REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello n. 753/2003 , proposto da

SOPRINTENDENZA BB.CC.AA. DI AGRIGENTO,

in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via A. De Gasperi, 81 ;

c o n t r o

l’A.T.I. RIZZO COSTRUZIONI - VENEZIA STEFANO - CASSANO GIOVANNI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Mario Marino con domicilio eletto in Palermo, via  Sammartino, 35 presso lo studio dell’avv. Antonino Tramuta;

e nei confronti

dell’Impresa FERRARA COSTRUZIONI s.a.s. in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della Sicilia, sede di Palermo , (sez. interna II ) n. 683  del 17 aprile 2003.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’avv. M. Marino per l’A.T.I. appellata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 8 giugno 2005 , il Consigliere Ermanno de Francisco;

Uditi, altresì, l’avv. dello Stato Pollara per la Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento e l’avv. G. Immordino, su delega dell’avv. M. Marino per l’A.T.I. appellata;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O

Viene in decisione l’appello avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha accolto il ricorso proposto dall’A.T.I. Rizzo-Venezia-Cassano avverso l’aggiudicazione alla controinteressata Ferrara Costruzioni s.a.s. dell’appalto dei lavori di scavo archeologico nel territorio di Sant’Angelo Muxaro, annullando detta aggiudicazione.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

Il giudice di prime cure ha ritenuto che il seggio di gara, ai fini della corretta determinazione del contenuto dell’offerta economica formulata dall’originaria  ricorrente, in relazione alla voce n. 21 della relativa lista prezzi avrebbe dovuto considerato valido esclusivamente il prezzo unitario espresso in lettere (per tale voce così indicato: “€ uno/69), anziché quello espresso in cifre (così espresso: “€ 1,09).

Ciò in base alla previsione del punto 8 del bando, per cui “quando vi sia discordanza fra prezzo unitario indicato in cifre e quello indicato in lettere, sarà considerato valido il prezzo indicato in lettere”.

Giova ricordare che la sentenza ha espressamente disatteso la tesi difensiva dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui – dato che, in concreto, la divergenza di prezzo unitario concerneva esclusivamente la quota di prezzo offerto in centesimi, la quale risultava espressa in cifre in ambo le colonne del prospetto dell’offerente (quella per l’indicazione del prezzo in cifre e quella per il prezzo in lettere) – bene aveva operato il seggio di gara nel prendere in considerazione, tre due importi entrambi in cifre e di cui uno solo esatto, il prezzo che risultava congruente col prezzo totale indicato per la stessa voce n. 21; il T.A.R. è pervenuto a siffatta conclusione sulla scorta del richiamo della succitata previsione del bando, “e tenuto conto della usuale modalità di indicazione, parimenti in cifre, dei numeri decimali allorquando l’importo (espresso in Euro) venga indicato in lettere”.

L’appello dell’Amministrazione – ripropositivo della tesi difensiva testé esposta e disattesa dal giudice di prime cure – è fondato.

La previsione di prevalenza dell’importo indicato in lettere rispetto a quello indicato in cifre (tanto se promanante, come nella specie, dal bando di gara, quanto se normativamente stabilita) trae origine dalla normale maggiore affidabilità, rispetto ad eventuali errori ostativi, che è propria degli importi scritti in lettere rispetto a quelli in cifre: affermazione, questa, tanto ovvia da non richiedere ulteriori indugi.

Una corretta esegesi (nella specie: del bando), che tenga conto sia della ratio della previsione che del sistema entro cui essa si inserisce, induce dunque a ritenere che il limite oltre il quale non possa spingersi la prevalenza da attribuire all’importo indicato in lettere rispetto a quello indicato in cifre è costituito dall’effettività della scritturazione in lettere dell’importo controverso, con specifico riferimento alla sua componente (nella specie: decimale) su cui il contrasto effettivamente si incentra.

Anche ammettendo che la ricordata recente prassi di indicare sempre in cifre i centesimi (originatasi, verosimilmente, dalle modalità indicate – invero praeter legem – per la compilazione degli assegni bancari) non necessariamente contrasti ex se, salvo espressa contraria previsione del bando di gara, con l’obbligo di indicare anche in lettere il prezzo offerto, non per questo può concludersi che, tra due importi diversi, ambo espressi in cifre, l’uno debba prevalere sull’altro sol perché indicato nella colonna riservata al prezzo in lettere.

Se è vero, come è, che il bando (o, nei congrui casi, una norma) dà prevalenza all’importo espresso in lettere, ciò si verifica nei limiti in cui esso sia tale (sia, cioè, effettivamente espresso in lettere nella sua componente controversa); posto che nel caso di specie, al contrario, è proprio la componente controversa dei due prezzi in raffronto (quella, cioè, espressa in centesimi di euro) a non essere espressa in lettere in alcuna delle due colonne previste nel modulo di offerta, deve escludersi, in riferimento a detta componente centesimale, ogni possibilità di applicazione del principio di prevalenza del prezzo in lettere fissato dal ricordato art. 8 del bando.

Sicché, nell’incongruenza non altrimenti risolubile tra i due importi indicati nell’offerta quali prezzo unitario della voce n. 21, bene ha fatto l’Amministrazione ad attribuire prevalenza a quello, tra essi, che è risultato il solo congruente con l’unico elemento esterno di possibile raffronto, e cioè con il prezzo totale indicato per la voce 21 (risultante, appunto, dalla moltiplicazione del prezzo unitario per la quantità indicata); sicché, data quest’ultima, il prezzo unitario correttamente ritenuto congruente è quello (tra i due scritti in cifre quanto alla parte centesimale) risultante come quoziente del prezzo totale sulla quantità.

Né può giovare, in senso contrario, il richiamo a C.G.A., 15 maggio 2001, n. 205 (che, fra l’altro, tratta anche della divergenza tra prezzi in cifre ed in lettere riconoscendo – salvo rari casi limite – la prevalenza di questi ultimi), posto che nel caso di specie, a differenza di quanto occorso in quello deciso nel 2001 (nel quale, non esistendo in pratica i centesimi di lira, non poteva porsi la riferita quaestio facti), nessuna delle due indicazioni può ritenersi essere stata effettuata in lettere (né al contrario, parimenti per l’assenza dei centesimi di lira, può darsi rilievo, ma a conforto dell’odierna decisione, alla massima di C.G.A. 3 febbraio 2000, n. 25, in contrasto con la succitata sent. n. 205/2001).

Va conseguentemente affermato il principio di diritto secondo cui la prevalenza, in caso di discordanza, del prezzo unitario indicato in lettere rispetto a quello indicato in cifre postula che la discrasia abbia ad oggetto una componente del prezzo effettivamente scritta in lettere in almeno una delle colonne, sicché non opera quando la discordanza concerna esclusivamente i centesimi di euro che non siano indicati in lettere in alcuna delle colonne del prospetto redatto dall’offerente: in tal caso, il valore unitario dell’offerta è desunto, se possibile, da ogni altro elemento, non escluso il rapporto tra i prezzi totali e le quantità.

In conclusione, l’appello va accolto, con conseguente reiezione del ricorso originario.

Si ravvisa, comunque, la sussistenza di giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese del giudizio tra le parti costituite.

P. Q. M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, respinge il ricorso originario .

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, il 8 giugno 2005, dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, riunito in camera di consiglio con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Pier Giorgio Trovato, Ermanno de Francisco, estensore, Antonino Corsaro  Francesco Teresi, componenti.

F.to: Riccardo Virgilio, Presidente

F.to: Ermanno De Francisco, Estensore

F.to: Loredana Lopez, Segretario

Depositata in segreteria

il 5 settembre 2005