delle due decisioni citate nella sentenza di primo grado (la n. 1996 del 1998) chiarisce le ragioni per cui deve ritenersi sussistente una esigenza puntuale a che, nelle gara per l' aggiudicazione mediante appalto concorso, le offerte economiche restino segrete per tutta la fase procedimentale in cui la Commissione compie le sue valutazioni sugli aspetti tecnici delle offerte; la seconda (la n. 1135 del 2000) ne trae le debite conseguenze, per quanto riguarda la derogabilità del principio di pubblicità, in ordine alla apertura delle buste contenenti le suddette offerte economiche.
Le più drastiche affermazioni contenute nella invocata decisione della Sezione n. 5421 del 2002, che, in epoca più recente, desume l’esistenza di una regola generale di pubblicità delle sedute delle pubbliche gare dalla normativa di cui al Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11.2.1994 n.109 e successive modificazioni, approvato con D.P.R. 21.12.1999 n.554, devono essere correlate al caso deciso, in cui “è mancata anche la verifica pubblica della regolarità della presentazione e del confezionamento dei plichi.
Deve darsi atto all’appellante che la decisione da ultimo citata contiene anche proposizioni che sembrano fare desumere la generalizzata tassatività della pubblicità delle sedute anche per ciò che riguarda le offerte economiche, tuttavia, nell’economia del caso deciso la tesi appare, per tale profilo, oltre che priva del necessario supporto motivazionale, anche del tutto incidentale rispetto alla fattispecie concreta, nella quale l’illegittimità risiedeva, a monte, nella mancata pubblicità della verifica della regolare presentazione dei plichi. Fra l’altro, la tesi suindicata è anche contraddittoria, rispetto alla affermata condivisione del principio secondo cui, al fine di stabilirne la portata della regola generale di pubblicità delle sedute, “occorre però distinguere tra procedure di aggiudicazione automatica (sulla base della disciplina di gara, che tiene conto unicamente dell'aspetto economico) e quelle che richiedono una valutazione tecnico-discrezionale per la scelta dell'offerta più vantaggiosa per l'Amministrazione sulla base di una pluralità di elementi tecnici ed economici”.
Invero, lo stesso metodo esegetico (consistente nell’individuare la regola generale nel regolamento fissato per le opere pubbliche) non è pienamente condivisibile, nel vigente ordinamento, caratterizzato dalla molteplicità di forme di scelta del contraente pubblico, ciascuna disciplinata da proprie regole.
La specifica disciplina dettata per ciascuna forma, anche in relazione all’oggetto della contrattazione, non consente, infatti, di estrapolare, ritenendole inderogabili, regole puntuali dettate per un certo tipo di procedimento e non per altri.
Di portata generale è la considerazione che nell'appalto concorso, cui è assimilabile la procedura in esame, a seguito delle fasi preliminari pubbliche di verifica e riscontro dei plichi presentati e dei documenti in essi contenuti, interviene la valutazione tecnico-qualititativa dell'offerta, che certamente deve effettuata in seduta riservata proprio al fine di evitare influenze esterne sui giudizi dei membri della Commissione giudicatrice (Sez. V, n. 5421 del 2002 cit).
Siffatta esigenza di riservatezza delle sedute della commissione, per ciò che concerne la valutazione dell’offerta tecnico - qualitativa dei singoli concorrenti, si coniuga con l’esigenza ulteriore di segretezza dell’offerta economica, fintato che le valutazioni in parola non siano state portate a compimento.
La regola della continuità e l’esigenza di speditezza consentono dunque - in assenza di una norma che fissi l’inderogabilità della seduta pubblica per l’apertura delle buste contenti l’offerta economica – di proseguire, in seduta riservata, anche all’apertura delle buste contenti l’offerta economica, in quanto, come già osservato dalla Sezione (nella richiamata decisione n. 2235 del 14 aprile 2000) “la loro consistenza risulta dagli atti scritti che le contengono ai quali, insieme ai verbali da cui risulta la loro comparazione, la legge assicura l’accesso a chi vi abbia interesse”.
In questo senso è stata regolata la procedura, dal disciplinare di gara, nella cui puntuale osservanza si è mossa l’apposita commissione.
Nessun addebito può dunque essere mosso per tale profilo, all’operato della stazione appaltante ed alla sentenza di primo grado.
2.1. Anche per il resto si può prescindere dai rilievi di inammissibilità delle resistenti, dovendosi, in ogni caso, condividere, per ciascuna delle censure, il giudizio espresso dal giudice di primo grado.
2.2. L’appellante lamenta che la commissione - dopo avere predisposto una griglia di ben 17 distinti parametri di valutazione, fissando per ciascuno il punteggio massimo – abbia poi attribuito valutazioni uniformi (il punteggio massimo previsto) a tutte le offerte tecniche, su ben 15 voci, differenziando soltanto i punteggi attribuiti per la “potenzialità” ed “il dimensionamento” di ciascuna delle ditte concorrenti.
Come rilevato nella sentenza appellata, il dato in sé, alla stregua delle censure dedotte, costituisce una mera evenienza di fatto, non significativa dell’illegittimità delle valutazioni sotto i profili di eccesso di potere denunciati.
Non è stato addotto invero, neppure in questa sede di appello, il sia pur minimo indizio di non validità delle valutazioni, su ciascuno degli elementi per i quali, a giudizio della commissione, tutte le concorrenti (compresa la ricorrente) hanno meritato il massimo punteggio.
L’appellante non investe di censure i criteri con cui la commissione ha costituito la c.d. “griglia” dei parametri di valutazione nelle sedute del 5 e dell’11 dicembre 2001; ed anzi riconosce implicitamente la sostanziale idoneità di tale scomposizione a fare emergere, ai fini valutativi, la specificità di ciascuna offerta.
E, però, in concreto si duole che, alla resa dei conti, il risultato sarebbe consistito in una appiattimento delle singole posizioni addebitabile alla viziata applicazione dei criteri.
A tale aspetto si riconnettono il profilo formale del difetto di motivazione e quelli sintomatici del difetto di istruttoria e della irragionevolezza.
Sennonché, la motivazione può ritenersi insita nel punteggio attribuito, proprio in forza delle minuziosa predeterminazione e specificità dei parametri (per tutte, sul punto, Sez. VI, n. 7251 del 12 novembre 2003; Sez. V, 5899 del 6 ottobre 2003; Sez. IV, n. 6195 del 13 ottobre 2003).
Quanto al difetto di istruttoria ed alla irragionevolezza, deve essere precisato che, non è col non addurre alcun elemento indiziario del vizio denunciato, che si sfugge ai limiti del sindacato sulla discrezionalità tecnica della commissione giudicatrice, bensì, al contrario, indicando puntuali elementi che, per la loro oggettiva consistenza, sono in grado di evidenziare l’illogicità della valutazione discrezionale.
Orbene, non è affatto improbabile, né insolito che, in un appalto concorso, la generalità delle offerte tecniche si presentino tutte ad elevatissimo grado di accettabilità sotto il profilo tecnico qualitativo, così da presentare pochissimi punti sui quali sia possibile per la commissione giudicatrice si espremire una valutazione differenziata.
Il verificarsi di una tale evenienza non è di per sé indicativo di un viziato modo di procedere e d’altra parte, la previsione di indicatori dettagliati e specifici ha il pregio di consentire proprio la individuazione degli elementi di differenziazione delle singole offerte.
La censura in esame non offre altro che una mera descrizione del fenomeno, e, dunque, l’addebito di genericità del motivo, formulato dal giudice di primo grado, deve essere pienamente condiviso.
2.3. Aggiunge, peraltro, l’appellante che “potenzialità” e “dimensionamento” (III motivo) sarebbero parametri illegittimamente applicati, in quanto i requisiti sarebbero stati considerati in termini assoluti e non anche con riferimento al complesso di risorse materiali ed umane da utilizzare nel servizio.
Su punto, è accertato che il riferimento quali-quantitativo al servizio da svolgere è esplicito nel verbale dell’11 dicembre 2001.
Di contro, deve essere condivisa l’opinione del giudice di primo grado secondo cui la provvista di personale costituisce, in relazione al servizio, un indicatore di notevole importanza, come del resto emerge nelle giustificazioni relative alla economia del costo/lavoro che, proprio la disponibilità organica dell’azienda ha consentito di offrire.
Pur non potendosi, dunque, revocare in dubbio che, nella valutazione dell’offerta tecnica, gli elementi da prendere in esame devono essere riferiti, in linea di principio, all’oggetto della gara, l’utilizzabilità di parametri che si riferiscono all’organizzazione aziendale nel suo complesso non può essere considerata in astratto, ma deve essere valutata in concreto, in relazione al tipo di gara, alle indicazioni della stazione appaltante, ed al sindacato proposto da chi vi ha interesse.
Prima ancora di appurare se la commissione giudicatrice abbia fatto corretta applicazione dei parametri di valutazione, occorre, dunque, accertare se vi sia corrispondenza fra il criterio applicato e le indicazioni contenute nel capitolato, che per tale profilo, non è stato fatto oggetto di censura.
Orbene, dimensionamento e potenzialità, sono indicatori che – individuati dalla stazione appaltante – includono indici desumibili dalla complessiva organizzazione e consistenza aziendale, in quanto idonei a confermare la serietà dell’offerta con riferimento, come nella specie, alla provvista di mezzi e personale utilizzabile nel complesso dei servizi oggetto della gara.
In questa ottica, deve essere esclusa l’estraneità all’oggetto delle macchine per raccolta e la pulizia, o degli automezzi per trasporto materiali e degli automezzi speciali di cui dispone l’aggiudicataria, o la complessiva consistenza organica della forza lavoro distinta in operatori, quadri e dirigenti, in quanto, al contrario, la disponibilità complessiva aziendale, per l’uno e l’altro aspetto, assicurano l’espletamento del servizio, secondo le modalità e le condizioni offerte.
Devono essere pertanto condivise le considerazioni del giudice di primo grado, con conseguente reiezione della censura.
2.4. L’appellante torna a dolersi in questa sede delle mancata esclusione delle offerte non corredate (come la propria) della documentazione tecnica relativa agli immobili nei quali doveva essere espletato il servizio.
Si tratta, invero di un tipo di approfondimento che non risulta espressamente richiesto dal capitolato, così come non richiesta era la c.s. campionatura sulla cui base, secondo quanto dedotto dalla ricorrente, in primo grado, l’aggiudicataria resistente, doveva essere esclusa.
Neanche per tale profilo, pertanto, le censure sono meritevoli di accoglimento.
2.5. Quanto alla giustificazione delle anomalie, a parte la contrapposta insindacabilità del giudizio, assorbente è il rilievo che argomenti e censure della appellante (specificati soltanto con riferimento alla giustificazioni della aggiudicataria e non anche della seconda classificata) sono ampiamente smentiti dai documentati argomenti difensivi dei resistenti.
L’appellante, invero, neppure in questa sede fornisce elementi idonei a scalfire le ragioni addotte dall’aggiudicataria a giustificazione delle economie sul costo del lavoro, oggettivamente ed analiticamente riposte sulla tipologia di personale impiegato (già alle dipendenze dell’azienda), sull’utilizzazione dell’istituto del lavoro straordinario per talune prestazioni, sulla possibilità di fare ricorso a maestranze non in possesso di specifiche competenze tecniche per circa l’80% delle lavorazioni , e sulla rapportata incidenza dell’intero costo/lavoro ad un valore medio dimensionato a quello del personale maggiormente qualificato.
Si tratta di elementi che, non smentiti dall’appellante, appaiono, in linea di principio, idonei oggettivamente a sorreggere i necessari margini di guadagno, cui pure deve essere dimensionata l’offerta economica.
3. In definitiva, nessuno dei motivi di appello, portati in questa sede, appare meritevole di accoglimento.
L’appello, pertanto deve essere respinto.
Le spese del giudizio, che si liquidano in dispositivo, devono essere poste a carico dell’appellante ed in favore delle appellate resistenti.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe;
Condanna l’appellante al pagamento, in favore delle appellate, delle spese del giudizio, che si liquidano in complessivi € 4.000,00 (quattromila/00) da ripartirsi in ragione di € 2000,00(duemila//00) in favore di ciascuno degli appellati, oltre IVA e CPA come per legge;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 24 maggio 2005,, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Raffaele IANNOTTA PRESIDENTE
Raffaele CARBONI CONSIGLIERE
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Est. CONSIGLIERE
Claudio MARCHITIELLO CONSIGLIERE
Nicola RUSSO CONSIGLIERE
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Chiarenza Millemaggi
Cogliani F.to Raffaele
Iannotta
IL
SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28 novembre 2005
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to Antonio
Natale
N°. RIC. 10262/03 |
MGR