REPUBBLICA ITALIANA    N.7058/05 REG.DEC.

         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO    N. 5170 REG.RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,  Sezione Quinta          ANNO  2004 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello nr. 5170/2004 R.G., proposto dal Comune di Cesano Boscone, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Filippo Lattanzi e Giorgio Roderi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, sito in Roma, via G.P. da Palestrina, n. 47,

CONTRO

Ecol Service s.r.l., (P: IVA 11485400151) in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Maurizio Saladino e Roberto Colagrande, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Franco Gaetano Scoca, in Roma, Via G. Paisiello n. 55;

e nei confronti di

- Manutencoop s.c. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Manzi, Francesco Rizzo e Stefano Baccolini, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, Via F. Confalonieri n. 5;

- Spazio Aperto Servizi soc. coop. di solidarietà a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano, sez. III, 13 aprile 2004, n. 1451.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio della Ecol Service s.r.l. e della Manutencoop s.c. a r.l.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Visto l’art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;

Alla pubblica udienza del 15 febbraio 2005, relatore il Consigliere Michele Corradino ed uditi, altresì, gli avvocati Roderi, Lattanzi, Colagrande e Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con la sentenza appellata il TAR della Lombardia – Milano ha accolto il ricorso (iscritto al nr. 3042/2003 R.G.) con cui la Ecol Service s.r.l. aveva chiesto l’annullamento dei provvedimenti recanti la determinazione di affidare a trattativa privata il servizio di pulizia manuale del suolo pubblico e di gestione della piattaforma comunale di via Vespucci e l’affidamento dei servizi medesimi, rispettivamente alla Manutencoop s.c. a r.l. e a Spazio Aperto soc. coop. a r.l., unitamente a tutti gli atti e provvedimenti ad essi preordinati, consequenziali o comunque connessi, fra cui specificamente i contratti eventualmente stipulati con le società citate, e con i motivi aggiunti proposti dalla stessa, l’annullamento della deliberazione di Giunta comunale n.86 dell’8 luglio 2003, la determinazione del Direttore del Settore Territorio e Ambiente n. 668/03 del 6 ottobre 2003, la determinazione del Direttore del Settore Territorio e Ambiente n.733/03 del 28 ottobre 2003, la determinazione del Direttore del Settore Territorio e Ambiente n. 718/03 del 21 ottobre 2003, le ordinanze sindacali n. 17 del 31 ottobre 2003 e n. 19 del 14 novembre 2003 rese nelle more del giudizio, mentre il giudice di primo grado ha respinto la domanda di condanna al risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente dei pregiudizi patiti e patiendi dalla ricorrente a causa degli atti gravati e dei comportamenti comunali.

La sentenza è stata appellata dal Comune di Cesano Boscone che contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado.

La Ecol Service s.r.l. e la Manutencoop s.c. a r.l. si sono costituite in giudizio.

La Spazio Aperto soc. coop. a r.l. non si è costituita in giudizio.

Alla pubblica udienza del 15 febbraio 2005, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso in appello è infondato e deve essere rigettato.

1. Devono essere, innanzitutto, esaminate le eccezioni di rito rigettate dal giudice di primo grado e riproposte dal Comune appellante (eccezioni sostenute, altresì, dalla Manutencoop s.c. a r.l.).

Con la prima eccezione il Comune di Cesano Boscone si duole dell’omessa declaratoria, da parte del giudice di prime cure, della inammissibilità del ricorso proposto in primo grado dalla Ecol Service s.r.l. per il rilievo che lo stesso è stato proposto in forma cumulativa avverso due distinti provvedimenti, assunti in esito a procedure separate non connesse (il primo di tale procedimento ha per oggetto l’affidamento a Spazio Aperto Scarl del servizio di gestione della piattaforma ecologica; il secondo ha per oggetto l’affidamento a Manutencoop s.c. a r.l., con procedura negoziata fra cinque concorrenti, del servizio di spezzamento manuale del suolo pubblico).

Va primariamente rilevato che nel processo amministrativo, in assenza di una espressa disciplina dell'istituto della connessione, il principio secondo il quale il ricorso giurisdizionale deve essere diretto contro un solo atto oppure contro atti diversi ma tra loro collegati, si fonda sulla necessità di evitare la confusione tra controversie del tutto diverse, il che si verifica quando in un solo giudizio confluiscono atti che promanano da Autorità differenti, che difettino di ogni collegamento e che attengano a rapporti sostanziali diversi.

Orbene, la giurisprudenza dominante, alla quale il Collegio aderisce, ha affermato che l'esistenza di fattispecie connesse, idonee a essere proposte con ricorso cumulativo va assunta in termini di ragionevolezza, di giustizia sostanziale e di razionalità, scevra da spirito formalistico e in modo da non cagionare una superflua gravosità di adempimenti procedurali a carico di chi intenda tutelarsi avverso atti, ritenuti non legittimi, della pubblica autorità (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 03/10/2002, n. 5210, Cons. Stato, sez. IV, 22/01/1999, n. 52; Cons. Giust. Amm. Sic., sez. giurisdiz., 13/10/1998, n.620 che evidenzia le ragioni di economia processuale dell’indirizzo interpretativo condiviso; Cons. Stato, sez. IV, 10/07/1996, n. 830; Cons. Stato sez. IV, 20/12/1996, 1311; Cons. Stato, sez. VI, 07/06/1994, n. 923).

Alla luce di tale impostazione è stato ritenuto ammissibile il ricorso cumulativo contro distinti provvedimenti amministrativi, quando tra gli stessi provvedimenti sussista un vincolo di connessione che legittimerebbe la riunione dei ricorsi, ove separatamente proposti, a tutela di un medesimo bene giuridico o con riferimento ad atti di un medesimo procedimento amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 05/06/2001, n. 3015), ovvero quando tra gli atti impugnati sussista un nesso procedimentale o di preordinazione funzionale o logica, tale da rendere gli stessi i componenti di un quadro provvedimentale unitariamente lesivo dell'interesse del ricorrente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15/03/1993, n. 357).

Alla luce delle superiori considerazioni deve rilevarsi la infondatezza della eccezione avanzata dall’appellante. Invero, come correttamente affermato dal Giudice di primo grado, l’accumulo di controversie, aventi ad oggetto l’una il provvedimento di aggiudicazione, in esito a procedura negoziata, del servizio di spazzamento manuale del suolo pubblico e l’altra l’affidamento diretto a cooperativa sociale della gestione della piattaforma ecologica per il conferimento dei rifiuti, trova il presupposto nella deliberazione della Giunta comunale n. 86/2003 (essendo, invece, irrilevante la determinazione del Comune di Cesano Boscone di limitare l’operatività della proroga del servizio a favore della Ecol Service s.r.l. al 31 ottobre 2003), il che evidenzia quel nesso funzionale che giustifica la concentrazione in unico giudizio della vicenda controversa. La ricorrente in primo grado, inoltre, aveva in precedenza gestito i servizi di cui trattasi in forza di unico affidamento, sostenendo - nel corso del giudizio di primo grado - che l’amministrazione comunale aveva proceduto al frazionamento dei servizi al fine illegittimo di sottrarre il valore complessivo del loro insieme al limite di applicabilità delle procedure in economia di cui all’art. 3 D.P.R. n. 384/2001 ed evitare così il necessario ricorso alle procedure ad evidenza pubblica. Correttamente, pertanto, il giudice di prime cure ha proceduto all’esame in unico contesto processuale delle questioni sollevate con le censure racchiuse nel ricorso di primo grado e nei successivi motivi aggiunti.

Non meritevole di accoglimento è, altresì, l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per la mancata impugnazione dell’atto presupposto costituito dalla deliberazione di Giunta comunale n. 86/2003 e la tardività dell’impugnazione che è stata proposta avverso detta delibera con i motivi aggiunti.

Merita di essere precisato che le persone direttamente contemplate nell'atto amministrativo (nella fattispecie, deliberazione di Giunta comunale n. 86/2003) a cui, a norma dell'art. 2 r.d. n. 17 agosto 1907 n. 642, deve essere notificato o comunicato l'atto stesso, non sono soltanto i soggetti menzionati nell'atto, ma anche quelli che , pur non essendo menzionati, siano in qualche modo da ritenersi destinatario del medesimo (nella fattispecie, Ecol Service s.r.l.). Pertanto, nei confronti di tali soggetti, la pubblicazione dell'atto nelle forme di rito non fa decorrere il termine per l'impugnazione, occorrendo, a tal fine, la notificazione o comunicazione individuale, ovvero la prova dell'effettiva conoscenza.

Orbene, secondo principio giurisprudenziale pacifico (dal quale il Collegio non intende discostarsi), l'onere della prova dell'avvenuta conoscenza dell'atto impugnato incombe su chi eccepisce la tardività del ricorso giurisdizionale, mediante mezzi probatori univoci e chiari, diretti ad accertare in modo certo e inconfutabile che il gravame è stato proposto dopo la scadenza del termine decadenziale (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 27/03/2002, n. 1732; Cons. Stato, sez. IV, 03/09/2001, n. 4620; Cons. Stato, sez. IV, 01/08/2001, n. 4206; Cons. Stato, sez. IV, 22/03/2001, n. 1683).

L’eccezione di tardività deve pertanto essere respinta, non avendo il Comune appellante dimostrato che la conoscenza dell’atto in questione è avvenuta anteriormente alla data in cui la deliberazione della Giunta comunale n. 86/2003 è stata prodotta in giudizio. Anteriormente alla presentazione del ricorso di prime cure, invero, alla società ricorrente in primo grado erano state trasmesse unicamente le note 28 ottobre 2003, nelle quali non è contenuto alcun richiamo alla deliberazione G.C. n. 86/2003; pertanto, rispetto alla data del 10 novembre 2003 (data in cui la deliberazione della Giunta comunale n. 86/2003 è stata prodotta in giudizio), la Ecol Service s.r.l., ha tempestivamente proposto impugnazione a mezzo dei motivi aggiunti notificati il 24 novembre 2003.

Non condivisibile è, infine, l’eccezione di inammissibilità del primo motivo di ricorso del gravame di primo grado per difetto di una condizione dell’azione, per il rilievo che la norma (invocata dalla ricorrente in primo grado) racchiusa nell’art. 24 primo comma della legge n. 289/2002 è stata abrogata con l’art. 15 decreto legge 30 settembre 2003 n.269, convertito in legge n. 326/2003.

L’eccezione, come correttamente statuito nella sentenza gravata, è del tutto priva di fondamento. Invero, la proposizione di un motivo di gravame rivolto ad ottenere la caducazione di un provvedimento amministrativo in forza di un invocato parametro normativo soddisfa la condizione dell’azione de qua agitur – denominata “possibilità giuridica” ovvero “esistenza della norma” - (si ricordi, infatti, che le condizioni dell’azione sono identificabili con i requisiti intrinseci della domanda - la cui carenza impedisce al giudice adito di pronunciare sul merito della res controversa -  che si risolvono nell’affermazione da parte del ricorrente ovvero dell’attore dei fatti costitutivi affermati nella domanda; in tal senso, autorevole dottrina processualistica utilizza la locuzione “ipotetica accoglibilità della domanda”). Questione diversa è quella della vigenza di una norma o di un principio che possa avvalorare la tesi del ricorrente: ma in tal caso si tratta di una valutazione che attiene alla fondatezza dell’azione e, quindi, al merito della controversia.

2. Venendo al merito della controversia giova preliminarmente osservare che, in materia di affidamenti di servizi pubblici locali, a differenza di quanto reiteratamente sostenuto dall’amministrazione appellante e dalla Manutencoop s.c. a r.l., la disciplina generale di riferimento è quella risultante dall’art. 113 D.L.vo n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), il cui testo è stato soggetto a numerose modifiche, in primo luogo per i richiami che la Commissione UE ha rivolto allo Stato italiano (si rammenti, in particolare, la nota del 26 giugno 2002 della Commissione UE in merito alla compatibilità comunitaria delle disposizioni contenute dell’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – cd. legge finanziaria 2002 - concernenti le forme di gestione dei servizi pubblici locali), per il mantenimento, in numerosi e rilevanti settori, del precedente regime dell’affidamento diretto, così contravvenendo ai principi desumibili dal Trattato comunitario, alla stregua dei quali s’imponeva il rispetto delle regole di trasparenza ed imparzialità nella scelta del soggetto affidatario.

Va osservato, altresì, che gli incessanti interventi normativi nella materia de qua sono ascrivibili anche all’esigenza di ricondurre la normativa di rango primario alle previsioni del novellato art. 117 della Costituzione.

Deve essere, invece, negato ogni rilievo applicativo alle previsioni racchiuse nella legge n. 381/1991 e nel DPR 384/2001, fonti normative previgenti rispetto alla disciplina racchiusa nel D.L.vo n. 267/2000 e successive modificazioni ed integrazioni (che non contiene clausole di salvezza), né può avere incidenza il valore di stima del servizio da affidare o la natura solidaristica del soggetto affidatario (elementi non presi in considerazione dalla richiamata normativa in materia di enti locali).

Deve, inoltre essere ricordato che la portata precettiva dell’articolo 113 D.L.vo n. 267/2000 risulta anche imposta dal rilievo comunitario degli interessi ad essa sottesi che attengono ad una più pregante tutela della concorrenza nell’accesso al mercato della gestione dei servizi pubblici locali (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 maggio 2003, n. 2380).

Tornando alla previsione racchiusa nel citato art. 113 D.L.vo n. 267/2000, merita di essere osservato che detto articolo è stato in un primo momento modificato dal citato art. 35 L. n. 448/2001, e successivamente dall’art. 14 D.L. n. 269/2003 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326; ulteriori integrazioni sono state poi effettuate con l’art. 4, comma 234, della Legge 24 dicembre 2003, n. 350 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (cd. legge finanziaria 2004).

Il comma V della citata norma così recita: <<L’erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio: a) a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano>>.

Va aggiunto, per esigenze di completezza, che l’articolo 14 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003 n. 326, ha sostituito all’articolo 113 le parole <di rilevanza industriale>> con le parole <<di rilevanza economica>>.

Orbene, accanto all’affidamento mediante gara, che la riforma attuata dall’art. 35 della legge n. 448/2001 aveva configurato come unico strumento per la gestione esternalizzata dei servizi pubblici (<<L'erogazione del servizio, da svolgere in regime di concorrenza, avviene secondo le discipline di settore, con conferimento della titolarità del servizio a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica>>), l’art. 14 del D.L. n. 269/2003 prevede altri due modelli dei quali l’uno risponde allo schema dell’affidamento in house di estrazione comunitaria, mentre l’altro reintroduce lo strumento della società mista, prevedendo l’affidamento diretto del servizio a fronte della selezione mediante procedura ad evidenza pubblica del socio privato.

Orbene, alla luce della superiore ricostruzione appare corretta la statuizione di primo grado che, dopo aver inquadrato il servizio di spazzamento delle strade comunali e il servizio di gestione della piattaforma ecologica per la raccolta differenziata di rifiuti solidi urbani, come prestazioni richieste alle imprese affidatarie rivolte alla produzione di attività riconducibili nell’ambito dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, ha statuito che l’erogazione del servizio può essere effettuato da società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica (mentre la possibilità di derogare a tale obbligo deve ritenersi consentita nelle sole ipotesi, che qui non rilevano, di affidamento diretto a società a capitale misto nelle quali il socio privato sia stato individuato a mezzo di procedure ad evidenza pubblica e di affidamento in house a società a dominanza pubblica).

Fondatamente, pertanto, il primo Decidente ha ritenuto gli affidamenti in questione disposti in violazione della suindicata normativa, che costituisce attuazione di principi generali in materia di concorrenza e che impone il ricorso a gare pubbliche per la selezione degli affidatari dei servizi pubblici (salvo per le anzidette deroghe), non ritenendosi conforme ai superiori parametri normativi neppure l’espletamento della procedura relativa al servizio di pulizia manuale strade (in esito alla quale il servizio de quo è stato affidato alla Manutencoop s.c. a r.l.).

3. In ordine alla statuizione contenuta nella gravata pronuncia concernente la ritenuta illegittimità della deliberazione della Giunta comunale n. 86/2003 per violazione dell’art. 42 del T.U. n. 267/2000 deve essere rilevata l’infondatezza del motivo d’appello.

Invero, l’art. 42 secondo comma lett. e), di detto decreto, (lettera modificata dall'art. 35, comma 12, legge 28 dicembre 2001, n. 448), attribuisce alla competenza del Consiglio comunale gli atti di <<organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell'ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione>>. Ne discende che la partecipazione a società di capitali destinate a soddisfare fini pubblici, in quanto finalizzate all’esercizio di servizi pubblici locali, corrisponde, nel sistema della legge, ad una scelta fondamentale deferita all’organo di vertice, qual è nell’organizzazione comunale il Consiglio (non a caso definito nel comma 1 dell’art. 42 <<organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo>>).

La legge quindi ha riservato alla competenza esclusiva dell’organo consiliare ogni determinazione circa gli oggetti dianzi indicati e, anzi, con la precisazione, contenuta nella parte finale della norma, che <<le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al presente articolo non possono essere adottate in via d'urgenza da altri organi del comune o della provincia, salvo quelle attinenti alle variazioni di bilancio adottate dalla giunta da sottoporre a ratifica del consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza>>.

Invero, sulla base del criterio di riparto di competenze tra Consiglio comunale e Giunta, l’organo elettivo è chiamato ad esprimere gli indirizzi politici ed amministrativi di rilievo generale, che si traducono in atti fondamentali, tassativamente elencati nell’art. 42 D.L.vo n. 267/2000, mentre la Giunta municipale (cfr. artt. 48 e 107 del medesimo decreto) ha una competenza residuale in quanto compie tutti gli atti non riservati dalla legge al Consiglio o non ricadenti nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del Sindaco o di altri organi di decentramento.

Né può condividersi la lettura riduttiva (in merito alla latitudine contenutistica della deliberazione della Giunta comunale n. 86/2003) patrocinata dalla difesa del Comune appellante, proprio poiché – sebbene la deliberazione de qua non abbia introdotto in via immediata e diretta alcuna innovazione in punto di organizzazione del servizio di igiene urbana – essa ha in concreto tradotto un indirizzo politico ed amministrativo di rilievo generale la cui elaborazione, come sopra evidenziato, la legge riserva all’organo consiliare.

4. Si rivela, altresì, infondato il motivo di gravame con il quale l’appellante censura la pronuncia gravata nella parte in cui ha ritenuto sussistente il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà di comportamenti e disparità di trattamento per avere l’amministrazione comunale invitato a partecipare alla trattativa privata la Manutencoop s.c. a r.l., benché la stessa fosse risultata destinataria di penalità inflitte per infrazioni registrate nel corso del precedente rapporto con l’amministrazione comunale, escludendo invece la ricorrente di primo grado alla quale erano state rivolte alcune contestazioni non sfociate in corrispondenti misure sanzionatorie. Invero, risulta che a fronte di disservizi e carenze nello svolgimento del servizio da parte della Ecol Service, l’Amministrazione comunale non è andata oltre mere contestazioni, mentre alla Manutencoop s.c. a r.l. erano state irrogate delle sanzioni pecuniarie. Risulta, pertanto, evidente la violazione commessa dall’amministrazione comunale che non ha invitato alla trattativa privata la Ecol Service, sul presupposto della paventata non corretta esecuzione del contratto, mentre ha invitato la Manutencoop s.c. a r.l. le cui violazioni o disservizi avevano in precedenza assunto rilievi tali da importare l’attivazione di una procedura sanzionatoria (in luogo di una più blanda contestazione).

Alla luce delle superiori considerazioni, il ricorso in appello deve essere respinto e per l’effetto deve essere confermata la sentenza impugnata.

Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, respinge l’appello.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 15 febbraio 2005, con l'intervento dei sigg.ri

Sergio Santoro                      Presidente

Giuseppe Farina                      Consigliere

Corrado Allegretta                      Consigliere

Chiarenza Millemaggi Cogliani     Consigliere

Michele Corradino                      Consigliere Est. 

   L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

   f.to Michele Corradino   f.to Sergio Santoro 
 

IL SEGRETARIO

f.to Agatina Maria Vilardo 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13 dicembre 2005

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

p.IL  DIRIGENTE

F.to Livia  Patroni Griffi 

  N°. RIC .5170/2004

FDG