REPUBBLICA ITALIANA    N.7124/05    REG.DEC.

         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO    N. 8735 REG.RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,  Sezione Quinta          ANNO  2004 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 8735/2004 proposto dal Comune di Gazzo Veronese (VR), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alberto Arrigo Gianolio e Orlando Sivieri ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, P.zza della Libertà n. 13,

contro

la Società Italiana per il gas s.p.a. – ITALGAS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Stefano D’Ercole e prof. Luca Nanni ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, Largo del Teatro Valle n. 6,

per la riforma

della sentenza TAR Veneto, Sez. I, n. 1140 del 21 aprile 2004, resa in forma semplificata, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dalla società ITALGAS per l’annullamento della delibera del Consiglio Comunale di Gazzo Veronese n. 2 in data 23 febbraio 2001, inerente il riscatto anticipato del servizio di distribuzione del gas;

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della società Italgas;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza dell’1 aprile 2005, relatore il consigliere Nicola Russo;

Uditi gli avvocati Gianolio, Sivieri e Nanni;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue

FATTO

Con ricorso dinanzi al TAR per il Veneto la società Italgas ha impugnato il provvedimento n. 2 del 23 febbraio 2001 con il quale l’Amministrazione comunale di Gazzo Veronese ha deliberato di esercitare, ai sensi dell’art. 24 del R.D. n. 2578/1925, il diritto di riscatto anticipato del servizio pubblico del gas nel territorio comunale, ponendo così termine alla convenzione in essere tra il Comune anzidetto e la società Italgas s.p.a., subentrata alla Estigas s.p.a. con effetto dall’1 gennaio 2002.

La ricorrente ha chiesto l’annullamento di tale delibera deducendo numerosi profili di illegittimità, tra cui violazione e falsa applicazione di legge (in particolare del D. Lgs. n. 164/2000, del T.U. n. 2578/1925; dell’art. 10 della l. n. 241/90 e del D.P.R. n. 902/1986), ed eccesso di potere nelle sue tipiche e differenziate configurazioni.

L’Amministrazione resistente, con memoria depositata in vista della trattazione della domanda cautelare, ha pregiudizialmente eccepito l’incompetenza del giudice adìto, deducendo che la convenzione concernente l’attuazione della concessione del cui riscatto si controverte contiene una clausola compromissoria (art. 14 dell’atto di concessione del 10 gennaio 1986) che devolve vincolativamente agli arbitri la definizione di “qualsiasi controversia nascente dalla convenzione stessa”.

Il TAR adìto, con sentenza n. 1140 depositata in data 21 aprile 2004, resa in forma semplificata, dichiarata inammissibile, in quanto giudicata intempestiva, l’eccezione sollevata dall’Amministrazione comunale resistente, ha accolto il ricorso nel merito, ritenendo fondato il primo motivo di diritto e ha compensato tra le parti le spese di lite.

Con ricorso notificato il 29 settembre 2004 e depositato il 7 ottobre successivo il Comune di Gazzo Veronese ha interposto appello avverso la prefata sentenza, non notificata, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e chiedendone l’annullamento e/o la riforma sotto due articolati ordini di motivi, l’uno riguardante la declaratoria di inammissibilità dell’eccezione, sollevata nel corso del giudizio di primo grado, relativa alla devoluzione della controversia al Collegio arbitrale previsto dalla clausola compromissoria (art. 14) contenuta nella convenzione e l’altro attinente il merito, e, cioè, alla questione relativa alla sopravvivenza o meno dell’istituto del riscatto anticipato di cui all’art. 24 del R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578.

Resiste all’appello la società Italgas, che ne ha chiesto il rigetto, con conseguente conferma della decisione impugnata, ed ha, altresì, riproposto in sede di memoria gli altri motivi di ricorso non esaminati dal TAR, in quanto assorbiti dalla statuizione di accoglimento del primo.

Prima dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie, illustrando ulteriormente il contenuto delle rispettive domande, eccezioni e deduzioni ed insistendo per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate.

Alla pubblica udienza dell’1 aprile 2005 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Come evidenziato nella parte narrativa del fatto, il Comune di Gazzo Veronese ha eccepito, nel corso del giudizio di primo grado, che la controversia, vertente sull’esercizio del diritto di riscatto anticipato del servizio di distribuzione del gas, doveva essere devoluta, in forza della clausola compromissoria (art. 14), contenuta nella convenzione 10 gennaio 1986 rep. n. 2115, alla cognizione del Collegio arbitrale previsto nella clausola medesima.

Tale eccezione è stata dichiarata inammissibile dal TAR in base a rilievo che l’eccezione con cui si deduce l’incompetenza del giudice adito, per essere la controversia devoluta alla cognizione di arbitri (rituali), deve essere proposta in limine litis con la prima difesa del giudizio di merito, atteso il principio della derogabilità della competenza arbitrale.

Il che, come rilevato dal giudice di prime cure, non è avvenuto nella specie, in quanto l’amministrazione intimata, costituitasi con controricorso depositato in data 21 settembre 2001, ha svolto le proprie difese, senza formulare, in quella sede, eccezioni pregiudiziali e quindi rinunciando a far valere la clausola compromissoria.

Ora, con il primo motivo l’appellante amministrazione sostiene che tale statuizione sarebbe erronea, in quanto l’eccezione con la quale si deduce l’esistenza di una clausola compromissoria per arbitrato rituale, non atterrebbe alla competenza, ma al merito, in quanto inerente alla validità o alla interpretazione della clausola compromissoria e, quindi, non sarebbe soggetta ai limiti temporali previsti per le questioni di competenza dall’art. 38 c.p.c., ma soggiacerebbe alle preclusioni proprie delle eccezioni di natura sostanziale nel giudizio amministrativo.

Il motivo è infondato.

Se è vero, infatti, che nel processo amministrativo, a differenza di quanto avviene nel processo civile (v. art. 38 c.p.c.), difettano particolari preclusioni per la proposizione delle eccezioni di cui trattasi - essendo tutte le eccezioni pregiudiziali rilevabili di ufficio in qualunque stadio del processo (cfr. Cons. St., sez. VI, 19 luglio 1999, n. 973), fatta eccezione per quella di incompetenza territoriale derogabile - tuttavia, come già sottolineato in diverse occasioni da questo Consiglio, con giurisprudenza qui condivisa, la clausola con la quale il Comune e la concessionaria hanno convenuto di rimettere ad un Collegio arbitrale tutte le questioni che potessero insorgere durante la concessione o successivamente sulla interpretazione ed esecuzione della convenzione - anche a voler ammettere che si sia in presenza della previsione di un arbitrato rituale - è invalida ed inefficace in quanto risulta introdotta in vigenza della L. 6 dicembre 1971, n. 1034 e prima dell’entrata in vigore della L. 21 luglio 2000, n. 205 (cfr. Cons. St., sez. V, 14 giugno 2004, n. 3823; id., 30 agosto 2004, n. 5652). Anteriormente a quest’ultima legge, invero, non era data alle parti la facoltà di compromettere in arbitri le materie affidate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, d’altra parte, l’art. 6, comma 2, della L. n. 205 del 2000, che introduce anche in tali materie la facoltà di avvalersi di un arbitrato rituale di diritto, non fa salva la precedente clausola compromissoria volta all’applicazione di un arbitrato obbligatorio di diritto, in quanto non contiene una clausola di retroattività (cfr. Cons. St., sez. V, 31 gennaio 2003, n. 472).

E, comunque, la giurisprudenza di questa Sezione (cfr. Cons. St., sez. V, 14 maggio 2004, n. 3146) ha escluso l’operatività della clausola compromissoria sul rilievo che la facoltà di avvalersi dell’istituto del riscatto anticipato non ha la sua fonte nella disciplina convenzionale della concessione, in quanto non attiene a controversie insorte tra le parti in relazione alla violazione di obblighi inerenti al rapporto concessorio, ma deriva, sul piano astratto, salvo quindi verificare se ne sussistano i presupposti, direttamente da una norma di legge.

Ne consegue che la verifica della legittimità della deliberazione dell’ente con la quale tale facoltà è stata esercitata è fuori della materia oggetto della clausola compromissoria ed è rimessa al sindacato del giudice amministrativo, nell’ambito della giurisdizione esclusiva spettante a detto giudice in materia di servizi pubblici ai sensi dell’art. 33 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successive modificazioni ed integrazioni (cfr. dec. n. 3146 del 2004 cit.).

Le controversie tra le parti di tipo puramente economico concernenti l’esercizio del riscatto esulano, invece, dalla giurisdizione di questo giudice per effetto dei principi affermati dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 204 del 5-6 luglio 2004.

La competenza arbitrale è poi esclusa in caso di arbitrato irrituale e in caso di arbitrato di equità, poiché il citato art. 6, comma 2, della L. n. 205 del 2000 contempla solo l’arbitrato rituale di diritto (cfr. Cass., Sez. Un., 27 luglio 2004, n. 14090), così come è esclusa quando la situazione giuridica azionata abbia consistenza di interesse legittimo (Cass., Sez. Un., ult. cit.).

Tanto premesso in rito, occorre ora passare ad esaminare il merito della presente controversia.

Il TAR per il Veneto, esaminando, in via prioritaria ed assorbente, la questione, sollevata con il primo motivo, concernente la permanenza in capo all’ente locale di portare a compimento le procedure di riscatto anticipato di cui all’art. 24 del r.d. n. 2578/1925 dopo l’entrata in vigore del d. lgs. 23 maggio 2000, n. 164, ha ritenuto, anche sulla base della propria giurisprudenza (cfr. TAR Veneto, sez. 1^, n. 887 del 30 gennaio 2003; n. 2072 del 25 marzo 2003; n. 4705 del 9 settembre 2003) che il potere comunale di riscatto è da escludere anche nel periodo transitorio, in quanto tale periodo non è previsto per mantenere in vita il preesistente regime, ma solo per rendere possibile, in tempi certi, il passaggio al sistema dell’esternalizzazione, per cui non è ammissibile l’utilizzo di un istituto che persegue finalità non più contemplate dall’ordinamento e che non ha rilievo il fondamento anche consensuale dell’istituto (ove contemplato in modo espresso nella convenzione Comune-concessionario), trattandosi di una clausola di stile correlata alla presenza nell’ordinamento di una specifica norma che accorda agli Enti locali detta potestà, destinata a venir meno automaticamente una volta venuta meno la norma di riferimento.

L’appellante Comune con il secondo motivo contesta analiticamente dette argomentazioni, richiamando anche la disposizione di cui all’art. 1, comma 69, della recente L. 23 agosto 2004, n. 239 (concernente il “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”).

La questione oggetto della presente controversia riguarda, dunque, la facoltà degli Enti locali di esercitare legittimamente il riscatto previsto dall’art. 24 del R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578 (testo unico della legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province) e, per quanto più in particolare riguarda il servizio di distribuzione del gas, attiene alla possibilità o meno di ritenere ancora sussistente tale facoltà dopo l’approvazione e l’entrata in vigore del D. Lgs. 23 febbraio 2000, n. 164 (c.d. decreto “Letta”).

A fronte, infatti, di una facoltà legislativamente concessa agli Enti affinché questi potessero erogare in via autonoma servizi precedentemente affidati in concessione a terzi, si è discusso - e ancora continua a discutersi, stante l’avvicendarsi di norme ispirate a criteri ed obiettivi non sempre coerenti - se fosse ancora possibile utilizzare un potere di tal genere onde perseguire una finalità completamente diversa, vale a dire quella di liberalizzare il settore del gas conformemente agli obiettivi del citato D. Lgs.

Interrogata sulla questione, la giurisprudenza di prima istanza aveva ritenuto (cfr. TAR Lombardia, Brescia, 12 novembre 2001, n. 891; id., 23 aprile 2003, n. 456) che l’esercizio del diritto di riscatto dovesse ritenersi legittimo, purché fossero specificamente individuate le ragioni poste a fondamento della decisione adottata ed i fini perseguiti mediante la medesima, fini e ragioni che, evidentemente, dovevano essere conformi ai principi di liberalizzazione recati dalla normativa di settore.

A tale orientamento, tuttavia, si è opposto quello adottato dalla giurisprudenza di questo Consiglio, che ha dato vita ad una interpretazione (poi divenuta unanime) a mente della quale la facoltà di cui trattasi dovesse ritenersi implicitamente abrogata dalla nuova disciplina di cui al D. Lgs. n. 164/2000. A sostegno di tale indirizzo, si è posto l’accento proprio sulle finalità insite nell’istituto, il quale risultava strettamente connesso con la possibilità per i Comuni di assumere direttamente la gestione del servizio; essendo divenuta inconfigurabile una consimile facoltà in capo agli enti locali, dopo l’entrata in vigore del c.d. Decreto “Letta”, si è ritenuto che si dovesse escludere anche la sopravvivenza di una possibilità concessa proprio ai fini di cui si è detto (cfr. Cons. St., sez. V, 28 giugno 2004, n. 4791; sez. V, 28 giugno 2004, n. 4788; sez. V, 22 giugno 2004, n. 4364; sez. V, 14 giugno 2004, n. 3823).

A sostegno delle proprie argomentazioni, invero, tale giurisprudenza ha allegato anche ragioni di natura sostanziale, ispirate all’equo contemperamento tra l’interesse pubblico ad una gestione concorrenziale del servizio (onde migliorare la qualità del servizio e diminuirne tendenzialmente i costi) e gli interessi privati dei soggetti eroganti il servizio medesimo, i quali già vedevano limitate le proprie prospettive di guadagno alla luce della scadenza anticipata delle loro concessioni (cfr. Cons. St., sez. V, 8 agosto 2003, n. 4590; sez. V, 13 giugno 2003, n. 3343; sez. V, 11 giugno 2003, n. 3246; sez. V, 25 giugno 2002, n. 3455).

La questione in tal modo risolta dalla giurisprudenza di questo Consiglio, alla quale pure si è richiamato il giudice di prime cure, è stata, tuttavia, recentemente disattesa dal legislatore attraverso l’introduzione nel nostro ordinamento del comma 69 dell’art. 1 L. 23 agosto 2004, n. 239, comma questo, invocato dal Comune appellante, che fornisce l’interpretazione autentica – e, quindi, applicabile retroattivamente (cfr. Cons. St., sez. IV, 25 agosto 2003, n. 4790) – dell’art. 15, comma 5, D. Lgs. n. 164/2000, e che così recita: << La disposizione di cui all’art. 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, relativa al regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni in essere al 21 giugno 2000, data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, va interpretata nel senso che è fatta salva la facoltà di riscatto anticipato, durante il periodo transitorio, se stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione. Tale facoltà va esercitata secondo le norme ivi stabilite  >>.

L’anzidetta novella legislativa, come si è detto, ha all’evidenza introdotto una norma d’interpretazione autentica, avente come tale efficacia retroattiva, che trova dunque applicazione a tutti i rapporti concessori in essere ed alle controversie medio tempore insorte proprio con riferimento all’interpretazione del ridetto art. 15.

La novella legislativa trova la propria ragion d’essere anche nell’esigenza di comporre il contrasto giurisprudenziale (al quale si è accennato) insorto sul problema dell’applicabilità dell’istituto del riscatto anticipato a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 164/2000.

Chiarita la portata della norma in esame, è indubbio che il Comune di Gazzo Veronese fosse legittimato ad esercitare, con la delibera di C.C. 23 febbraio 2001 n. 2, impugnata in primo grado, il riscatto anticipato del servizio di distribuzione del gas.

La sola condizione posta, a tal fine, dall’art. 1, comma 69, L. n. 239/2004, è che la facoltà di riscatto sia contemplata dagli atti di affidamento o di concessione del servizio.

Nel caso di specie tale condizione era ed è da ritenersi certamente sussistente.

Il Comune di Gazzo Veronese, con la convenzione 10 gennaio 1986 rep. n. 2115 (versata in atti sub doc n. 3 dell’appello), si è, infatti, espressamente riservato “il diritto di riscattare anticipatamente il servizio nei tempi e con le formalità previste dal T.U. 15.10.1925 n. 2578 sulla municipalizzazione dei pubblici servizi”.

A tale proposito l’appellata Italgas ha eccepito che l’atto di appello non censurerebbe il punto, asseritamene decisivo della motivazione della sentenza di primo grado, in cui si qualifica come mera clausola di stile il richiamo, contenuto nella convenzione 10.1.1986 rep. n. 2115 stipulata tra e parti, all’istituto del riscatto anticipato.

Ne deriverebbe, secondo l’appellata, che la via del richiamo alla previsione convenzionale del riscatto, a sua volta finalizzato a rendere applicabile nel caso di specie la norma introdotta dalla L. n. 239/2004, sarebbe ormai divenuta inammissibile.

L’eccezione è priva di fondamento.

Dalla lettura della sentenza appellata, infatti, pronunciata in forma semplificata, si evince che il giudice di prime cure si è limitato a richiamare l’orientamento giurisprudenziale, cui si è fatto cenno poc’anzi, secondo cui, in linea generale, “non ha rilievo il fondamento anche consensuale dell’istituto (ove contemplato in modo espresso nella convenzione Comune - concessionario), trattandosi di una clausola di stile correlata alla presenza nell’ordinamento di una specifica norma che accorda agli Enti Locali detta potestà, destinata a venir meno automaticamente una volta venuta meno la norma di riferimento”.

Nel giudizio di primo grado la questione relativa alla natura delle clausole di cui trattasi, in effetti, non ha avuto rilevanza decisiva, essendosi esclusa, con la senténza appellata, la possibilità di esercitare il riscatto anticipato per ragioni riconducibili, essenzialmente, alla incompatibilità dell’istituto in questione rispetto alla disciplina del D.Lgs. n. 164/2000.

Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellata, il richiamo operato dal TAR per il Veneto al ricordato orientamento giurisprudenziale non integra un punto essenziale della motivazione posta a supporto della decisione.

In ogni caso, ad avviso del Collegio, una volta invocato, a fondamento dell’appello, l’art. 1, comma 69, L. n. 239/2004, non era necessario muovere alcuna specifica censura al ridetto orientamento giurisprudenziale, escludendo, ex se, la norma, attraverso il rinvio alle previsioni pattizie (“… e’ fatta salva la facoltà di riscatto anticipato, durante il periodo transitorio, se stabilita nel relativi atti di affidamento o di concessione”), che le pattuizioni medesime possano, in linea di principio, considerarsi alla stregua di clausole di stile.

Benché, per la ragione anzidetta, non vi fosse tenuto, il Comune di Gazzo Veronese, con l’atto di appello, ha, comunque, analiticamente disquisito sul punto in contestazione, affermando che l’indirizzo giurisprudenziale volto a negare rilievo alle previsioni convenzionali inerenti la facoltà di riscatto anticipato non poteva essere condiviso e, con specifico riguardo al caso di specie, ha aggiunto, proprio al fine di escludere la configurabilità di clausole di stile, che la convenzione stipulata tra le parti non si limitava a richiamare l’art. 24 R.D. n. 2578/1925 in tema di riscatto anticipato, ma ne recepiva la disciplina adattandola al caso di specie con diverse disposizioni pattizie il cui contenuto è stato puntualmente illustrato nel ricorso (cfr. pagg. 10 e 11).

Con la memoria 15 novembre 2004 l’appellata Italgas, vittoriosa in prime cure, ha riproposto i motivi del ricorso di primo grado dichiarati assorbiti dal TAR per il Veneto con la sentenza appellata.

Con il primo di essi (secondo motivo del ricorso di primo grado), l’appellata ha contestato la legittimità della delibera di C.C. del Comune di Gazzo Veronese 23 febbraio 2001 n. 2 per violazione dell’art. 24 R.D. 15.10.1925 n. 2578, sostenendo che nella specie il riscatto anticipato:

- è stato disposto in funzione dell’affidamento del servizio mediante gara, non già per passare alla sua gestione diretta;

- non è stato preceduto dal preavviso di un anno.

Il motivo è infondato.

Relativamente alla prima di dette questioni, è da ritenersi ormai del tutto irrilevante, ai fini dell’esercizio del riscatto anticipato, che l’Amministrazione comunale non possa più assumere la gestione diretta del servizio.

Il riscatto anticipato, come sottolineato anche con il ricorso d’appello, è istituto volto a permettere all’Ente, sulla base di una rinnovata valutazione degli interessi pubblici in gioco, di svincolarsi dal rapporto concessorio, conferendo al servizio un assetto più confacente alle proprie esigenze.

Il fatto che tale risultato non sia più perseguibile, come all’origine, con la gestione diretta del servizio da parte dell’Amministrazione comunale non può portare alla irragionevole conseguenza di escludere finanche la possibilità di esercitare il riscatto, considerando, da un lato, che, in tal modo, verrebbe e negarsi l’adeguato soddisfacimento dell’interesse pubblico e, dall’altro, che il risultato medesimo è, comunque, ottenibile per altra via.

Che il servizio possa essere riscattato in funzione del suo affidamento a terzi mediante gara è, infatti, reso manifesto dall’art. 1, comma 69, L. n. 239/2004.

La norma infatti, riconosce, espressamente, la compatibilità dell’istituto del riscatto anticipato con la disciplina di cui al D.Lgs. n. 164/2000 e con le esigenze di liberalizzazione del mercato; disciplina che, come noto, prevede l’affidamento del servizio “esclusivamente mediante gara per periodi non superiori a dodici anni” (cfr. art. 14, comma 1, D. Lgs. n. 164/2000), secondo i principi concorrenziali imposti dalle norme comunitarie.

Sembra, peraltro, interessante rilevare a questo proposito come la norma potrebbe essere letta anche in conformità al summenzionato indirizzo di questo Consiglio, secondo il quale è necessario contemperare l’interesse pubblico all’erogazione concorrenziale con l’interesse privato al mantenimento di concessioni per le quali l’art. 15 del D.Lgs. n. 164/2000 ha decretato una scadenza anticipata. Infatti, il medesimo comma 69 della L. n. 239/2004 ha previsto anche una estensione del periodo transitorio (fino al 31 dicembre 2007), a fronte della quale si potrebbe ritenere come giusto “riequilibrio” il riconoscimento agi Enti locali della facoltà di riscattare i servizi di distribuzione del gas, onde affidarli con procedure ad evidenza pubblica.

Priva di fondamento è anche la seconda questione sollevata dall’appellata relativamente al fatto che il riscatto anticipato non sarebbe stato preceduto dal prescritto preavviso di un anno.

Con la delibera di C.C. 23 febbraio 2001 n. 2, il Comune d Gazzo Veronese ha deciso di esercitare il riscatto anticipato del servizio di distribuzione del gas a far tempo dall’1 maggio 2002, disponendo la notifica dell’atto deliberativo a Italgas entro il 30 aprile 2001 (cfr. il punto 4 del dispositivo dell’atto).

Ed in effetti la delibera, come risulta dalla documentazione prodotta e come dato atto anche con il ricorso di primo grado, è stata notificata a Italgas in data 9 aprile 2001, ossia oltre un anno prima del giorno (1 maggio 2002) in cui il servizio avrebbe dovuto essere riscattato.

Non vi è dubbio, quindi, che l’Amministrazione comunale abbia pienamente assolto all’onere, imposto dall’art. 24 R.D. n. 2578/1925, di far precedere il riscatto del servizio dal preavviso di un anno.

Con il secondo ed il terzo motivo di diritto (rispettivamente, terzo e quarto motivo del ricorso di primo grado), che per evidenti ragioni di connessione possono esaminarsi congiuntamente, Italgas ha sostenuto che la delibera di C.C. 23 febbraio 2001, n. 2 non sarebbe stata corredata, in violazione dell’art. 10, comma 2, n. 2578/1925 e delle disposizioni di cui al D.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902, da un progetto di massima recante l’indicazione dell’ammontare presumibile dell’indennità spettante al concessionario uscente, dei mezzi necessari per far fronte al relativo pagamento, nonché del quadro delle previsioni tecnico - economiche riferite alla nuova gestione del servizio.

I rilievi sono infondati.

Come si evince dalla disciplina delineata dagli artt. 8 e segg. D.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902, la definizione degli anzidetti elementi tecnico-economici dell’operazione non può prescindere dall’apporto collaborativo del concessionario.

Spetta, infatti, a costui, tra l’altro, redigere lo stato di consistenza degli impianti, elaborato essenziale non solo ai fini della determinazione dell’indennità ex art. 24, comma 4, R.D. n. 2578/1925 (cfr. art. 13 D.P.R. n. 902/1986), ma anche per la stima di profitti e costi della nuova gestione del servizio.

Ora, nella fattispecie in esame, come dedotto dal Comune appellante, l’apporto collaborativo di Italgas, tanto nella fase antecedente quanto in quella successiva all’adozione della delibera di C.C. 23 febbraio 2001 n. 2, non sembra esservi stato.

Nelle premesse del citato atto deliberativo (cfr. il par. VIII lett. c) si dà atto espressamente che Italgas si è “rifiutata di fornire al Comune i dati tecnici richiesti per uno studio approfondito del servizio”, assumendo un comportamento riottoso (così la delibera, par. X).

Ciò nonostante, l’Amministrazione comunale ha incaricato un tecnico esperto del settore di valutare la probabile redditività del servizio, stimando il costo di riscatto degli impianti.

Il tecnico in questione, con relazione 30 gennaio 2001, allegata alla delibera di C.C. 23 febbraio 2001 n. 2, ha quantificato, sulla base dei dati a disposizione, in £. 365.000.000/anno il margine operativo, mentre per il pagamento dell’indennità di riscatto spettante al concessionario uscente è stata ipotizzata l’accensione di mutuo ventennale con la Cassa Depositi e Prestiti comportante un onere economico a carico dell’Amministrazione comunale stimato in £. 185.000.000 all’anno.

Il Consiglio Comunale ha fatto proprie dette valutazioni e la relazione tecnica-estimativa sopra menzionata è stata non solo richiamata nelle premesse della delibera 23 febbraio 2001 n. 2, ma anche specificamente approvata dal Consiglio Comunale (cfr. i punti 1 e 2 della parte dispositiva dell’atto).

La delibera in esame, dunque, è da ritenersi, sotto il profilo considerato, legittima, rispondendo ai requisiti sostanziali e formali prescritti dalla normativa di riferimento.

L’art. 24, comma 3, R.D. n. 2578/1925, invero, prescrive che il riscatto debba essere preceduto dal preavviso di un anno.

Duplice è la finalità della prescrizione: da un lato, permettere al concessionario di programmare ed adeguare, per tempo, la propria attività imprenditoriale; dall’altro lato, consentire l’espletamento degli adempimenti (redazione dello stato di consistenza dell’impianto, determinazione e corresponsione della indennità) preordinati all’esecuzione del riscatto e alla nuova gestione del servizio.

Trattasi, peraltro, di adempimenti che, come già evidenziato, l’Amministrazione comunale non può porre in essere prescindendo dal concessionario, E’, infatti, il soggetto in questione che, ai sensi dell’art. 10, comma 1, D.P.R. n. 902/1986, deve redigere lo stato di consistenza dell’impianto nel termine di 30 giorni dalla notifica del preavviso, mentre l’Amministrazione comunale può provvedervi d’ufficio solo in caso di inerzia del concessionario (cfr. il comma 4 della norma in esame).

Anche in tale ipotesi, tuttavia, l’Ente concedente non può prescindere dall’apporto collaborativo del concessionario, il solo a disporre degli elementi necessari per la predisposizione dello stato di consistenza.

Analogo discorso vale per l’indennità ex art. 24, comma 4, R.D. n. 2578/1925, essendo necessario, ai fini della sua determinazione, che il concessionario renda noto l’importo dei contributi percepiti da enti pubblici e privati per la realizzazione delle opere e delle strutture funzionali al servizio.

L’indennità (come, peraltro, lo stato di consistenza) deve, poi, essere accettata dal concessionario, il quale ha la possibilità di dilatare ulteriormente i tempi del procedimento, innescando un suo rifiuto il giudizio arbitrale, destinato a dilungarsi ben oltre il termine annuale fissato per l’esercizio del diritto di riscatto (cfr. l’art. 24, comma 7, R.D. n. 2578/1925).

E’, dunque, evidente che in ogni caso è necessario considerare, ai fini della corretta interpretazione del contenuto della delibera che dispone il riscatto anticipato, non solo la sussistenza formale dei requisiti prescritti dalla legge (e presi in considerazione dalla decisione di questa Sezione 23 gennaio 2004, n. 193), ma anche, sul piano sostanziale, il complessivo comportamento delle parti, valutando, in particolare, se le stesse abbiano agito, nel rispetto dei principi fissati dagli artt. 1175 e 1375 c.c., con correttezza e buona fede.

Nella fattispecie in esame, è indubbio che il comportamento di Italgas ha ostacolato in ogni modo l’iniziativa intrapresa dall’Amministrazione comunale.

La società concessionaria, infatti:

- si è rifiutata, nonostante le sollecitazioni, di redigere lo stato di consistenza dell’impianto, costringendo il Comune di Gazzo Veronese a provvedervi d’ufficio (doc. n. 3 della memoria del Comune), una volta ottenuta l’autorizzazione prefettizia 6.11.2001 n. 4635/1373 per l’accesso agli impianti (doc. n. 4 della predetta memoria);

- ha osteggiato l’operato del l’Amministrazione comunale, dapprima, cercando di impedire, come si evince dal carteggio prodotto (doc. n. 5 della memoria), il rilascio di detta autorizzazione prefettizia e, successivamente, rifiutandosi di rendere noti gli elementi necessari per la redazione dello stato di consistenza;

- ha contestato, con nota 14.1.2002 lo stato di consistenza predisposto dall’Ente, senza considerare che, per la sua redazione, erano stati utilizzati dati da essa stessa forniti (doc. n. 6 della memoria);

- si è rifiutata di concordare l’indennità, contestando, con nota 12.4.2002, la valutazione dell’impianto proposta dall’Amministrazione comunale ed omettendo di fornire l’elenco dei contributi percepiti da enti pubblici e privati per la realizzazione delle opere e delle strutture funzionali al servizio (docc. nn. 7 e 8).

Per contro, il Comune di Gazzo Veronese ha operato nell’esclusivo intento di dare esecuzione alla propria decisione, superando, non senza difficoltà, gli ostacoli, di volta in volta, frapposti da Italgas.

Come evidenziato sulla base della documentazione prodotta, l’Amministrazione comunale, preso atto che la concessionaria non aveva redatto, né intendeva redigere, lo stato di consistenza, si è prontamente attivata per provvedervi d’ufficio, incaricando un tecnico dl propria fiducia ed ottenendo, nonostante l’opposizione di Italgas, l’autorizzazione prefettizia per l’accesso agli impianti.

Ha, quindi, tempestivamente trasmesso lo stato di consistenza alla concessionaria, formulando, sulla sua base, una proposta in ordine alla determinazione della indennità.

Infine, constatata la persistente opposizione della concessionaria, ha dato impulso, senza indugi, alla procedura arbitrale ex art. 24, comma 7, R.D. n. 2578/1925 (docc. nn. 9 e 10), procedura (tutt’ora in corso) alla quale ha aderito Italgas (doc. n. 11).

Il Comune di Gazzo Veronese ha, dunque, operato nel pieno rispetto della normativa che disciplina la materia de qua, tenendo un comportamento coerente e lineare, improntato ai canoni della lealtà e della buona fede, che in alcun modo può aver disorientato o pregiudicato la concessionaria.

Qualora poi volesse considerarsi (sulla scia della decisione di questa Sezione n. 193/2004 cit.) la delibera impugnata alla stregua di una delibera preliminare di riscatto, non potrebbe ritenersi l’Amministrazione comunale decaduta dall’esercizio del diritto di riscatto per non aver adottato la delibera definitiva nel termine dell’1 maggio 2002, dal momento che tale decadenza non è stata eccepita dalla parte interessata (nemmeno in appello), né può essere rilevata d’ufficio dal giudice (il quale può rilevare d’ufficio unicamente la decadenza legale prevista in materia di diritti indisponibili: cfr. art. 2969 c.c.).

In conclusione, l’appello in esame deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado proposto avverso la delibera di Consiglio Comunale di Gazzo Veronese n. 2 del 23 febbraio 2001 con la quale è stato esercitato il diritto di riscatto della rete di distribuzione del gas.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’1 aprile 2005 con l’intervento dei Signori:

Raffaele Iannotta                 Presidente

Corrado Allegretta              Consigliere

Aldo Fera                          Consigliere

Claudio Marchitiello           Consigliere

Nicola Russo                     Consigliere estensore 

   L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

   f.to Nicola Russo    f.to Raffaele Iannotta 
 

IL SEGRETARIO

f.to Gaetano Navarra 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15 dicembre 2005

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) 

PER IL  DIRIGENTE

f.to Livia Patroni Griffi

  N°. RIC .8735/2004

FDG